Realtà digitali #2: Ferrovie, saggezza delle folle e controllo della rete

“Chiudereste una ferrovia per un graffito sconveniente in una stazione?” In questa domanda retorica è racchiusa la reazione ufficiale di Facebook all’approvazione dell’emendamento “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”.“Chiudereste una ferrovia per un graffito sconveniente in una stazione?” In questa domanda retorica è racchiusa la reazione ufficiale di Facebook all’approvazione dell’emendamento “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”.“Chiudereste una ferrovia per un graffito sconveniente in una stazione?” In questa domanda retorica è racchiusa la reazione ufficiale di Facebook all’approvazione dell’emendamento “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet”.

“Chiudereste una ferrovia per un graffito sconveniente in una stazione?” In questa domanda retorica è racchiusa la reazione ufficiale di Facebook alla notizia che l’Italia sta per approvare una legge che conferisce al Ministro degli Interni il potere di ordinare l’oscuramento di un sito che ospiti contenuti che istighino a delinquere, a disobbedire alle leggi o apologia di reato. Ma cosa c’entrano i graffiti con un gruppo che usa Internet per inneggiare a Bernardo Provenzano e Salvatore Riina? Apparentemente nulla. Per comprendere il paragone è infatti necessaria una conoscenza di base sui siti che ospitano contenuti generati dagli utenti come Facebook, YouTube o Wikipedia. Prendiamo Facebook. Se la proposta di legge fosse approvata, il Ministro degli Interni potrebbe ordinare ai provider di rendere inaccessibile dall’Italia l’intero sito di Facebook (la ferrovia) con lo scopo di oscurare uno specifico contenuto (il graffito) creato o caricato da uno dei 175 milioni utenti registrati. Ora la soluzione può apparire eccessiva e non priva di controindicazioni – si pensi ad esempio al contraccolpo per chi ha investito nella pubblicità su Facebook – ma se non esistesse altro modo di far rimuovere quel contenuto essa avrebbe il merito di risolvere alla radice una questione di indiscutibile gravità.
Mi chiedo tuttavia se prima di scegliere un percorso lungo che ci conduca con certezza alla nostra meta non valga la pena provare ad esplorare eventuali scorciatoie che comportano minimo sforzo ed ottime opportunità di successo. I siti come Facebook, YouTube o Wikipedia si sono infatti da tempo posti il problema di come controllare i contenuti che essi veicolano.
Non si tratta di una questione di semplice soluzione. L’approccio radicale suggerirebbe un’approvazione prima della pubblicazione da parte dei gestori del sito. Questa soluzione, oltre a sollevare dubbi sul rispetto della libertà d’espressione, è di fatto impraticabile perchè richiederebbe un enorme sforzo in termini di risorse umane. Quante persone servirebbero per controllare manualmente, ad esempio, i 5 milioni di video pubblicati ogni mese su Facebook?
Le strategie adottate sono due: il controllo automatico e l’auto-controllo. YouTube, ad esempio, è in grado di identificare automaticamente la presenza in un video di una colonna sonora protetta da copyright e rimuoverla in caso di violazione. Facebook consente ad ogni utente di segnalare ai gestori un contenuto offensivo. Wikipedia si spinge oltre consentendo agli utenti di intervenire direttamente modificando un lemma quando contiene inesattezze.
Perché dunque fermare la ferrovia quando basta cancellare (o far cancellare) il graffito? Non dovrebbe forse l’oscuramento essere solo l’estrema conseguenza nei confronti di un gestore che si rifiuti di rimuovere un contenuto segnalato? Non sarebbe meglio educare all’auto-controllo che promuovere la censura?
[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 17 Febbraio. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Martedì 3 Marzo]
[Photo originally uploaded on April 21, 2008 by Steve Webel]

“Chiudereste una ferrovia per un graffito sconveniente in una stazione?” In questa domanda retorica è racchiusa la reazione ufficiale di Facebook alla notizia che l’Italia sta per approvare una legge che conferisce al Ministro degli Interni il potere di ordinare l’oscuramento di un sito che ospiti contenuti che istighino a delinquere, a disobbedire alle leggi o apologia di reato. Ma cosa c’entrano i graffiti con un gruppo che usa Internet per inneggiare a Bernardo Provenzano e Salvatore Riina? Apparentemente nulla. Per comprendere il paragone è infatti necessaria una conoscenza di base sui siti che ospitano contenuti generati dagli utenti come Facebook, YouTube o Wikipedia. Prendiamo Facebook. Se la proposta di legge fosse approvata, il Ministro degli Interni potrebbe ordinare ai provider di rendere inaccessibile dall’Italia l’intero sito di Facebook (la ferrovia) con lo scopo di oscurare uno specifico contenuto (il graffito) creato o caricato da uno dei 175 milioni utenti registrati. Ora la soluzione può apparire eccessiva e non priva di controindicazioni – si pensi ad esempio al contraccolpo per chi ha investito nella pubblicità su Facebook – ma se non esistesse altro modo di far rimuovere quel contenuto essa avrebbe il merito di risolvere alla radice una questione di indiscutibile gravità.

Mi chiedo tuttavia se prima di scegliere un percorso lungo che ci conduca con certezza alla nostra meta non valga la pena provare ad esplorare eventuali scorciatoie che comportano minimo sforzo ed ottime opportunità di successo. I siti come Facebook, YouTube o Wikipedia si sono infatti da tempo posti il problema di come controllare i contenuti che essi veicolano.

Non si tratta di una questione di semplice soluzione. L’approccio radicale suggerirebbe un’approvazione prima della pubblicazione da parte dei gestori del sito. Questa soluzione, oltre a sollevare dubbi sul rispetto della libertà d’espressione, è di fatto impraticabile perchè richiederebbe un enorme sforzo in termini di risorse umane. Quante persone servirebbero per controllare manualmente, ad esempio, i 5 milioni di video pubblicati ogni mese su Facebook?

Le strategie adottate sono due: il controllo automatico e l’auto-controllo. YouTube, ad esempio, è in grado di identificare automaticamente la presenza in un video di una colonna sonora protetta da copyright e rimuoverla in caso di violazione. Facebook consente ad ogni utente di segnalare ai gestori un contenuto offensivo. Wikipedia si spinge oltre consentendo agli utenti di intervenire direttamente modificando un lemma quando contiene inesattezze.

Perché dunque fermare la ferrovia quando basta cancellare (o far cancellare) il graffito? Non dovrebbe forse l’oscuramento essere solo l’estrema conseguenza nei confronti di un gestore che si rifiuti di rimuovere un contenuto segnalato? Non sarebbe meglio educare all’auto-controllo che promuovere la censura?

[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 17 Febbraio. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Martedì 3 Marzo]

[Photo originally uploaded on April 21, 2008 by Steve Webel]

“Chiudereste una ferrovia per un graffito sconveniente in una stazione?” In questa domanda retorica è racchiusa la reazione ufficiale di Facebook alla notizia che l’Italia sta per approvare una legge che conferisce al Ministro degli Interni il potere di ordinare l’oscuramento di un sito che ospiti contenuti che istighino a delinquere, a disobbedire alle leggi o apologia di reato. Ma cosa c’entrano i graffiti con un gruppo che usa Internet per inneggiare a Bernardo Provenzano e Salvatore Riina? Apparentemente nulla. Per comprendere il paragone è infatti necessaria una conoscenza di base sui siti che ospitano contenuti generati dagli utenti come Facebook, YouTube o Wikipedia. Prendiamo Facebook. Se la proposta di legge fosse approvata, il Ministro degli Interni potrebbe ordinare ai provider di rendere inaccessibile dall’Italia l’intero sito di Facebook (la ferrovia) con lo scopo di oscurare uno specifico contenuto (il graffito) creato o caricato da uno dei 175 milioni utenti registrati. Ora la soluzione può apparire eccessiva e non priva di controindicazioni – si pensi ad esempio al contraccolpo per chi ha investito nella pubblicità su Facebook – ma se non esistesse altro modo di far rimuovere quel contenuto essa avrebbe il merito di risolvere alla radice una questione di indiscutibile gravità.

Mi chiedo tuttavia se prima di scegliere un percorso lungo che ci conduca con certezza alla nostra meta non valga la pena provare ad esplorare eventuali scorciatoie che comportano minimo sforzo ed ottime opportunità di successo. I siti come Facebook, YouTube o Wikipedia si sono infatti da tempo posti il problema di come controllare i contenuti che essi veicolano.

Non si tratta di una questione di semplice soluzione. L’approccio radicale suggerirebbe un’approvazione prima della pubblicazione da parte dei gestori del sito. Questa soluzione, oltre a sollevare dubbi sul rispetto della libertà d’espressione, è di fatto impraticabile perchè richiederebbe un enorme sforzo in termini di risorse umane. Quante persone servirebbero per controllare manualmente, ad esempio, i 5 milioni di video pubblicati ogni mese su Facebook?

Le strategie adottate sono due: il controllo automatico e l’auto-controllo. YouTube, ad esempio, è in grado di identificare automaticamente la presenza in un video di una colonna sonora protetta da copyright e rimuoverla in caso di violazione. Facebook consente ad ogni utente di segnalare ai gestori un contenuto offensivo. Wikipedia si spinge oltre consentendo agli utenti di intervenire direttamente modificando un lemma quando contiene inesattezze.

Perché dunque fermare la ferrovia quando basta cancellare (o far cancellare) il graffito? Non dovrebbe forse l’oscuramento essere solo l’estrema conseguenza nei confronti di un gestore che si rifiuti di rimuovere un contenuto segnalato? Non sarebbe meglio educare all’auto-controllo che promuovere la censura?

[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 17 Febbraio. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Martedì 3 Marzo]

[Photo originally uploaded on April 21, 2008 by Steve Webel]

Realtà digitali #1: Le conversazioni da bar dei pubblici connessi

Quando gli storici del futuro studieranno l’Italia, non avranno bisogno di sofisticate tecniche di analisi per accorgersi che nel corso del 2008 qualcosa è cambiato. L’anno appena concluso verrà infatti ricordato come quello della svolta. L’anno nel quale un sito Internet dove i contenuti sono creati dagli stessi utenti che lo frequentano superò traffico i siti dei giornali online più famosi.Quando gli storici del futuro studieranno l’Italia, non avranno bisogno di sofisticate tecniche di analisi per accorgersi che nel corso del 2008 qualcosa è cambiato. L’anno appena concluso verrà infatti ricordato come quello della svolta. L’anno nel quale un sito Internet dove i contenuti sono creati dagli stessi utenti che lo frequentano superò traffico i siti dei giornali online più famosi.Quando gli storici del futuro studieranno l’Italia, non avranno bisogno di sofisticate tecniche di analisi per accorgersi che nel corso del 2008 qualcosa è cambiato. L’anno appena concluso verrà infatti ricordato come quello della svolta. L’anno nel quale un sito Internet dove i contenuti sono creati dagli stessi utenti che lo frequentano superò traffico i siti dei giornali online più famosi.

Quando gli storici del futuro studieranno l’Italia, non avranno bisogno di sofisticate tecniche di analisi per accorgersi che nel corso del 2008 qualcosa è cambiato. L’anno appena concluso verrà infatti ricordato come quello della svolta. L’anno nel quale un sito Internet dove i contenuti sono creati dagli stessi utenti che lo frequentano superò per traffico i siti dei giornali online più famosi. Se nella storia dei media il 2008 sarà ricordato come l’anno di Facebook, saranno solo gli anni a venire che potranno dirci quale sarà l’impatto sulla nostra società della diffusione di strumenti che consentono di mantenere e rendere visibili le proprie relazioni sociali come mai prima d’ora era stato possibile fare.
Certo i siti di social network e Facebook in particolare, minano alla radice le più frequenti critiche avanzate dai detrattori della rete. Gli scettici ci hanno messo in guardia dall’isolamento ed invece siamo tutti più connessi. Hanno consigliato di non cedere al fascino delle identità fittizie e tutti usano un sistema che richiede di entrare con il proprio nome e cognome. Come avvenuto con il telefono, i rapporti mantenuti attraverso Internet non stanno sostituendo gli incontri di persona ed al contrario si affiancano e si intrecciano con essi. Gli studi più recenti mostrano che i siti di social network sono usati per mantenere i rapporti sociali in essere più che per crearne di nuovi. Ciò nonostante molti genitori si preoccupano per il tempo che i figli dedicano a questi siti ed i media dedicano grande attenzione ai casi di devianza rinforzando ulteriormente questi timori.
Non che in questi spazi non avvengano comportamenti riprovevoli o che essi siano sicuri per definizione. Come in tutti gli spazi pubblici si possono incontrare malintenzionati, fare esperienze dolorose ed ascoltare opinioni lontane dal politically correct. Sono sicuro che se registrassimo le conversazioni degli anziani che giocano a carte in un bar, ne trarremmo di che preoccuparci per il futuro di quella generazione e della società in generale. La differenza è che le conversazioni nei siti di social network sono costantemente esposte al pubblico. Un pubblico diverso da quello passivo tipico dei media di massa. Un pubblico connesso che commenta, diffonde, remixa e crea i suoi stessi contenuti. Un pubblico che definisce uno spazio dove le conversazioni “da bar” assumono la permanenza propria della forma scritta, la replicabilità del copia/incolla, la ricercabilità cui ci ha abituato Google e possono raggiungere un numero di destinatari che prima del web avrebbero comportato costi che in pochi potevano permettersi.
Le opportunità di cambiamento che abbiamo di fronte sono dunque straordinarie ed è comprensibile che destino preoccupazione. Tenere i nostri figli lontani da Internet non li aiuterà tuttavia a familiarizzare con le logiche della società nella quale si troveranno a vivere.
[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Mercoledì 4 Febbraio. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Mercoledì 18 Febbraio]
[Photo originally uploaded on October 23, 2005 by Goldemberg Fonseca ]

Quando gli storici del futuro studieranno l’Italia, non avranno bisogno di sofisticate tecniche di analisi per accorgersi che nel corso del 2008 qualcosa è cambiato. L’anno appena concluso verrà infatti ricordato come quello della svolta. L’anno nel quale un sito Internet dove i contenuti sono creati dagli stessi utenti che lo frequentano superò per traffico i siti dei giornali online più famosi. Se nella storia dei media il 2008 sarà ricordato come l’anno di Facebook, saranno solo gli anni a venire che potranno dirci quale sarà l’impatto sulla nostra società della diffusione di strumenti che consentono di mantenere e rendere visibili le proprie relazioni sociali come mai prima d’ora era stato possibile fare.

Certo i siti di social network e Facebook in particolare, minano alla radice le più frequenti critiche avanzate dai detrattori della rete. Gli scettici ci hanno messo in guardia dall’isolamento ed invece siamo tutti più connessi. Hanno consigliato di non cedere al fascino delle identità fittizie e tutti usano un sistema che richiede di entrare con il proprio nome e cognome. Come avvenuto con il telefono, i rapporti mantenuti attraverso Internet non stanno sostituendo gli incontri di persona ed al contrario si affiancano e si intrecciano con essi. Gli studi più recenti mostrano che i siti di social network sono usati per mantenere i rapporti sociali in essere più che per crearne di nuovi. Ciò nonostante molti genitori si preoccupano per il tempo che i figli dedicano a questi siti ed i media dedicano grande attenzione ai casi di devianza rinforzando ulteriormente questi timori.

Non che in questi spazi non avvengano comportamenti riprovevoli o che essi siano sicuri per definizione. Come in tutti gli spazi pubblici si possono incontrare malintenzionati, fare esperienze dolorose ed ascoltare opinioni lontane dal politically correct. Sono sicuro che se registrassimo le conversazioni degli anziani che giocano a carte in un bar, ne trarremmo di che preoccuparci per il futuro di quella generazione e della società in generale. La differenza è che le conversazioni nei siti di social network sono costantemente esposte al pubblico. Un pubblico diverso da quello passivo tipico dei media di massa. Un pubblico connesso che commenta, diffonde, remixa e crea i suoi stessi contenuti. Un pubblico che definisce uno spazio dove le conversazioni “da bar” assumono la permanenza propria della forma scritta, la replicabilità del copia/incolla, la ricercabilità cui ci ha abituato Google e possono raggiungere un numero di destinatari che prima del web avrebbero comportato costi che in pochi potevano permettersi.

Le opportunità di cambiamento che abbiamo di fronte sono dunque straordinarie ed è comprensibile che destino preoccupazione. Tenere i nostri figli lontani da Internet non li aiuterà tuttavia a familiarizzare con le logiche della società nella quale si troveranno a vivere.

[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Mercoledì 4 Febbraio. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Mercoledì 18 Febbraio]

[Photo originally uploaded on October 23, 2005 by Goldemberg Fonseca ]

Quando gli storici del futuro studieranno l’Italia, non avranno bisogno di sofisticate tecniche di analisi per accorgersi che nel corso del 2008 qualcosa è cambiato. L’anno appena concluso verrà infatti ricordato come quello della svolta. L’anno nel quale un sito Internet dove i contenuti sono creati dagli stessi utenti che lo frequentano superò per traffico i siti dei giornali online più famosi. Se nella storia dei media il 2008 sarà ricordato come l’anno di Facebook, saranno solo gli anni a venire che potranno dirci quale sarà l’impatto sulla nostra società della diffusione di strumenti che consentono di mantenere e rendere visibili le proprie relazioni sociali come mai prima d’ora era stato possibile fare.

Certo i siti di social network e Facebook in particolare, minano alla radice le più frequenti critiche avanzate dai detrattori della rete. Gli scettici ci hanno messo in guardia dall’isolamento ed invece siamo tutti più connessi. Hanno consigliato di non cedere al fascino delle identità fittizie e tutti usano un sistema che richiede di entrare con il proprio nome e cognome. Come avvenuto con il telefono, i rapporti mantenuti attraverso Internet non stanno sostituendo gli incontri di persona ed al contrario si affiancano e si intrecciano con essi. Gli studi più recenti mostrano che i siti di social network sono usati per mantenere i rapporti sociali in essere più che per crearne di nuovi. Ciò nonostante molti genitori si preoccupano per il tempo che i figli dedicano a questi siti ed i media dedicano grande attenzione ai casi di devianza rinforzando ulteriormente questi timori.

Non che in questi spazi non avvengano comportamenti riprovevoli o che essi siano sicuri per definizione. Come in tutti gli spazi pubblici si possono incontrare malintenzionati, fare esperienze dolorose ed ascoltare opinioni lontane dal politically correct. Sono sicuro che se registrassimo le conversazioni degli anziani che giocano a carte in un bar, ne trarremmo di che preoccuparci per il futuro di quella generazione e della società in generale. La differenza è che le conversazioni nei siti di social network sono costantemente esposte al pubblico. Un pubblico diverso da quello passivo tipico dei media di massa. Un pubblico connesso che commenta, diffonde, remixa e crea i suoi stessi contenuti. Un pubblico che definisce uno spazio dove le conversazioni “da bar” assumono la permanenza propria della forma scritta, la replicabilità del copia/incolla, la ricercabilità cui ci ha abituato Google e possono raggiungere un numero di destinatari che prima del web avrebbero comportato costi che in pochi potevano permettersi.

Le opportunità di cambiamento che abbiamo di fronte sono dunque straordinarie ed è comprensibile che destino preoccupazione. Tenere i nostri figli lontani da Internet non li aiuterà tuttavia a familiarizzare con le logiche della società nella quale si troveranno a vivere.

[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Mercoledì 4 Febbraio. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Mercoledì 18 Febbraio]

[Photo originally uploaded on October 23, 2005 by Goldemberg Fonseca ]