What's next #14: quattro proprietà, tre dinamiche ad un embargo

danah boyd sceglie una modalità apparentemente inconsueta per pubblicare la sua tesi di dottorato. Prendendo come spunto questo episodio ci si interroga su cosa cambia per il ricercatore nell’era dei networked publics.danah boyd sceglie una modalità apparentemente inconsueta per pubblicare la sua tesi di dottorato. Prendendo come spunto questo episodio ci si interroga su cosa cambia per il ricercatore nell’era dei networked publics.danah boyd sceglie una modalità apparentemente inconsueta per pubblicare la sua tesi di dottorato. Prendendo come spunto questo episodio ci si interroga su cosa cambia per il ricercatore nell’era dei networked publics.

Come forse saprete danah boyd ha conseguito la scorsa settimana  il suo dottorato in Information Management and Systems presso la School of Information di Berkeley in California.
Quello che sta facendo questa ragazza nata nel 1977 è ridefinire il modo di essere un ricercatore ai tempi di Internet.
Mi sarebbe piaciuto parlare in questo articolo delle impressioni a caldo sulla lettura della sua tesi di dottorato che ha gentilmente inviato a tutti i suoi contatti twitter che ne abbiano fatto richiesta in tempo utile. Mi sarebbe piaciuto ma non posso farlo perché l’autrice ha chiesto nel messaggio che accompagna il pdf della sua tesi di non parlarne in pubblico prima del 20 gennaio (data prevista del suo ritorno dalle vacanze e completamento del trasloco a Boston). Dopo quella data, danah pubblicherà sul suo blog sotto licenza Creative Commons’ Attribution-NonCommercial-NoDerivs License, version 3.0 la sua tesi aprendo il dibattito pubblico che con tutta probabilità le consentirà di raccogliere preziose indicazioni per trasformare la tesi in una pubblicazione.
Non potendo entrare nello specifico del lavoro, mi piace l’idea di partire da questo episodio per proporre alcune riflessioni su come cambia il ruolo del ricercatore in relazione al pubblico di rete. Osservando con attenzione la presenza web di danah boyd si può notare come nulla sia lasciato al caso.  In generale la sua identità pubblica è, come spiega lei stessa nella pagina dell’autobiografia, il frutto di un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Come direbbe lei citando Goffmann la sua presenza in rete (ma non solo) è frutto di un attento lavoro di impression management. Alla base c’è un’idea semplice e precisa di identità e non è un caso che, in fondo, sia proprio questo l’oggetto dei suoi studi fin dai tempi della sua tesi di master Faceted Id/entity: Managing representation in a digital world.

Social interaction is a negotiation of identities between people in a given environment. One’s identity is comprised of both a personal internal identity and a public social identity. As people engage socially, they project aspects of their internal identity into a social identity for others to perceive. Based on the situation, people only present a particular facet of their internal identity for consideration. Depending on their own need to self-monitor, an individual manages what is to be seen dependent on the environment, thereby creating a social performance where they offer different faces to convey different facets of their identity. The goal of such monitoring is to manage the impressions that others might perceive, to convey the appropriate information at the appropriate time.
In order to assess what is appropriate, people draw from situational and interpersonal contextual cues. By understanding the social implication of context cues and perceiving the reactions presented by others, an individual is given social feedback to adjust their behavior to fit the situation in the hopes of being perceived in the desired light. As people engage socially, they are continually drawing from their own experiences to perceive others and the environment and presenting aspects of their identity that they deem appropriate to the situation. Yet, this negotiation occurs with little conscious effort. (danah boyd, Faceted Id/entity :: Introduction, p. 12)

Ovviamente il modo di (1) esprimere la propria identità pubblica, (2) reperire gli indizi contestuali e (3) interpretarli per ri-definire la propria identità pubblica cambiano quando tutto questo avviene in un contesto mediato da Internet. Diventa necessario tenere presenti caratteristiche proprie di questo spazio.
Un ricercatore tradizionale ha di solito due momenti durante i quali si confronta con il pubblico: le pubblicazioni e le conferenze. In entrambi i casi il pubblico con il quale ci si confronta è un pubblico di esperti variamente costituito da colleghi che hanno maggiore o minore esperienza della tua. Parlare su Internet delle proprie ricerche significa aprire un confronto con un pubblico più vasto che tuttavia, specie in un settore come quello dei nuovi media, può mostrare competenze e capacità di esprimere preziose critiche pari o maggiori rispetto al pubblico degli esperti accademici tradizionali.
Durante le conferenze e dopo aver pubblicato un saggio in una rivista o un libro è possibile cogliere nelle reazioni del pubblico degli spettatori e dei lettori con cui si avrà la fortuna di entrare in contatto indicazioni sul contenuto e sulla forma della presentazione del lavoro ed incorporare queste osservazioni, se lo si desidera, nei successivi lavori.
Il mondo della ricerca si fonda su questo feedback sociale di taglio accademico che come in altri casi subisce profonde modifiche in presenza dei pubblici di rete.
1.      Il basso costo di accesso, di produzione e la teoria della coda lunga hanno praticamente estinto il ruolo di filtro delle case editrici. Inoltre oggi chiunque può pubblicare usando appositi servizi web un saggio o un libro (eventualmente anche con codici ISSN o ISBN) anche senza passare da una casa editrice tradizionale;
2.      I tempi tecnici per pubblicare un articolo in una rivista internazionale con referee variano da alcuni mesi ad oltre un anno. Questi tempi sono del tutto inadatti a chi scrive articoli che riguardano le tecnologie a causa della rapida evoluzione di questo settore;
3.      Sia i contenuti pubblicati in rete che quelli pubblicati passando attraverso i filtri tradizionali sono ricercabili attraverso i tradizionali canali di ricerca o usando specifici servizi di ricerca dedicati al mondo accademico (Google Book Search, Google Scholar, CiteULike);
4.      Esistono strumenti per rintracciare automaticamente e spesso in tempo reale tutte i contenuti pubblicati che parlano di uno nostro contenuto (ovvero ci citano) come Google Book Search, Google Scholar, Google Blog Search, Technorati, Liquida, Wikio;
5.      Esistono licenze come Creative Commons che consentono di proteggere i diritti sul proprio lavoro in modo più flessibile rispetto a quanto non facciano le case editrici tradizionali alle quali spesso concediamo inconsapevolmente i diritti sui contenuti che noi produciamo e pubblichiamo;
6.      Le conferenze, pur rimanendo fondamentali momenti per conoscere di persona i colleghi e sviluppare relazioni, sono sempre più spesso deludenti dal punto di vista dei contenuti come può essere lo SMAU per chi legge Engadget;
7.      Attraverso un lettore di feed RSS o un sito di social network (dedicato come ResearchGate o non come Linkedin o Facebook) è possibile rimanere in contatto (ed aggiornati sul loro lavoro) con colleghi che è difficile incontrare di persona a causa di impegni o distanze fisiche;
8.      Quasi tutte le riviste internazionali consentono di utilizzare i feed RSS per ricevere, appena pubblicati, gli articoli contenuti nell’ultima issue. Inoltre grazie all’ingegno di qualcuno è possibile creare ed abbonarsi ad un feed RSS di una ricerca di Google Scholar il che significa in pratica poter essere informati in tempo reale della pubblicazioni di un articolo sul tema che stiamo studiando;
9.      Accettare di pubblicare i propri contenuti online significa, al pari di ogni altra forma di pubblicazione, aprire una conversazione. Quando la conversazione è aperta bisogna mettere in conto che si riceveranno critiche (fondate o meno che siano). Quanto più i contenuti che pubblicate saranno visibili, tanto più alta sarà la possibilità di ricevere critiche (che poi è lo scopo per cui uno pubblica in modo da ricevere il feedback necessario a migliorarsi);
10.  Pubblicando i propri contenuti in rete ci si espone ad un pubblico più vasto ed eterogeneo della comunità accademica. Diversi strumenti possono essere dedicati ad un diverso pubblico (blog per il pubblico più vasto, twitter per i fan, facebook per gli amici). In ogni caso la relazione che voi stessi avete deciso di aprire con questo più vasto pubblico è da pari a pari. Per tutte queste ragioni è importante comprendere che aprire un blog o una presenza in rete comporta delle conseguenze che, se non si è pronti a gestire, possono essere ben peggiori dei vantaggi che si intende ottenere.
Adesso dovrebbe essere più chiaro il senso di questo messaggio.

L'embargo di danah
L'embargo di danah

P.S. Le mie riflessioni sul contenuto della tesi di danah boyd (titolo Taken Out of Context. American Teen Sociality in Networked Publics) saranno pubblicate in una edizione speciale di What’s next appena avrò il benestare dell’autrice.

Come forse saprete danah boyd ha conseguito la scorsa settimana  il suo dottorato in Information Management and Systems presso la School of Information di Berkeley in California.

Quello che sta facendo questa ragazza nata nel 1977 è ridefinire il modo di essere un ricercatore ai tempi di Internet.

Mi sarebbe piaciuto parlare in questo articolo delle impressioni a caldo sulla lettura della sua tesi di dottorato che ha gentilmente inviato a tutti i suoi contatti twitter che ne abbiano fatto richiesta in tempo utile. Mi sarebbe piaciuto ma non posso farlo perché l’autrice ha chiesto nel messaggio che accompagna il pdf della sua tesi di non parlarne in pubblico prima del 20 gennaio (data prevista del suo ritorno dalle vacanze e completamento del trasloco a Boston). Dopo quella data, danah pubblicherà sul suo blog sotto licenza Creative Commons’ Attribution-NonCommercial-NoDerivs License, version 3.0 la sua tesi aprendo il dibattito pubblico che con tutta probabilità le consentirà di raccogliere preziose indicazioni per trasformare la tesi in una pubblicazione.

Non potendo entrare nello specifico del lavoro, mi piace l’idea di partire da questo episodio per proporre alcune riflessioni su come cambia il ruolo del ricercatore in relazione al pubblico di rete. Osservando con attenzione la presenza web di danah boyd si può notare come nulla sia lasciato al caso.  In generale la sua identità pubblica è, come spiega lei stessa nella pagina dell’autobiografia, il frutto di un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Come direbbe lei citando Goffmann la sua presenza in rete (ma non solo) è frutto di un attento lavoro di impression management. Alla base c’è un’idea semplice e precisa di identità e non è un caso che, in fondo, sia proprio questo l’oggetto dei suoi studi fin dai tempi della sua tesi di master Faceted Id/entity: Managing representation in a digital world.

Social interaction is a negotiation of identities between people in a given environment. One’s identity is comprised of both a personal internal identity and a public social identity. As people engage socially, they project aspects of their internal identity into a social identity for others to perceive. Based on the situation, people only present a particular facet of their internal identity for consideration. Depending on their own need to self-monitor, an individual manages what is to be seen dependent on the environment, thereby creating a social performance where they offer different faces to convey different facets of their identity. The goal of such monitoring is to manage the impressions that others might perceive, to convey the appropriate information at the appropriate time.

In order to assess what is appropriate, people draw from situational and interpersonal contextual cues. By understanding the social implication of context cues and perceiving the reactions presented by others, an individual is given social feedback to adjust their behavior to fit the situation in the hopes of being perceived in the desired light. As people engage socially, they are continually drawing from their own experiences to perceive others and the environment and presenting aspects of their identity that they deem appropriate to the situation. Yet, this negotiation occurs with little conscious effort. (danah boyd, Faceted Id/entity :: Introduction, p. 12)

Ovviamente il modo di (1) esprimere la propria identità pubblica, (2) reperire gli indizi contestuali e (3) interpretarli per ri-definire la propria identità pubblica cambiano quando tutto questo avviene in un contesto mediato da Internet. Diventa necessario tenere presenti caratteristiche proprie di questo spazio.

Un ricercatore tradizionale ha di solito due momenti durante i quali si confronta con il pubblico: le pubblicazioni e le conferenze. In entrambi i casi il pubblico con il quale ci si confronta è un pubblico di esperti variamente costituito da colleghi che hanno maggiore o minore esperienza della tua. Parlare su Internet delle proprie ricerche significa aprire un confronto con un pubblico più vasto che tuttavia, specie in un settore come quello dei nuovi media, può mostrare competenze e capacità di esprimere preziose critiche pari o maggiori rispetto al pubblico degli esperti accademici tradizionali.

Durante le conferenze e dopo aver pubblicato un saggio in una rivista o un libro è possibile cogliere nelle reazioni del pubblico degli spettatori e dei lettori con cui si avrà la fortuna di entrare in contatto indicazioni sul contenuto e sulla forma della presentazione del lavoro ed incorporare queste osservazioni, se lo si desidera, nei successivi lavori.

Il mondo della ricerca si fonda su questo feedback sociale di taglio accademico che come in altri casi subisce profonde modifiche in presenza dei pubblici di rete.

1.      Il basso costo di accesso, di produzione e la teoria della coda lunga hanno praticamente estinto il ruolo di filtro delle case editrici. Inoltre oggi chiunque può pubblicare usando appositi servizi web un saggio o un libro (eventualmente anche con codici ISSN o ISBN) anche senza passare da una casa editrice tradizionale;

2.      I tempi tecnici per pubblicare un articolo in una rivista internazionale con referee variano da alcuni mesi ad oltre un anno. Questi tempi sono del tutto inadatti a chi scrive articoli che riguardano le tecnologie a causa della rapida evoluzione di questo settore;

3.      Sia i contenuti pubblicati in rete che quelli pubblicati passando attraverso i filtri tradizionali sono ricercabili attraverso i tradizionali canali di ricerca o usando specifici servizi di ricerca dedicati al mondo accademico (Google Book Search, Google Scholar, CiteULike);

4.      Esistono strumenti per rintracciare automaticamente e spesso in tempo reale tutte i contenuti pubblicati che parlano di uno nostro contenuto (ovvero ci citano) come Google Book Search, Google Scholar, Google Blog Search, Technorati, Liquida, Wikio;

5.      Esistono licenze come Creative Commons che consentono di proteggere i diritti sul proprio lavoro in modo più flessibile rispetto a quanto non facciano le case editrici tradizionali alle quali spesso concediamo inconsapevolmente i diritti sui contenuti che noi produciamo e pubblichiamo;

6.      Le conferenze, pur rimanendo fondamentali momenti per conoscere di persona i colleghi e sviluppare relazioni, sono sempre più spesso deludenti dal punto di vista dei contenuti come può essere lo SMAU per chi legge Engadget;

7.      Attraverso un lettore di feed RSS o un sito di social network (dedicato come ResearchGate o non come Linkedin o Facebook) è possibile rimanere in contatto (ed aggiornati sul loro lavoro) con colleghi che è difficile incontrare di persona a causa di impegni o distanze fisiche;

8.      Quasi tutte le riviste internazionali consentono di utilizzare i feed RSS per ricevere, appena pubblicati, gli articoli contenuti nell’ultima issue. Inoltre grazie all’ingegno di qualcuno è possibile creare ed abbonarsi ad un feed RSS di una ricerca di Google Scholar il che significa in pratica poter essere informati in tempo reale della pubblicazioni di un articolo sul tema che stiamo studiando;

9.      Accettare di pubblicare i propri contenuti online significa, al pari di ogni altra forma di pubblicazione, aprire una conversazione. Quando la conversazione è aperta bisogna mettere in conto che si riceveranno critiche (fondate o meno che siano). Quanto più i contenuti che pubblicate saranno visibili, tanto più alta sarà la possibilità di ricevere critiche (che poi è lo scopo per cui uno pubblica in modo da ricevere il feedback necessario a migliorarsi);

10.  Pubblicando i propri contenuti in rete ci si espone ad un pubblico più vasto ed eterogeneo della comunità accademica. Diversi strumenti possono essere dedicati ad un diverso pubblico (blog per il pubblico più vasto, twitter per i fan, facebook per gli amici). In ogni caso la relazione che voi stessi avete deciso di aprire con questo più vasto pubblico è da pari a pari. Per tutte queste ragioni è importante comprendere che aprire un blog o una presenza in rete comporta delle conseguenze che, se non si è pronti a gestire, possono essere ben peggiori dei vantaggi che si intende ottenere.

Adesso dovrebbe essere più chiaro il senso di questo messaggio.

L'embargo di danah
L'embargo di danah

P.S. Le mie riflessioni sul contenuto della tesi di danah boyd (titolo Taken Out of Context. American Teen Sociality in Networked Publics) saranno pubblicate in una edizione speciale di What’s next appena avrò il benestare dell’autrice.

Come forse saprete danah boyd ha conseguito la scorsa settimana  il suo dottorato in Information Management and Systems presso la School of Information di Berkeley in California.

Quello che sta facendo questa ragazza nata nel 1977 è ridefinire il modo di essere un ricercatore ai tempi di Internet.

Mi sarebbe piaciuto parlare in questo articolo delle impressioni a caldo sulla lettura della sua tesi di dottorato che ha gentilmente inviato a tutti i suoi contatti twitter che ne abbiano fatto richiesta in tempo utile. Mi sarebbe piaciuto ma non posso farlo perché l’autrice ha chiesto nel messaggio che accompagna il pdf della sua tesi di non parlarne in pubblico prima del 20 gennaio (data prevista del suo ritorno dalle vacanze e completamento del trasloco a Boston). Dopo quella data, danah pubblicherà sul suo blog sotto licenza Creative Commons’ Attribution-NonCommercial-NoDerivs License, version 3.0 la sua tesi aprendo il dibattito pubblico che con tutta probabilità le consentirà di raccogliere preziose indicazioni per trasformare la tesi in una pubblicazione.

Non potendo entrare nello specifico del lavoro, mi piace l’idea di partire da questo episodio per proporre alcune riflessioni su come cambia il ruolo del ricercatore in relazione al pubblico di rete. Osservando con attenzione la presenza web di danah boyd si può notare come nulla sia lasciato al caso.  In generale la sua identità pubblica è, come spiega lei stessa nella pagina dell’autobiografia, il frutto di un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Come direbbe lei citando Goffmann la sua presenza in rete (ma non solo) è frutto di un attento lavoro di impression management. Alla base c’è un’idea semplice e precisa di identità e non è un caso che, in fondo, sia proprio questo l’oggetto dei suoi studi fin dai tempi della sua tesi di master Faceted Id/entity: Managing representation in a digital world.

Social interaction is a negotiation of identities between people in a given environment. One’s identity is comprised of both a personal internal identity and a public social identity. As people engage socially, they project aspects of their internal identity into a social identity for others to perceive. Based on the situation, people only present a particular facet of their internal identity for consideration. Depending on their own need to self-monitor, an individual manages what is to be seen dependent on the environment, thereby creating a social performance where they offer different faces to convey different facets of their identity. The goal of such monitoring is to manage the impressions that others might perceive, to convey the appropriate information at the appropriate time.

In order to assess what is appropriate, people draw from situational and interpersonal contextual cues. By understanding the social implication of context cues and perceiving the reactions presented by others, an individual is given social feedback to adjust their behavior to fit the situation in the hopes of being perceived in the desired light. As people engage socially, they are continually drawing from their own experiences to perceive others and the environment and presenting aspects of their identity that they deem appropriate to the situation. Yet, this negotiation occurs with little conscious effort. (danah boyd, Faceted Id/entity :: Introduction, p. 12)

Ovviamente il modo di (1) esprimere la propria identità pubblica, (2) reperire gli indizi contestuali e (3) interpretarli per ri-definire la propria identità pubblica cambiano quando tutto questo avviene in un contesto mediato da Internet. Diventa necessario tenere presenti caratteristiche proprie di questo spazio.

Un ricercatore tradizionale ha di solito due momenti durante i quali si confronta con il pubblico: le pubblicazioni e le conferenze. In entrambi i casi il pubblico con il quale ci si confronta è un pubblico di esperti variamente costituito da colleghi che hanno maggiore o minore esperienza della tua. Parlare su Internet delle proprie ricerche significa aprire un confronto con un pubblico più vasto che tuttavia, specie in un settore come quello dei nuovi media, può mostrare competenze e capacità di esprimere preziose critiche pari o maggiori rispetto al pubblico degli esperti accademici tradizionali.

Durante le conferenze e dopo aver pubblicato un saggio in una rivista o un libro è possibile cogliere nelle reazioni del pubblico degli spettatori e dei lettori con cui si avrà la fortuna di entrare in contatto indicazioni sul contenuto e sulla forma della presentazione del lavoro ed incorporare queste osservazioni, se lo si desidera, nei successivi lavori.

Il mondo della ricerca si fonda su questo feedback sociale di taglio accademico che come in altri casi subisce profonde modifiche in presenza dei pubblici di rete.

1.      Il basso costo di accesso, di produzione e la teoria della coda lunga hanno praticamente estinto il ruolo di filtro delle case editrici. Inoltre oggi chiunque può pubblicare usando appositi servizi web un saggio o un libro (eventualmente anche con codici ISSN o ISBN) anche senza passare da una casa editrice tradizionale;

2.      I tempi tecnici per pubblicare un articolo in una rivista internazionale con referee variano da alcuni mesi ad oltre un anno. Questi tempi sono del tutto inadatti a chi scrive articoli che riguardano le tecnologie a causa della rapida evoluzione di questo settore;

3.      Sia i contenuti pubblicati in rete che quelli pubblicati passando attraverso i filtri tradizionali sono ricercabili attraverso i tradizionali canali di ricerca o usando specifici servizi di ricerca dedicati al mondo accademico (Google Book Search, Google Scholar, CiteULike);

4.      Esistono strumenti per rintracciare automaticamente e spesso in tempo reale tutte i contenuti pubblicati che parlano di uno nostro contenuto (ovvero ci citano) come Google Book Search, Google Scholar, Google Blog Search, Technorati, Liquida, Wikio;

5.      Esistono licenze come Creative Commons che consentono di proteggere i diritti sul proprio lavoro in modo più flessibile rispetto a quanto non facciano le case editrici tradizionali alle quali spesso concediamo inconsapevolmente i diritti sui contenuti che noi produciamo e pubblichiamo;

6.      Le conferenze, pur rimanendo fondamentali momenti per conoscere di persona i colleghi e sviluppare relazioni, sono sempre più spesso deludenti dal punto di vista dei contenuti come può essere lo SMAU per chi legge Engadget;

7.      Attraverso un lettore di feed RSS o un sito di social network (dedicato come ResearchGate o non come Linkedin o Facebook) è possibile rimanere in contatto (ed aggiornati sul loro lavoro) con colleghi che è difficile incontrare di persona a causa di impegni o distanze fisiche;

8.      Quasi tutte le riviste internazionali consentono di utilizzare i feed RSS per ricevere, appena pubblicati, gli articoli contenuti nell’ultima issue. Inoltre grazie all’ingegno di qualcuno è possibile creare ed abbonarsi ad un feed RSS di una ricerca di Google Scholar il che significa in pratica poter essere informati in tempo reale della pubblicazioni di un articolo sul tema che stiamo studiando;

9.      Accettare di pubblicare i propri contenuti online significa, al pari di ogni altra forma di pubblicazione, aprire una conversazione. Quando la conversazione è aperta bisogna mettere in conto che si riceveranno critiche (fondate o meno che siano). Quanto più i contenuti che pubblicate saranno visibili, tanto più alta sarà la possibilità di ricevere critiche (che poi è lo scopo per cui uno pubblica in modo da ricevere il feedback necessario a migliorarsi);

10.  Pubblicando i propri contenuti in rete ci si espone ad un pubblico più vasto ed eterogeneo della comunità accademica. Diversi strumenti possono essere dedicati ad un diverso pubblico (blog per il pubblico più vasto, twitter per i fan, facebook per gli amici). In ogni caso la relazione che voi stessi avete deciso di aprire con questo più vasto pubblico è da pari a pari. Per tutte queste ragioni è importante comprendere che aprire un blog o una presenza in rete comporta delle conseguenze che, se non si è pronti a gestire, possono essere ben peggiori dei vantaggi che si intende ottenere.

Adesso dovrebbe essere più chiaro il senso di questo messaggio.

L'embargo di danah
L'embargo di danah

P.S. Le mie riflessioni sul contenuto della tesi di danah boyd (titolo Taken Out of Context. American Teen Sociality in Networked Publics) saranno pubblicate in una edizione speciale di What’s next appena avrò il benestare dell’autrice.

How to search, store, export and analyze user generated content for social science

Ieri mattina a Trento con Giovanni e Luca abbiamo presentato alcuni risultati preliminari della ricerca media e generazioni.
In particolare il compito affidato in questa prima fase del progetto alla nostra unità era quello di analizzare le conversazioni online attivate a partire da un set di prodotti generazionali. Lo specifico focus era sulle generazioni X ed Y (i nati dai primi anni ’70 in poi).
I risultati sono stati interessanti e credo che alcuni estratti verranno pubblicati sul sito del progetto insieme ai progressi delle altre linea di ricerca desk sulle generazioni in letteratura e nello specifico del romanzo rosa.
Questo post è invece dedicato a raccontare più nel dettaglio di quanto abbiamo potuto fare ieri la metodologia usata dal punto di vista tecnico (vista anche la curiosità ed interesse suscitata nei colleghi presenti).
L’idea di analizzare le conversazioni online non è nuova per chi legge questo blog.
Per un inquadramento teorico complessivo della questione rimando ad un articolo che ho scritto qualche tempo fa mentre due esempi di progetti pilota realizzati con lo scopo di mettere alla prova l’approccio sono Eyes on Europe (paper, post) e Eyes on you: Pregnancy 2.0 (webcast, draft paper, post).
I progetti pilota ci hanno insegnato che (1) la metodologia aveva delle potenzialità e che (2) la quantità di dati disponibili impediva un qualsiasi ragionevole approccio non supportato dal computer al reperimento e all’analisi collaborativa di questi dati.
Abbiamo dunque deciso di impegnare risorse e tempo nello sviluppo di un’applicazione general purpose che supportasse il ricercatore nel reperimento guidato e nell’analisi collaborativa di questi dati.
Grazie alle competenze tecniche di Romeo e Alfredo questa applicazione è oggi una realtà.
wow20 wizardTecnicamente si tratta di una web application in grado di reperire, consumare, conservare, condividere ed esportare flussi informativi nel formato standard RSS verso le principali applicazioni esistenti per l’analisi del contenuto (al momento abbiamo testato il supporto di Nvivo 7 ma è ragionevole pensare che la stessa cosa possa funzionare con Atlas.ti).
All’atto dell’esportazione dei contenuti di un progetto (post di blog o forum di wow20 project listdiscussione che supportino rss, foto o video pubblicati sul web) la web application reperisce e restituisce le informazioni biografiche sull’autore del contenuto se disponibili su una delle numerose piattaforma di blog e condivisioni di contenuti audio/video supportate (usando tecniche di scraping ad hoc per ogni piattaforma).
Grazie a questa applicazione abbiamo potuto reperire a partire da un set di oltre 40 prodotti generazionali (film, serie tv, libri, videogiochi, musica, fumetti) e con query costruite ad hoc su ogni prodotto 3000 post.
wow20 project detail Di questi 3000 post 928 erano corredati dall’età dell’autore (dato essenziale per la ricerca sulle generazioni), oltre 1000 dal genere e molto spesso (non abbiamo calcolato questo dato esattamente perché privo di interesse nello specifico della ricerca) da una qualche forma (città o nazione) di indicazioni geografica di provenienza.
Questi dati strutturali insieme alla rilevanza degli stessi nei termini della ricerca dei contenuti reperiti rappresentano per la nostra unità di ricerca e per me in particolare una straordinaria conferma delle potenzialità dell’applicazione e della metodologia di ricerca (che solleva anche questioni estremamente interessanti di ordine metodologico ed etico).
Mi sarebbe piaciuto poter annunciare in questo post la disponibilità dell’applicazione per chiunque ne voglia fare uso ma ciò non è purtroppo possibile.
Non lo è per due ordini di ragioni.
1) La prima è che per il momento tutta l’attenzione nello sviluppo si è concentrata sulle funzionalità con conseguenze immaginabili sull’usabilità (oltre che sugli aspetti puramente estetici) dell’applicazione (che fra l’altro non ha neanche un nome definitivo);
2) La seconda è di performance. L’applicazione è infatti ospitata su una macchina virtuale che è ospitata dal server che ospita al tempo stesso la macchina virtuale di questo blog (lo sapevate già che la ricerca in Italia ha pochi fondi, no?). La fase di esportazione dei contenuti di un progetto è estremamente pesante in termini di carico di lavoro sulla macchina. La conseguenza è che se più di 3/4 utenti cercando di esportare contemporaneamente un progetto tendono a saturare le capacità di calcolo della macchina virtuale con le conseguenze che si possono immaginare.
Ovviamente stiamo lavorando per risolvere queste due questioni ma non siamo in grado di dire oggi quando ed anche se saremo in grado di poter rendere disponibile pubblicamente l’applicazione per i ricercatori che intendano farne uso.
Nel frattempo siamo però in grado di ospitare pilot isolati di ricercatori (in senso lato da laureandi, dottorandi, etc.) che ne facciano esplicitamente richiesta.
Se state progettando o realizzando una ricerca basata sull’analisi dei contenuti generati dagli utenti sul web potete contattarmi per concordare le modalità di accesso all’applicazione.
P.S. Anche le offerte di collaborazione sono ben accette. Dunque se l’idea dell’applicazione vi interessa ed avete risorse o competenze da mettere a disposizione per collaborare allo sviluppo del progetto siete i benvenuti.

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It's not fair

Il video realizzato dai miei studenti per la presentazione del FemCamp (quello postato su Google Video) è stato segnalato per infrazione del copyright e dunque oscurato da Google. 
In un certo senso ce la siamo cercata, vista anche la frase che chiude il video (“This video made fair but unauthorized use of copyright material”), e penso che sia un caso esemplare per riflettere sui confini del copyright.
Pensate veramente che ad NBC il fatto che abbiamo usato il materiale di Heroes per presentare una ricerca che dimostra quanto questa serie sia popolare e che, incidentalmente, abbiamo forse fatto conoscere a qualcuno Heroes possa veramente dispiacere?
Il nostro era un tipico caso di fair use.

YouTube – A Fair(y) Use Tale

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Cosa vederemo oggi al Mit5

Dunque domani inizia la conferenza con un la sessione plenaria Folk Cultures and Digital Cultures.
Segue la Session 1 dove seguiremo i seguenti panel:

  • Authorship and Network Culture;
  • Second Life;
  • Creative Labor;
  • The origins of media.

Poi Session 2:

  • Defining Web 2.0;
  • The nature of news;
  • Rethinking authorship;
  • Mediating sexuality o Productive and playful pedagogies.

Infine seconda sesione plenaria Collaboration and Collective Intelligence.
Aggiornerò questi post in giornata.
UPDATE 1 Live twittering from MiT5 (italiano | english)
UPDATE 2 Sono passato anche io all’inglese su Twitter (abbiamo coinvolto anche Jill Walker nel Twittering)
UPDATE 3 La plenary session finale è stata fantastica.

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Mit5 copertura evento in italiano

Come ho già scritto dal 27 al 29 aprile GBA, RL e io siamo al Massachusetts Institute of Technology per partecipare a Media in Transition 5 conferenza organizzata da Henry Jenkins e dedicata quest’anno a “creatività, proprietà e collaborazione nell’era del digitale”.
L’agenda della conferenza è estremamente ricca e quasi tutta interessante. Visto che siamo in 3 cercheremo di darne conto il più possibile seguendo tutti i panel che ci è possibile seguire e raccontando nei nostri blog le nostre impressioni e considerazioni principali.
Scorrendo la lista dei nomi ho anche notato che ci sono altri italiani (ovvero persone che lavorano in Italia, sospetto ci sono anche altri italiani ma non ho modo di verificare la cosa): Maurizio Borghi, Paolo Ferri, Maria Lilla Montagnani, Adriano Solidoro.
Vi invito dunque a dare uno sguardo all’agenda e segnalarci cosa vorreste che noi seguissimo per voi nei commenti. Nel limite del possibile cercheremo di esaudire le richieste scegliendo anche sulla base delle segnalazioni ricevute i panel da seguire/raccontare.
UPDATE Ho appena avuto conferma via email che il nostro intrepido gruppo di auto-eletti reporter del Mit5 per l’Italia si è accresciuto di un’unità. Ho infatti il piacere di annunciare che sarà dei nostri anche Bernardo Parrella che ci raggiugnerà dal New Mexico nella serata di giovedì.

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