Urbino su Facebook

o come Facebook rende visibili le relazioni in una comunità

Visto l’interesse destato dall’analisi del gruppo Facebook dell’Università di Urbino ho deciso di estendere questa visualizzazione per includere più gruppi. L’idea è quella di rappresentare le relazioni di amicizia dei più rappresentativi gruppi Facebook di Urbino.
In una prima fase ho dunque dovuto cercare e selezionare i gruppi da prendere in considerazione.
Sono dunque partito da una semplice ricerca con la chiave urbino nel motore interno di Facebook limitando i risultati ai soli gruppi. Degli oltre 364 gruppi restituiti, ho deciso di escludere tutti quelli che, dal titolo, sembravano chiaramente riferirsi a realtà più grandi (ad esempio tutti quelli Pesaro e Urbino). Ho inoltre deciso di prendere in considerazione solo i gruppi con oltre 50 membri. Di questi alcuni erano aperti ed altri chiusi. Per quelli aperti mi sono semplicemente unito al gruppo, per quelli chiusi ho richiesto l’autorizzazione a diventare membro (solo in un caso mi è stato chiesto il perché ed ho spiegato che stavo conducendo una ricerca). Ho avuto così accesso ai dati di 72 gruppi. Per ciascuno di essi ho scaricato il grafo delle relazioni intergruppo (usando netvizz) e aggregato i risultati in un unico file .gdf copiando in questo file la lista dei membri del gruppo e quella delle loro relazioni. Questa procedura ha causato ovviamente la duplicazione di molti nodi con il rispettivo numero identificativo. Questa duplicazione non ha tuttavia causato problemi all’atto dell’importazione in Gephi durante la quale i nodi duplicati sono stati automaticamente eliminati.
Il grafo risultato dall’aggregazione di tutte le relazioni fra i membri dei gruppi presi in considerazione consiste alla fine di 14014 nodi e 175188 archi.
Su questo grafo ho calcolato i soliti indici di centralità (eigenvector, betweenness, closeness ed eccentricity) e la modularity per individuare le comunità.
Ho inoltre posizionato i nodi utilizzando l’algortimo ForceAtlas 2 (con il paramento Gravity a 100 per evitare una eccessiva disgregazione).
L’analisi della modularità, definita come una misura di quanto bene una rete possa essere scomposta in comunità modulari, si attesta intorno allo 0,6 ed il numero di comunità identificato oscilla (si tratta di algoritmo randomizzato che genera risultati diversi ogni volta che viene eseguito) intorno alle 1000.

Da questo migliaio di comunità ne emergono tre che da sole raccolgono quasi il 50% dei nodi.
Si tratta di quelle che ho identificato come UNIURB (15,5% e colore Verde), URBINATI (15,02% Blu) e MOVIDA (13,15% Rosso). Significativa inoltre la dimensione del gruppo del COLLEGI (7,34% Giallo), GIURISPRUDENZA (5,41% Azzurro), ANNUNCI E RICHIESTE (5,35% Grigio), LICEO CLASSICO RAFFAELLO (5,26% Fucsia). Fra le altre comunità che ho identificato figurano inoltre quella dell’ISIA, dell’Istituto d’Arte, dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo e quella degli studenti Greci.

Nelle immagini che seguono due visualizzazioni dei 250 utenti meglio connessi secondo, rispettivamente, la metrica della betweenness centrality e dell’eigenvector centrality.


Infine, visto che zoom.it si rifiuta di creare l’immagine zoommabile, potete scaricare le visualizzazioni totali in formto pdf con la dimensione dei nodi legate alla betweenness e all’eigenvector centrality (i nomi, in queste visualizzazioni complessive, sono stati volutamente rimossi per questioni di privacy).Visto l’interesse destato dall’analisi del gruppo Facebook dell’Università di Urbino ho deciso di estendere questa visualizzazione per includere più gruppi. L’idea è quella di rappresentare le relazioni di amicizia dei più rappresentativi gruppi Facebook di Urbino.
In una prima fase ho dunque dovuto cercare e selezionare i gruppi da prendere in considerazione.
Sono dunque partito da una semplice ricerca con la chiave urbino nel motore interno di Facebook limitando i risultati ai soli gruppi. Degli oltre 364 gruppi restituiti, ho deciso di escludere tutti quelli che, dal titolo, sembravano chiaramente riferirsi a realtà più grandi (ad esempio tutti quelli Pesaro e Urbino). Ho inoltre deciso di prendere in considerazione solo i gruppi con oltre 50 membri. Di questi alcuni erano aperti ed altri chiusi. Per quelli aperti mi sono semplicemente unito al gruppo, per quelli chiusi ho richiesto l’autorizzazione a diventare membro (solo in un caso mi è stato chiesto il perché ed ho spiegato che stavo conducendo una ricerca). Ho avuto così accesso ai dati di 72 gruppi. Per ciascuno di essi ho scaricato il grafo delle relazioni intergruppo (usando netvizz) e aggregato i risultati in un unico file .gdf copiando in questo file la lista dei membri del gruppo e quella delle loro relazioni. Questa procedura ha causato ovviamente la duplicazione di molti nodi con il rispettivo numero identificativo. Questa duplicazione non ha tuttavia causato problemi all’atto dell’importazione in Gephi durante la quale i nodi duplicati sono stati automaticamente eliminati.
Il grafo risultato dall’aggregazione di tutte le relazioni fra i membri dei gruppi presi in considerazione consiste alla fine di 14014 nodi e 175188 archi.
Su questo grafo ho calcolato i soliti indici di centralità (eigenvector, betweenness, closeness ed eccentricity) e la modularity per individuare le comunità.
Ho inoltre posizionato i nodi utilizzando l’algortimo ForceAtlas 2 (con il paramento Gravity a 100 per evitare una eccessiva disgregazione).
L’analisi della modularità, definita come una misura di quanto bene una rete possa essere scomposta in comunità modulari, si attesta intorno allo 0,6 ed il numero di comunità identificato oscilla (si tratta di algoritmo randomizzato che genera risultati diversi ogni volta che viene eseguito) intorno alle 1000.
Da questo migliaio di comunità ne emergono tre che da sole raccolgono quasi il 50% dei nodi.
Si tratta di quelle che ho identificato come UNIURB (15,5% e colore Verde), URBINATI (15,02% Blu) e MOVIDA (13,15% Rosso). Significativa inoltre la dimensione del gruppo del COLLEGI (7,34% Giallo), GIURISPRUDENZA (5,41% Azzurro), ANNUNCI E RICHIESTE (5,35% Grigio), LICEO CLASSICO RAFFAELLO (5,26% Fucsia). Fra le altre comunità che ho identificato figurano inoltre quella dell’ISIA, dell’Istituto d’Arte, dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo e quella degli studenti Greci.
Nelle immagini che seguono due visualizzazioni dei 250 utenti meglio connessi secondo, rispettivamente, la metrica della betweenness centrality e dell’eigenvector centrality.


Infine, visto che zoom.it si rifiuta di creare l’immagine zoommabile, potete scaricare le visualizzazioni total in pdf con la dimensione dei nodi legate alla betweenness e all’eigenvector centrality (i nomi, in queste visualizzazioni complessive, sono stati volutamente rimossi per questioni di privacy).Visto l’interesse destato dall’analisi del gruppo Facebook dell’Università di Urbino ho deciso di estendere questa visualizzazione per includere più gruppi. L’idea è quella di rappresentare le relazioni di amicizia dei più rappresentativi gruppi Facebook di Urbino.
In una prima fase ho dunque dovuto cercare e selezionare i gruppi da prendere in considerazione.
Sono dunque partito da una semplice ricerca con la chiave urbino nel motore interno di Facebook limitando i risultati ai soli gruppi. Degli oltre 364 gruppi restituiti, ho deciso di escludere tutti quelli che, dal titolo, sembravano chiaramente riferirsi a realtà più grandi (ad esempio tutti quelli Pesaro e Urbino). Ho inoltre deciso di prendere in considerazione solo i gruppi con oltre 50 membri. Di questi alcuni erano aperti ed altri chiusi. Per quelli aperti mi sono semplicemente unito al gruppo, per quelli chiusi ho richiesto l’autorizzazione a diventare membro (solo in un caso mi è stato chiesto il perché ed ho spiegato che stavo conducendo una ricerca). Ho avuto così accesso ai dati di 72 gruppi. Per ciascuno di essi ho scaricato il grafo delle relazioni intergruppo (usando netvizz) e aggregato i risultati in un unico file .gdf copiando in questo file la lista dei membri del gruppo e quella delle loro relazioni. Questa procedura ha causato ovviamente la duplicazione di molti nodi con il rispettivo numero identificativo. Questa duplicazione non ha tuttavia causato problemi all’atto dell’importazione in Gephi durante la quale i nodi duplicati sono stati automaticamente eliminati.
Il grafo risultato dall’aggregazione di tutte le relazioni fra i membri dei gruppi presi in considerazione consiste alla fine di 14014 nodi e 175188 archi.
Su questo grafo ho calcolato i soliti indici di centralità (eigenvector, betweenness, closeness ed eccentricity) e la modularity per individuare le comunità.
Ho inoltre posizionato i nodi utilizzando l’algortimo ForceAtlas 2 (con il paramento Gravity a 100 per evitare una eccessiva disgregazione).
L’analisi della modularità, definita come una misura di quanto bene una rete possa essere scomposta in comunità modulari, si attesta intorno allo 0,6 ed il numero di comunità identificato oscilla (si tratta di algoritmo randomizzato che genera risultati diversi ogni volta che viene eseguito) intorno alle 1000.
Da questo migliaio di comunità ne emergono tre che da sole raccolgono quasi il 50% dei nodi.
Si tratta di quelle che ho identificato come UNIURB (15,5% e colore Verde), URBINATI (15,02% Blu) e MOVIDA (13,15% Rosso). Significativa inoltre la dimensione del gruppo del COLLEGI (7,34% Giallo), GIURISPRUDENZA (5,41% Azzurro), ANNUNCI E RICHIESTE (5,35% Grigio), LICEO CLASSICO RAFFAELLO (5,26% Fucsia). Fra le altre comunità che ho identificato figurano inoltre quella dell’ISIA, dell’Istituto d’Arte, dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo e quella degli studenti Greci.
Nelle immagini che seguono due visualizzazioni dei 250 utenti meglio connessi secondo, rispettivamente, la metrica della betweenness centrality e dell’eigenvector centrality.


Infine, visto che zoom.it si rifiuta di creare l’immagine zoommabile, potete scaricare le visualizzazioni total in pdf con la dimensione dei nodi legate alla betweenness e all’eigenvector centrality (i nomi, in queste visualizzazioni complessive, sono stati volutamente rimossi per questioni di privacy).

Visualizzare le relazioni di amicizia dei membri di un gruppo Facebook

Analisi del gruppo Facebook dell’Università di Urbino

Ho scoperto solo oggi che netvizz consente di scaricare, oltre che il proprio grafo personale di Facebook, anche quello dei gruppi di cui si è membri.
Per testare questa funzionalità ho provato a scaricare il grafo relativo al gruppo Università di Urbino “Carlo Bo” composto, al momento in cui scrivo, da 2281 membri.
Nella documentazione è riportato che, a cause delle limitazioni imposte da Facebook sull’uso delle sue API, per gruppi superiori a 500 membri viene estratto un campione casuale di membri. Nella mia prova sono invece riuscito a scaricare, dopo alcuni minuti di attesa durante i quali sembra che non succeda nulla, un grafo praticamente completo composto da 2213 nodi e 13408 archi che rappresentano i legami di amicizia fra i membri del gruppo. Sul perché manchino all’appello 68 membri non saprei dirvi anche se sospetto possa dipendere dalle impostazioni di privacy degli utenti.
Netvizz crea un grafo indiretto in formato gdf. Da lì ad importare il grafo in Gephi il passo è stato breve.
Fra le misure di centralità ho deciso di utilizzare l’Eigenvector centrality per rappresentare le dimensioni dei nodi. Ho inoltre calcolato la modularity per individuare le comunità.
Ho infine applicato l’algoritmo ForceAtlas 2 per posizionare i nodi.
Ed ecco il risultato.

Scarica la visualizzazione in formato SVG
Credo si tratti di una fotografia piuttosto fedele delle relazioni a Urbino (almeno per quello che le conosco io). Si nota l’emergere di alcuni cluster interessanti come quello degli studenti greci in blu (sulla destra e piuttosto isolati), l’area di scienze della comunicazione (in rosso), quella dell’impegno politico in bianco e piuttosto centrali a segnalare una tendenza a fare amicizia con molte persone diverse, caratteristica questa che condividono con il cluster verde che fa invece riferimento alla vita notturna e all’intrattenimento. Lascio a voi il piacere di identificare gli altri cluster.
Vi lascio inoltre con una piccola curiosità.
Questo è il grafo dei 100 membri del gruppo meglio connessi (sempre in base all’Eigenvector centrality) rispetto agli altri.

Scarica la visualizzazione in formato SVG
Ci siete? E in che cluster?

Laboratorio di Web Content

Le presentazioni dei progetti realizzati dagli studenti durante il Laboratorio di Web Content

Come anticipato, questa mattina gli studenti del laboratorio di Web Content, iniziato a novembre dello scorso,  hanno presentato in classe i loro progetti.
Scopo del corso è familiarizzare con gli strumenti di content management per la progettazione, creazione e promozione di contenuti web. Per quest’anno ho proposto agli studenti di realizzare e promuovere progetti web che, sfruttando il principio di non discontinuità fra attività online ed offline, ambissero ad avere un impatto diretto sul territorio locale. Il sistema di content management scelto da tutti i gruppi è stato quello a loro più familiare: Facebook.
Durante il corso ho inoltre sperimentato l’utilizzo dei nuovi gruppi Facebook. Ho creato il gruppo e chiesto agli studenti di aggiungere i loro colleghi (molti dei quali non sono miei Friends). In poco tempo quasi tutti gli studenti erano nel gruppo ed attraverso quello spazio abbiamo mantenuto tutti i contatti extra-lezione (durante l’occupazione ho anche segnalato di volta in volta l’aula e l’edificio che veniva assegnato per il giorno o la settimana successiva). Ogni gruppo ha pubblicato (usando la funzione documenti) il loro progetto che via via veniva completato con la descrizione, l’analisi della concorrenza e le strategie di promozione. Nel gruppo ho pubblicato tutti i documenti utilizzati a lezione dalle presentazioni (condividendo il link da SlideShare) ai link. Nel complesso l’uso del gruppo è stata una esperienza che mi sento di consigliare caldamente ai miei colleghi (sopratutto qualora anche loro abbiano già familiarità con la piattaforma di social network).
Tutti i gruppi hanno scelto autonomamente l’argomento del quale occuparsi che infatti spazia dalla gestione della pagina di un locale o esercizio commerciale fino a contest sull’arte o progetti che promuovono eventi.
Ai gruppi ho proposto anche una specie di competizione interna per vedere chi avrebbe ricevuto, alla fine del corso, il numero maggiore di like (alla fine, per la cronaca, ha vinto il gruppo Cellini Sport che ha raccolto, nel momento in cui scrivo, quasi 799 iscritti a partire dal primo dicembre 2010).
Le presentazioni finali sono state realizzate secondo il format Ignite (20 slide che avanzano automaticamente ogni 15 secondi).
Il risultato potete vederlo qui di seguito:

Fior di Loto
5:34
Daunbailò
5:29
Urbino in Cinema
5:09
Music Events Marche
5:16
Cellini Sport & Fashion
5:13
Palestra Mad
5:13
Tatoo Zone
5:00
Il Portico
5:26
Urbino we Like
5:05

Urbino vetrine in Arte (che ha realizzato la presentazione con Prezi)

La descrizione di tutti i progetti la trovate sulla pagina dedicata sul sito web del laboratorio.

What’s next #S02E04: gli zombie e la pantera

[fb-share] Sarà che ancora non l’ho visto da vicino. Sarà che forse è passato troppo poco tempo da quando ho visto l’ultima puntata di The Walking Dead. Sarà che ho appena finito di leggere questa nota su Facebook. Sarà forse per tutto questo insieme di cose, ma quei personaggi ritratti con pentole e padelle in mano nel nuovo murales di Magistero mi sono subito sembrati degli zombie. Ogni forma di vitalità, intendiamoci, ha il mio rispetto ed istintivo appoggio incondizionato. Ogni forma di vitalità è però diversa dall’altra.
Murales a Magistero
I due murales realizzati rispettivamente durante l'occupazione del 2010 e del 1990
Una pantera che ruggisce fieramente da un muro oltre il quale si vede una foresta di piante e fiori, esprime una vitalità piena di rabbia e disagio, ma anche di fiducia – forse mal riposta – nella sua forza. Un corteo di zombie armati di stoviglie fa certo molto rumore ma lo fa con lentezza e prevedibilità. Agisce  per  istinto secondo schemi che derivano da un’esperienza atavica più che seguendo una strategia (o almeno una tattica). Se potessero fermarsi a riflettere, ammetterebbero loro stessi di nutrire poca fiducia nell’efficacia di schemi che già avevano mostrato i loro limiti quando la pantera era ancora un cucciolo. Forse questo tipo di zombie nasce proprio dalla frustrazione di quella pantera che scopre lentamente di aver sopravvalutato la sua forza. Nasce dalla incapacità di individuare spazi di azione alternativa possibili. Purtroppo non sono affatto sicuro che si possa tornare indietro dallo stato di zombie. Mi piace però pensare che i murales di Magistero chiudano un’epoca più che segnarne il suo momento di massimo splendore.
Vedo spiragli di alternative possibili.
Pensate alla Roma del 14 dicembre 2010. Ora pensate a quella del 22 dicembre.
Pensate al movimento di Seattle e a Genova. Ora provate a pensare a WikiLeaks.
Riuscite a vedere le differenze?

La foto del nuovo murales è di Giulia Ponti, quella del murales con la pantera è pubblicata su Flickr da LaReika, infine la foto a corredo dell’articolo è pubblicata su Flickr da Stian Eikeland.

What’s next #S02E03: facebook.com/uniurbit

Breve storia dei primi mesi di vita pagina Facebook dell’Università di Urbino “Carlo Bo”Breve storia dei primi mesi di vita pagina Facebook dell’Università di Urbino “Carlo Bo”Breve storia dei primi mesi di vita pagina Facebook dell’Università di Urbino “Carlo Bo”

Era una mattina di aprile e mi trovavo nel mio ufficio, al LaRiCA.
Leggevo, come di solito, le news dal mondo della tecnologia ed una fra le altre attirò la mia attenzione… Facebook introduce le community page. Pagine per le comunità distinte dalle pagine ufficiali degli artisti, dei brand e delle organizzazioni. Mi sembrava mancasse uno spazio digitale proprio della comunità di uniurb e senza pensarci due volte ho creato una pagina dal titolo Università di Urbino “Carlo Bo”.
Subito dopo ho invitato Donatello e Tano a entrare nel gruppo degli admin. Nessuno dei tre aveva idea di quello che sarebbe successo dopo. Da quel giorno di aprile i frequentatori della pagina hanno iniziato a crescere prima in modo esponenziale (oltre 3400 nel primo mese) e poi in modo più graduale ma costante fino a superare quota 5000 (al momento sono 5367). La maggior parte sono donne (62%) e la fascia d’età più rappresentata è quella fra i 18 ed i 24 anni (45%). Uno sguardo alle città di provenienza vede in testa alla classifica Ancona e Roma (che superano entrambe i 1000 like) seguite da Ivrea, Milano, Rimini, Pescara a Taranto. Durante il mese di dicembre si è toccato il picco di quasi 3500 utenti attivi in un mese (Monthly Active Users). In particolare il 15 dicembre si sono registrati 1861 utenti attivi in un solo giorno. In media ci sono ogni mese circa 1400 “utenti attivi” e poco meno di un centinaio, fra questi, visitano la pagina quotidianamente ponendo quesiti, rispondendo a quelli degli altri e condividendo esperienze come una vera e propria comunità.
Nulla che non si facesse già prima per le strade di Urbino. Ora però tutto avviene più rapidamente. E questo è solo l’inizio.
Visita la pagina Facebook dell’Università di Urbino Carlo Bo
[extended version dell’articolo che potete leggere sul numero in distribuzione della rivista Open House]
[Photo by davidsilver]
Era una mattina di aprile e mi trovavo nel mio ufficio, al LaRiCA. Leggevo, come di solito, le news dal mondo della tecnologia ed una fra le altre attirò la mia attenzione… Facebook introduce le community page. Pagine per le comunità distinte dalle pagine ufficiali degli artisti, dei brand e delle organizzazioni. Mi sembrava mancasse uno spazio digitale proprio della comunità di uniurb e senza pensarci due volte ho creato una pagina dal titolo Università di Urbino “Carlo Bo”. Subito dopo ho invitato Donatello e Tano a entrare nel gruppo degli admin. Nessuno dei tre aveva idea di quello che sarebbe successo dopo. Da quel giorno di aprile i frequentatori della pagina hanno iniziato a crescere prima in modo esponenziale (oltre 3400 nel primo mese) e poi in modo più graduale ma costante fino a sfiorare quota 5000 (soglia probabilmente già superata quando leggerete questo pezzo). La maggior parte sono donne (62%) e la fascia d’età più rappresentata è quella fra i 18 ed i 24 anni (45%). Uno sguardo alle città di provenienza vede in testa alla classifica Ancona e Roma (che superano entrambe i 1000 like) seguite da Ivrea, Milano e Urbino. Ogni mese ci sono circa 1400 “utenti attivi” e poco meno di un centinaio, fra questi, visitano la pagina quotidianamente ponendo quesiti, rispondendo a quelli degli altri e condividendo esperienze come una vera e propria comunità. Nulla che non si facesse già prima per le strade di Urbino. Ora però tutto avviene più rapidamente. E questo è solo l’inizio.
Era una mattina di aprile e mi trovavo nel mio ufficio, al LaRiCA. Leggevo, come di solito, le news dal mondo della tecnologia ed una fra le altre attirò la mia attenzione… Facebook introduce le community page. Pagine per le comunità distinte dalle pagine ufficiali degli artisti, dei brand e delle organizzazioni. Mi sembrava mancasse uno spazio digitale proprio della comunità di uniurb e senza pensarci due volte ho creato una pagina dal titolo Università di Urbino “Carlo Bo”. Subito dopo ho invitato Donatello e Tano a entrare nel gruppo degli admin. Nessuno dei tre aveva idea di quello che sarebbe successo dopo. Da quel giorno di aprile i frequentatori della pagina hanno iniziato a crescere prima in modo esponenziale (oltre 3400 nel primo mese) e poi in modo più graduale ma costante fino a sfiorare quota 5000 (soglia probabilmente già superata quando leggerete questo pezzo). La maggior parte sono donne (62%) e la fascia d’età più rappresentata è quella fra i 18 ed i 24 anni (45%). Uno sguardo alle città di provenienza vede in testa alla classifica Ancona e Roma (che superano entrambe i 1000 like) seguite da Ivrea, Milano e Urbino. Ogni mese ci sono circa 1400 “utenti attivi” e poco meno di un centinaio, fra questi, visitano la pagina quotidianamente ponendo quesiti, rispondendo a quelli degli altri e condividendo esperienze come una vera e propria comunità. Nulla che non si facesse già prima per le strade di Urbino. Ora però tutto avviene più rapidamente. E questo è solo l’inizio.
 

What's next #S02E00: Alice in the box

Episodio pilota della nuova serie di What’s next dedicato alla teoria delle stringhe.Episodio pilota della nuova serie di What’s next dedicato alla teoria delle stringhe.Episodio pilota della nuova serie di What’s next dedicato alla teoria delle stringhe.

Ci sono spazi che non sono luoghi e luoghi che non hanno tempo.
Posti stregati dall’incantesimo dell’eterno presente. Quando li attraversi, dopo pochi passi, hai subito la strana sensazione di essere il primo a farlo. Se riesci a non fare troppo caso a quelle scritte sui muri – a cui presto non presterai comunque più attenzione – puoi persino arrivare a pensare che quel luogo sia lì solo per te. Per te e per le persone che condividono il tuo stesso percorso nel medesimo tempo. Dopo forse scompare. O forse no. Poco importa. Qualunque cosa accada dopo, tu e la tua rete sociale comportamentale – quella dove gli Amici non li hai scelti e/o aggiunti come nella rubrica del telefono, ma piuttosto trovati un po’ per caso mentre condividevate un’esperienza – sarete fuori da lì.
Sembra che accada prima di quanto non accada in realtà. Questi luoghi alterano le percezioni. Poi ognuno prende la sua strada. Rimane l’esperienza condivisa, qualche foto. Nel tempo affiorano dubbi sulla sorte di quei posacenere ricavati dai barattoloni di tonno. A volte viene voglia di tornare indietro a controllare che tutto sia come prima, ma il timore che non sia così fa desistere.
Strano. Mentre eri lì, vittima dell’incantesimo, non ti era mai interessato molto né dei posacenere, né di tutto ciò che li conteneva.
Ma gli incantesimi generano a volte illusioni imperfette. Di quelle che consentono talvolta di vedere il codice che genera la matrice. Di percepire il tempo dello spazio. E tu vuoi la pillola rossa o quella blu? La rossa, se vuoi, la trovi a http://bit.ly/9F4AsC.
[extended version dell’articolo che potete leggere sulla prossima edizione della rivista Open House]
[Photo originally uploaded on September 7, 2007 by paul goyette]
[Disclamier: questo è solo un pilot. Non è detto che venga veramente girata o mandata mai in onda l’intera serie]

Ci sono spazi che non sono luoghi e luoghi che non hanno tempo.

Posti stregati dall’incantesimo dell’eterno presente. Quando li attraversi, dopo pochi passi, hai subito la strana sensazione di essere il primo a farlo. Se riesci a non fare troppo caso a quelle scritte sui muri – a cui presto non presterai comunque più attenzione – puoi persino arrivare a pensare che quel luogo sia lì solo per te. Per te e per le persone che condividono il tuo stesso percorso nel medesimo tempo. Dopo forse scompare. O forse no. Poco importa. Qualunque cosa accada dopo, tu e la tua rete sociale comportamentale – quella dove gli Amici non li hai scelti e/o aggiunti come nella rubrica del telefono, ma piuttosto trovati un po’ per caso mentre condividevate un’esperienza – sarete fuori da lì.

Sembra che accada prima di quanto non accada in realtà. Questi luoghi alterano le percezioni. Poi ognuno prende la sua strada. Rimane l’esperienza condivisa, qualche foto. Nel tempo affiorano dubbi sulla sorte di quei posacenere ricavati dai barattoloni di tonno. A volte viene voglia di tornare indietro a controllare che tutto sia come prima, ma il timore che non sia così fa desistere.

Strano. Mentre eri lì, vittima dell’incantesimo, non ti era mai interessato molto né dei posacenere, né di tutto ciò che li conteneva.

Ma gli incantesimi generano a volte illusioni imperfette. Di quelle che consentono talvolta di vedere il codice che genera la matrice. Di percepire il tempo dello spazio. E tu vuoi la pillola rossa o quella blu? La rossa, se vuoi, la trovi a http://bit.ly/9F4AsC.

[extended version dell’articolo che potete leggere sulla prossima edizione della rivista Open House]

[Photo originally uploaded on September 7, 2007 by paul goyette]

[Disclamier: questo è solo un pilot. Non è detto che venga veramente girata o mandata mai in onda l’intera serie]

Ci sono spazi che non sono luoghi e luoghi che non hanno tempo.

Posti stregati dall’incantesimo dell’eterno presente. Quando li attraversi, dopo pochi passi, hai subito la strana sensazione di essere il primo a farlo. Se riesci a non fare troppo caso a quelle scritte sui muri – a cui presto non presterai comunque più attenzione – puoi persino arrivare a pensare che quel luogo sia lì solo per te. Per te e per le persone che condividono il tuo stesso percorso nel medesimo tempo. Dopo forse scompare. O forse no. Poco importa. Qualunque cosa accada dopo, tu e la tua rete sociale comportamentale – quella dove gli Amici non li hai scelti e/o aggiunti come nella rubrica del telefono, ma piuttosto trovati un po’ per caso mentre condividevate un’esperienza – sarete fuori da lì.

Sembra che accada prima di quanto non accada in realtà. Questi luoghi alterano le percezioni. Poi ognuno prende la sua strada. Rimane l’esperienza condivisa, qualche foto. Nel tempo affiorano dubbi sulla sorte di quei posacenere ricavati dai barattoloni di tonno. A volte viene voglia di tornare indietro a controllare che tutto sia come prima, ma il timore che non sia così fa desistere.

Strano. Mentre eri lì, vittima dell’incantesimo, non ti era mai interessato molto né dei posacenere, né di tutto ciò che li conteneva.

Ma gli incantesimi generano a volte illusioni imperfette. Di quelle che consentono talvolta di vedere il codice che genera la matrice. Di percepire il tempo dello spazio. E tu vuoi la pillola rossa o quella blu? La rossa, se vuoi, la trovi a http://bit.ly/9F4AsC.

[extended version dell’articolo che potete leggere sulla prossima edizione della rivista Open House]

[Photo originally uploaded on September 7, 2007 by paul goyette]

[Disclamier: questo è solo un pilot. Non è detto che venga veramente girata o mandata mai in onda l’intera serie]

What's next #4: Dietro le quinte di "conversazioni dal basso"

Nelle puntante precedenti di “Conversazioni dal Basso”….
In occasione del secondo compleanno del Festival dei Blog facciamo il punto su successi e fallimenti di un format sperimentale per l’organizzazione di eventi su e con il web.Nelle puntante precedenti di “Conversazioni dal Basso”….
In occasione del secondo compleanno del Festival dei Blog facciamo il punto su successi e fallimenti di un format sperimentale per l’organizzazione di eventi su e con il web.Nelle puntante precedenti di “Conversazioni dal Basso”….
In occasione del secondo compleanno del Festival dei Blog facciamo il punto su successi e fallimenti di un format sperimentale per l’organizzazione di eventi su e con il web.

A raccontarla oggi sembra quasi un’idea scontata. Organizzare in un contesto accademico un evento sui blog con protagonisti i blogger.
L’idea ci è balenata nella mente sul finire del 2006 durante una delle sessioni di procrastinazione strutturata che organizziamo periodicamente al LaRiCA.
Subito dopo è venuto fuori il nome “Conversazioni dal Basso”. Una sorta di traduzione creativa dell’aggettivo inglese grassroots diventato popolare in associazione con il termine journalism grazie a We the Media.
Poco dopo ci sono arrivate delle proposte di logo.
Fin dall’inizio è stato chiaro che “Conversazioni dal Basso” non avrebbe dovuto semplicemente parlare di blog e social media ma che avrebbe invece dovuto farlo secondo le logiche stesse della cultura partecipativa.
Per questo abbiamo realizzato un blog per raccontare l’evento ma anche un wiki per promuovere la forma di collaborazione più aperta e destrutturata possibile.
Solo in questo modo sarebbe stato qualcosa di più di una semplice conferenza, qualcosa di più di una mera vetrina per i nostri studi sui media sociali.
Certo doveva essere anche questo, ma al tempo stesso rappresentare un laboratorio per studiare quei processi vivendoli da protagonisti e non da semplici spettatori.
Si perché contrariamente alla tradizione dell’oggettività scientifica, esistono fenomeni che non possono essere compresi se non si è disposti ad entrare nel fenomeno stesso vivendolo dall’interno (si veda il bel pezzo Brave New World of Digital Intimacy sul New York Times).
Ad un certo punto il nostro background sociocibernetico di studi sui sistemi sociali, complessità e logiche dell’osservazione di secondo ordine, la prospettiva dell’AcaFan di cui parla Henry Jenkins, il coordinamento di comunità online finalizzate ad uno scopo ed i fenomeni che volevamo studiare stavano convergendo tutti verso un’unica prospettiva alla luce della quale il tempo dedicato ad organizzare un evento o – come si sarebbe rivelato in seguito – una serie di eventi, poteva essere considerato, anche da una prospettiva di ricerca, ben speso.
Prima abbiamo sperimentato il coinvolgimento dei blogger organizzando un workshop dove sarebbero stati protagonisti e co-organizzatori e non semplici comparse. Poi abbiamo deciso di allargare ancora di più la nostra comunità includendo alcuni nostri studenti ed un numero ancora più vasto di blogger.
Sono nati così il primo ed secondo workshop (dedicato alla politica) “Conversazioni dal Basso” ed il primo Festival dei Blog a Urbino.
Nel tempo il gruppo di volontari che co-organizzano attivamente gli eventi è cresciuto da una decina a circa trenta persone e al tempo stesso abbiamo iniziato ad usare un numero di strumenti web sempre più vasto ed eterogeneo.
Per la collaborazione stiamo usando il Basecamp di 37signals, per la condivisione di file drop.io, per la promozione gli eventi di Facebook, per le dirette web UStream, per le iscrizioni il bellissimo EventBrite, per i video un canale di YouTube. Questo senza considerare le quasi mille foto etichettate “conversazionidalbasso” su Flickr.
Ovviamente portare le logiche di apertura e dell’auto-organizzazione nell’ambito di una struttura spesso gerarchica e chiusa come l’accademia (non che altre organizzazioni che abbia visto in Italia lo siano meno) non è stato facile e non lo è tuttora. Conciliare la creatività ed i ritmi lavorativi di un gruppo di digital natives (fra l’altro volontari) con l’esigenza di promuovere delicatissime quanto necessarie forme di collaborazione intra ed inter-universitarie è un lavoro stimolante ma non facile.
In questo senso il Festival dei Blog di Urbino è molto diverso dalla Blog Fest di Riva del Garda (lo dico anche a beneficio della giornalista di Italia 1 che mi ha telefonato circa un mese fa).
Nessuno di noi è un professionista dell’organizzazione di eventi, il budget complessivo del Festival dei Blog ’07 è stato di molto inferiore a 10.000 euro e quello di quest’anno, grazie agli sponsor e alle donazioni dei singoli, non graverà che in piccolissima parte sulle tasche dell’istituzione che organizza l’evento.
Ovviamente nè io nè altri miei colleghi guadagna un euro dagli eventi “Conversazioni dal Basso”.
Però in esperienza, conoscenza di persone smart e visibilità abbiamo guadagnato nel corso di questi anni una cifra inestimabile.
Parte di questa cifra proviamo a restituirla alla comunità cercando con impegno di organizzare ogni anno eventi più interessanti, divertenti ed innovativi.
Fare la stessa cosa due volte non ci piace.
Ecco perchè nonostante il Treasure Hunt Wireless Game di ottobre 2007 sia stato molto divertente, abbiamo deciso di rilanciare con i Giochi Olimpici dei Blogger.
Ecco perchè abbiamo pensato di ospitare la prima Girl Geek Dinner non metropolitana affidandone l’organizzazione all’entusiasmo di quattro giovanissime ragazze geek.
Ecco perchè abbiamo proposto ad un gruppo di studenti di organizzare in completa autonomia il concorso fotografico “Living in a Wireless Campus”.
Ecco perché abbiamo deciso di sperimentare un format di BarCamp Accademico che fa della contraddizione fra questi due termini la sua stessa ragione di esistenza e nel farlo condensa simbolicamente in sè stesso lo spirito delle “Conversazioni dal Basso”.
Anche quest’anno sono sicuro che mi stancherò e mi divertirò.
Ci vediamo li?
P.S. Se stai leggendo questo articolo e sei una “blogstar” di quelle che vivono raccontando alle aziende le potenzialità della cultura partecipativa e del web, questo è il tuo momento per restituire qualcosa alla comunità. Partecipa e diffondi la campagna di auto-finanziamento 🙂
CROWD FUNDING: Acquista un “Supporters Ticket” a donazione libera ed aiutaci a finanziare l’Academic BarCamp. Bastano anche solo 5 €.

A raccontarla oggi sembra quasi un’idea scontata. Organizzare in un contesto accademico un evento sui blog con protagonisti i blogger.

L’idea ci è balenata nella mente sul finire del 2006 durante una delle sessioni di procrastinazione strutturata che organizziamo periodicamente al LaRiCA.

Subito dopo è venuto fuori il nome “Conversazioni dal Basso”. Una sorta di traduzione creativa dell’aggettivo inglese grassroots diventato popolare in associazione con il termine journalism grazie a We the Media.

Poco dopo ci sono arrivate delle proposte di logo.

Fin dall’inizio è stato chiaro che “Conversazioni dal Basso” non avrebbe dovuto semplicemente parlare di blog e social media ma che avrebbe invece dovuto farlo secondo le logiche stesse della cultura partecipativa.

Per questo abbiamo realizzato un blog per raccontare l’evento ma anche un wiki per promuovere la forma di collaborazione più aperta e destrutturata possibile.

Solo in questo modo sarebbe stato qualcosa di più di una semplice conferenza, qualcosa di più di una mera vetrina per i nostri studi sui media sociali.

Certo doveva essere anche questo, ma al tempo stesso rappresentare un laboratorio per studiare quei processi vivendoli da protagonisti e non da semplici spettatori.

Si perché contrariamente alla tradizione dell’oggettività scientifica, esistono fenomeni che non possono essere compresi se non si è disposti ad entrare nel fenomeno stesso vivendolo dall’interno (si veda il bel pezzo Brave New World of Digital Intimacy sul New York Times).

Ad un certo punto il nostro background sociocibernetico di studi sui sistemi sociali, complessità e logiche dell’osservazione di secondo ordine, la prospettiva dell’AcaFan di cui parla Henry Jenkins, il coordinamento di comunità online finalizzate ad uno scopo ed i fenomeni che volevamo studiare stavano convergendo tutti verso un’unica prospettiva alla luce della quale il tempo dedicato ad organizzare un evento o – come si sarebbe rivelato in seguito – una serie di eventi, poteva essere considerato, anche da una prospettiva di ricerca, ben speso.

Prima abbiamo sperimentato il coinvolgimento dei blogger organizzando un workshop dove sarebbero stati protagonisti e co-organizzatori e non semplici comparse. Poi abbiamo deciso di allargare ancora di più la nostra comunità includendo alcuni nostri studenti ed un numero ancora più vasto di blogger.

Sono nati così il primo ed secondo workshop (dedicato alla politica) “Conversazioni dal Basso” ed il primo Festival dei Blog a Urbino.

Nel tempo il gruppo di volontari che co-organizzano attivamente gli eventi è cresciuto da una decina a circa trenta persone e al tempo stesso abbiamo iniziato ad usare un numero di strumenti web sempre più vasto ed eterogeneo.

Per la collaborazione stiamo usando il Basecamp di 37signals, per la condivisione di file drop.io, per la promozione gli eventi di Facebook, per le dirette web UStream, per le iscrizioni il bellissimo EventBrite, per i video un canale di YouTube. Questo senza considerare le quasi mille foto etichettate “conversazionidalbasso” su Flickr.

Ovviamente portare le logiche di apertura e dell’auto-organizzazione nell’ambito di una struttura spesso gerarchica e chiusa come l’accademia (non che altre organizzazioni che abbia visto in Italia lo siano meno) non è stato facile e non lo è tuttora. Conciliare la creatività ed i ritmi lavorativi di un gruppo di digital natives (fra l’altro volontari) con l’esigenza di promuovere delicatissime quanto necessarie forme di collaborazione intra ed inter-universitarie è un lavoro stimolante ma non facile.

In questo senso il Festival dei Blog di Urbino è molto diverso dalla Blog Fest di Riva del Garda (lo dico anche a beneficio della giornalista di Italia 1 che mi ha telefonato circa un mese fa).

Nessuno di noi è un professionista dell’organizzazione di eventi, il budget complessivo del Festival dei Blog ’07 è stato di molto inferiore a 10.000 euro e quello di quest’anno, grazie agli sponsor e alle donazioni dei singoli, non graverà che in piccolissima parte sulle tasche dell’istituzione che organizza l’evento.

Ovviamente nè io nè altri miei colleghi guadagna un euro dagli eventi “Conversazioni dal Basso”.

Però in esperienza, conoscenza di persone smart e visibilità abbiamo guadagnato nel corso di questi anni una cifra inestimabile.

Parte di questa cifra proviamo a restituirla alla comunità cercando con impegno di organizzare ogni anno eventi più interessanti, divertenti ed innovativi.

Fare la stessa cosa due volte non ci piace.

Ecco perchè nonostante il Treasure Hunt Wireless Game di ottobre 2007 sia stato molto divertente, abbiamo deciso di rilanciare con i Giochi Olimpici dei Blogger.

Ecco perchè abbiamo pensato di ospitare la prima Girl Geek Dinner non metropolitana affidandone l’organizzazione all’entusiasmo di quattro giovanissime ragazze geek.

Ecco perchè abbiamo proposto ad un gruppo di studenti di organizzare in completa autonomia il concorso fotografico “Living in a Wireless Campus”.

Ecco perché abbiamo deciso di sperimentare un format di BarCamp Accademico che fa della contraddizione fra questi due termini la sua stessa ragione di esistenza e nel farlo condensa simbolicamente in sè stesso lo spirito delle “Conversazioni dal Basso”.

Anche quest’anno sono sicuro che mi stancherò e mi divertirò.

Ci vediamo li?

P.S. Se stai leggendo questo articolo e sei una “blogstar” di quelle che vivono raccontando alle aziende le potenzialità della cultura partecipativa e del web, questo è il tuo momento per restituire qualcosa alla comunità. Partecipa e diffondi la campagna di auto-finanziamento 🙂

CROWD FUNDING: Acquista un “Supporters Ticket” a donazione libera ed aiutaci a finanziare l’Academic BarCamp. Bastano anche solo 5 €.

A raccontarla oggi sembra quasi un’idea scontata. Organizzare in un contesto accademico un evento sui blog con protagonisti i blogger.

L’idea ci è balenata nella mente sul finire del 2006 durante una delle sessioni di procrastinazione strutturata che organizziamo periodicamente al LaRiCA.

Subito dopo è venuto fuori il nome “Conversazioni dal Basso”. Una sorta di traduzione creativa dell’aggettivo inglese grassroots diventato popolare in associazione con il termine journalism grazie a We the Media.

Poco dopo ci sono arrivate delle proposte di logo.

Fin dall’inizio è stato chiaro che “Conversazioni dal Basso” non avrebbe dovuto semplicemente parlare di blog e social media ma che avrebbe invece dovuto farlo secondo le logiche stesse della cultura partecipativa.

Per questo abbiamo realizzato un blog per raccontare l’evento ma anche un wiki per promuovere la forma di collaborazione più aperta e destrutturata possibile.

Solo in questo modo sarebbe stato qualcosa di più di una semplice conferenza, qualcosa di più di una mera vetrina per i nostri studi sui media sociali.

Certo doveva essere anche questo, ma al tempo stesso rappresentare un laboratorio per studiare quei processi vivendoli da protagonisti e non da semplici spettatori.

Si perché contrariamente alla tradizione dell’oggettività scientifica, esistono fenomeni che non possono essere compresi se non si è disposti ad entrare nel fenomeno stesso vivendolo dall’interno (si veda il bel pezzo Brave New World of Digital Intimacy sul New York Times).

Ad un certo punto il nostro background sociocibernetico di studi sui sistemi sociali, complessità e logiche dell’osservazione di secondo ordine, la prospettiva dell’AcaFan di cui parla Henry Jenkins, il coordinamento di comunità online finalizzate ad uno scopo ed i fenomeni che volevamo studiare stavano convergendo tutti verso un’unica prospettiva alla luce della quale il tempo dedicato ad organizzare un evento o – come si sarebbe rivelato in seguito – una serie di eventi, poteva essere considerato, anche da una prospettiva di ricerca, ben speso.

Prima abbiamo sperimentato il coinvolgimento dei blogger organizzando un workshop dove sarebbero stati protagonisti e co-organizzatori e non semplici comparse. Poi abbiamo deciso di allargare ancora di più la nostra comunità includendo alcuni nostri studenti ed un numero ancora più vasto di blogger.

Sono nati così il primo ed secondo workshop (dedicato alla politica) “Conversazioni dal Basso” ed il primo Festival dei Blog a Urbino.

Nel tempo il gruppo di volontari che co-organizzano attivamente gli eventi è cresciuto da una decina a circa trenta persone e al tempo stesso abbiamo iniziato ad usare un numero di strumenti web sempre più vasto ed eterogeneo.

Per la collaborazione stiamo usando il Basecamp di 37signals, per la condivisione di file drop.io, per la promozione gli eventi di Facebook, per le dirette web UStream, per le iscrizioni il bellissimo EventBrite, per i video un canale di YouTube. Questo senza considerare le quasi mille foto etichettate “conversazionidalbasso” su Flickr.

Ovviamente portare le logiche di apertura e dell’auto-organizzazione nell’ambito di una struttura spesso gerarchica e chiusa come l’accademia (non che altre organizzazioni che abbia visto in Italia lo siano meno) non è stato facile e non lo è tuttora. Conciliare la creatività ed i ritmi lavorativi di un gruppo di digital natives (fra l’altro volontari) con l’esigenza di promuovere delicatissime quanto necessarie forme di collaborazione intra ed inter-universitarie è un lavoro stimolante ma non facile.

In questo senso il Festival dei Blog di Urbino è molto diverso dalla Blog Fest di Riva del Garda (lo dico anche a beneficio della giornalista di Italia 1 che mi ha telefonato circa un mese fa).

Nessuno di noi è un professionista dell’organizzazione di eventi, il budget complessivo del Festival dei Blog ’07 è stato di molto inferiore a 10.000 euro e quello di quest’anno, grazie agli sponsor e alle donazioni dei singoli, non graverà che in piccolissima parte sulle tasche dell’istituzione che organizza l’evento.

Ovviamente nè io nè altri miei colleghi guadagna un euro dagli eventi “Conversazioni dal Basso”.

Però in esperienza, conoscenza di persone smart e visibilità abbiamo guadagnato nel corso di questi anni una cifra inestimabile.

Parte di questa cifra proviamo a restituirla alla comunità cercando con impegno di organizzare ogni anno eventi più interessanti, divertenti ed innovativi.

Fare la stessa cosa due volte non ci piace.

Ecco perchè nonostante il Treasure Hunt Wireless Game di ottobre 2007 sia stato molto divertente, abbiamo deciso di rilanciare con i Giochi Olimpici dei Blogger.

Ecco perchè abbiamo pensato di ospitare la prima Girl Geek Dinner non metropolitana affidandone l’organizzazione all’entusiasmo di quattro giovanissime ragazze geek.

Ecco perchè abbiamo proposto ad un gruppo di studenti di organizzare in completa autonomia il concorso fotografico “Living in a Wireless Campus”.

Ecco perché abbiamo deciso di sperimentare un format di BarCamp Accademico che fa della contraddizione fra questi due termini la sua stessa ragione di esistenza e nel farlo condensa simbolicamente in sè stesso lo spirito delle “Conversazioni dal Basso”.

Anche quest’anno sono sicuro che mi stancherò e mi divertirò.

Ci vediamo li?

P.S. Se stai leggendo questo articolo e sei una “blogstar” di quelle che vivono raccontando alle aziende le potenzialità della cultura partecipativa e del web, questo è il tuo momento per restituire qualcosa alla comunità. Partecipa e diffondi la campagna di auto-finanziamento 🙂

CROWD FUNDING: Acquista un “Supporters Ticket” a donazione libera ed aiutaci a finanziare l’Academic BarCamp. Bastano anche solo 5 €.