La singolarità è vicina: il film

dal volume The Singularity is Near…

Come forse saprete, è da ieri disponibile il film documentario tratto dal libro “The Singularity is Near” di Ray Kurzweil. Il film, non è nulla eccezionale né dal punto di vista della qualità della recitazione né dal punto di vista della sceneggiatura, solleva alcuni punti interessanti riguardo l’impatto sociale del potenziale avvento di intelligenze artificiali che superino le capacità della mente umana. Il pretesto è la storia di Ramona, un’entità artificiale che nel corso del film si confronta con diverse problematiche legate al riconoscimento sociale del proprio status di macchina cosciente. La storia è corredata da spezzoni di interviste nelle quali l’autore del volume si confronta con esperti di varia estrazione fra cui Sherry Turkle e Marvin Minsky.
Se non avete letto il libro potete dare un’occhiata a questo post che ho scritto tempo fa. Se decidete di imbarcarvi nella lettura sappiate che è disponibile dal 2008 una versione italiana del volume edita da Apogeo.
Invece il film può essere scaricato da qui al costo di $9.95 o $14.95 con i contenuti bonus (le interviste ai personaggi, un dietro le quinte ed un filmato intitolato Singularity in a Nuteshell). Il download è 930 Mb per il film e 2,45 Gb per i contenuti bonus.

Il Valore Reale del Denaro Virtuale. Dai giochi Online ai Mercati Valutari – Seconda Parte

Video: “Il valore reale del denaro virtuale. Dai giochi Online ai mercati valutari”. Seminario organizzato dal Dipartimento di Scienze di Base e Fondamenti dell’università degli Studi di di Urbino “Carlo Bo” in collaborazione con l’Associazione Culturale NeuNet. Su questo tema si sono confrontati Alessandro Bogliolo, Paolo Polidori, Fabio Giglietto e Francesca Stradini.

Ecco la seconda parte del seminario “Il valore reale del denaro virtuale. Dai giochi Online ai mercati valutari” organizzato dal Dipartimento di Scienze di Base e Fondamenti dell’università degli Studi di di Urbino “Carlo Bo” in collaborazione con  l’Associazione Culturale NeuNet.
Come avevamo fatto per la prima parte del seminario, proponiamo i diversi interventi in video separati in modo da permettere, a chi volesse, di guardarli un po’ per volta. Ogni singolo intervento, pur essendo collocato in un unico contesto, offre diverse sfaccettature del tema affrontato, per questo è importante dare il giusto rilievo ad ogni punto di vista. Le riflessioni e gli spunti emersi sono stati raccolti in un white paper (A. Bogliolo, F. Giglietto, P. Polidori, and F. Stradini, Il valore reale del denaro virtuale: dai giochi online ai mercati valutari, NeuNet white paper No. 12.001, 2012), scaricabile cliccando sul link.
Nei primi video pubblicati, dopo una breve introduzione, Alessandro Bogliolo e Paolo Polidori hanno affrontato rispettivamente da un lato le problematiche connesse al denaro virtuale dal punto di vista tecnologico,  informatico e applicativo e, dall’altro, gli aspetti della moneta virtuale vista come uno step nel processo evolutivo della moneta come sistema di scambio.
I video che pubblichiamo oggi completano il quadro delineato proponendo gli interventi di Fabio Giglietto e Francesca Stradini.
Fabio Giglietto esplora il denaro virtuale anche nel suo rapporto con i giochi online. In ambiente digitali il medium denaro viene riproposto e, per stimolarne la circolazione e il ricambio con il denaro reale viene simulata una condizione di scarsità di risorse. Le virtual currency, a seconda degli ambienti virtuali per cui sono create, presentano delle differenze e diverse implicazioni.
Se, da un lato, i giochi online generano denaro perché, ad esempio, per giocare è necessario e si è disposti a pagare; dall’altro generano un vero e proprio mercato del lavoro: c’è chi è disposto a pagare qualcun altro che giochi al suo posto pur di proseguire nel gioco. Per questo stanno nascendo dei nuovi imprenditori dall’altra parte del mondo che offrono questo servizio sfruttando operai/giocatori, i così detti gold farmers.

Il valore reale del denaro virtuale – Quarta Parte from Erica Reika on Vimeo.

L’intervento di Francesca Stradini (Diritto Tributario) si concentra sulla rilevanza fiscale delle transazioni online e problematizza le questioni fiscali che il denaro virtuale potrebbe far emergere.

Il valore reale del denaro virtuale – Quinta parte from Erica Reika on Vimeo.

Il video finale presenta il dibattito che apre a nuove prospettive da esplorare.

Il valore reale del denaro virtuale – Sesta Parte from Erica Reika on Vimeo.

ULOOP: come motivare la cooperazione degli utenti?

Sviluppare una tecnologia come ULOOP significa anche comprendere quali aspetti guidano il modellamento di una comunità e le motivazioni che spingono gli individui ad agire a favore di essa. Incentivi come premi o sanzioni non bastano, servono meccanismi più complessi che facciano leva, seguendo la tesi di Yochai Benkler, anche su aspetti spesso trascurati come empatia e solidarietà. Questi meccanismi, in ogni caso, sembrano lavorare su due livelli: sistemico e interpersonale.

Terzo articolo della serie dedicata al progetto ULOOP a cura di Erica Giambitto.
Le ricerche sul capitale sociale, sulla sostenibilità sociale e la nostra attività nell’ambito di ULOOP hanno una domanda in comune: quali sono le motivazioni che spingono le persone appartenenti ad una stessa comunità a mettere a disposizione degli altri le proprio risorse e ad impegnarsi in prima persona per il bene collettivo?
In questo articolo cercheremo di capire come in ULOOP si è cercato di motivare la cooperazione degli utenti. L’innovazione di ULOOP si basa su due elementi chiave: considerare l’utente come una componente chiave dei servizi di rete e la creazione di wireless local loop on-the-fly. Questi sono realizzabili solo implementando meccanismi di gestione della fiducia e di incentivazione alla cooperazione (AA.VV. D.1.1: ULOOP User-Centric Wireless Local Loop, 2010).
Annche Yochai Benkler (Berkman Professor of Entrepreneurial Legal Studies, Harvard Law School, faculty co-director, Berkman Center for Internet and Society) riflette su come  creare sistemi basati su modelli cooperativi. Secondo Benkler l’utente deve essere considerato in tutte le sue sfaccettature, è importante, quindi, implementare nei sistemi cooperativi non solo incentivi di tipo materiale come premi e punizioni, ma anche di tipo sociale come empatia e solidarietà (Benkler, Y. The Penguin and The Leviathan, Crown Business, New York 2011).
Le caratteristiche chiave di ULOOP sono un valore che gli stessi utenti aggiungono al sistema, attraverso la loro partecipazione. Così la sostenibilità socio-economica di ULOOP dipende dalla densità di nodi presenti in un local loop (AA.VV. D2.2: ULOOP. Socio-economic sustainability report 2011) e dalla capacità del sistema di inserire gli utenti nella catena del valore. Per questo gli utenti sono stati divisi in categorie e, a seconda degli effetti positivi, negativi e trascurabili di cui fanno esperienza, sono stati previsti incentivi specifici per stimolarne la cooperazione. Questo tipo di incentivi sono principalmente di tipo materiale, fanno cioè leva su vantaggi e svantaggi derivanti da una data situazione.
Nel primo White Paper dedicato a ULOOP viene sollevata una questione importante: la cooperazione dipende dalla volontà dei nodi (utenti) di partecipare, ma anche da elementi percepiti come negativi che disincentivano la partecipazione, tra cui la percezione della scarsità delle risorse e la mancanza di fiducia tra gli utenti.
Scarsità di risorse disponibili nel nodo.
L’idea di condividere una risorsa finita, ad esempio l’ampiezza di banda o la capacità di processing del device, potrebbe disincentivare la cooperazione. Per questo  ULOOP incentiva lo scambio di risorse tra utenti permettendo loro di contribuire con la risorsa che hanno maggiormente a disposizione, o che in quel momento usano meno. Così l’utente che contribuisce, guadagna il diritto di ricevere la risorsa di cui ha bisogno nel momento più adatto alle sue esigenze. La risorsa che riceverà in cambio è stata condivisa da un altro utente, dunque è frutto di un’altra scelta individuale. Lo scambio non è negoziato autonomamente dai due utenti ma è gestito automaticamente dal sistema ULOOP. Gli utenti fanno dunque affidamento sul suo funzionamento come garante dello scambio. Chi tiene un comportamento scorretto viene, mediante il meccanismo della social trust, identificato e sanzionato, ad esempio con una riduzione delle possibilità di accesso o una riduzione di banda.
Questo tipo di incentivo sembra basato sul concetto di fiducia sistemica (Luhman 1979, cit. in E. Keimolen, D. Broeders “Quando alcuni sono più uguali degli altri… Fiducia, free riding e azione collettiva in una rete P2P in Sociologia della Comunicazione n. 40, Franco Angeli, 2009, p. 94-95). Quando calati in un sistema complesso, in cui si relazionano in collettività ampie e con sconosciuti, gli utenti non godono di fiducia reciproca ma ripongono fiducia nelle capacità del sistema di gestire questi scambi e il rischio che altri non contribuiscano, li danneggino o abbandonino il sistema danneggiandolo. <<La fiducia sistemica viene allora costruita automaticamente attraverso continue esperienze positive (feedback)>> (ibidem).
Mancanza di fiducia tra gli utenti.
La cooperazione in un sistema di relazioni create on-the-fly tra utenti che non si conoscono personalmente, deve far fronte al problema della mancanza di fiducia a livello interpersonale. La mancanza di fiducia tra utenti dipende dalla loro scarsa conoscenza reciproca. ULOOP propone diversi incentivi per ovviare a questa mancanza, innanzitutto prevede un sistema di riconoscimento univoco dell’user ID, tutelandone al tempo stesso la privacy. Dà la possibilità di creare legami tra utenti basati su interessi condivisi (stesse tipologie di file, stesse abitudini) e un sistema di valutazione reciproca collettiva (informazioni SNR, individuazione di malicious users, Quality of Experience).
Questi incentivi richiamano ciò che la letteratura sull’azione collettiva definisce meccanismi regolativi (ibidem, p. 93): l’esclusione, la reputazione, la reciprocità (Becker, Clement 2006, cit. in ibidem, p. 103; R. Alexander The biology of moral systems, cit. in Benkler The penguin and the leviathan, Crown Business, New York 2011, p. 42).
Dunque sembra che ULOOP gestisca le motivazioni alla cooperazione su due livelli. Un livello sistemico che crea fiducia nel funzionamento del sistema facendo leva sulle motivazioni strumentali alla cooperazione (Portes Alejandro, SOCIAL CAPITAL: Its Origins and Applications in Modern Sociology Annu. Rev. Sociol. 1998, pp.1-24). Si basano sulla enforceable trust, cioè il senso di appartenenza ad una comunità la cui esistenza è percepita come garanzia che il contributo dato verrà ripagato. Un livello interpersonale, che fa leva sulle motivazioni consumatorie alla cooperazione basate sulla bounded solidarity, per cui un individuo agisce per il bene collettivo anche se ad un costo personale, perché si sente parte del gruppo e si identifica in esso.
Sembra che anche Benkler lavori su questi due livelli, anche se non esplicitamente. Egli individua degli elementi chiave da implementare in un sistema perché sia cooperativo.

  1. Comunicazione: nella costruzione di un sistema cooperativo è fondamentale implementare la possibilità di comunicare tra gli utenti e, in maniera altrettanto importante, stimolare un processo di negoziazione e mediazione tra i punti di vista differenti. La comunicazione fa sviluppare empatia e fiducia negli altri, aiutando nella risoluzione di problemi.
  2. Empatia e Solidarietà: immedesimarsi in qualcun altro, provare le stesse emozioni e talvolta le stesse sensazioni (empatia) così come identificarsi in un gruppo (solidarietà), rende gli utenti disposti a sopportare un costo personale per il benessere del gruppo a cui sentono di appartenere. Per stimolare questo processo è importante umanizzare le persone, permettere di sapere chi sono e perché necessitano dell’aiuto o contributo di altri.
  3. Framing: creare un frame, un contesto che descriva il sistema come cooperativo, come una comunità, orientando l’interpretazione del sistema da parte degli utenti rendendoli maggiormente disposti alla cooperazione. Il frame, però, funziona solo se costruito sulla verità. Il sistema deve veramente essere progettato come cooperativo, altrimenti, non rispondendo alle aspettative degli utenti, si svuoterebbe dopo poco tempo.
  4. Reputazione, trasparenza e reciprocità: i sistemi che si basano sulla reciprocità, soprattutto quella indiretta, sono facilmente invasi da utenti che attingono al sistema senza contribuire, basta pensare al fenomeno dei free riders (Benkler 2011). La reputazione è lo strumento più importante che si ha per sostenere il sistema ma per essere veramente efficace necessita che l’identità delle persone coinvolte sia visibile e trasparente, sempre nei limiti della privacy.
  5. Equità, moralità, norme sociali: se percepiamo il sistema in cui siamo inseriti come  equo, siamo più predisposti a cooperare. Basarsi solo su incentivi e punizioni può essere controproducente, è necessario pensare se e come il nostro sistema risulti equo. Moralità: definire chiaramente i valori, discutendone, spiegandoli, evidenziando qual è la cosa che si ritiene giusta da fare in ogni situazione. Social Norms: Le norme sociali sono un codice che orientano il comportamento ma non sono stabilite a priori, sono emergenti, per questo generalmente la maggior parte delle persone tende a seguirle. Rendere trasparente il comportamento degli altri nelle diverse situazioni permetterà di conformarsi con ciò che è ritenuto “normale”.
  6. Modularità: cooperare ha un costo, è come l’impegno in una attività, una spesa economica per l’accesso a un servizio, la rinuncia ad una risorsa a favore di qualcun altro. Dunque uno dei primi elementi da attivare per incentivare la cooperazione è consentire la partecipazione per piccoli moduli di contribuito, permettendo a ciascuno di cooperare secondo le possibilità e disponibilità del momento.
  7. Premi e punizioni: siano essi materiali (ottenimento di vantaggi per il singolo), oppure sociali (raggiungimento di un benessere comune) ma sempre dati in base alle motivazioni degli utenti. Dare premi materiali a qualcuno che coopera alla comunità perché interessato al bene comune o, viceversa, premiare con la reputazione qualcuno interessato ad un aumento di risorse materiali, potrebbe causarne l’allontanamento spontaneo dalla comunità.
  8. Flessibilità: è necessario tenere presente i diversi profili motivazionali, anche quelli poco produttivi, perciò i sistemi che si avvalgono della cooperazione devono essere flessibili e consentire una contribuzione asimmetrica, sfruttando il principio della coda lunga.

Anche gli elementi suggeriti da Benkler si possono raggruppare e implementare nei due livelli di motivazione alla cooperazione: sistemico e interpersonale.
Comunicazione, empatia, solidarietà, reputazione, trasparenza, reciprocità e framing possono essere utili strumenti per costruire, a un livello interpersonale, la fiducia reciproca tra gli utenti, contribuendo a realizzare l’identificazione nel gruppo e a rafforzare la bounded solidarity.
Equità, moralità, norme sociali, modularità, premi, punizioni e flessibilità possono essere utili strumenti, a livello sistemico, per costruire la fiducia sistemica, contribuendo a rafforzare il senso di appartenenza alla comunità e la enforceable trust.Terzo articolo della serie dedicata al progetto ULOOP a cura di Erica Giambitto.
Le ricerche sul capitale sociale, sulla sostenibilità sociale e la nostra attività nell’ambito di ULOOP hanno una domanda in comune: quali sono le motivazioni che spingono le persone appartenenti ad una stessa comunità a mettere a disposizione degli altri le proprio risorse e ad impegnarsi in prima persona per il bene collettivo?
In questo articolo cercheremo di capire come in ULOOP si è cercato di motivare la cooperazione degli utenti. L’innovazione di ULOOP si basa su due elementi chiave: considerare l’utente come una componente chiave dei servizi di rete e la creazione di wireless local loop on-the-fly. Questi sono realizzabili solo implementando meccanismi di gestione della fiducia e di incentivazione alla cooperazione (AA.VV. D.1.1: ULOOP User-Centric Wireless Local Loop, 2010).
Annche Yochai Benkler (Berkman Professor of Entrepreneurial Legal Studies, Harvard Law School, faculty co-director, Berkman Center for Internet and Society) riflette su come  creare sistemi basati su modelli cooperativi. Secondo Benkler l’utente deve essere considerato in tutte le sue sfaccettature, è importante, quindi, implementare nei sistemi cooperativi non solo incentivi di tipo materiale come premi e punizioni, ma anche di tipo sociale come empatia e solidarietà (Benkler, Y. The Penguin and The Leviathan, Crown Business, New York 2011).
Le caratteristiche chiave di ULOOP sono un valore che gli stessi utenti aggiungono al sistema, attraverso la loro partecipazione. Così la sostenibilità socio-economica di ULOOP dipende dalla densità di nodi presenti in un local loop (AA.VV. D2.2: ULOOP. Socio-economic sustainability report 2011) e dalla capacità del sistema di inserire gli utenti nella catena del valore. Per questo gli utenti sono stati divisi in categorie e, a seconda degli effetti positivi, negativi e trascurabili di cui fanno esperienza, sono stati previsti incentivi specifici per stimolarne la cooperazione. Questo tipo di incentivi sono principalmente di tipo materiale, fanno cioè leva su vantaggi e svantaggi derivanti da una data situazione.
Nel primo White Paper dedicato a ULOOP viene sollevata una questione importante: la cooperazione dipende dalla volontà dei nodi (utenti) di partecipare, ma anche da elementi percepiti come negativi che disincentivano la partecipazione, tra cui la percezione della scarsità delle risorse e la mancanza di fiducia tra gli utenti.
Scarsità di risorse disponibili nel nodo.
L’idea di condividere una risorsa finita, ad esempio l’ampiezza di banda o la capacità di processing del device, potrebbe disincentivare la cooperazione. Per questo  ULOOP incentiva lo scambio di risorse tra utenti permettendo loro di contribuire con la risorsa che hanno maggiormente a disposizione, o che in quel momento usano meno. Così l’utente che contribuisce, guadagna il diritto di ricevere la risorsa di cui ha bisogno nel momento più adatto alle sue esigenze. La risorsa che riceverà in cambio è stata condivisa da un altro utente, dunque è frutto di un’altra scelta individuale. Lo scambio non è negoziato autonomamente dai due utenti ma è gestito automaticamente dal sistema ULOOP. Gli utenti fanno dunque affidamento sul suo funzionamento come garante dello scambio. Chi tiene un comportamento scorretto viene, mediante il meccanismo della social trust, identificato e sanzionato, ad esempio con una riduzione delle possibilità di accesso o una riduzione di banda.
Questo tipo di incentivo sembra basato sul concetto di fiducia sistemica (Luhman 1979, cit. in E. Keimolen, D. Broeders “Quando alcuni sono più uguali degli altri… Fiducia, free riding e azione collettiva in una rete P2P in Sociologia della Comunicazione n. 40, Franco Angeli, 2009, p. 94-95). Quando calati in un sistema complesso, in cui si relazionano in collettività ampie e con sconosciuti, gli utenti non godono di fiducia reciproca ma ripongono fiducia nelle capacità del sistema di gestire questi scambi e il rischio che altri non contribuiscano, li danneggino o abbandonino il sistema danneggiandolo. <<La fiducia sistemica viene allora costruita automaticamente attraverso continue esperienze positive (feedback)>> (ibidem).
Mancanza di fiducia tra gli utenti.
La cooperazione in un sistema di relazioni create on-the-fly tra utenti che non si conoscono personalmente, deve far fronte al problema della mancanza di fiducia a livello interpersonale. La mancanza di fiducia tra utenti dipende dalla loro scarsa conoscenza reciproca. ULOOP propone diversi incentivi per ovviare a questa mancanza, innanzitutto prevede un sistema di riconoscimento univoco dell’user ID, tutelandone al tempo stesso la privacy. Dà la possibilità di creare legami tra utenti basati su interessi condivisi (stesse tipologie di file, stesse abitudini) e un sistema di valutazione reciproca collettiva (informazioni SNR, individuazione di malicious users, Quality of Experience).
Questi incentivi richiamano ciò che la letteratura sull’azione collettiva definisce meccanismi regolativi (ibidem, p. 93): l’esclusione, la reputazione, la reciprocità (Becker, Clement 2006, cit. in ibidem, p. 103; R. Alexander The biology of moral systems, cit. in Benkler The penguin and the leviathan, Crown Business, New York 2011, p. 42).
Dunque sembra che ULOOP gestisca le motivazioni alla cooperazione su due livelli. Un livello sistemico che crea fiducia nel funzionamento del sistema facendo leva sulle motivazioni strumentali alla cooperazione (Portes Alejandro, SOCIAL CAPITAL: Its Origins and Applications in Modern Sociology Annu. Rev. Sociol. 1998, pp.1-24). Si basano sulla enforceable trust, cioè il senso di appartenenza ad una comunità la cui esistenza è percepita come garanzia che il contributo dato verrà ripagato. Un livello interpersonale, che fa leva sulle motivazioni consumatorie alla cooperazione basate sulla bounded solidarity, per cui un individuo agisce per il bene collettivo anche se ad un costo personale, perché si sente parte del gruppo e si identifica in esso.
Sembra che anche Benkler lavori su questi due livelli, anche se non esplicitamente. Egli individua degli elementi chiave da implementare in un sistema perché sia cooperativo.

  1. Comunicazione: nella costruzione di un sistema cooperativo è fondamentale implementare la possibilità di comunicare tra gli utenti e, in maniera altrettanto importante, stimolare un processo di negoziazione e mediazione tra i punti di vista differenti. La comunicazione fa sviluppare empatia e fiducia negli altri, aiutando nella risoluzione di problemi.
  2. Empatia e Solidarietà: immedesimarsi in qualcun altro, provare le stesse emozioni e talvolta le stesse sensazioni (empatia) così come identificarsi in un gruppo (solidarietà), rende gli utenti disposti a sopportare un costo personale per il benessere del gruppo a cui sentono di appartenere. Per stimolare questo processo è importante umanizzare le persone, permettere di sapere chi sono e perché necessitano dell’aiuto o contributo di altri.
  3. Framing: creare un frame, un contesto che descriva il sistema come cooperativo, come una comunità, orientando l’interpretazione del sistema da parte degli utenti rendendoli maggiormente disposti alla cooperazione. Il frame, però, funziona solo se costruito sulla verità. Il sistema deve veramente essere progettato come cooperativo, altrimenti, non rispondendo alle aspettative degli utenti, si svuoterebbe dopo poco tempo.
  4. Reputazione, trasparenza e reciprocità: i sistemi che si basano sulla reciprocità, soprattutto quella indiretta, sono facilmente invasi da utenti che attingono al sistema senza contribuire, basta pensare al fenomeno dei free riders (Benkler 2011). La reputazione è lo strumento più importante che si ha per sostenere il sistema ma per essere veramente efficace necessita che l’identità delle persone coinvolte sia visibile e trasparente, sempre nei limiti della privacy.
  5. Equità, moralità, norme sociali: se percepiamo il sistema in cui siamo inseriti come  equo, siamo più predisposti a cooperare. Basarsi solo su incentivi e punizioni può essere controproducente, è necessario pensare se e come il nostro sistema risulti equo. Moralità: definire chiaramente i valori, discutendone, spiegandoli, evidenziando qual è la cosa che si ritiene giusta da fare in ogni situazione. Social Norms: Le norme sociali sono un codice che orientano il comportamento ma non sono stabilite a priori, sono emergenti, per questo generalmente la maggior parte delle persone tende a seguirle. Rendere trasparente il comportamento degli altri nelle diverse situazioni permetterà di conformarsi con ciò che è ritenuto “normale”.
  6. Modularità: cooperare ha un costo, è come l’impegno in una attività, una spesa economica per l’accesso a un servizio, la rinuncia ad una risorsa a favore di qualcun altro. Dunque uno dei primi elementi da attivare per incentivare la cooperazione è consentire la partecipazione per piccoli moduli di contribuito, permettendo a ciascuno di cooperare secondo le possibilità e disponibilità del momento.
  7. Premi e punizioni: siano essi materiali (ottenimento di vantaggi per il singolo), oppure sociali (raggiungimento di un benessere comune) ma sempre dati in base alle motivazioni degli utenti. Dare premi materiali a qualcuno che coopera alla comunità perché interessato al bene comune o, viceversa, premiare con la reputazione qualcuno interessato ad un aumento di risorse materiali, potrebbe causarne l’allontanamento spontaneo dalla comunità.
  8. Flessibilità: è necessario tenere presente i diversi profili motivazionali, anche quelli poco produttivi, perciò i sistemi che si avvalgono della cooperazione devono essere flessibili e consentire una contribuzione asimmetrica, sfruttando il principio della coda lunga.

Anche gli elementi suggeriti da Benkler si possono raggruppare e implementare nei due livelli di motivazione alla cooperazione: sistemico e interpersonale.
Comunicazione, empatia, solidarietà, reputazione, trasparenza, reciprocità e framing possono essere utili strumenti per costruire, a un livello interpersonale, la fiducia reciproca tra gli utenti, contribuendo a realizzare l’identificazione nel gruppo e a rafforzare la bounded solidarity.
Equità, moralità, norme sociali, modularità, premi, punizioni e flessibilità possono essere utili strumenti, a livello sistemico, per costruire la fiducia sistemica, contribuendo a rafforzare il senso di appartenenza alla comunità e la enforceable trust.Terzo articolo della serie dedicata al progetto ULOOP a cura di Erica Giambitto.
Le ricerche sul capitale sociale, sulla sostenibilità sociale e la nostra attività nell’ambito di ULOOP hanno una domanda in comune: quali sono le motivazioni che spingono le persone appartenenti ad una stessa comunità a mettere a disposizione degli altri le proprio risorse e ad impegnarsi in prima persona per il bene collettivo?
In questo articolo cercheremo di capire come in ULOOP si è cercato di motivare la cooperazione degli utenti. L’innovazione di ULOOP si basa su due elementi chiave: considerare l’utente come una componente chiave dei servizi di rete e la creazione di wireless local loop on-the-fly. Questi sono realizzabili solo implementando meccanismi di gestione della fiducia e di incentivazione alla cooperazione (AA.VV. D.1.1: ULOOP User-Centric Wireless Local Loop, 2010).
Annche Yochai Benkler (Berkman Professor of Entrepreneurial Legal Studies, Harvard Law School, faculty co-director, Berkman Center for Internet and Society) riflette su come  creare sistemi basati su modelli cooperativi. Secondo Benkler l’utente deve essere considerato in tutte le sue sfaccettature, è importante, quindi, implementare nei sistemi cooperativi non solo incentivi di tipo materiale come premi e punizioni, ma anche di tipo sociale come empatia e solidarietà (Benkler, Y. The Penguin and The Leviathan, Crown Business, New York 2011).
Le caratteristiche chiave di ULOOP sono un valore che gli stessi utenti aggiungono al sistema, attraverso la loro partecipazione. Così la sostenibilità socio-economica di ULOOP dipende dalla densità di nodi presenti in un local loop (AA.VV. D2.2: ULOOP. Socio-economic sustainability report 2011) e dalla capacità del sistema di inserire gli utenti nella catena del valore. Per questo gli utenti sono stati divisi in categorie e, a seconda degli effetti positivi, negativi e trascurabili di cui fanno esperienza, sono stati previsti incentivi specifici per stimolarne la cooperazione. Questo tipo di incentivi sono principalmente di tipo materiale, fanno cioè leva su vantaggi e svantaggi derivanti da una data situazione.
Nel primo White Paper dedicato a ULOOP viene sollevata una questione importante: la cooperazione dipende dalla volontà dei nodi (utenti) di partecipare, ma anche da elementi percepiti come negativi che disincentivano la partecipazione, tra cui la percezione della scarsità delle risorse e la mancanza di fiducia tra gli utenti.
Scarsità di risorse disponibili nel nodo.
L’idea di condividere una risorsa finita, ad esempio l’ampiezza di banda o la capacità di processing del device, potrebbe disincentivare la cooperazione. Per questo  ULOOP incentiva lo scambio di risorse tra utenti permettendo loro di contribuire con la risorsa che hanno maggiormente a disposizione, o che in quel momento usano meno. Così l’utente che contribuisce, guadagna il diritto di ricevere la risorsa di cui ha bisogno nel momento più adatto alle sue esigenze. La risorsa che riceverà in cambio è stata condivisa da un altro utente, dunque è frutto di un’altra scelta individuale. Lo scambio non è negoziato autonomamente dai due utenti ma è gestito automaticamente dal sistema ULOOP. Gli utenti fanno dunque affidamento sul suo funzionamento come garante dello scambio. Chi tiene un comportamento scorretto viene, mediante il meccanismo della social trust, identificato e sanzionato, ad esempio con una riduzione delle possibilità di accesso o una riduzione di banda.
Questo tipo di incentivo sembra basato sul concetto di fiducia sistemica (Luhman 1979, cit. in E. Keimolen, D. Broeders “Quando alcuni sono più uguali degli altri… Fiducia, free riding e azione collettiva in una rete P2P in Sociologia della Comunicazione n. 40, Franco Angeli, 2009, p. 94-95). Quando calati in un sistema complesso, in cui si relazionano in collettività ampie e con sconosciuti, gli utenti non godono di fiducia reciproca ma ripongono fiducia nelle capacità del sistema di gestire questi scambi e il rischio che altri non contribuiscano, li danneggino o abbandonino il sistema danneggiandolo. <<La fiducia sistemica viene allora costruita automaticamente attraverso continue esperienze positive (feedback)>> (ibidem).
Mancanza di fiducia tra gli utenti.
La cooperazione in un sistema di relazioni create on-the-fly tra utenti che non si conoscono personalmente, deve far fronte al problema della mancanza di fiducia a livello interpersonale. La mancanza di fiducia tra utenti dipende dalla loro scarsa conoscenza reciproca. ULOOP propone diversi incentivi per ovviare a questa mancanza, innanzitutto prevede un sistema di riconoscimento univoco dell’user ID, tutelandone al tempo stesso la privacy. Dà la possibilità di creare legami tra utenti basati su interessi condivisi (stesse tipologie di file, stesse abitudini) e un sistema di valutazione reciproca collettiva (informazioni SNR, individuazione di malicious users, Quality of Experience).
Questi incentivi richiamano ciò che la letteratura sull’azione collettiva definisce meccanismi regolativi (ibidem, p. 93): l’esclusione, la reputazione, la reciprocità (Becker, Clement 2006, cit. in ibidem, p. 103; R. Alexander The biology of moral systems, cit. in Benkler The penguin and the leviathan, Crown Business, New York 2011, p. 42).
Dunque sembra che ULOOP gestisca le motivazioni alla cooperazione su due livelli. Un livello sistemico che crea fiducia nel funzionamento del sistema facendo leva sulle motivazioni strumentali alla cooperazione (Portes Alejandro, SOCIAL CAPITAL: Its Origins and Applications in Modern Sociology Annu. Rev. Sociol. 1998, pp.1-24). Si basano sulla enforceable trust, cioè il senso di appartenenza ad una comunità la cui esistenza è percepita come garanzia che il contributo dato verrà ripagato. Un livello interpersonale, che fa leva sulle motivazioni consumatorie alla cooperazione basate sulla bounded solidarity, per cui un individuo agisce per il bene collettivo anche se ad un costo personale, perché si sente parte del gruppo e si identifica in esso.
Sembra che anche Benkler lavori su questi due livelli, anche se non esplicitamente. Egli individua degli elementi chiave da implementare in un sistema perché sia cooperativo.

  1. Comunicazione: nella costruzione di un sistema cooperativo è fondamentale implementare la possibilità di comunicare tra gli utenti e, in maniera altrettanto importante, stimolare un processo di negoziazione e mediazione tra i punti di vista differenti. La comunicazione fa sviluppare empatia e fiducia negli altri, aiutando nella risoluzione di problemi.
  2. Empatia e Solidarietà: immedesimarsi in qualcun altro, provare le stesse emozioni e talvolta le stesse sensazioni (empatia) così come identificarsi in un gruppo (solidarietà), rende gli utenti disposti a sopportare un costo personale per il benessere del gruppo a cui sentono di appartenere. Per stimolare questo processo è importante umanizzare le persone, permettere di sapere chi sono e perché necessitano dell’aiuto o contributo di altri.
  3. Framing: creare un frame, un contesto che descriva il sistema come cooperativo, come una comunità, orientando l’interpretazione del sistema da parte degli utenti rendendoli maggiormente disposti alla cooperazione. Il frame, però, funziona solo se costruito sulla verità. Il sistema deve veramente essere progettato come cooperativo, altrimenti, non rispondendo alle aspettative degli utenti, si svuoterebbe dopo poco tempo.
  4. Reputazione, trasparenza e reciprocità: i sistemi che si basano sulla reciprocità, soprattutto quella indiretta, sono facilmente invasi da utenti che attingono al sistema senza contribuire, basta pensare al fenomeno dei free riders (Benkler 2011). La reputazione è lo strumento più importante che si ha per sostenere il sistema ma per essere veramente efficace necessita che l’identità delle persone coinvolte sia visibile e trasparente, sempre nei limiti della privacy.
  5. Equità, moralità, norme sociali: se percepiamo il sistema in cui siamo inseriti come  equo, siamo più predisposti a cooperare. Basarsi solo su incentivi e punizioni può essere controproducente, è necessario pensare se e come il nostro sistema risulti equo. Moralità: definire chiaramente i valori, discutendone, spiegandoli, evidenziando qual è la cosa che si ritiene giusta da fare in ogni situazione. Social Norms: Le norme sociali sono un codice che orientano il comportamento ma non sono stabilite a priori, sono emergenti, per questo generalmente la maggior parte delle persone tende a seguirle. Rendere trasparente il comportamento degli altri nelle diverse situazioni permetterà di conformarsi con ciò che è ritenuto “normale”.
  6. Modularità: cooperare ha un costo, è come l’impegno in una attività, una spesa economica per l’accesso a un servizio, la rinuncia ad una risorsa a favore di qualcun altro. Dunque uno dei primi elementi da attivare per incentivare la cooperazione è consentire la partecipazione per piccoli moduli di contribuito, permettendo a ciascuno di cooperare secondo le possibilità e disponibilità del momento.
  7. Premi e punizioni: siano essi materiali (ottenimento di vantaggi per il singolo), oppure sociali (raggiungimento di un benessere comune) ma sempre dati in base alle motivazioni degli utenti. Dare premi materiali a qualcuno che coopera alla comunità perché interessato al bene comune o, viceversa, premiare con la reputazione qualcuno interessato ad un aumento di risorse materiali, potrebbe causarne l’allontanamento spontaneo dalla comunità.
  8. Flessibilità: è necessario tenere presente i diversi profili motivazionali, anche quelli poco produttivi, perciò i sistemi che si avvalgono della cooperazione devono essere flessibili e consentire una contribuzione asimmetrica, sfruttando il principio della coda lunga.

Anche gli elementi suggeriti da Benkler si possono raggruppare e implementare nei due livelli di motivazione alla cooperazione: sistemico e interpersonale.
Comunicazione, empatia, solidarietà, reputazione, trasparenza, reciprocità e framing possono essere utili strumenti per costruire, a un livello interpersonale, la fiducia reciproca tra gli utenti, contribuendo a realizzare l’identificazione nel gruppo e a rafforzare la bounded solidarity.
Equità, moralità, norme sociali, modularità, premi, punizioni e flessibilità possono essere utili strumenti, a livello sistemico, per costruire la fiducia sistemica, contribuendo a rafforzare il senso di appartenenza alla comunità e la enforceable trust.

Il Valore Reale del Denaro Virtuale. Dai giochi Online ai Mercati Valutari.

Video: “Il valore reale del denaro virtuale. Dai giochi Online ai mercati valutari”. Seminario organizzato dal Dipartimento di Scienze di Base e Fondamenti dell’università degli Studi di di Urbino “Carlo Bo” in collaborazione con l’Associazione Culturale NeuNet. Su questo tema si sono confrontati Alessandro Bogliolo, Paolo Polidori, Fabio Giglietto e Francesca Stradini.

Il 17 novembre 2011 ad Urbino presso il Collegio Raffaello si è tenuto il seminario “Il valore reale del denaro virtuale. Dai giochi Online ai mercati valutari” organizzato dal Dipartimento di Scienze di Base e Fondamenti dell’università degli Studi di di Urbino “Carlo Bo” in collaborazione con  l’Associazione Culturale NeuNet.
Il seminario è stato un importante momento di confronto tra diverse discipline riguardo numerosi temi che scaturiscono dall’emergente importanza del denaro virtuale. Il denaro virtuale, infatti, è sempre più pervasivo nella nostra quotidianità, a partire dall’aspetto ludico come avviene nei social network (si pensi a facebook e al sistema di cambio tra denaro reale e virtuale per poter usufruire appieno delle funzionalità di gioco, come ad esempio FarmVille) fino a diventare un vero e proprio modello di business, per cui il gioco (al quale si ha accesso gratuito) diventa piattaforma di lancio per generare scambi monetari: per poter proseguire ed evolvere nel gioco è necessario spendere denaro virtuale, acquistabile con denaro reale.
Si pensi, ancora, al mercato in via di sviluppo dell’ In-App Purchase e alla possibilità di acquistare nuove funzionalità personalizzate delle applicazioni scaricate gratuitamente. Le applicazioni, siano esse giochi o utilità, gratuite diventano una azione di marketing per vendere il prodotto e generare movimenti di denaro virtuale.
Ma prima di addentrarsi in una descrizione puntuale di quelle che sono le potenzialità del denaro virtuale è opportuno farsi alcune domande a partire da quella più importante e cioè che cos’è il denaro virtuale? Quali sono i meccanismi del suo funzionamento? Quali sono le sue applicazioni nel mondo reale? E quali sono i suoi impatti?
L’uso del denaro virtuale fa sorgere una serie di interrogativi a livello economico, fiscale e sociale. Su questi interrogativi si sono confrontati Alessandro Bogliolo (sistemi di elaborazione delle informazioni) su strumenti, tecnologia, applicazioni e problematiche del denaro virtuale, Paolo Polidori (Scienza delle finanze), su origine ed evoluzione della moneta fino alla moneta elettronica e al suo step evolutivo successivo e cioè la moneta virtuale, Fabio Giglietto (Sociologia dei processi culturali e comunicativi),  sul rapproto tra denaro e giochi online, denaro sia virtuale (interno ai giochi) sia reale (il tempo passato giocando diventa una merce) e Francesca Stradini (Diritto Tributario) sulla rilevanza fiscale delle transazioni online e sulle problematiche fiscali che il denaro virtuale potrebbe far emergere.
Pubblicheremo, a partire da oggi e nelle prossime settimana, l’intero seminario suddiviso in sei puntate. Enjoy!

Il valore reale del denaro virtuale – Prima Parte, Presentazioni from Erica Reika on Vimeo.

Il valore reale del denaro virtuale – Seconda Parte from Erica Reika on Vimeo.

Il valore reale del denaro virtuale – Terza Parte from Erica Reika on Vimeo.

Cercasi collaboratore

Borsa di studio progetto ULOOP

Nel post Open Projects di inizio anno avevo accennato al progetto europeo ULOOP (User-centric Wireless Local Loop).
Nell’ambito di quel progetto mi sto occupando della sostenibilità sociale della tecnologia che il progetto si propone di sviluppare e di studiarne i possibili impatti sociali.
Per aiutarmi in questa attività ho chiesto e ottenuto (grazie ad Alessandro Bogliolo e al Diparimento di Scienze della Comunicazione) la possibilità di avvalermi di un collaboratore.
A questo scopo è stata bandita una borsa di studio della durata di 12 mesi per un importo di € 10.000,00 lordi.
La borsa è riservata ad un giovane (che non abbia cioè superato i 40 anni) laureato in possesso della Laurea triennale in Sociologia o Scienze della Comunicazione, con voto compreso tra 108 e 110/110, conseguito presso una Università italiana.
La domanda di ammissione al concorso, redatta su carta libera e indirizzata al Rettore della Università di Urbino “Carlo Bo”, dovrà pervenire all’Ufficio Erasmus e Relazioni Internazionali della Università di Urbino – Via Saffi, 1 – entro il 3 Agosto 2011.
Di seguito il bando di concorso
Borsa di studio Progetto ULOOP
Sentitevi liberi di inviare il bando a chi ritenete possa interessare o di chiedere maggiori informazioni commentando questo post.
Nel post Open Projects di inizio anno avevo accennato al progetto europeo ULOOP (User-centric Wireless Local Loop).
Nell’ambito di quel progetto mi sto occupando della sostenibilità sociale della tecnologia che il progetto si propone di sviluppare e di studiarne i possibili impatti sociali.
Per aiutarmi in questa attività ho chiesto e ottenuto (grazie ad Alessandro Bogliolo e al Diparimento di Scienze della Comunicazione) la possibilità di avvalermi di un collaboratore.
A questo scopo è stata bandita una borsa di studio della durata di 12 mesi per un importo di € 10.000,00 lordi.
La borsa è riservata ad un giovane (che non abbia cioè superato i 40 anni) laureato in possesso della Laurea triennale in Sociologia o Scienze della Comunicazione, con voto compreso tra 108 e 110/110, conseguito presso una Università italiana.
La domanda di ammissione al concorso, redatta su carta libera e indirizzata al Rettore della Università di Urbino “Carlo Bo”, dovrà pervenire all’Ufficio Erasmus e Relazioni Internazionali della Università di Urbino – Via Saffi, 1 – entro il 3 Agosto 2011.
Di seguito il bando di concorso
Borsa di studio Progetto ULOOP
Sentitevi liberi di inviare il bando a chi ritenete possa interessare o di chiedere maggiori informazioni commentando questo post.
Nel post Open Projects di inizio anno avevo accennato al progetto europeo ULOOP (User-centric Wireless Local Loop).
Nell’ambito di quel progetto mi sto occupando della sostenibilità sociale della tecnologia che il progetto si propone di sviluppare e di studiarne i possibili impatti sociali.
Per aiutarmi in questa attività ho chiesto e ottenuto (grazie ad Alessandro Bogliolo e al Diparimento di Scienze della Comunicazione) la possibilità di avvalermi di un collaboratore.
A questo scopo è stata bandita una borsa di studio della durata di 12 mesi per un importo di € 10.000,00 lordi.
La borsa è riservata ad un giovane (che non abbia cioè superato i 40 anni) laureato in possesso della Laurea triennale in Sociologia o Scienze della Comunicazione, con voto compreso tra 108 e 110/110, conseguito presso una Università italiana.
La domanda di ammissione al concorso, redatta su carta libera e indirizzata al Rettore della Università di Urbino “Carlo Bo”, dovrà pervenire all’Ufficio Erasmus e Relazioni Internazionali della Università di Urbino – Via Saffi, 1 – entro il 3 Agosto 2011.
Di seguito il bando di concorso
Borsa di studio Progetto ULOOP
Sentitevi liberi di inviare il bando a chi ritenete possa interessare o di chiedere maggiori informazioni commentando questo post.

Laboratorio di Web Content

Le presentazioni dei progetti realizzati dagli studenti durante il Laboratorio di Web Content

Come anticipato, questa mattina gli studenti del laboratorio di Web Content, iniziato a novembre dello scorso,  hanno presentato in classe i loro progetti.
Scopo del corso è familiarizzare con gli strumenti di content management per la progettazione, creazione e promozione di contenuti web. Per quest’anno ho proposto agli studenti di realizzare e promuovere progetti web che, sfruttando il principio di non discontinuità fra attività online ed offline, ambissero ad avere un impatto diretto sul territorio locale. Il sistema di content management scelto da tutti i gruppi è stato quello a loro più familiare: Facebook.
Durante il corso ho inoltre sperimentato l’utilizzo dei nuovi gruppi Facebook. Ho creato il gruppo e chiesto agli studenti di aggiungere i loro colleghi (molti dei quali non sono miei Friends). In poco tempo quasi tutti gli studenti erano nel gruppo ed attraverso quello spazio abbiamo mantenuto tutti i contatti extra-lezione (durante l’occupazione ho anche segnalato di volta in volta l’aula e l’edificio che veniva assegnato per il giorno o la settimana successiva). Ogni gruppo ha pubblicato (usando la funzione documenti) il loro progetto che via via veniva completato con la descrizione, l’analisi della concorrenza e le strategie di promozione. Nel gruppo ho pubblicato tutti i documenti utilizzati a lezione dalle presentazioni (condividendo il link da SlideShare) ai link. Nel complesso l’uso del gruppo è stata una esperienza che mi sento di consigliare caldamente ai miei colleghi (sopratutto qualora anche loro abbiano già familiarità con la piattaforma di social network).
Tutti i gruppi hanno scelto autonomamente l’argomento del quale occuparsi che infatti spazia dalla gestione della pagina di un locale o esercizio commerciale fino a contest sull’arte o progetti che promuovono eventi.
Ai gruppi ho proposto anche una specie di competizione interna per vedere chi avrebbe ricevuto, alla fine del corso, il numero maggiore di like (alla fine, per la cronaca, ha vinto il gruppo Cellini Sport che ha raccolto, nel momento in cui scrivo, quasi 799 iscritti a partire dal primo dicembre 2010).
Le presentazioni finali sono state realizzate secondo il format Ignite (20 slide che avanzano automaticamente ogni 15 secondi).
Il risultato potete vederlo qui di seguito:

Fior di Loto
5:34
Daunbailò
5:29
Urbino in Cinema
5:09
Music Events Marche
5:16
Cellini Sport & Fashion
5:13
Palestra Mad
5:13
Tatoo Zone
5:00
Il Portico
5:26
Urbino we Like
5:05

Urbino vetrine in Arte (che ha realizzato la presentazione con Prezi)

La descrizione di tutti i progetti la trovate sulla pagina dedicata sul sito web del laboratorio.

Open Projects

Anticipazioni su quello che mi attende e vi attende per il 2011

[fb-share] Breve aggiornamento riguardo i programmi per il prossimo anno.
Il 10L’undici Gennaio alle 12 i miei studenti di Laboratorio di Web Content di Urbino (seguirà nel secondo semestre quello della sede di Pesaro) presentano i loro progetti di fine corso. Lo faranno usando il format Ignite (5 minuti di presentazione con 20 slide che avanzano automaticamente ogni 15 secondi). Gli studenti, divisi per gruppi, hanno realizzato e promosso progetti web basati su pagine Facebook che, sfruttando il principio di non discontinuità fra attività online ed offline, auspicano avere un impatto diretto sul territorio locale. In ballo c’è anche un piccolo contest su chi è riuscito ad attirare più Like, più check-in e suscitare il maggior livello di engagement. In pratica ci sarà da divertirsi. Siete tutti invitati ma per chi non potrà essere a Urbino stiamo organizzando uno streaming live.
[Evento su Facebook]
Sempre sul versante didattica non mancherà l’ormai tradizionale appuntamento con “le due settimane delle Teoria dell’Informazione” nell’ambito del corso di Sociologia della Comunicazione. In pratica un mini corso nel corso dedicato a raccontare i contenuti principali del mio libro Alle radici del futuro. Dalla teoria dell’informazione ai sistemi sociali. Non so di preciso quando sarà ma vi tengo informati. Non vi prometto niente ma se ce ne saranno le condizioni proverò a registrare e pubblicare le varie lezioni.
Passando alla ricerca sono al momento impegnato o mi impegnerò a breve su quattro progetti:
Il primo è una ricerca che riguarda YouTube ed in particolare il fenomeno di Gemma del Sud. Vorremmo cercare di capire il perchè ed il come di questa specifica forma di popolarità che appare basata più sullo scherno che sull’ammirazione. Vorremmo provare a capire se c’è una relazione fra questo tipo di successo e la configurazione del sistema dei media e della politica nel nostro Paese. Lo faremo attraverso un’analisi della letteratura che tratta casi di successo grassroots analoghi (come ad esempio il saggio citato in questo video).

Lo faremo attraverso l’analisi del contenuto degli 871 video e relativi commenti ed i 380 post raccolti con il software ContextMiner fra il 1 Luglio ed il 30 Novembre 2010. Seguirà un post con maggiori dettagli. Se tutto va bene io e Laura presenteremo questa ricerca durante la settima edizione di Media in Transition (MiT7 unstable platforms: the promise and peril of transition).
La seconda ricerca riguarda gli Online News Consumer in Italia. Prendendo spunto dall’indagine Understanding the Participatory News Consumer, realizzata dal mai abbastanza lodato Pew Internet & American Life Project, abbiamo deciso di cercare di capire meglio a che punto siamo su questo tema in Italia. Il questionario telefonico somministrato fra il 10 ed il 21 dicembre ad un campione di 1009 italiani con età superiore a 18 anni (proporzionale alla popolazione residente per genere ed età) è composto da tutte le domande dell’indagine Pew alle quali abbiamo aggiunto alcuni quesiti ulteriori legati più strettamente ad alcune ipotesi di ricerca che abbiamo in mente. I risultati di questa indagine saranno diffusi presto e credo ne sentirete parlare non solo in questo blog.
La terza ricerca, in collaborazione questa volta con Mario, consiste in un’analisi comparativa delle 10 più popolari pagine Facebook di politici italiani. La ricerca è ancora in una fase di progetto. Quello che sappiamo è che sperimenteremo l’uso di DiscoverText per reperire post e commenti delle pagine. Nonostante lo stato piuttosto embrionale del progetto abbiamo deciso lo stesso di proporre l’idea preparando un abstract che abbiamo presentato a  A Decade in Internet Time: Symposium on the Dynamics of the Internet and Society. Se l’abstract dovesse essere accettato lo presenteremo con poche modifiche anche a l’annuale conferenza internazionale dei ricercatori che studiano Internet: Internet Research 12.0 – Performance and Participation.
Infine l’ultima attività di ricerca, che in realtà per ragioni di calendario del progetto sarà fra le prime del nuovo anno, riguarda il mio coinvolgimento (e quello di Giovanni) nel progetto U-Loop (User-centric Wireless Local-Loop). U-Loop è un ambizioso progetto finanziato dalla commissione europea il cui scopo è progettare e realizzare una soluzione tecnologica basata su reti wireless fra pari in grado di sostituire il così detto ultimo miglio. In realtà l’accesso a Internet è solo uno dei servizi che possono essere offerti e fruiti attraverso una rete U-loop. In pratica device equipaggiati dalla tecnologia U-Loop saranno in grado di offrire e fruire di servizi offerti dagli altri device presenti. L’Università di Urbino (ed in particolare Alessandro Bogliolo che coordina l’unità di Urbino) ha il non facile compito di realizzare uno studio della sostenibilità socio-economica di questo tipo di tecnologia. La prima attività svolta in collaborazione con gli altri partner è stata la realizzazione e l’analisi di una serie di interessanti casi d’uso che vanno da inedite forme di marketing di prossimità fino a servizi simili a quelli offerti dai social network ma in modalità offline (cioè all’interno di un U-loop ma senza accesso a Internet). Non so bene a che livello di dettaglio posso parlare di questo progetto ma vi assicuro che quello che ho potuto vedere fino a questo momento mi fa ritenere che si tratti di una tecnologia promettente.  Oltre al progetto è molto interessante avere la possibilità di collaborare in un gruppo di ricerca interdisciplinare che va dagli informatici ai giuristi (che stanno facendo uno studio comparativo sulla legislazione sul wifi in Europa) fino agli economisti (che si occupano di studiare la sostenibilità economica delle soluzioni proposte). Anche su questo vi terrò informati.
Se uno di questi progetti vi interessa o state facendo qualcosa di analogo o anche vagamente simile (oppure se pensate di partecipare ad una delle conferenze che ho segnalato) non esitate a manifestarvi.
Ogni tipo di segnalazione, suggerimento o proposta di collaborazione è benvenuta.
La foto a corredo dell’articolo è pubblicata su Flickr da meddygarnet.

gemma del sud (MiT7)
news consumer
analysis of top 10 Italian politicians’s facebook pages (OII)
uloop

gemma del sud (MiT7)
news consumer
analysis of top 10 Italian politicians’s facebook pages (OII)
uloop

What's next #7: Ripensare le comunità, ripensare i luoghi

La scorsa settimana, dal 15 al 18 Ottobre, si è svolto a Copenaghen la nona edizione del convegno annuale dell’associazione dei ricercatori che studiano Internet. Detto così potrebbe sembrare una delle tante conferenze più o meno interessanti che si organizzano in tutto il mondo ma basta dare un rapido sguardo al programma per capire fin dai titoli degli interventi e dai nomi dei partecipanti l’importanza e l’imponenza di questo evento.
Gli oltre 400 paper, organizzati in 10 panel e/o tavole rotonde contemporanee, mi hanno spesso creato un piacevole senso di imbarazzo della scelta. Ho cercato di seguire tutto quanto aveva a che fare con i siti di social network rinunciando a malincuore ai panel sulle fan culture e sulla società civile e la politica in generale.
Fra i nomi (a me noti e senza contare gli amici) presenti fra i partecipanti Mia Consalvo, Amanda Lenhart, Leslie Haddon, Sonia Livingstone, Jean Burgess e TL Taylor.
Dei tre keynote ho seguito e registrato per voi quello di Mimi Ito.

P.S. Noto solo adesos che nel Wiki della conferenza ci sono diversi link che fanno da utile contesto a questo video: http://wiki.aoir.org/index.php?title=Ir9-K1_Mimi_Ito_Keynote

La scorsa settimana, dal 15 al 18 Ottobre, si è svolto a Copenaghen la nona edizione del convegno annuale dell’associazione dei ricercatori che studiano Internet. Detto così potrebbe sembrare una delle tante conferenze più o meno interessanti che si organizzano in tutto il mondo ma basta dare un rapido sguardo al programma per capire fin dai titoli degli interventi e dai nomi dei partecipanti l’importanza e l’imponenza di questo evento.

Gli oltre 400 paper, organizzati in 10 panel e/o tavole rotonde contemporanee, mi hanno spesso creato un piacevole senso di imbarazzo della scelta. Ho cercato di seguire tutto quanto aveva a che fare con i siti di social network rinunciando a malincuore ai panel sulle fan culture e sulla società civile e la politica in generale.

Fra i nomi (a me noti e senza contare gli amici) presenti fra i partecipanti Mia Consalvo, Amanda Lenhart, Leslie Haddon, Sonia Livingstone, Jean Burgess e TL Taylor.

Dei tre keynote ho seguito e registrato per voi quello di Mimi Ito.

P.S. Noto solo adesos che nel Wiki della conferenza ci sono diversi link che fanno da utile contesto a questo video: http://wiki.aoir.org/index.php?title=Ir9-K1_Mimi_Ito_Keynote

La scorsa settimana, dal 15 al 18 Ottobre, si è svolto a Copenaghen la nona edizione del convegno annuale dell’associazione dei ricercatori che studiano Internet. Detto così potrebbe sembrare una delle tante conferenze più o meno interessanti che si organizzano in tutto il mondo ma basta dare un rapido sguardo al programma per capire fin dai titoli degli interventi e dai nomi dei partecipanti l’importanza e l’imponenza di questo evento.

Gli oltre 400 paper, organizzati in 10 panel e/o tavole rotonde contemporanee, mi hanno spesso creato un piacevole senso di imbarazzo della scelta. Ho cercato di seguire tutto quanto aveva a che fare con i siti di social network rinunciando a malincuore ai panel sulle fan culture e sulla società civile e la politica in generale.

Fra i nomi (a me noti e senza contare gli amici) presenti fra i partecipanti Mia Consalvo, Amanda Lenhart, Leslie Haddon, Sonia Livingstone, Jean Burgess e TL Taylor.

Dei tre keynote ho seguito e registrato per voi quello di Mimi Ito.

P.S. Noto solo adesos che nel Wiki della conferenza ci sono diversi link che fanno da utile contesto a questo video: http://wiki.aoir.org/index.php?title=Ir9-K1_Mimi_Ito_Keynote

What's next #6: Previously on What's Next

Faccio di necessità virtù e mando in onda un riassunto delle puntate precedenti. Per mancanza di tempo il What’s Next di questa settimana è sostituito dall’intervista che Antonio Sofi mi ha gentilemente fatto per la sua rubrica Quinta di Copertina. Il tema è Facebook, la privacy e la (quasi) morte dei blog.Faccio di necessità virtù e mando in onda un riassunto delle puntate precedenti. Per mancanza di tempo il What’s Next di questa settimana è sostituito dall’intervista che Antonio Sofi mi ha gentilemente fatto per la sua rubrica Quinta di Copertina. Il tema è Facebook, la privacy e la (quasi) morte dei blog.Faccio di necessità virtù e mando in onda un riassunto delle puntate precedenti. Per mancanza di tempo il What’s Next di questa settimana è sostituito dall’intervista che Antonio Sofi mi ha gentilemente fatto per la sua rubrica Quinta di Copertina. Il tema è Facebook, la privacy e la (quasi) morte dei blog.

Faccio di necessità virtù e mando in onda un riassunto delle puntate precedenti. Per mancanza di tempo il What’s Next di questa settimana è sostituito dall’intervista che Antonio Sofi mi ha gentilemente fatto per la sua rubrica Quinta di Copertina. Il tema è Facebook, la privacy e la (quasi) morte dei blog.
Buon ascolto.

Faccio di necessità virtù e mando in onda un riassunto delle puntate precedenti. Per mancanza di tempo il What’s Next di questa settimana è sostituito dall’intervista che Antonio Sofi mi ha gentilemente fatto per la sua rubrica Quinta di Copertina. Il tema è Facebook, la privacy e la (quasi) morte dei blog.

Buon ascolto.

Faccio di necessità virtù e mando in onda un riassunto delle puntate precedenti. Per mancanza di tempo il What’s Next di questa settimana è sostituito dall’intervista che Antonio Sofi mi ha gentilemente fatto per la sua rubrica Quinta di Copertina. Il tema è Facebook, la privacy e la (quasi) morte dei blog.

Buon ascolto.

Wii Fit… un prodotto geniale

Una recensione molto amatoriale e senza pretese della Wii Balance Board della NintendoUna recensione molto amatoriale e senza pretese della Wii Balance Board della NintendoUna recensione molto amatoriale e senza pretese della Wii Balance Board della Nintendo

Non ho altre parole per descrivere il mio primo impatto con il Wii Fit e non so bene da dove cominciare questa specie di recensione.
Unboxing the Wii Fit
Dopo l’unboxing la prima cosa da fare è inseire le 4 pile, mettere il disco nella console ed avviarlo. Schermata di configurazione
La pedana va sincronizzata con la console la prima volta che la si usa e l’operazione consiste nel premere due tastini con una procedura analoga a quella dei telecomandi. La pedana ha un bottone di accensione situato nella parte anteriore e tende a spegnersi da sola quando non utilizzata.
Schermata di configurazione
Poi inizia il divertimeno. Scelta del Mii e configurazione dei dati personali: altezza, data di nascita e peso (misurato dalla stessa pedana). Calcolato il tuo stato di forma (parte sulla quale nel mio caso tenderei a sorvolare 🙂 ) e la qualità della propria postura (con una misurazione del baricentro semplicemente geniale) si può impostare una serie di obiettivi personali e si inizia con gli esercizi. Ce ne sono di 4 tipi: yoga, esercizi per rafforzare la muscolatura, aerobici e giochi di equilibrio.
Quattro tipi di attività
Tutti le attività sono molto ben costruite e spiegate. Alcune oltre ad essere utili sono anche parecchio divertenti e mano mano che si spende tempo esercitandosi si sbloccano nuove attività ed esercizi.
Lo step
La mia preferita al momento è lo step ma anche lo jogging per il parco (che funziona senza pedana tenendo semplicemente il telecomando in tasca) è molto divertete.
Fantastico anche lo slalom, i copli di testa e tutti gli esercizi Yoga a partire dalla respirazione fino a tutti quegli altri che non sono riuscito ad eseguire (shame on me).
In definitiva la pedana Wii Fit ed il suo relativo software è un prodotto semplicemente geniale e non mi stupire di scoprire che possa davvero funzionare per migliorare il proprio stato di forma divertendosi.
LINK: Vai alla galleria di immagini su Flickr

Technorati tags: ,

Non ho altre parole per descrivere il mio primo impatto con il Wii Fit e non so bene da dove cominciare questa specie di recensione.

Unboxing the Wii Fit

Dopo l’unboxing la prima cosa da fare è inseire le 4 pile, mettere il disco nella console ed avviarlo. Schermata di configurazione

La pedana va sincronizzata con la console la prima volta che la si usa e l’operazione consiste nel premere due tastini con una procedura analoga a quella dei telecomandi. La pedana ha un bottone di accensione situato nella parte anteriore e tende a spegnersi da sola quando non utilizzata.

Schermata di configurazione

Poi inizia il divertimeno. Scelta del Mii e configurazione dei dati personali: altezza, data di nascita e peso (misurato dalla stessa pedana). Calcolato il tuo stato di forma (parte sulla quale nel mio caso tenderei a sorvolare 🙂 ) e la qualità della propria postura (con una misurazione del baricentro semplicemente geniale) si può impostare una serie di obiettivi personali e si inizia con gli esercizi. Ce ne sono di 4 tipi: yoga, esercizi per rafforzare la muscolatura, aerobici e giochi di equilibrio.

Quattro tipi di attività

Tutti le attività sono molto ben costruite e spiegate. Alcune oltre ad essere utili sono anche parecchio divertenti e mano mano che si spende tempo esercitandosi si sbloccano nuove attività ed esercizi.

Lo step

La mia preferita al momento è lo step ma anche lo jogging per il parco (che funziona senza pedana tenendo semplicemente il telecomando in tasca) è molto divertete.

Fantastico anche lo slalom, i copli di testa e tutti gli esercizi Yoga a partire dalla respirazione fino a tutti quegli altri che non sono riuscito ad eseguire (shame on me).

In definitiva la pedana Wii Fit ed il suo relativo software è un prodotto semplicemente geniale e non mi stupire di scoprire che possa davvero funzionare per migliorare il proprio stato di forma divertendosi.

LINK: Vai alla galleria di immagini su Flickr

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Non ho altre parole per descrivere il mio primo impatto con il Wii Fit e non so bene da dove cominciare questa specie di recensione.

Unboxing the Wii Fit

Dopo l’unboxing la prima cosa da fare è inseire le 4 pile, mettere il disco nella console ed avviarlo. Schermata di configurazione

La pedana va sincronizzata con la console la prima volta che la si usa e l’operazione consiste nel premere due tastini con una procedura analoga a quella dei telecomandi. La pedana ha un bottone di accensione situato nella parte anteriore e tende a spegnersi da sola quando non utilizzata.

Schermata di configurazione

Poi inizia il divertimeno. Scelta del Mii e configurazione dei dati personali: altezza, data di nascita e peso (misurato dalla stessa pedana). Calcolato il tuo stato di forma (parte sulla quale nel mio caso tenderei a sorvolare 🙂 ) e la qualità della propria postura (con una misurazione del baricentro semplicemente geniale) si può impostare una serie di obiettivi personali e si inizia con gli esercizi. Ce ne sono di 4 tipi: yoga, esercizi per rafforzare la muscolatura, aerobici e giochi di equilibrio.

Quattro tipi di attività

Tutti le attività sono molto ben costruite e spiegate. Alcune oltre ad essere utili sono anche parecchio divertenti e mano mano che si spende tempo esercitandosi si sbloccano nuove attività ed esercizi.

Lo step

La mia preferita al momento è lo step ma anche lo jogging per il parco (che funziona senza pedana tenendo semplicemente il telecomando in tasca) è molto divertete.

Fantastico anche lo slalom, i copli di testa e tutti gli esercizi Yoga a partire dalla respirazione fino a tutti quegli altri che non sono riuscito ad eseguire (shame on me).

In definitiva la pedana Wii Fit ed il suo relativo software è un prodotto semplicemente geniale e non mi stupire di scoprire che possa davvero funzionare per migliorare il proprio stato di forma divertendosi.

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