Crescere online in una nazione digitale

Due documentari da non perdere direttamente dal programma Frontline della Public Broadcasting ServiceDue documentari da non perdere direttamente dal programma Frontline della Public Broadcasting ServiceDue documentari da non perdere direttamente dal programma Frontline della Public Broadcasting Service

Ho appena finito di vedere questi due documentari trasmessi nell’ambito del programma Frontline della tv pubblica americana PBS. Il primo, intitolato Growing Up Online è stato mandato in onda il 22 gennaio 2008 ed il secondo, Digital Nation,  il 2 febbraio 2010.
Credo sia interessante vedere le differenze. L’approccio, in entrambi i casi, è piuttosto critico e talvolta discutibile. È  interessante tuttavia che il progetto non si esaurisca con la messa in onda dei documentari. In questa sezione del sito, ad esempio, sono raccolte le storie di vita digitale inviate dagli spettatori. Da non perdere inoltre l’intervista integrale a Sherry Turkle.
Ecco il più recente dei due documentari. Dura poco meno di un’ora e mezza. Buona visione.

Mi piacerebbe vedere questi documentari trasmessi in Italia. Speriamo che quelli di Current o di Report siano in ascolto 😉
P.S. Anche Growing Up Online può essere visto direttamente online.

Ho appena finito di vedere questi due documentari trasmessi nell’ambito del programma Frontline della tv pubblica americana PBS. Il primo, intitolato Growing Up Online è stato mandato in onda il 22 gennaio 2008 ed il secondo, Digital Nation,  il 2 febbraio 2010.

Credo sia interessante vedere le differenze. L’approccio, in entrambi i casi, è piuttosto critico e talvolta discutibile. È  interessante tuttavia che il progetto non si esaurisca con la messa in onda dei documentari. In questa sezione del sito, ad esempio, sono raccolte le storie di vita digitale inviate dagli spettatori. Da non perdere inoltre l’intervista integrale a Sherry Turkle.

Ecco il più recente dei due documentari. Dura poco meno di un’ora e mezza. Buona visione.

Mi piacerebbe vedere questi documentari trasmessi in Italia. Speriamo che quelli di Current o di Report siano in ascolto 😉

P.S. Anche Growing Up Online può essere visto direttamente online.

Ho appena finito di vedere questi due documentari trasmessi nell’ambito del programma Frontline della tv pubblica americana PBS. Il primo, intitolato Growing Up Online è stato mandato in onda il 22 gennaio 2008 ed il secondo, Digital Nation,  il 2 febbraio 2010.

Credo sia interessante vedere le differenze. L’approccio, in entrambi i casi, è piuttosto critico e talvolta discutibile. È  interessante tuttavia che il progetto non si esaurisca con la messa in onda dei documentari. In questa sezione del sito, ad esempio, sono raccolte le storie di vita digitale inviate dagli spettatori. Da non perdere inoltre l’intervista integrale a Sherry Turkle.

Ecco il più recente dei due documentari. Dura poco meno di un’ora e mezza. Buona visione.

Mi piacerebbe vedere questi documentari trasmessi in Italia. Speriamo che quelli di Current o di Report siano in ascolto 😉

P.S. Anche Growing Up Online può essere visto direttamente online.

PageRank, classifiche ed attenzione

Vi siete mai chiesti perché Google non si è mai sognato di pubblicare una bella classifica dei siti con più alto PageRank al mondo?
Semplicemente perché non avrebbe alcun senso. Il PageRank è stato ideato per restituire una classifica di pagine nel contesto di una ricerca e come tale andrebbe utilizzato. Non è un parametro oggettivo che può prescindere dal contesto. Per esserlo dovrebbe almeno essere ponderato in base alla popolarità dell’argomento trattato. Comparare il PageRank di un sito che parla di scacchi con quello di un blog che parla di Web2.0 è una palese assurdità.
Consiglio ai ragazzi di BlogBabel di seguire invece cosa sta succedendo intorno all’APML Workgroup. Recentemente sia Bloglines che Newsgator (con Google Reader sarebbe coperta buona parte del mercato) hanno aderito a questo gruppo di lavoro e Nick Bradbury (autore di uno di FeedDemon il client per sistemi Windows della scuderia di Newsgator) ha rilasciato in beta oggi la prima release della sua applicazione che crea un report dei feed cui prestiamo maggiore attenzione.
Il calcolo dell’attenzione (forse un pò rudimentale) si basa sul numero di volte che un feed è stato visitato, sul numero di articoli nel feed letti, flaggati o condivisi e sul numero di volte che un feed è stato catturato da una vista (le viste di FeedDemon sono delle cartelle speciali nella quale finiscono automaticamente i post che contengono certi contenuti).
Credo che in futuro utilizzerò di più le funzionalità avanzate di questa applicazione. Nel frattempo ecco come appare ad oggi la mia personale classifica dei feed cui presto più attenzione (è solo la Top20 per ragioni di spazio).
attention.png
Sarebbe molto carino poter utilizzare in futuro questa classifica per ordinare il mio blogroll sulla destra.
P.S. Consiglio questa lettura in italiano come introduzione a APML.

Avviso ai lettori old fashion

Anche se in realtà penso che perdersi qualcosa all’epoca dei flussi informativi che si moltiplicano sia giustificato (anzi forse necessario) e che spesso questa perdita sia compensata dalla ridondanza interna offerta dal sistema, voglio segnalare a tutti quelli che leggono questo blog attraverso il feed RSS che si stanno perdendo qualcosa.

Sempre più spesso scrivo cose potenzialmente di interesse qui, prendo appunti qui, salvo bookmark qui, raccolgo articoli qui e tengo traccia dei libri che leggo qui, mi segno gli eventi che mi interessano qui.

Di tutto questo lavoro non rimane ovviamente traccia qui.

Per questo ho creato un feed omnicomprensivo qui (include tutto compreso il blog con l’eccezione dei messaggi privati di Twitter). Inoltre nella pagina About me ho aggiunto i link ai singoli feed per seguire solo uno di questi servizi.

Sto inoltre usando sempre più costantemente facebook più che altro per comprenderne le logiche di funzionamento dall’interno. L’idea delle applicazioni è geniale e sta rendendo questa piattaforma un vero e proprio aggregatore di network sociali.

Per il momento sto facendo convergere tutti i flussi informativi che produco verso il mio profilo di facebook.

Quindi, un altro modo per seguire il tutto senza la serialità tipica del feed e, allo stesso tempo, visualizzare la mia rete di contatti ed i loro contenuti è quello di aggiungermi come friend su facebook (creando prima un profilo se non lo avete). Al momento accetto inviti solo da persone che ho conosciuto, seppur fugacemente, in passato.

Non sono in grado di spiegarlo su basi razionali ma ho la netta sensazione che facebook sarà sempre più importante. Vi consiglio quindi di iscrivervi.

P.S. Non ho dimenticato le foto che pubblico qui ed i video che carico qui. Ho pensato di non includerle nel meta feed perchè credo la maggior parte dei lettori non sia interessata.

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Dal tempo delle mele al Web 2.0

Marco ha lanciato in Italia un nuovo stile di presentare dal palco che andrebbe mostrato alle troppe persone che pensano che il video proiettato sullo schermo serva per far leggere i propri appunti alla platea.

Questa presentazione, in particolare, sta diventando un suo personale classico perchè, avendone viste diverse, mi sembra di capire che la struttura di base rimanga la stessa mentre cambiano i contenuti (le immagini, i video, i riferimenti nel discorso) che sono sempre aggiornati rispetto alle ultime cose che avvengono nel mondo di Internet.

(via Roberdan)

In questa modalità di presentare in pubblico le immagini, l’audio, il discorso e Internet (che fornisce i contenuti) diventano un’unica cosa dimostrando empiricamente all’ascoltatore le potenzialità della rete (per chi deve presentare in pubblico) forse anche meglio di quanto non facciano i contenuti della relazione stessa.

Che fine ha fatto Sherry Turkle?

Ne parlavo proprio con Bernardo Parrella un paio di settimane fa.

L’ultma sua monografia (La vita sullo schermo), pubblicata nell’ormai lontano 1996 è ormai considerato un classico, uno dei pochissimi, sullo studio dell’identità in rete (onore al merito di Bernardo e di Apogeo per aver reso disponibile in italiano questo lavoro ad un solo anno dalla sua pubblicazione in lingua originale).

Nel libro non ci sono numeri o statistiche. L’approccio è etnografico (di quelli seri dove prima di farti un’idea su qualcosa e di scriverla ovunque passi mesi a fare osservazione partecipante ed interviste in giro per il mondo).

L’argomentazione procede per aneddoti e stralci di interviste.

Per chi come me ha divorato quel libro, non può non far piacere leggere Sherry Turkle a 10 anni di distanza in questo special report su Forbes parlare della costruzione del sè al tempo della connessione permanente, dell’attenzione parziale continua, di Second Life e di BlackBerry.

Sherry Turkle disegna uno scenario piuttosto cupo e ricco di contraddizioni. Per chi non ha tempo di leggere tutto ho estratto alcuni stralci che parlano da soli.

Questo articolo costituisce, per quanto mi riguarda, un motivo in più per aspettare con ansia giugno quando dovrebbe uscire Evocative Objects: Things We Think With. Intanto l’ho preordinato insieme ad una copia della nuova edizione di The Second Self: Computers and the Human Spirit — Twentieth Anniversary Edition (tanto la versione italiana è introvabile da anni).

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Kristen, il negozio di formaggio, twitter e il Mit5


Segnalo questo bel post illustrato di Kristen Taylor (Associate Editor per la PBS Interactive – la divisione online della televisione pubblica americana -conosciuta al Mit5 via Twitter) in risposta a queste domande lanciate qualche tempo fa da Danah Boyd).
Vale la pena darci uno sguardo se non altro per le foto.

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Twitter: il telegrafo di Narciso

Tutto si può dire di Nicholas Carr ma non che sia un genio nel costruire questo tipo di frasi ad effetto come quella del titolo o come queste

Twitter unbundles the blog, fragments the fragment. It broadcasts the text message, turns SMS into a mass medium.

The broadcasting of the spectacle of the self has become a full-time job. Au revoir, Jean Baudrillard, your work here is done.

The great paradox of “social networking” is that it uses narcissism as the glue for “community.” Being online means being alone, and being in an online community means being alone together.

Twitter esiste da tempo e l’idea che ne è alla base, per quanto piuttosto originale, non mi ha mai convito. Sono fra quelli che non aggiorna mai la frase di messenger e Twitter mi ricorda un pò questa pratica.
Il fatto che questo strumento non mi interessi personalmente non significa però che non sia utile rifletterci sopra. Di solito tuttavia è impossibile parlare sensatamente di una cosa senza averla provata.
Dunque, mentre mi faccio un’idea personale di Twitter, consiglio di leggere sul tema:

  1. Dot dash di Nicholas Carr;
  2. Tweet Tweet (some thoughts on Twitter) di Danah Boyd;
  3. Twitter: Don’t leave home without it (A Primer) di Kevin Lim;

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Snack Culture

Interessante articolo di Wired su come cambiano i consumi culturali. Micro contenuti ed accessibilità ubiqua sono a fondamento della Snack Culture. Bastano pochi minuti liberi mentre si aspetta l’autobus o mentre si attende che l’acqua bolla nella pentola per leggere qualche post di un blog, ascoltare un brano musicale o vedere un video su YouTube.

Il consumo everytime/everywhere rappresentato da un pacchetto di patatine o da uno snack si estende alla cultura.

Ma la Snack Culture non nasce oggi come coglie bene Wired in questa An Epic History of Snack Culture.

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Simbiosi e simbionti

Come avevo annunciato tempo, fa la scorsa settimana abbiamo avuto ospite ad Urbino il Prof. Giuseppe O. Longo. La presenza del professore triestino è ormai diventata una piacevole consuetudine per il corso di teoria dell’informazione e quest’anno siamo anche riusciti ad organizzare per l’ultimo giorno di lezione una sorta di dibattito a più voci (Lella Mazzoli, Giovanni Boccia Artieri ed io) sul rapporto fra tecnologie e comunicazione.

Personalmente ho approfittato per porre a Longo un paio di domande sulla continuous partial attention ed una più generale sul fenomeno del contenuto generato dagli utenti.

Il tutto è stato registrato (grazie ai potenti mezzi dell’istituto e alla gentile collaborazione di uno studente che si è prestato a fare l’operatore). Poi ho fatto il montaggio, aggiunto un paio di titoli e caricato il tutto su Google Video.

Il risultato è questo video della durate di 1 ora e 21 minuti in cui si spazia dalla robotica alla fantascienza, dalle teorie della comunicazione all’Intelligenza Artificiale.

Buona visione.

L'uso del wireless in US

Mi sembrano come al solito interessanti i dati di Pew Internet sull’uso del wireless negli Stati Uniti. Ho come la sensazione che fra gli studenti di Urbino, anche grazie al wireless campus, siamo quantitativamente più avanti della media US (34%) rilevata da questa ricerca.

Sarebbe carino se qualcuno facesse una ricerca sul tema.

Il questionario c’è già. E’ solo da tradurre. Credo sia un ottimo progetto di tesi.

Qualche candidato?

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