Come promesso in dicembre, danah boyd ha pubblicato la sua tesi di dottorato sul suo blog.
Si tratta, come noto, di uno studio etnografico sull’uso che i teenager americani fanno dei siti di social network come MySpace e Facebook. Il documento si compone di poco più di 300 pagine ed è articolato in sette capitoli che definiscono in modo chiaro la struttura del lavoro descritta nel primo capitolo.
Oltre a presentare la struttura del lavoro, questo capitolo introduce anche i principali riferimenti teorici, definisce cosa si intende per giovani nel contesto del lavoro e cosa si intende per pubblici di rete (networked publics).
Dal punto di vista del rapporto fra evoluzione della società e delle tecnologie il lavoro si ispira ad un approccio di tipo Social Construction of Technology. Questo approccio enumera una serie di principi (Relevant social groups, Problems and Conflicts, Interpretive Flexibility, Design Flexibility, Closure adn Stabilization) che ruotano intorno all’idea che il rapporto fra società e tecnologia sia di tipo co-evolutivo ed al conseguente netto rifiuto di ogni prospettiva di determinismo tecnologico. Si tratta di approccio in qualche modo ecologico allo studio del rapporto società/tecnologie che consente di dare conto
Non c’è una vera e propria definizione della categoria di giovani e non c’è una chiara coorte di età individuata teoricamente (anche se dal punto di vista operativo l’autore ha scelto di concentrarsi sulla fascia 13-18 anni). La categoria dei giovani non è definita sulla base dello sviluppo biologico ma piuttosto come costruzione sociale.
Il cuore del lavoro consiste nell’analisi approfondita di tre set di relazioni, nella definizione di pubblici di rete, delle tecniche proprietà che caratterizzano questo spazio e delle dinamiche sociali che emergono. Questa parte contiene alcune interessanti novità rispetto a quanto era stato possibile leggere fino a questo momento negli articoli e sul blog dell’autore.
Neworked Publics è definito in modo duplice a partire dalla generica ed in un certo senso auto-referenziale definizione di “publics that are restructured by network technologies”.
Networked Publics è al tempo stesso un luogo ed un gruppo di individui.
1) è lo spazio costruito dalle tecnologie di rete (“MySpace is like a park”);
2) ed è la comunità immaginata che emerge come risultato delle intersezioni fra le persone, le tecnologie e le pratiche.
La definizione è giocata sull’ambiguità del termine pubblico che può essere usato per definire il tipo di accesso ad uno spazio (public access) o un gruppo di persone che sono testimoni di un evento (public as audience).
[Qui sarebbe interessante capire perché non siano state distinte le due definizioni usando ad esempio “networked space” per la prima]
Lo spazio pubblico di rete è caratterizzato da quattro proprietà tecniche (descritte nel paragrafo 1.5.1.) che non sono nuove nel panorama dei media ma interagiscono in modo inedito.
Le quattro proprietà sono:
- persistence
- searchability
- replicability
- scalability
Alcune sono già note e ne ho abbondantemente parlato nelle edizioni precedenti di What’s Next.
A differenza di quanto scritto fino ad ora, l’autore ha sostituito le invidible audiences con la scalability. La scalabilità è definita come la possibilità ma non la garanzia di una enorme visibilità per i contenuti esposti ai pubblici di rete. Questa proprietà consente all’autore di introdurre un riferimento ai pubblici di nicchia ed alla lunga coda. Interessante in questo contesto la precisazione che riguarda la natura dei contenuti che scalano. Contrariamente a quanto si era sperato i contenuti che raggiungono la massima visibilità sono spesso gli stessi che Habermas critica nei suoi lavori in relazione alle audience della comunicazione broadcast.
L’intrecciarsi di queste quattro proprietà tecniche danno origine ad un set di tre dinamiche:
- invisible audiences;
- collapsed contexts (Meyrowitz);
- blurring of public and private.
Il capitolo due descrive invece nel dettaglio e nel contesto degli studi precedenti l’approccio etnografico adottato.
Interessante in questo contesto la critica a Sherry Turkle considerata, forse non a torto, come l’iniziatrice di un filone di pensiero che mette in guardia verso il rischio della frammentazione dell’identità collegato alla comunicazione mediata dal computer. Le conclusioni di danah boyd puntano invece in una direzione sottolineando che le relazioni sociali che si intrattengono online sono il più delle volte una naturale prosecuzione di quelle esistenti fuori dalla rete.
I dati analizzati sono di due tipi: interviste a singoli o coppie (in totale coinvolti 94 teeanagers di 10 Stati) ed informazioni contenute nei profili (layout, foto, descrizioni di sè, etc.) e sono analizzati secondo tre direttrici (set di relazioni) ciascuna approfondite in un capitolo dedicato basato su riferimenti teorici diversi:
- self and identity [chapter 4] Goffman impression management;
- peer sociality [chapter 5] – Eckert social categories 1989 e Milner status rituals 2004;
- parents and adults (power relations) [chapter 6] – Valentine 2004 children access to public spaces.
L’ultimo capitolo è dedicato alle conclusioni personali dell’autore e si articola su tre paragrafi: Lessons from the Everyday Lives of Teens, The Significance of Publics e The Future of Networked Publics. In questi tre paragrafi sono riprese e sviluppate brevemente alcune delle conclusioni che permeano tutto il lavoro e vengono forniti alcuni spunti nuovi.
In Everyday Lives of Teen l’autore mette in luce come le pratiche di costruzione dell’identità e di relazioni fra pari che hanno luogo nei siti di social network non sono di certo una novità e si innestano su dinamiche pre-esistenti. Al tempo stesso lo spazio di rete con le sue proprietà e dinamiche rende esplicite e visibili alcune proprietà delle relazione che erano prima esplicite. Questo innesca “drammi sociali” che pur essendo tipici di quella fascia d’età assumono a volte dei contorni ancora più spigolosi.
Non esiste una particolare attrazione dei giovani verso i social media, è invece il fatto che in questi luoghi si possano incontrare i propri amici che li rendono interessanti. Quando richiesto la maggior parte degli intervistati dichiara di preferire le relazioni di persona a quelle mediate e considerano in genere questa forma di comunicazione come una alternativa da praticare quando gli incontri di persona non sono possibili.
I giovani non sembrano avere una innata capacità che gli consenta di comprendere come navigare i social media e le dinamiche che ne risultano ma stanno imparando a farlo mentre imparano, al tempo stesso, come muoversi nella vista sociale in senso lato. Questo differenzia i giovani dagli adulti che devono invece re-imparare come comportarsi negli spazi di rete.
L’attività svolta dentro i siti di social network è dunque in senso lato formativa a dispetto di quanto invece sia considerata una perdita di tempo da parte dei genitori e degli adulti in generale. Il desiderio dei giovani di sperimentare la socialità fra pari in assenza degli adulti (bedroom culture) è spesso causa di conflitto intergenerazionale. Talvolta questo conflitto sfocia nella demonizzazione tout court di questi spazi spesso descritti dai media come pericolosi. Il ruolo degli adulti sarebbe invece quello di affrontare questi temi ed aiutare i giovani a prendere decisioni che consentano loro di usare questi spazi in chiave positiva.
Nel paragrafo The Significance of Publics, l’autore riprende il tema della partecipazione dei teenagers agli spazi pubblici. Secondo danah boyd queste possibilità di partecipazione sono fortemente ristrette dagli adulti. Gli spazi pubblici (di rete o meno), intesi come contesti dove i giovani possono incontrarsi fra loro ma anche incontrare altri adulti, svolgono tuttavia un ruolo importante come completamento alla socializzazione fra pari. Escludere i giovani da questi spazi non è dunque una buona strategia perché limita gli strumenti che questi ragazzi avranno a disposizione nella transizione al mondo degli adulti e può risultare in una generazione isolata dalla vita politica e dall’impegno sociale.
Infine nel paragrafo intitolato The Future of Networked Publics viene introdotta la tematica del mobile. L’accesso al pubblico mediato di rete attraverso dispositivi mobili come i cellulari di nuova generazione (reso possibili dalle reti senza fili e le connettività dati a tariffa flat) introduce una nuova proprietà tecnica che danah boyd chiama (dis)locability. Si tratta della proprietà che rende le conversazioni simultaneamente indipendenti dalla posizione fisica ma più profondamente connesse ad essa attraverso le tecnologie locative come il GPS.
Venendo alle mie considerazioni personali devo ammettere che le aspettative verso questo lavoro non sono andate deluse. Si tratta di uno studio che ha dietro una struttura solida e presenta un frame work interpretativo delle trasformazioni dello spazio pubblico che potrà, come suggerisce l’autore, essere utilizzato anche quando interverranno inevitabilmente altre modificazioni legate o meno all’avvento di nuove tecnologie.
Al tempo stesso devo ammettere che per chi ha familiarità con il pensiero di danah boyd questo lavoro non presenta grandi novità. L’impostazione iniziale a difesa delle libertà dei teenager nei confronti del mondo degli adulti è sempre fortemente presente e pervade tutto il lavoro. La definizione di networked publics lascia secondo me aperta una contraddizione (fra pubblico come spazio e come audience) che poteva essere facilmente sanata utilizzando due termini diversi per descrivere due cose che sono oggettivamente diverse. Mi piace invece la distinzione fra proprietà tecniche e dinamiche perché offre una collocazione più consona all’idea del pubblico invisibile. Sembra tuttavia che i nuovi elementi introdotti (scalability fra le proprietà , collapsed context e blurring public/private fra le dinamiche) non sono sempre approfonditi con lo stesso dettaglio degli elementi che già l’autore aveva introdotto da tempo.
Per il resto è un lavoro che vale sicuramente la lettura e che non potrà che migliorare grazie all’enorme feedback che di certo riceverà.
Come promesso in dicembre, danah boyd ha pubblicato la sua tesi di dottorato sul suo blog.
Si tratta, come noto, di uno studio etnografico sull’uso che i teenager americani fanno dei siti di social network come MySpace e Facebook. Il documento si compone di poco più di 300 pagine ed è articolato in sette capitoli che definiscono in modo chiaro la struttura del lavoro descritta nel primo capitolo.
Oltre a presentare la struttura del lavoro, questo capitolo introduce anche i principali riferimenti teorici, definisce cosa si intende per giovani nel contesto del lavoro e cosa si intende per pubblici di rete (networked publics).
Dal punto di vista del rapporto fra evoluzione della società e delle tecnologie il lavoro si ispira ad un approccio di tipo Social Construction of Technology. Questo approccio enumera una serie di principi (Relevant social groups, Problems and Conflicts, Interpretive Flexibility, Design Flexibility, Closure adn Stabilization) che ruotano intorno all’idea che il rapporto fra società e tecnologia sia di tipo co-evolutivo ed al conseguente netto rifiuto di ogni prospettiva di determinismo tecnologico. Si tratta di approccio in qualche modo ecologico allo studio del rapporto società/tecnologie che consente di dare conto
Non c’è una vera e propria definizione della categoria di giovani e non c’è una chiara coorte di età individuata teoricamente (anche se dal punto di vista operativo l’autore ha scelto di concentrarsi sulla fascia 13-18 anni). La categoria dei giovani non è definita sulla base dello sviluppo biologico ma piuttosto come costruzione sociale.
Il cuore del lavoro consiste nell’analisi approfondita di tre set di relazioni, nella definizione di pubblici di rete, delle tecniche proprietà che caratterizzano questo spazio e delle dinamiche sociali che emergono. Questa parte contiene alcune interessanti novità rispetto a quanto era stato possibile leggere fino a questo momento negli articoli e sul blog dell’autore.
Neworked Publics è definito in modo duplice a partire dalla generica ed in un certo senso auto-referenziale definizione di “publics that are restructured by network technologies”.
Networked Publics è al tempo stesso un luogo ed un gruppo di individui.
1) è lo spazio costruito dalle tecnologie di rete (“MySpace is like a park”);
2) ed è la comunità immaginata che emerge come risultato delle intersezioni fra le persone, le tecnologie e le pratiche.
La definizione è giocata sull’ambiguità del termine pubblico che può essere usato per definire il tipo di accesso ad uno spazio (public access) o un gruppo di persone che sono testimoni di un evento (public as audience).
[Qui sarebbe interessante capire perché non siano state distinte le due definizioni usando ad esempio “networked space” per la prima]
Lo spazio pubblico di rete è caratterizzato da quattro proprietà tecniche (descritte nel paragrafo 1.5.1.) che non sono nuove nel panorama dei media ma interagiscono in modo inedito.
Le quattro proprietà sono:
- persistence
- searchability
- replicability
- scalability
Alcune sono già note e ne ho abbondantemente parlato nelle edizioni precedenti di What’s Next.
A differenza di quanto scritto fino ad ora, l’autore ha sostituito le invidible audiences con la scalability. La scalabilità è definita come la possibilità ma non la garanzia di una enorme visibilità per i contenuti esposti ai pubblici di rete. Questa proprietà consente all’autore di introdurre un riferimento ai pubblici di nicchia ed alla lunga coda. Interessante in questo contesto la precisazione che riguarda la natura dei contenuti che scalano. Contrariamente a quanto si era sperato i contenuti che raggiungono la massima visibilità sono spesso gli stessi che Habermas critica nei suoi lavori in relazione alle audience della comunicazione broadcast.
L’intrecciarsi di queste quattro proprietà tecniche danno origine ad un set di tre dinamiche:
- invisible audiences;
- collapsed contexts (Meyrowitz);
- blurring of public and private.
Il capitolo due descrive invece nel dettaglio e nel contesto degli studi precedenti l’approccio etnografico adottato.
Interessante in questo contesto la critica a Sherry Turkle considerata, forse non a torto, come l’iniziatrice di un filone di pensiero che mette in guardia verso il rischio della frammentazione dell’identità collegato alla comunicazione mediata dal computer. Le conclusioni di danah boyd puntano invece in una direzione sottolineando che le relazioni sociali che si intrattengono online sono il più delle volte una naturale prosecuzione di quelle esistenti fuori dalla rete.
I dati analizzati sono di due tipi: interviste a singoli o coppie (in totale coinvolti 94 teeanagers di 10 Stati) ed informazioni contenute nei profili (layout, foto, descrizioni di sè, etc.) e sono analizzati secondo tre direttrici (set di relazioni) ciascuna approfondite in un capitolo dedicato basato su riferimenti teorici diversi:
- self and identity [chapter 4] Goffman impression management;
- peer sociality [chapter 5] – Eckert social categories 1989 e Milner status rituals 2004;
- parents and adults (power relations) [chapter 6] – Valentine 2004 children access to public spaces.
L’ultimo capitolo è dedicato alle conclusioni personali dell’autore e si articola su tre paragrafi: Lessons from the Everyday Lives of Teens, The Significance of Publics e The Future of Networked Publics. In questi tre paragrafi sono riprese e sviluppate brevemente alcune delle conclusioni che permeano tutto il lavoro e vengono forniti alcuni spunti nuovi.
In Everyday Lives of Teen l’autore mette in luce come le pratiche di costruzione dell’identità e di relazioni fra pari che hanno luogo nei siti di social network non sono di certo una novità e si innestano su dinamiche pre-esistenti. Al tempo stesso lo spazio di rete con le sue proprietà e dinamiche rende esplicite e visibili alcune proprietà delle relazione che erano prima esplicite. Questo innesca “drammi sociali” che pur essendo tipici di quella fascia d’età assumono a volte dei contorni ancora più spigolosi.
Non esiste una particolare attrazione dei giovani verso i social media, è invece il fatto che in questi luoghi si possano incontrare i propri amici che li rendono interessanti. Quando richiesto la maggior parte degli intervistati dichiara di preferire le relazioni di persona a quelle mediate e considerano in genere questa forma di comunicazione come una alternativa da praticare quando gli incontri di persona non sono possibili.
I giovani non sembrano avere una innata capacità che gli consenta di comprendere come navigare i social media e le dinamiche che ne risultano ma stanno imparando a farlo mentre imparano, al tempo stesso, come muoversi nella vista sociale in senso lato. Questo differenzia i giovani dagli adulti che devono invece re-imparare come comportarsi negli spazi di rete.
L’attività svolta dentro i siti di social network è dunque in senso lato formativa a dispetto di quanto invece sia considerata una perdita di tempo da parte dei genitori e degli adulti in generale. Il desiderio dei giovani di sperimentare la socialità fra pari in assenza degli adulti (bedroom culture) è spesso causa di conflitto intergenerazionale. Talvolta questo conflitto sfocia nella demonizzazione tout court di questi spazi spesso descritti dai media come pericolosi. Il ruolo degli adulti sarebbe invece quello di affrontare questi temi ed aiutare i giovani a prendere decisioni che consentano loro di usare questi spazi in chiave positiva.
Nel paragrafo The Significance of Publics, l’autore riprende il tema della partecipazione dei teenagers agli spazi pubblici. Secondo danah boyd queste possibilità di partecipazione sono fortemente ristrette dagli adulti. Gli spazi pubblici (di rete o meno), intesi come contesti dove i giovani possono incontrarsi fra loro ma anche incontrare altri adulti, svolgono tuttavia un ruolo importante come completamento alla socializzazione fra pari. Escludere i giovani da questi spazi non è dunque una buona strategia perché limita gli strumenti che questi ragazzi avranno a disposizione nella transizione al mondo degli adulti e può risultare in una generazione isolata dalla vita politica e dall’impegno sociale.
Infine nel paragrafo intitolato The Future of Networked Publics viene introdotta la tematica del mobile. L’accesso al pubblico mediato di rete attraverso dispositivi mobili come i cellulari di nuova generazione (reso possibili dalle reti senza fili e le connettività dati a tariffa flat) introduce una nuova proprietà tecnica che danah boyd chiama (dis)locability. Si tratta della proprietà che rende le conversazioni simultaneamente indipendenti dalla posizione fisica ma più profondamente connesse ad essa attraverso le tecnologie locative come il GPS.
Venendo alle mie considerazioni personali devo ammettere che le aspettative verso questo lavoro non sono andate deluse. Si tratta di uno studio che ha dietro una struttura solida e presenta un frame work interpretativo delle trasformazioni dello spazio pubblico che potrà, come suggerisce l’autore, essere utilizzato anche quando interverranno inevitabilmente altre modificazioni legate o meno all’avvento di nuove tecnologie.
Al tempo stesso devo ammettere che per chi ha familiarità con il pensiero di danah boyd questo lavoro non presenta grandi novità. L’impostazione iniziale a difesa delle libertà dei teenager nei confronti del mondo degli adulti è sempre fortemente presente e pervade tutto il lavoro. La definizione di networked publics lascia secondo me aperta una contraddizione (fra pubblico come spazio e come audience) che poteva essere facilmente sanata utilizzando due termini diversi per descrivere due cose che sono oggettivamente diverse. Mi piace invece la distinzione fra proprietà tecniche e dinamiche perché offre una collocazione più consona all’idea del pubblico invisibile. Sembra tuttavia che i nuovi elementi introdotti (scalability fra le proprietà , collapsed context e blurring public/private fra le dinamiche) non sono sempre approfonditi con lo stesso dettaglio degli elementi che già l’autore aveva introdotto da tempo.
Per il resto è un lavoro che vale sicuramente la lettura e che non potrà che migliorare grazie all’enorme feedback che di certo riceverà.
Come promesso in dicembre, danah boyd ha pubblicato la sua tesi di dottorato sul suo blog.
Si tratta, come noto, di uno studio etnografico sull’uso che i teenager americani fanno dei siti di social network come MySpace e Facebook. Il documento si compone di poco più di 300 pagine ed è articolato in sette capitoli che definiscono in modo chiaro la struttura del lavoro descritta nel primo capitolo.
Oltre a presentare la struttura del lavoro, questo capitolo introduce anche i principali riferimenti teorici, definisce cosa si intende per giovani nel contesto del lavoro e cosa si intende per pubblici di rete (networked publics).
Dal punto di vista del rapporto fra evoluzione della società e delle tecnologie il lavoro si ispira ad un approccio di tipo Social Construction of Technology. Questo approccio enumera una serie di principi (Relevant social groups, Problems and Conflicts, Interpretive Flexibility, Design Flexibility, Closure adn Stabilization) che ruotano intorno all’idea che il rapporto fra società e tecnologia sia di tipo co-evolutivo ed al conseguente netto rifiuto di ogni prospettiva di determinismo tecnologico. Si tratta di approccio in qualche modo ecologico allo studio del rapporto società/tecnologie che consente di dare conto
Non c’è una vera e propria definizione della categoria di giovani e non c’è una chiara coorte di età individuata teoricamente (anche se dal punto di vista operativo l’autore ha scelto di concentrarsi sulla fascia 13-18 anni). La categoria dei giovani non è definita sulla base dello sviluppo biologico ma piuttosto come costruzione sociale.
Il cuore del lavoro consiste nell’analisi approfondita di tre set di relazioni, nella definizione di pubblici di rete, delle tecniche proprietà che caratterizzano questo spazio e delle dinamiche sociali che emergono. Questa parte contiene alcune interessanti novità rispetto a quanto era stato possibile leggere fino a questo momento negli articoli e sul blog dell’autore.
Neworked Publics è definito in modo duplice a partire dalla generica ed in un certo senso auto-referenziale definizione di “publics that are restructured by network technologies”.
Networked Publics è al tempo stesso un luogo ed un gruppo di individui.
1) è lo spazio costruito dalle tecnologie di rete (“MySpace is like a park”);
2) ed è la comunità immaginata che emerge come risultato delle intersezioni fra le persone, le tecnologie e le pratiche.
La definizione è giocata sull’ambiguità del termine pubblico che può essere usato per definire il tipo di accesso ad uno spazio (public access) o un gruppo di persone che sono testimoni di un evento (public as audience).
[Qui sarebbe interessante capire perché non siano state distinte le due definizioni usando ad esempio “networked space” per la prima]
Lo spazio pubblico di rete è caratterizzato da quattro proprietà tecniche (descritte nel paragrafo 1.5.1.) che non sono nuove nel panorama dei media ma interagiscono in modo inedito.
Le quattro proprietà sono:
- persistence
- searchability
- replicability
- scalability
Alcune sono già note e ne ho abbondantemente parlato nelle edizioni precedenti di What’s Next.
A differenza di quanto scritto fino ad ora, l’autore ha sostituito le invidible audiences con la scalability. La scalabilità è definita come la possibilità ma non la garanzia di una enorme visibilità per i contenuti esposti ai pubblici di rete. Questa proprietà consente all’autore di introdurre un riferimento ai pubblici di nicchia ed alla lunga coda. Interessante in questo contesto la precisazione che riguarda la natura dei contenuti che scalano. Contrariamente a quanto si era sperato i contenuti che raggiungono la massima visibilità sono spesso gli stessi che Habermas critica nei suoi lavori in relazione alle audience della comunicazione broadcast.
L’intrecciarsi di queste quattro proprietà tecniche danno origine ad un set di tre dinamiche:
- invisible audiences;
- collapsed contexts (Meyrowitz);
- blurring of public and private.
Il capitolo due descrive invece nel dettaglio e nel contesto degli studi precedenti l’approccio etnografico adottato.
Interessante in questo contesto la critica a Sherry Turkle considerata, forse non a torto, come l’iniziatrice di un filone di pensiero che mette in guardia verso il rischio della frammentazione dell’identità collegato alla comunicazione mediata dal computer. Le conclusioni di danah boyd puntano invece in una direzione sottolineando che le relazioni sociali che si intrattengono online sono il più delle volte una naturale prosecuzione di quelle esistenti fuori dalla rete.
I dati analizzati sono di due tipi: interviste a singoli o coppie (in totale coinvolti 94 teeanagers di 10 Stati) ed informazioni contenute nei profili (layout, foto, descrizioni di sè, etc.) e sono analizzati secondo tre direttrici (set di relazioni) ciascuna approfondite in un capitolo dedicato basato su riferimenti teorici diversi:
- self and identity [chapter 4] Goffman impression management;
- peer sociality [chapter 5] – Eckert social categories 1989 e Milner status rituals 2004;
- parents and adults (power relations) [chapter 6] – Valentine 2004 children access to public spaces.
L’ultimo capitolo è dedicato alle conclusioni personali dell’autore e si articola su tre paragrafi: Lessons from the Everyday Lives of Teens, The Significance of Publics e The Future of Networked Publics. In questi tre paragrafi sono riprese e sviluppate brevemente alcune delle conclusioni che permeano tutto il lavoro e vengono forniti alcuni spunti nuovi.
In Everyday Lives of Teen l’autore mette in luce come le pratiche di costruzione dell’identità e di relazioni fra pari che hanno luogo nei siti di social network non sono di certo una novità e si innestano su dinamiche pre-esistenti. Al tempo stesso lo spazio di rete con le sue proprietà e dinamiche rende esplicite e visibili alcune proprietà delle relazione che erano prima esplicite. Questo innesca “drammi sociali” che pur essendo tipici di quella fascia d’età assumono a volte dei contorni ancora più spigolosi.
Non esiste una particolare attrazione dei giovani verso i social media, è invece il fatto che in questi luoghi si possano incontrare i propri amici che li rendono interessanti. Quando richiesto la maggior parte degli intervistati dichiara di preferire le relazioni di persona a quelle mediate e considerano in genere questa forma di comunicazione come una alternativa da praticare quando gli incontri di persona non sono possibili.
I giovani non sembrano avere una innata capacità che gli consenta di comprendere come navigare i social media e le dinamiche che ne risultano ma stanno imparando a farlo mentre imparano, al tempo stesso, come muoversi nella vista sociale in senso lato. Questo differenzia i giovani dagli adulti che devono invece re-imparare come comportarsi negli spazi di rete.
L’attività svolta dentro i siti di social network è dunque in senso lato formativa a dispetto di quanto invece sia considerata una perdita di tempo da parte dei genitori e degli adulti in generale. Il desiderio dei giovani di sperimentare la socialità fra pari in assenza degli adulti (bedroom culture) è spesso causa di conflitto intergenerazionale. Talvolta questo conflitto sfocia nella demonizzazione tout court di questi spazi spesso descritti dai media come pericolosi. Il ruolo degli adulti sarebbe invece quello di affrontare questi temi ed aiutare i giovani a prendere decisioni che consentano loro di usare questi spazi in chiave positiva.
Nel paragrafo The Significance of Publics, l’autore riprende il tema della partecipazione dei teenagers agli spazi pubblici. Secondo danah boyd queste possibilità di partecipazione sono fortemente ristrette dagli adulti. Gli spazi pubblici (di rete o meno), intesi come contesti dove i giovani possono incontrarsi fra loro ma anche incontrare altri adulti, svolgono tuttavia un ruolo importante come completamento alla socializzazione fra pari. Escludere i giovani da questi spazi non è dunque una buona strategia perché limita gli strumenti che questi ragazzi avranno a disposizione nella transizione al mondo degli adulti e può risultare in una generazione isolata dalla vita politica e dall’impegno sociale.
Infine nel paragrafo intitolato The Future of Networked Publics viene introdotta la tematica del mobile. L’accesso al pubblico mediato di rete attraverso dispositivi mobili come i cellulari di nuova generazione (reso possibili dalle reti senza fili e le connettività dati a tariffa flat) introduce una nuova proprietà tecnica che danah boyd chiama (dis)locability. Si tratta della proprietà che rende le conversazioni simultaneamente indipendenti dalla posizione fisica ma più profondamente connesse ad essa attraverso le tecnologie locative come il GPS.
Venendo alle mie considerazioni personali devo ammettere che le aspettative verso questo lavoro non sono andate deluse. Si tratta di uno studio che ha dietro una struttura solida e presenta un frame work interpretativo delle trasformazioni dello spazio pubblico che potrà, come suggerisce l’autore, essere utilizzato anche quando interverranno inevitabilmente altre modificazioni legate o meno all’avvento di nuove tecnologie.
Al tempo stesso devo ammettere che per chi ha familiarità con il pensiero di danah boyd questo lavoro non presenta grandi novità. L’impostazione iniziale a difesa delle libertà dei teenager nei confronti del mondo degli adulti è sempre fortemente presente e pervade tutto il lavoro. La definizione di networked publics lascia secondo me aperta una contraddizione (fra pubblico come spazio e come audience) che poteva essere facilmente sanata utilizzando due termini diversi per descrivere due cose che sono oggettivamente diverse. Mi piace invece la distinzione fra proprietà tecniche e dinamiche perché offre una collocazione più consona all’idea del pubblico invisibile. Sembra tuttavia che i nuovi elementi introdotti (scalability fra le proprietà , collapsed context e blurring public/private fra le dinamiche) non sono sempre approfonditi con lo stesso dettaglio degli elementi che già l’autore aveva introdotto da tempo.
Per il resto è un lavoro che vale sicuramente la lettura e che non potrà che migliorare grazie all’enorme feedback che di certo riceverà.