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Verso una definizione di Conversazioni dal Basso
Giulia in un commento solleva un giusto problema teorico in relazione alla definizione di Conversazioni dal Basso.
(…) dal basso significa conversazioni che si generano sul piano individuale e che hanno ripercussioni (insomma che irritano) sul piano sociale? ok. ma non è così semplice. secondo me sarebbe opportuno capire che cosa genera questa produzione dal basso: un desiderio di riappropriazione (per dirla con de Certeau) delle logiche del sociale o, invece, un desiderio di inclusione? o tutti e due? (e ritorna la dialettica…)
e poi si parla in genere di “produzione” dal basso, parola cara al sistema capitalistico, e non di “creazione” dal basso. che cosa significa? è una “patologia semantica” oppure significa qualcosa di profondo questa scelta terminologica?
Una questione in qualche modo analoga mi pare sollevata da questo post di Roberta.
(…) E, infine, perchè non voglio esagerare con le domande: il fatto che questa presa di parola OGGI venga in fondo tollerata, anzi addirittura incentivata, significa che dal maggio ‘68 ad oggi si è prodotto un ulteriore cambiamento radicale? Mi viene il dubbio che la presa di parola, rivoluzionaria sì in quanto moto da dentro, dal punto di vista delle strutture sociali, della comunicazione, non debba essere più considerata tale. La rivoluzione che si è prodotta negli ultimi anni, e che sta sullo sfondo della presa di parola attraverso le stesse conversazioni dal basso dei blog, riguarda proprio le strutture sociali e della comunicazione, che della presa di parola altrui si nutrono, delegando loro la produzione dei contenuti che per loro sono indifferenti.
La domanda risuona allora: questa presa di parola (attraverso i blog, ma non solo) riesce a mantenere la sua forza simbolica?
Mi pare che la questione sia questa (ma se mi sbaglio o banalizzo spero che Roberta e Giulia me lo segnalino): le conversazioni dal basso hanno o meno un potenziale (rivoluzionario) di supporto al cambiamento sociale?
Ineffetti alla base c’è una certa ambiguità terminologica in qualche modo voluta quando abbiamo scelto il titolo del workshop/seminariale. Ovvero abbiamo volutamente giocato sull’idea di conversazioni dal basso (che ovviamente si contrappongono a quelle dall’alto), richiamando una classica forma di contrapposizione fra micro e macro.
Ma per fare un discorso serio su questo non basta partire da uno slogan. Serve una definizione. A mio avviso le “conversazioni dal basso” non sono affatto più vicine all’individuo di qualsiasi altra forma di comunicazione (che per definizione è emergente rispetto agli individui anche se non potrebbe esistere senza di essa). Dunque non hanno, in questo senso, più potenziale rivoluzionario di qualsiasi altra comunicazione.
Questo non significa tuttavia che non abbiano potenziale rivoluzionario e spiegherò dopo il perchè.
Intanto bisogna capire di cosa si parla. Bisogna dunque trovare un confine fra conversazioni dal basso ed il resto delle conversazioni. Ma la cosa non è semplice. Credo che il tutto ruoti intorno a queste quattro caratteristiche: permanenza nel tempo, ricercabilità, riproducibilità e pubblico indistinto. ll problema è che queste caratteristiche sono comuni ad altre forme: ad esempio un quotidiano online. Questo mi fa pensare che le conversazioni dal basso siano parte del sistema dei mass media. Ne condividono sicuramente le funzioni (memoria ed irritabilità degli altri sistemi di funzione) ma quello che non convince a pieno sono i confini. Ovvero informazione/non informazione. Ne avevo parlato molto tempo fa in questo post. Questo è veramente il punto centrale.
Quando in un blog personale viene scritto qualcosa tipo “oggi ho accarezzato il mio gatto” sembra difficile cogliere l’informatività di questo tema. Eppure, se si interpreta correttamente la distinzione informazione/non informazione, credo che si possa considerare questa frase informativa. Ovvero portatrice di novità in relazione a quanto trattato in predenza dal sistema dei mass media. Difficilmente qualcuno avrà pubblicato in precedenza la notizia eppure la scelta di raccontare l’episodio nel blog è una scelta fatta in relazione ad un pubblico, fosse anche i miei quattro amici (eventualmente anche immaginari). Per l’autore del blog la notizia di aver accarezzato il gatto ha valore informativo per il suo pubblico.
Quindi la novità sta più che altro nella tipologia di temi che entrano nel sistema dei mass media. Cambia la semantica del sistema dei mass media (e quindi anche quella della società) e se si pensa che fra semantica e struttura della società ci sia una correlazione ci si può fare un’idea di quale sia il potenziale rivoluzionario delle conversazioni dal basso.
Pensando alla storia del rapporto fra media e società credo che l’esempio più simile a quello che sta succedendo oggi sia l’introduzione della stampa.
Ok con questo chiudo anche se ci sarebbe molto altro da dire.
Spero di avere presto il tempo di scrivere un articolo completo sul tema.
Nel frattempo l’appuntamento è per il 20 di aprile.
Alcuni appunti su media e generazioni
Come immaginavo il primo appuntamento organizzato nell’ambito del programma di ricerca nazionale su Media e Generazioni nella società italiana è stato un’esperienza formativa e piacevole al tempo stesso.
La ricerca sta prendendo forma e sarà raccontata passo dopo passo in un blog gestito gestito collaborativamente dalle 5 unità di ricerca (Milano Cattolica, Bergamo, Roma “La Sapienza”, Trento e Urbino).
Dal punto di vista dei contenuti è stato particolarmente interessante il seminario Generations. A new research agenda in sociology of culture non tanto o non solo per il contributo dell’invitata principale (June Edmunds del Development Studies Committee di Cambridge UK) quanto per quello degli altri partecipanti (Alessandro Cavalli, Pierpaolo Donati e Fausto Colombo).
In particolare è emerso chiaramente che la definizione di generazioni che si è affermata nella tradiziona sociologica sulla scia di Karl Mannheim rappresenta un utile punto di partenza ma non certo una risposta alla necessità di definire cosa siano le generazioni (sopratutto se non si desidera basare il tutto sul semplice dato anagrafico). Osservare, come fa June Edmunds, le generazioni in relazione alle loro capacità di cambiamento politico/sociale coglie solo un lato della questione.
Una cosa è certa, il succedersi delle generazioni può essere individuato grazie alla rilevazione di discontinuità (differenze) e questo è opera di osservatore. Ovviamente queste differenze possono essere rilevate nei confronti dell’atteggiamento politico (generazioni attive/passive) come nel consumo dei media. Ma non è detto che queste generazioni diverse coincidano (anzi forse questo è altamente improbabile).
Nello specifico rispetto ai media la situazione è ancora più delicata. Intanto può esistere una discontinuità rispetto ai prodotti mediali ed una rispetto alle tecnologie. Anche queste non è detto che coincidano.
Sia rispetto ai contenuti che alle tecnologie la questione delle generazioni è particolarmente delicata. Infatti credo che entrambe retroagiscano sulle generazioni. Ovvero sono i media (o i contenuti mediali) che creano le generazioni o sono le generazioni (che producono certi contenuti mediali e certe tecnologie e non altre) che creano i media? Probabilmente è una circolarità da cui è impossibile uscire e che andrebbe forse posta per questo a fondamento di ogni discorso su media e generazioni.
Posto in questi termini diventa particolarmente interessante studiare i contenuti generati dagli utenti cercando lì le tracce di discontinuità possibili. Se le generazioni mediali esistono la comunicazione è il luogo dove andarle a cercare 🙂
Media e Generazioni globali
Stasera e domani mattina sono in Cattolica a Milano per prendere parte alla presentazione di questo libro (Giovedì 22 marzo 2007 – Aula Pio XI – ore 18.30) ed assistere al seminario Generations. A new research agenda in sociology of culture (Venerdì 23 marzo 2007 – Aula Pio XI – ore 10.00) con Jane Edmunds (Global generations: social change in the twentieth century). Si tratta del primo step del Programma di Ricerca di Interesse Nazionale cofinanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca sul tema “Media e generazioni nella società italiana” cui avevo accennato tempo fa.
Annotare i video
Mojiti è una applicazione per annotare i video disponibili sul web.
Anche se non credo che l’intento degli sviluppatori fosse questo, io vedo in Mojiti uno straordinario potenziale per il supporto all’analisi del contenuto dei video.
Se io posso annotare uno spezzonone di un video posso anche etichettarlo con un nodo tematico della mia griglia di analisi…
Visualizzazione dei sentimenti
Segnalo We Feel Fine.
Un bellissimo progetto che visualizza i sentimenti espressi nelle conversazioni online.
In pratica il software dietro We Feel Fine controlla periodicamente una serie di fonti (LiveJournal, MSN Spaces, MySpace, Blogger, Flickr, Technorati, Feedster, Ice Rocket, Google, etc.) cercando occorrenze per la frase “I feel…” o “I am feeling…”, archivia il paragrafo nel contesto del quale la frase è stata pronunciata ed eventualmente l’immagine relativa ed infine rende questi contenuti accessibili ed analizzabili dal sito del progetto.
Uhm questo progetto mi ricorda qualcosa… 😉
YATTA!!!
Quale miglior modo di festeggiare l’ammissione a finanziamento di un progetto di ricerca su Media e generazioni nella società italiana che regalarvi questo fantastico estratto di Heroes?
P.S. Anche se ci hanno accordato circa la metà di quanto avevamo richiesto io sono contento lo stesso perchè non vedo l’ora di lavorare con gli amici di Milano 🙂
Live Search Book
Anche Microsoft apre il suo sito di ricerca nei libri. Mi pare che sia la visualizzazione delle pagine sia l’archivio di libri (risalenti quasi tutti, da quanto ho visto, all’800 o primi del 900) sia interessante.
Fa un certo effetto leggere su uno schermo di computer volumi come The Principles of Sociology (1897) di Herbert Spencer.