La quotidiana normalità della rete

Realtà digitali è una nuova rubrica bisettimanale dedicata alla quotidiana normalità della tecnologia. Da mercoledì prossimo sul blog e nella pagina lettere e commenti de “Il Corriere Adriatico”Realtà digitali è una nuova rubrica bisettimanale dedicata alla quotidiana normalità della tecnologia. Da mercoledì prossimo sul blog e nella pagina lettere e commenti de “Il Corriere Adriatico”Realtà digitali è una nuova rubrica bisettimanale dedicata alla quotidiana normalità della tecnologia. Da mercoledì prossimo sul blog e nella pagina lettere e commenti de “Il Corriere Adriatico”

Non so a voi, ma a me, ogni volta che quel numerino accanto alla voce inbox di Facebook si illumina fa sempre piacere. Non posso conoscere in anticipo il mittente o di cosa voglia parlarmi ma prevale sempre in me la fondata speranza che sia un amico a scrivermi.
È forse anche per questo che ho subito letto il messaggio di Edoardo.
Una proposta di collaborazione inaspettata. Tenere una rubrica bisettimanale sulla nuova edizione a colori de “Il Corriere Adriatico” dedicata a “tutto quello che è rete e tecnologia” con un occhio all’attualità ma “massima libertà sugli argomenti” e “nessuna restrizione geografica”.
Dopo aver ottenuto il permesso di pubblicare gli articoli anche sul mio blog ho accettato con entusiasmo.
Nasce così Realtà digitali. Una rubrica dedicata alla quotidiana normalità della rete.
Dieci articoli da 2900 battute spazi inclusi che potrete leggere ogni due settimane nella pagina delle lettere e commenti de “Il Corriere Adriatico” e su questo blog.
La prima uscita è prevista per mercoledì 4 febbraio.

Non so a voi, ma a me, ogni volta che quel numerino accanto alla voce inbox di Facebook si illumina fa sempre piacere. Non posso conoscere in anticipo il mittente o di cosa voglia parlarmi ma prevale sempre in me la fondata speranza che sia un amico a scrivermi.

È forse anche per questo che ho subito letto il messaggio di Edoardo.

Una proposta di collaborazione inaspettata. Tenere una rubrica bisettimanale sulla nuova edizione a colori de “Il Corriere Adriatico” dedicata a “tutto quello che è rete e tecnologia” con un occhio all’attualità ma “massima libertà sugli argomenti” e “nessuna restrizione geografica”.

Dopo aver ottenuto il permesso di pubblicare gli articoli anche sul mio blog ho accettato con entusiasmo.

Nasce così Realtà digitali. Una rubrica dedicata alla quotidiana normalità della rete.

Dieci articoli da 2900 battute spazi inclusi che potrete leggere ogni due settimane nella pagina delle lettere e commenti de “Il Corriere Adriatico” e su questo blog.

La prima uscita è prevista per mercoledì 4 febbraio.

Non so a voi, ma a me, ogni volta che quel numerino accanto alla voce inbox di Facebook si illumina fa sempre piacere. Non posso conoscere in anticipo il mittente o di cosa voglia parlarmi ma prevale sempre in me la fondata speranza che sia un amico a scrivermi.

È forse anche per questo che ho subito letto il messaggio di Edoardo.

Una proposta di collaborazione inaspettata. Tenere una rubrica bisettimanale sulla nuova edizione a colori de “Il Corriere Adriatico” dedicata a “tutto quello che è rete e tecnologia” con un occhio all’attualità ma “massima libertà sugli argomenti” e “nessuna restrizione geografica”.

Dopo aver ottenuto il permesso di pubblicare gli articoli anche sul mio blog ho accettato con entusiasmo.

Nasce così Realtà digitali. Una rubrica dedicata alla quotidiana normalità della rete.

Dieci articoli da 2900 battute spazi inclusi che potrete leggere ogni due settimane nella pagina delle lettere e commenti de “Il Corriere Adriatico” e su questo blog.

La prima uscita è prevista per mercoledì 4 febbraio.

What's next special issue: "Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics"

Ultimo numero speciale di What’s Next dedicato a presentare e discutere “Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics” l’ultimo lavoro di danah boyd.Ultimo numero speciale di What’s Next dedicato a presentare e discutere “Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics” l’ultimo lavoro di danah boyd.Ultimo numero speciale di What’s Next dedicato a presentare e discutere “Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics” l’ultimo lavoro di danah boyd.

Come promesso in dicembre, danah boyd ha pubblicato la sua tesi di dottorato sul suo blog.
Si tratta, come noto, di uno studio etnografico sull’uso che i teenager americani fanno dei siti di social network come MySpace e Facebook. Il documento si compone di poco più di 300 pagine ed è articolato in sette capitoli che definiscono in modo chiaro la struttura del lavoro descritta nel primo capitolo.
Oltre a presentare la struttura del lavoro, questo capitolo introduce anche i principali riferimenti teorici, definisce cosa si intende per giovani nel contesto del lavoro e cosa si intende per pubblici di rete (networked publics).
Dal punto di vista del rapporto fra evoluzione della società e delle tecnologie il lavoro si ispira ad un approccio di tipo Social Construction of Technology. Questo approccio enumera una serie di principi (Relevant social groups, Problems and Conflicts, Interpretive Flexibility, Design Flexibility, Closure adn Stabilization) che ruotano intorno all’idea che il rapporto fra società e tecnologia sia di tipo co-evolutivo ed al conseguente netto rifiuto di ogni prospettiva di determinismo tecnologico. Si tratta di approccio in qualche modo ecologico allo studio del rapporto società/tecnologie che consente di dare conto
Non c’è una vera e propria definizione della categoria di giovani e non c’è una chiara coorte di età individuata teoricamente (anche se dal punto di vista operativo l’autore ha scelto di concentrarsi sulla fascia 13-18 anni). La categoria dei giovani non è definita sulla base dello sviluppo biologico ma piuttosto come costruzione sociale.
Il cuore del lavoro consiste nell’analisi approfondita di tre set di relazioni, nella definizione di pubblici di rete, delle tecniche proprietà che caratterizzano questo spazio e delle dinamiche sociali che emergono. Questa parte contiene alcune interessanti novità rispetto a quanto era stato possibile leggere fino a questo momento negli articoli e sul blog dell’autore.
Neworked Publics è definito in modo duplice a partire dalla generica ed in un certo senso auto-referenziale definizione di “publics that are restructured by network technologies”.
Networked Publics è al tempo stesso un luogo ed un gruppo di individui.
1) è lo spazio costruito dalle tecnologie di rete (“MySpace is like a park”);
2) ed è la comunità immaginata che emerge come risultato delle intersezioni fra le persone, le tecnologie e le pratiche.
La definizione è giocata sull’ambiguità del termine pubblico che può essere usato per definire il tipo di accesso ad uno spazio (public access) o un gruppo di persone che sono testimoni di un evento (public as audience).
[Qui sarebbe interessante capire perché non siano state distinte le due definizioni usando ad esempio “networked space” per la prima]
Lo spazio pubblico di rete è caratterizzato da quattro proprietà tecniche (descritte nel paragrafo 1.5.1.) che non sono nuove nel panorama dei media ma interagiscono in modo inedito.
Le quattro proprietà sono:

  1. persistence
  2. searchability
  3. replicability
  4. scalability

Alcune sono già note e ne ho abbondantemente parlato nelle edizioni precedenti di What’s Next.
A differenza di quanto scritto fino ad ora, l’autore ha sostituito le invidible audiences con la scalability. La scalabilità è definita come la possibilità ma non la garanzia di una enorme visibilità per i contenuti esposti ai pubblici di rete. Questa proprietà consente all’autore di introdurre un riferimento ai pubblici di nicchia ed alla lunga coda. Interessante in questo contesto la precisazione che riguarda la natura dei contenuti che scalano. Contrariamente a quanto si era sperato i contenuti che raggiungono la massima visibilità sono spesso gli stessi che Habermas critica nei suoi lavori in relazione alle audience della comunicazione broadcast.
L’intrecciarsi di queste quattro proprietà tecniche danno origine ad un set di tre dinamiche:

  1. invisible audiences;
  2. collapsed contexts (Meyrowitz);
  3. blurring of public and private.


Il capitolo due descrive invece nel dettaglio e nel contesto degli studi precedenti l’approccio etnografico adottato.
Interessante in questo contesto la critica a Sherry Turkle considerata, forse non a torto, come l’iniziatrice di un filone di pensiero che mette in guardia verso il rischio della frammentazione dell’identità collegato alla comunicazione mediata dal computer. Le conclusioni di danah boyd puntano invece in una direzione sottolineando che le relazioni sociali che si intrattengono online sono il più delle volte una naturale prosecuzione di quelle esistenti fuori dalla rete.
I dati analizzati sono di due tipi: interviste a singoli o coppie (in totale coinvolti 94 teeanagers di 10 Stati) ed informazioni contenute nei profili (layout, foto, descrizioni di sè, etc.) e sono analizzati secondo tre direttrici (set di relazioni) ciascuna approfondite in un capitolo dedicato basato su riferimenti teorici diversi:

  1. self and identity [chapter 4] Goffman impression management;
  2. peer sociality [chapter 5] – Eckert social categories 1989 e Milner status rituals 2004;
  3. parents and adults (power relations) [chapter 6] – Valentine 2004 children access to public spaces.

L’ultimo capitolo è dedicato alle conclusioni personali dell’autore e si articola su tre paragrafi: Lessons from the Everyday Lives of Teens, The Significance of Publics e The Future of Networked Publics. In questi tre paragrafi sono riprese e sviluppate brevemente alcune delle conclusioni che permeano tutto il lavoro e vengono forniti alcuni spunti nuovi.
In Everyday Lives of Teen l’autore mette in luce come le pratiche di costruzione dell’identità e di relazioni fra pari che hanno luogo nei siti di social network non sono di certo una novità e si innestano su dinamiche pre-esistenti. Al tempo stesso lo spazio di rete con le sue proprietà e dinamiche rende esplicite e visibili alcune proprietà delle relazione che erano prima esplicite. Questo innesca “drammi sociali” che pur essendo tipici di quella fascia d’età assumono a volte dei contorni ancora più spigolosi.
Non esiste una particolare attrazione dei giovani verso i social media, è invece il fatto che in questi luoghi si possano incontrare i propri amici che li rendono interessanti. Quando richiesto la maggior parte degli intervistati dichiara di preferire le relazioni di persona a quelle mediate e considerano in genere questa forma di comunicazione come una alternativa da praticare quando gli incontri di persona non sono possibili.
I giovani non sembrano avere una innata capacità che gli consenta di comprendere come navigare i social media e le dinamiche che ne risultano ma stanno imparando a farlo mentre imparano, al tempo stesso, come muoversi nella vista sociale in senso lato. Questo differenzia i giovani dagli adulti che devono invece re-imparare come comportarsi negli spazi di rete.
L’attività svolta dentro i siti di social network è dunque in senso lato formativa a dispetto di quanto invece sia considerata una perdita di tempo da parte dei genitori e degli adulti in generale. Il desiderio dei giovani di sperimentare la socialità fra pari in assenza degli adulti (bedroom culture) è spesso causa di conflitto intergenerazionale. Talvolta questo conflitto sfocia nella demonizzazione tout court di questi spazi spesso descritti dai media come pericolosi. Il ruolo degli adulti sarebbe invece quello di affrontare questi temi ed aiutare i giovani a prendere decisioni che consentano loro di usare questi spazi in chiave positiva.
Nel paragrafo The Significance of Publics, l’autore riprende il tema della partecipazione dei teenagers agli spazi pubblici. Secondo danah boyd queste possibilità di partecipazione sono fortemente ristrette dagli adulti. Gli spazi pubblici (di rete o meno), intesi come contesti dove i giovani possono incontrarsi fra loro ma anche incontrare altri adulti, svolgono tuttavia un ruolo importante come completamento alla socializzazione fra pari. Escludere i giovani da questi spazi non è dunque una buona strategia perché limita gli strumenti che questi ragazzi avranno a disposizione nella transizione al mondo degli adulti e può risultare in una generazione isolata dalla vita politica e dall’impegno sociale.
Infine nel paragrafo intitolato The Future of Networked Publics viene introdotta la tematica del mobile.  L’accesso al pubblico mediato di rete attraverso dispositivi mobili come i cellulari di nuova generazione (reso possibili dalle reti senza fili e le connettività dati a tariffa flat) introduce una nuova proprietà tecnica che danah boyd chiama (dis)locability. Si tratta della proprietà che rende le conversazioni simultaneamente indipendenti dalla posizione fisica ma più profondamente connesse ad essa attraverso le tecnologie locative come il GPS.
Venendo alle mie considerazioni personali devo ammettere che le aspettative verso questo lavoro non sono andate deluse. Si tratta di uno studio che ha dietro una struttura solida e presenta un frame work interpretativo delle trasformazioni dello spazio pubblico che potrà, come suggerisce l’autore, essere utilizzato anche quando interverranno inevitabilmente altre modificazioni legate o meno all’avvento di nuove tecnologie.
Al tempo stesso devo ammettere che per chi ha familiarità con il pensiero di danah boyd questo lavoro non presenta grandi novità. L’impostazione iniziale a difesa delle libertà dei teenager nei confronti del mondo degli adulti è sempre fortemente presente e pervade tutto il lavoro. La definizione di networked publics lascia secondo me aperta una contraddizione (fra pubblico come spazio e come audience) che poteva essere facilmente sanata utilizzando due termini diversi per descrivere due cose che sono oggettivamente diverse. Mi piace invece la distinzione fra proprietà tecniche e dinamiche perché offre una collocazione più consona all’idea del pubblico invisibile. Sembra tuttavia che i nuovi elementi introdotti (scalability fra le proprietà , collapsed context e blurring public/private fra le dinamiche) non sono sempre approfonditi con lo stesso dettaglio degli elementi che già l’autore aveva introdotto da tempo.
Per il resto è un lavoro che vale sicuramente la lettura e che non potrà che migliorare grazie all’enorme feedback che di certo riceverà.

Come promesso in dicembre, danah boyd ha pubblicato la sua tesi di dottorato sul suo blog.

Si tratta, come noto, di uno studio etnografico sull’uso che i teenager americani fanno dei siti di social network come MySpace e Facebook. Il documento si compone di poco più di 300 pagine ed è articolato in sette capitoli che definiscono in modo chiaro la struttura del lavoro descritta nel primo capitolo.

Oltre a presentare la struttura del lavoro, questo capitolo introduce anche i principali riferimenti teorici, definisce cosa si intende per giovani nel contesto del lavoro e cosa si intende per pubblici di rete (networked publics).

Dal punto di vista del rapporto fra evoluzione della società e delle tecnologie il lavoro si ispira ad un approccio di tipo Social Construction of Technology. Questo approccio enumera una serie di principi (Relevant social groups, Problems and Conflicts, Interpretive Flexibility, Design Flexibility, Closure adn Stabilization) che ruotano intorno all’idea che il rapporto fra società e tecnologia sia di tipo co-evolutivo ed al conseguente netto rifiuto di ogni prospettiva di determinismo tecnologico. Si tratta di approccio in qualche modo ecologico allo studio del rapporto società/tecnologie che consente di dare conto

Non c’è una vera e propria definizione della categoria di giovani e non c’è una chiara coorte di età individuata teoricamente (anche se dal punto di vista operativo l’autore ha scelto di concentrarsi sulla fascia 13-18 anni). La categoria dei giovani non è definita sulla base dello sviluppo biologico ma piuttosto come costruzione sociale.

Il cuore del lavoro consiste nell’analisi approfondita di tre set di relazioni, nella definizione di pubblici di rete, delle tecniche proprietà che caratterizzano questo spazio e delle dinamiche sociali che emergono. Questa parte contiene alcune interessanti novità rispetto a quanto era stato possibile leggere fino a questo momento negli articoli e sul blog dell’autore.

Neworked Publics è definito in modo duplice a partire dalla generica ed in un certo senso auto-referenziale definizione di “publics that are restructured by network technologies”.

Networked Publics è al tempo stesso un luogo ed un gruppo di individui.

1) è lo spazio costruito dalle tecnologie di rete (“MySpace is like a park”);
2) ed è la comunità immaginata che emerge come risultato delle intersezioni fra le persone, le tecnologie e le pratiche.

La definizione è giocata sull’ambiguità del termine pubblico che può essere usato per definire il tipo di accesso ad uno spazio (public access) o un gruppo di persone che sono testimoni di un evento (public as audience).

[Qui sarebbe interessante capire perché non siano state distinte le due definizioni usando ad esempio “networked space” per la prima]

Lo spazio pubblico di rete è caratterizzato da quattro proprietà tecniche (descritte nel paragrafo 1.5.1.) che non sono nuove nel panorama dei media ma interagiscono in modo inedito.

Le quattro proprietà sono:

  1. persistence
  2. searchability
  3. replicability
  4. scalability

Alcune sono già note e ne ho abbondantemente parlato nelle edizioni precedenti di What’s Next.

A differenza di quanto scritto fino ad ora, l’autore ha sostituito le invidible audiences con la scalability. La scalabilità è definita come la possibilità ma non la garanzia di una enorme visibilità per i contenuti esposti ai pubblici di rete. Questa proprietà consente all’autore di introdurre un riferimento ai pubblici di nicchia ed alla lunga coda. Interessante in questo contesto la precisazione che riguarda la natura dei contenuti che scalano. Contrariamente a quanto si era sperato i contenuti che raggiungono la massima visibilità sono spesso gli stessi che Habermas critica nei suoi lavori in relazione alle audience della comunicazione broadcast.

L’intrecciarsi di queste quattro proprietà tecniche danno origine ad un set di tre dinamiche:

  1. invisible audiences;
  2. collapsed contexts (Meyrowitz);
  3. blurring of public and private.

Il capitolo due descrive invece nel dettaglio e nel contesto degli studi precedenti l’approccio etnografico adottato.

Interessante in questo contesto la critica a Sherry Turkle considerata, forse non a torto, come l’iniziatrice di un filone di pensiero che mette in guardia verso il rischio della frammentazione dell’identità collegato alla comunicazione mediata dal computer. Le conclusioni di danah boyd puntano invece in una direzione sottolineando che le relazioni sociali che si intrattengono online sono il più delle volte una naturale prosecuzione di quelle esistenti fuori dalla rete.

I dati analizzati sono di due tipi: interviste a singoli o coppie (in totale coinvolti 94 teeanagers di 10 Stati) ed informazioni contenute nei profili (layout, foto, descrizioni di sè, etc.) e sono analizzati secondo tre direttrici (set di relazioni) ciascuna approfondite in un capitolo dedicato basato su riferimenti teorici diversi:

  1. self and identity [chapter 4] Goffman impression management;
  2. peer sociality [chapter 5] – Eckert social categories 1989 e Milner status rituals 2004;
  3. parents and adults (power relations) [chapter 6] – Valentine 2004 children access to public spaces.

L’ultimo capitolo è dedicato alle conclusioni personali dell’autore e si articola su tre paragrafi: Lessons from the Everyday Lives of Teens, The Significance of Publics e The Future of Networked Publics. In questi tre paragrafi sono riprese e sviluppate brevemente alcune delle conclusioni che permeano tutto il lavoro e vengono forniti alcuni spunti nuovi.

In Everyday Lives of Teen l’autore mette in luce come le pratiche di costruzione dell’identità e di relazioni fra pari che hanno luogo nei siti di social network non sono di certo una novità e si innestano su dinamiche pre-esistenti. Al tempo stesso lo spazio di rete con le sue proprietà e dinamiche rende esplicite e visibili alcune proprietà delle relazione che erano prima esplicite. Questo innesca “drammi sociali” che pur essendo tipici di quella fascia d’età assumono a volte dei contorni ancora più spigolosi.

Non esiste una particolare attrazione dei giovani verso i social media, è invece il fatto che in questi luoghi si possano incontrare i propri amici che li rendono interessanti. Quando richiesto la maggior parte degli intervistati dichiara di preferire le relazioni di persona a quelle mediate e considerano in genere questa forma di comunicazione come una alternativa da praticare quando gli incontri di persona non sono possibili.

I giovani non sembrano avere una innata capacità che gli consenta di comprendere come navigare i social media e le dinamiche che ne risultano ma stanno imparando a farlo mentre imparano, al tempo stesso, come muoversi nella vista sociale in senso lato. Questo differenzia i giovani dagli adulti che devono invece re-imparare come comportarsi negli spazi di rete.

L’attività svolta dentro i siti di social network è dunque in senso lato formativa a dispetto di quanto invece sia considerata una perdita di tempo da parte dei genitori e degli adulti in generale. Il desiderio dei giovani di sperimentare la socialità fra pari in assenza degli adulti (bedroom culture) è spesso causa di conflitto intergenerazionale. Talvolta questo conflitto sfocia nella demonizzazione tout court di questi spazi spesso descritti dai media come pericolosi. Il ruolo degli adulti sarebbe invece quello di affrontare questi temi ed aiutare i giovani a prendere decisioni che consentano loro di usare questi spazi in chiave positiva.

Nel paragrafo The Significance of Publics, l’autore riprende il tema della partecipazione dei teenagers agli spazi pubblici. Secondo danah boyd queste possibilità di partecipazione sono fortemente ristrette dagli adulti. Gli spazi pubblici (di rete o meno), intesi come contesti dove i giovani possono incontrarsi fra loro ma anche incontrare altri adulti, svolgono tuttavia un ruolo importante come completamento alla socializzazione fra pari. Escludere i giovani da questi spazi non è dunque una buona strategia perché limita gli strumenti che questi ragazzi avranno a disposizione nella transizione al mondo degli adulti e può risultare in una generazione isolata dalla vita politica e dall’impegno sociale.

Infine nel paragrafo intitolato The Future of Networked Publics viene introdotta la tematica del mobile.  L’accesso al pubblico mediato di rete attraverso dispositivi mobili come i cellulari di nuova generazione (reso possibili dalle reti senza fili e le connettività dati a tariffa flat) introduce una nuova proprietà tecnica che danah boyd chiama (dis)locability. Si tratta della proprietà che rende le conversazioni simultaneamente indipendenti dalla posizione fisica ma più profondamente connesse ad essa attraverso le tecnologie locative come il GPS.

Venendo alle mie considerazioni personali devo ammettere che le aspettative verso questo lavoro non sono andate deluse. Si tratta di uno studio che ha dietro una struttura solida e presenta un frame work interpretativo delle trasformazioni dello spazio pubblico che potrà, come suggerisce l’autore, essere utilizzato anche quando interverranno inevitabilmente altre modificazioni legate o meno all’avvento di nuove tecnologie.

Al tempo stesso devo ammettere che per chi ha familiarità con il pensiero di danah boyd questo lavoro non presenta grandi novità. L’impostazione iniziale a difesa delle libertà dei teenager nei confronti del mondo degli adulti è sempre fortemente presente e pervade tutto il lavoro. La definizione di networked publics lascia secondo me aperta una contraddizione (fra pubblico come spazio e come audience) che poteva essere facilmente sanata utilizzando due termini diversi per descrivere due cose che sono oggettivamente diverse. Mi piace invece la distinzione fra proprietà tecniche e dinamiche perché offre una collocazione più consona all’idea del pubblico invisibile. Sembra tuttavia che i nuovi elementi introdotti (scalability fra le proprietà , collapsed context e blurring public/private fra le dinamiche) non sono sempre approfonditi con lo stesso dettaglio degli elementi che già l’autore aveva introdotto da tempo.

Per il resto è un lavoro che vale sicuramente la lettura e che non potrà che migliorare grazie all’enorme feedback che di certo riceverà.

Come promesso in dicembre, danah boyd ha pubblicato la sua tesi di dottorato sul suo blog.

Si tratta, come noto, di uno studio etnografico sull’uso che i teenager americani fanno dei siti di social network come MySpace e Facebook. Il documento si compone di poco più di 300 pagine ed è articolato in sette capitoli che definiscono in modo chiaro la struttura del lavoro descritta nel primo capitolo.

Oltre a presentare la struttura del lavoro, questo capitolo introduce anche i principali riferimenti teorici, definisce cosa si intende per giovani nel contesto del lavoro e cosa si intende per pubblici di rete (networked publics).

Dal punto di vista del rapporto fra evoluzione della società e delle tecnologie il lavoro si ispira ad un approccio di tipo Social Construction of Technology. Questo approccio enumera una serie di principi (Relevant social groups, Problems and Conflicts, Interpretive Flexibility, Design Flexibility, Closure adn Stabilization) che ruotano intorno all’idea che il rapporto fra società e tecnologia sia di tipo co-evolutivo ed al conseguente netto rifiuto di ogni prospettiva di determinismo tecnologico. Si tratta di approccio in qualche modo ecologico allo studio del rapporto società/tecnologie che consente di dare conto

Non c’è una vera e propria definizione della categoria di giovani e non c’è una chiara coorte di età individuata teoricamente (anche se dal punto di vista operativo l’autore ha scelto di concentrarsi sulla fascia 13-18 anni). La categoria dei giovani non è definita sulla base dello sviluppo biologico ma piuttosto come costruzione sociale.

Il cuore del lavoro consiste nell’analisi approfondita di tre set di relazioni, nella definizione di pubblici di rete, delle tecniche proprietà che caratterizzano questo spazio e delle dinamiche sociali che emergono. Questa parte contiene alcune interessanti novità rispetto a quanto era stato possibile leggere fino a questo momento negli articoli e sul blog dell’autore.

Neworked Publics è definito in modo duplice a partire dalla generica ed in un certo senso auto-referenziale definizione di “publics that are restructured by network technologies”.

Networked Publics è al tempo stesso un luogo ed un gruppo di individui.

1) è lo spazio costruito dalle tecnologie di rete (“MySpace is like a park”);
2) ed è la comunità immaginata che emerge come risultato delle intersezioni fra le persone, le tecnologie e le pratiche.

La definizione è giocata sull’ambiguità del termine pubblico che può essere usato per definire il tipo di accesso ad uno spazio (public access) o un gruppo di persone che sono testimoni di un evento (public as audience).

[Qui sarebbe interessante capire perché non siano state distinte le due definizioni usando ad esempio “networked space” per la prima]

Lo spazio pubblico di rete è caratterizzato da quattro proprietà tecniche (descritte nel paragrafo 1.5.1.) che non sono nuove nel panorama dei media ma interagiscono in modo inedito.

Le quattro proprietà sono:

  1. persistence
  2. searchability
  3. replicability
  4. scalability

Alcune sono già note e ne ho abbondantemente parlato nelle edizioni precedenti di What’s Next.

A differenza di quanto scritto fino ad ora, l’autore ha sostituito le invidible audiences con la scalability. La scalabilità è definita come la possibilità ma non la garanzia di una enorme visibilità per i contenuti esposti ai pubblici di rete. Questa proprietà consente all’autore di introdurre un riferimento ai pubblici di nicchia ed alla lunga coda. Interessante in questo contesto la precisazione che riguarda la natura dei contenuti che scalano. Contrariamente a quanto si era sperato i contenuti che raggiungono la massima visibilità sono spesso gli stessi che Habermas critica nei suoi lavori in relazione alle audience della comunicazione broadcast.

L’intrecciarsi di queste quattro proprietà tecniche danno origine ad un set di tre dinamiche:

  1. invisible audiences;
  2. collapsed contexts (Meyrowitz);
  3. blurring of public and private.

Il capitolo due descrive invece nel dettaglio e nel contesto degli studi precedenti l’approccio etnografico adottato.

Interessante in questo contesto la critica a Sherry Turkle considerata, forse non a torto, come l’iniziatrice di un filone di pensiero che mette in guardia verso il rischio della frammentazione dell’identità collegato alla comunicazione mediata dal computer. Le conclusioni di danah boyd puntano invece in una direzione sottolineando che le relazioni sociali che si intrattengono online sono il più delle volte una naturale prosecuzione di quelle esistenti fuori dalla rete.

I dati analizzati sono di due tipi: interviste a singoli o coppie (in totale coinvolti 94 teeanagers di 10 Stati) ed informazioni contenute nei profili (layout, foto, descrizioni di sè, etc.) e sono analizzati secondo tre direttrici (set di relazioni) ciascuna approfondite in un capitolo dedicato basato su riferimenti teorici diversi:

  1. self and identity [chapter 4] Goffman impression management;
  2. peer sociality [chapter 5] – Eckert social categories 1989 e Milner status rituals 2004;
  3. parents and adults (power relations) [chapter 6] – Valentine 2004 children access to public spaces.

L’ultimo capitolo è dedicato alle conclusioni personali dell’autore e si articola su tre paragrafi: Lessons from the Everyday Lives of Teens, The Significance of Publics e The Future of Networked Publics. In questi tre paragrafi sono riprese e sviluppate brevemente alcune delle conclusioni che permeano tutto il lavoro e vengono forniti alcuni spunti nuovi.

In Everyday Lives of Teen l’autore mette in luce come le pratiche di costruzione dell’identità e di relazioni fra pari che hanno luogo nei siti di social network non sono di certo una novità e si innestano su dinamiche pre-esistenti. Al tempo stesso lo spazio di rete con le sue proprietà e dinamiche rende esplicite e visibili alcune proprietà delle relazione che erano prima esplicite. Questo innesca “drammi sociali” che pur essendo tipici di quella fascia d’età assumono a volte dei contorni ancora più spigolosi.

Non esiste una particolare attrazione dei giovani verso i social media, è invece il fatto che in questi luoghi si possano incontrare i propri amici che li rendono interessanti. Quando richiesto la maggior parte degli intervistati dichiara di preferire le relazioni di persona a quelle mediate e considerano in genere questa forma di comunicazione come una alternativa da praticare quando gli incontri di persona non sono possibili.

I giovani non sembrano avere una innata capacità che gli consenta di comprendere come navigare i social media e le dinamiche che ne risultano ma stanno imparando a farlo mentre imparano, al tempo stesso, come muoversi nella vista sociale in senso lato. Questo differenzia i giovani dagli adulti che devono invece re-imparare come comportarsi negli spazi di rete.

L’attività svolta dentro i siti di social network è dunque in senso lato formativa a dispetto di quanto invece sia considerata una perdita di tempo da parte dei genitori e degli adulti in generale. Il desiderio dei giovani di sperimentare la socialità fra pari in assenza degli adulti (bedroom culture) è spesso causa di conflitto intergenerazionale. Talvolta questo conflitto sfocia nella demonizzazione tout court di questi spazi spesso descritti dai media come pericolosi. Il ruolo degli adulti sarebbe invece quello di affrontare questi temi ed aiutare i giovani a prendere decisioni che consentano loro di usare questi spazi in chiave positiva.

Nel paragrafo The Significance of Publics, l’autore riprende il tema della partecipazione dei teenagers agli spazi pubblici. Secondo danah boyd queste possibilità di partecipazione sono fortemente ristrette dagli adulti. Gli spazi pubblici (di rete o meno), intesi come contesti dove i giovani possono incontrarsi fra loro ma anche incontrare altri adulti, svolgono tuttavia un ruolo importante come completamento alla socializzazione fra pari. Escludere i giovani da questi spazi non è dunque una buona strategia perché limita gli strumenti che questi ragazzi avranno a disposizione nella transizione al mondo degli adulti e può risultare in una generazione isolata dalla vita politica e dall’impegno sociale.

Infine nel paragrafo intitolato The Future of Networked Publics viene introdotta la tematica del mobile.  L’accesso al pubblico mediato di rete attraverso dispositivi mobili come i cellulari di nuova generazione (reso possibili dalle reti senza fili e le connettività dati a tariffa flat) introduce una nuova proprietà tecnica che danah boyd chiama (dis)locability. Si tratta della proprietà che rende le conversazioni simultaneamente indipendenti dalla posizione fisica ma più profondamente connesse ad essa attraverso le tecnologie locative come il GPS.

Venendo alle mie considerazioni personali devo ammettere che le aspettative verso questo lavoro non sono andate deluse. Si tratta di uno studio che ha dietro una struttura solida e presenta un frame work interpretativo delle trasformazioni dello spazio pubblico che potrà, come suggerisce l’autore, essere utilizzato anche quando interverranno inevitabilmente altre modificazioni legate o meno all’avvento di nuove tecnologie.

Al tempo stesso devo ammettere che per chi ha familiarità con il pensiero di danah boyd questo lavoro non presenta grandi novità. L’impostazione iniziale a difesa delle libertà dei teenager nei confronti del mondo degli adulti è sempre fortemente presente e pervade tutto il lavoro. La definizione di networked publics lascia secondo me aperta una contraddizione (fra pubblico come spazio e come audience) che poteva essere facilmente sanata utilizzando due termini diversi per descrivere due cose che sono oggettivamente diverse. Mi piace invece la distinzione fra proprietà tecniche e dinamiche perché offre una collocazione più consona all’idea del pubblico invisibile. Sembra tuttavia che i nuovi elementi introdotti (scalability fra le proprietà , collapsed context e blurring public/private fra le dinamiche) non sono sempre approfonditi con lo stesso dettaglio degli elementi che già l’autore aveva introdotto da tempo.

Per il resto è un lavoro che vale sicuramente la lettura e che non potrà che migliorare grazie all’enorme feedback che di certo riceverà.

What’s next #16: Social Network Sites Italia

L’ultimo numero della serie What’s Next lancia un’inedita iniziativa di collaborazione legata al primo studio sistematico dell’impatto dei siti di social network in Italia.L’ultimo numero della serie What’s Next lancia un’inedita iniziativa di collaborazione legata al primo studio sistematico dell’impatto dei siti di social network in Italia.L’ultimo numero della serie What’s Next lancia un’inedita iniziativa di collaborazione legata al primo studio sistematico dell’impatto dei siti di social network in Italia.

E siamo così arrivati all’ultima puntata di What’s next.
Con questo post si chiude un ciclo iniziato il 5 settembre 2008 che consta in totale di 16 post usciti con cadenza settimanale (circa… cioè io ci ho provato ma non sempre ci sono riuscito). Per leggere l’intera seria o un post che vi siete persi è sufficiente seguire seguire questo link. Approfitto dell’occasione per ringraziare Thomas Galli che in questi mesi ha cercato ed editato le immagini necessarie a rendere questi post più accattivanti dal punto di vista estetico.
Ma per un’avventura che si chiude ce ne è subito una che si apre.
In questi giorni ho lavorato alacremente alla bozza di un progetto di ricerca al quale tengo molto. Si tratta della naturale evoluzione di un filone delle mie attività di ricerca di cui ho spesso parlato nei post della serie What’s Next.
Social Network Sites Italia è un nuovo spazio di supporto allo sviluppo di un vasto ed ambizioso progetto di ricerca sull’impatto dei siti di social network sulla società italiana.
L’idea è quella promuovere attorno a questo spazio una comunità allargata di ricercatori che possano contribuire tanto alla stesura quanto alla realizzazione del progetto di ricerca.
Il progetto parteciperà al bando di co-finanziamento PRIN 2008 e se approvato darà origine al primo studio sistematico sui siti di social network in Italia.
L’iniziativa è senza precedenti sotto diversi punti di vista:

  1. Che io sappia è la prima volta che un progetto di questo genere viene creato collaborativamente e pubblicamente attraverso il web. Il documento di progetto stesso è disponibile in Social Network Sites Italia ed aperto al commento di tutti. I ricercatori delle unità operative interessate possono inoltre contribuire direttamente attraverso la piattaforma Google Docs;
  2. La metodologia quanti-qualitativa proposta dovrebbe coinvolgere un gruppo molto vasto ed eterogeneo di soggetti (3000 interviste telefoniche e 100 colloqui in profondità) come mai prima d’ora è stato possibile fare in Italia;
  3. Le fasi del progetto, i dati ed i risultati saranno pubblicati in modo puntuale e trasparente nello spazio già creato sotto licenza creative commons;
  4. Il web sarà utilizzato in modo estensivo come piattaforma di collaborazione aperta fra i ricercatori e la vasta comunità di soggetti interessati a comprendere meglio l’impatto sociale di questo fenomeno in Italia.

Il progetto avrà durata biennale e coinvolgerà fino ad un massimo di cinque team di ricerca appartenenti a diversi atenei italiani. Sono state previste forme di collaborazione per diversi soggetti che vanno dal personale strutturato delle università italiane ai dottorandi e laureandi, dalle imprese del settore ai blogger.
Ognuno può contribuire aggiungendo commenti, segnalazioni, parlando del progetto nei blog e social network, collaborando alla traduzione, alle attività di trascrizione e alla gestione degli spazi di collaborazione online della comunità dei ricercatori o facendo una piccola donazione.
Chi vuole può iniziare già adesso partendo da qui.
P.S. Vi ricordo l’appuntamento con lo speciale Out of Context dedicato ad un commento approdondito della tesi di dottorato di danah boyd.

E siamo così arrivati all’ultima puntata di What’s next.

Con questo post si chiude un ciclo iniziato il 5 settembre 2008 che consta in totale di 16 post usciti con cadenza settimanale (circa… cioè io ci ho provato ma non sempre ci sono riuscito). Per leggere l’intera seria o un post che vi siete persi è sufficiente seguire seguire questo link. Approfitto dell’occasione per ringraziare Thomas Galli che in questi mesi ha cercato ed editato le immagini necessarie a rendere questi post più accattivanti dal punto di vista estetico.

Ma per un’avventura che si chiude ce ne è subito una che si apre.

In questi giorni ho lavorato alacremente alla bozza di un progetto di ricerca al quale tengo molto. Si tratta della naturale evoluzione di un filone delle mie attività di ricerca di cui ho spesso parlato nei post della serie What’s Next.

Social Network Sites Italia è un nuovo spazio di supporto allo sviluppo di un vasto ed ambizioso progetto di ricerca sull’impatto dei siti di social network sulla società italiana.

L’idea è quella promuovere attorno a questo spazio una comunità allargata di ricercatori che possano contribuire tanto alla stesura quanto alla realizzazione del progetto di ricerca.

Il progetto parteciperà al bando di co-finanziamento PRIN 2008 e se approvato darà origine al primo studio sistematico sui siti di social network in Italia.

L’iniziativa è senza precedenti sotto diversi punti di vista:

  1. Che io sappia è la prima volta che un progetto di questo genere viene creato collaborativamente e pubblicamente attraverso il web. Il documento di progetto stesso è disponibile in Social Network Sites Italia ed aperto al commento di tutti. I ricercatori delle unità operative interessate possono inoltre contribuire direttamente attraverso la piattaforma Google Docs;
  2. La metodologia quanti-qualitativa proposta dovrebbe coinvolgere un gruppo molto vasto ed eterogeneo di soggetti (3000 interviste telefoniche e 100 colloqui in profondità) come mai prima d’ora è stato possibile fare in Italia;
  3. Le fasi del progetto, i dati ed i risultati saranno pubblicati in modo puntuale e trasparente nello spazio già creato sotto licenza creative commons;
  4. Il web sarà utilizzato in modo estensivo come piattaforma di collaborazione aperta fra i ricercatori e la vasta comunità di soggetti interessati a comprendere meglio l’impatto sociale di questo fenomeno in Italia.

Il progetto avrà durata biennale e coinvolgerà fino ad un massimo di cinque team di ricerca appartenenti a diversi atenei italiani. Sono state previste forme di collaborazione per diversi soggetti che vanno dal personale strutturato delle università italiane ai dottorandi e laureandi, dalle imprese del settore ai blogger.

Ognuno può contribuire aggiungendo commenti, segnalazioni, parlando del progetto nei blog e social network, collaborando alla traduzione, alle attività di trascrizione e alla gestione degli spazi di collaborazione online della comunità dei ricercatori o facendo una piccola donazione.

Chi vuole può iniziare già adesso partendo da qui.

P.S. Vi ricordo l’appuntamento con lo speciale Out of Context dedicato ad un commento approdondito della tesi di dottorato di danah boyd.

E siamo così arrivati all’ultima puntata di What’s next.

Con questo post si chiude un ciclo iniziato il 5 settembre 2008 che consta in totale di 16 post usciti con cadenza settimanale (circa… cioè io ci ho provato ma non sempre ci sono riuscito). Per leggere l’intera seria o un post che vi siete persi è sufficiente seguire seguire questo link. Approfitto dell’occasione per ringraziare Thomas Galli che in questi mesi ha cercato ed editato le immagini necessarie a rendere questi post più accattivanti dal punto di vista estetico.

Ma per un’avventura che si chiude ce ne è subito una che si apre.

In questi giorni ho lavorato alacremente alla bozza di un progetto di ricerca al quale tengo molto. Si tratta della naturale evoluzione di un filone delle mie attività di ricerca di cui ho spesso parlato nei post della serie What’s Next.

Social Network Sites Italia è un nuovo spazio di supporto allo sviluppo di un vasto ed ambizioso progetto di ricerca sull’impatto dei siti di social network sulla società italiana.

L’idea è quella promuovere attorno a questo spazio una comunità allargata di ricercatori che possano contribuire tanto alla stesura quanto alla realizzazione del progetto di ricerca.

Il progetto parteciperà al bando di co-finanziamento PRIN 2008 e se approvato darà origine al primo studio sistematico sui siti di social network in Italia.

L’iniziativa è senza precedenti sotto diversi punti di vista:

  1. Che io sappia è la prima volta che un progetto di questo genere viene creato collaborativamente e pubblicamente attraverso il web. Il documento di progetto stesso è disponibile in Social Network Sites Italia ed aperto al commento di tutti. I ricercatori delle unità operative interessate possono inoltre contribuire direttamente attraverso la piattaforma Google Docs;
  2. La metodologia quanti-qualitativa proposta dovrebbe coinvolgere un gruppo molto vasto ed eterogeneo di soggetti (3000 interviste telefoniche e 100 colloqui in profondità) come mai prima d’ora è stato possibile fare in Italia;
  3. Le fasi del progetto, i dati ed i risultati saranno pubblicati in modo puntuale e trasparente nello spazio già creato sotto licenza creative commons;
  4. Il web sarà utilizzato in modo estensivo come piattaforma di collaborazione aperta fra i ricercatori e la vasta comunità di soggetti interessati a comprendere meglio l’impatto sociale di questo fenomeno in Italia.

Il progetto avrà durata biennale e coinvolgerà fino ad un massimo di cinque team di ricerca appartenenti a diversi atenei italiani. Sono state previste forme di collaborazione per diversi soggetti che vanno dal personale strutturato delle università italiane ai dottorandi e laureandi, dalle imprese del settore ai blogger.

Ognuno può contribuire aggiungendo commenti, segnalazioni, parlando del progetto nei blog e social network, collaborando alla traduzione, alle attività di trascrizione e alla gestione degli spazi di collaborazione online della comunità dei ricercatori o facendo una piccola donazione.

Chi vuole può iniziare già adesso partendo da qui.

P.S. Vi ricordo l’appuntamento con lo speciale Out of Context dedicato ad un commento approdondito della tesi di dottorato di danah boyd.