Ho provato a imitare Jill. In Norvegia l’83,5% della popolazione fra i 16 e 19 anni usa Facebook.
Volete sapere la percentuale in Italia? Siete proprio sicuri?
Dunque a oggi su Facebook ci sono 14.920 profili di utenti italiani che hanno fra i 16 ed il 19 anni (Jill spiega anche come ricavare in modo semplicissimo questi dati statistici e molti altri via Facebook Ads)
Una rapida visita al sito ISTAT ci dice che al primo gennaio 2006 in Italia abbiamo 2.321.462 cittadini compresi nella stessa fascia d’età.
Secondo i miei calcoli fa lo 0,66%.
Immagino che il resto usi MySpace… quello per adulti 😉
Mese: Novembre 2007
Defender of new media vs "The Adults Myspace"
Maz Hardey è una studentessa di dottorato all’Università di York, una consulente sul Web 2.0, una scrittrice freelance, una blogger e una ragazza geek.
Ma queste sono solo le sue identità non segrete.
Un intrepido giornalista del Sydney Morning Herald ha infatti scoperto la sua vera identità segreta di “Defender of new media”.
Mentre Maz si attrezza nella sua nuova tutina da super eroe, compra una spada su eBay e cerca di sviluppare un maggiore controllo su i suoi nuovi super poteri, vale forse la pena mettere ragionare su un paio di cose.
La prima è che il “MySpace per adulti” non ha confini nazionali (basti vedere come il giornalista in questione abbia sistematicamente sbagliato i nomi delle persone citate). In Italia tuttavia la cosa assume una valenza particolare per la specifica situazione legata alla scarsa dinamicità generazionale della nostra società. Articoli critici come quello del Sydney Morning Herald non mancano, come è giusto che sia, anche nelle società a più alto tasso di penetrazione e cultura di rete. Quello che di solito avviene è che all’opinione critica si cerca di affiancare anche il punto di vista di qualcuno che possa raccontare la rete dall’interno. Penso sia una regola base del giornalismo e non credo si tratti di una cosa che riguardi specificamente il rapporto fra mezzi di comunicazione di massa e Internet.
Da qui il secondo punto. In Italia il “MySpace per adulti” non ha ancora individuato un rappresentate delle conversazioni dal basso da consultare ed al limite cercare di ridicolizzare in uno dei tanti salotti televisivi. Nei salotti del “MySpace per adulti” di solito appare in questo ruolo di “esperto” l’ammuffito psicologo di turno buono per tutte le stagioni. Il problema è che questi di solito non ha idea di cosa significhi vivere nello spazio mediato di rete. In pratica c’è uno straordinario spazio mediatico disponibile per una figura di questo genere (un “Defender of new media”) in Italia.
Ma c’è di più.
Pensate a Maz o Danah… cosa hanno in comune?
Sono ragazze, fanno un dottorato, sono carine, sono genuinamente geek…
Già il fatto di essere geek e carine susciterebbe scalpore ed interesse nel “MySpace per adulti” assuefatto al classico stereotipo del nerd. Poi sono anche degli esperti che possono rimpiazzare gli psicologi impolverati senza farli rimpiangere, certo sono giovani… ma dovranno farsene una ragione 😉
Al momento una figura del genere non mi sembra che esista in Italia.
Quindi se siete ragazze+carine+geek+accademiche e avete scelto i social media come vostro campo di studi sappiate di avere davanti a voi uno straordinario spazio di opportunità per diventare il “Defender of new media” del “MySpace per adulti” italiano.
Se invece siete ragazze+carine+geek e vi interessano i social media, adesso avete un motivo in più per fare un dottorato di ricerca…
P.S. A seguire si aprirà anche uno spazio per una voce critica ma informata sui social media alla Andrew Keen.
Poi non dite che io non vi avevo avvertito 😉
Facciamo uno scherzo al "myspace per adulti"™?
La dialettica fra conversazioni dal basso e “myspace per adulti”™ è stata più che mai viva di recente.
Giornali, settimanali e TV non hanno mancato occasione per fare bella mostra della loro ignoranza rispetto al rapporto fra giovani ed Internet cercando e trovando continui collegamenti fra fatti di cronaca nera e contenuti generati dagli utenti (di solito le persone coinvolte).
L’idea neanche tanto velata che viene fuori è che vi sia un rapporto fra l’uso di Internet e questi episodi di violenza.
Ora il fatto che il “myspace per adulti” non abbia mai visto di buon occhio le nuove tecnologie non è certo una novità (si pensi agli articoli sui videogames degli anni ’80) né una specificità italiana (si pensi al caso degli adescatori di ragazzini via MySpace negli Stati Uniti).
Ho però come la sensazione che in questa incapacità di comprendere il cambiamento si incrocino in Italia due dimensioni. La prima è quella della paura del nuovo, la seconda è quella generazionale.
In una società dove tutti i posti di potere sono solo “per adulti” le due dinamiche tendono ad incrociarsi e l’incomunicabilità generazionale si acuisce. MySpace (ma direi i social networks e a volte lo spazio di rete tout court) viene vissuto dai giovani come uno spazio generazionale che andrebbe protetto e preservato dall’invasione degli adulti. Sul versante opposto, il “myspace per adulti”™ raggiunge lo stesso obiettivo di auto-isolamento rendendosi sempre più progressivamente irrilevante per il pubblico giovane che passa sempre meno ore davanti alla TV e sempre più tempo con i propri amici nello spazio mediato di rete.
Forse entrambe la parti dovrebbero imparare ad ascoltarsi a vicenda ma non va dimenticato che esiste una forte asimmetria nell’accesso alle posizioni di potere. In altri termini le iniziative per favorire il dialogo devono arrivare dal “myspace per adulti”™ perché l’altro lato non ha né la forza né la voglia di farlo.
Tutto il progetto “Conversazioni dal Basso” nasce con lo scopo di favorire questa forma di conversazione.
Abbiamo iniziato leggendo e poi iniziando a scrivere blog.
Frequentando oltre alle conferenze anche le non-conferenze.
Ad aprile a Pesaro abbiamo aperto le porte del “myspace per adulti” accademico facendo salire in cattedra chi poteva raccontarci (con le parole ma anche con lo stile) il cambiamento che stava avvenendo là fuori meglio di molti eminenti studiosi.
Ad ottobre a Urbino abbiamo provato a mettere insieme i due mondi con un Festival bifronte che sapesse parlare il linguaggio delle Hit, delle classifiche e dei premi propri del “myspace per adulti”™ (dove non solo metaforicamente conta solo arrivare uno) e quello dell’ibridazione fra spazio geografico e di rete proprio dei ragazzi che frequentano e frequenteranno le nostre aule universitarie.
Dallo scorso anno il corso di laurea in Scienze della Comunicazione ha inserito nel proprio piano di studi (fra lo stupore e gli sguardi interrogativi di molti colleghi) un insegnamento di “Laboratorio di Web 2.0”.
Per festeggiare al meglio l’edizione 2007/2008 di questo insegnamento e dare il benvenuto al nuovo docente, abbiamo deciso di organizzare un piccolo evento in stile “pillole di Conversazioni dal Basso”.
Il primo giorno di lezione, venerdì 30 novembre alle ore 9, chiederemo a Luca Conti di riuscire, nel corso di due sole ore, nella difficilissima impresa di rispondere nel modo più esauriente e chiaro possibile alle seguenti due domande:
- Cos’è il Web 2.0?
- Come cambieranno (o sono cambiate) Internet, la società e le persone in seguito all’utilizzo dei social software?
Ad aiutarlo, organizzando la chiacchierata e facendo domande, ci saranno (oltre agli studenti di Scienze della Comunicazione e di Informatica Applicata) Giovanni Boccia Artieri, Alessandro Bogliolo (responsabile del progetto Urbino Wireless Campus) ed io.
Ma un evento “pillole di conversazioni dal basso” che si rispetti non poteva fermarsi qui.
Per questo abbiamo pensato ad un invito molto speciale indirizzato al “myspace per adulti”.
Eccovi il testo che diffonderemo (e che vi invitiamo a diffondere ai vostri contatti nel “myspace per adulti”™) a partire da lunedì nella tradizionale forma del comunicato stampa.
Alcuni recenti episodi di cronaca hanno attirato l’attenzione di televisioni, quotidiani e settimanali sul mondo della rete e sui comportamenti devianti della generazione che usa quotidianamente Internet.
Per la prima volta, anche in Italia, i mezzi di comunicazione di massa aprono agli adulti una finestra di visibilità sullo sconosciuto e a volte inquietante ambiente in cui i loro figli spendono molte ore al giorno compiendo azioni che per molti genitori rimangono misteriose ed inaccessibili.
Dall’assassinio di Meredith a Perugia fino alla strage compiuta da uno studente finlandese in un istituto scolastico, dal blog del tifoso laziale ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia fino alle macabre riprese dei compagni della studentessa travolta ed uccisa da un autobus, tutto lascia supporre un legame fra l’uso di Internet ed i comportamenti devianti delle giovani generazioni.
Ma esiste davvero una relazione fra l’anonimato consentito dall’uso dei personal computer come mezzo di comunicazione e la devianza giovanile? Come cambia l’idea di privato quando la logica del reality diventata propria di un’intera generazione? Cosa ci riserva il futuro in un mondo in cui tutti dispongono di un megafono e sono pronti ad usarlo per dire qualunque cosa gli passi per la testa? Cosa ne sarà della nostra cultura quando gli esperti vengono sostituiti da una massa di non professionisti come nel caso di Wikipedia o delle diverse forme di giornalismo dal basso?
Di questo e di altri temi discuteranno Venerdì 30 Novembre dalle 9 alle 11 presso l’aula B1 della Facoltà di Sociologia Luca Conti (conversational media consultant e autore del blog Pandemia), Giovanni Boccia Artieri (presidente del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione e docente di Sociologia dei New Media), Alessandro Bogliolo (coordinatore del progetto Urbino Wireless Campus e docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni) e Fabio Giglietto (docente di Teoria dell’Informazione).
L’incontro è promosso e organizzato dal corso di laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” in occasione della prima lezione dell’edizione 2007/2008 dell’insegnamento, primo e unico in Italia, di “Laboratorio di Web 2.0”.
QUANDO: 30 NOVEMBRE 2007 ORE 9-11
DOVE: AULA B1 / VIA SAFFI, 15 – 61029 URBINO (PU)
Scarica la versione in PDF da inviare come allegato, stampare o inviare via fax.
Ci aiutate a fare questo scherzo al “myspace per adulti”?
Il futuro della lettura?
Forse non diventarà mai un successo e si, è decisamente bruttino, però l’ebook reader di Amazon ha un modello di business che può funzionare. Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon, è stato chiaro: “This isn’t a device, it’s a service”.
Kindle image via Engadget
Costerà 399$ (poco meno di 273€ al cambio attuale) ed ogni libro appena uscito costerà $9.99. Considerando il prezzo attuale dei libri si tratta di un risparmio significativo senza contare il vantaggio di avere il libro scaricato (attraverso la connessione wifi dell’oggetto) nel momento immediatamente successivo all’acquisto e non decine di giorni dopo come accade ora con le spedizioni postali da Amazon.com o uk.
Pesa 292 grammi circa, avrà un’autonomia di 30 ore di lettura per ogni ricarica e potrà contenere circa 200 libri.
Ovviamente tutto dipenderà dalla qualità della lettura che questo oggetto sarà in grado di garantire attraverso la tecnologia E Ink.
Non resta che aspettare qualche ora per leggere le prime recensioni.
UPDATE E’ in corso la conferenza stampa di lancio di Kindle e scopro con sorpresa che 9.99 non è il prezzo per qualsiasi libro ma solo per alcuni. Molti dei libri che mi interessano costano poco meno che nella versione cartacea. Potete controllare voi stessi.
Sul concetto di pollo
Flickr sta per lanciare una nuova funzionalità chiamata Places (descrizione su O’Reilly Radar).
Places creerà una pagina relativa ad ogni luogo e consentirà quindi di interrogare in un modo del tutto innovativo l’enorme database di fotografie georeferenziate di Flickr (1,38 Miliardi di foto).
Detto così sembra una simpatica nuova funzionalità tecnica.
Guardate però questi due screenshot e Places aquisterà tutto un altro significato.
Ecco invece un analogo esempio sul concetto di bello (usando il tag beautiful).
Prevendo una nuova release di Eyes on Europe appena Places sarà rilasciato.
Un learning object per creare learning object
È più o meno questo l’obiettivo del progetto biennale Taccle (Teachers’ Aids on Creating Content for Learning Environments) nel quale sono coinvolto come rappresentante del centro di ricerca e sviluppo sull’eLearning di uniurb.
Nello specifico il progetto prevede la creazione di un libro di circa 150 pagine, di un sito web (nella forma di un wiki) e di un pilot course (4 giorni intorno ad aprile 2009) nel quale i materiali didattici verranno testati.
Il primo meeting si è svolto la scorsa settimana a Bruxelles ed ha già prodotto i primi risultati fra cui l’analisi SWOT del progetto, la definizione dei criteri per l’analisi dei bisogni del target group (docenti), la scaletta del libro, le piattaforme ed i criteri di collaborazione e promozione (Yahoo!Groups, Wikimedia, Joomla, del.icio.us e Moodle per il pilot course).
Vorrei potervi svelare nei dettagli la scaletta del libro (in tutto lo splendore della mindmap realizzata con FreeMind) ma non credo di essere autorizzato a farlo.
Penso però di poter condividere lo schema dei capitoli:
- Introduction [5 pags]
- Learning Environments [18 pags]
- Pedagogical aspects [18 pags]
- Learning Objects [66 pags]
- Teaching in a networked space [18 pags]
- Glossary [3 pags]
- References [3 pags]
Vi tengo informati sullo sviluppo del progetto. Lo spirito è quello della massima apertura a collaborazioni esterne quindi qualsiasi commento, suggerimento o opportunità di collaborazione è assolutamente benvenuto.
P.S. Jens Vermeersch, responsabile del progetto, ha organizzato un meeting ineccepibile non solo dal punto di vista lavorativo, ma anche da quello sociale. In particolare se passate da Bruxelles e cercate un ristorante non potete perdervi il Viva m‘Boma, il fast food salutista Exki e sopratutto il delizioso Arrière Cuisine.
New english draft paper: Social semantics in a Networked Space
Grazie all’indispensabile contributo di Chiara sono riuscito a completare la traduzione in inglese del mio articolo sulla semantica della società in uno spazio mediato di rete.
Abstract
During the last few years the Internet has been increasingly used by people as a read-write medium. Thanks to the dropped prices and skills necessary to afford and use technologies aimed to create digital contents, a large amount of people in the world is now able to produce persistent digital information. A large share of this information is today exposed to a mass audience on the Internet. The aim of this paper is to present a vision and few examples of how this large amount of data might be used for sociological research. From the theoretical point of view this kind of researches drawn on the concept of social semantics developed by Niklas Luhmann. Social semantics, once crystallized in books is today also available in online conversations. The networks of interpersonal communications, when computer mediated, becomes observable and, as a consequence, social scientists have access to invaluable new data. Today, the online data have four characteristics that tend to increase even more the sociological value of this conversations. As a matter of fact, the online network of communications is in fact persistent, searchable, replicable and addressed to an invisible audience. Due to these properties online conversations may be analyzed with standard content analysis qualitative or quantitative techniques. The paper will present the theoretical framework for researches based upon the analysis of online conversations.
Keywords: social semantics, web 2.0, Luhmann, user generated content, methodology
Download: Social semantics in a networked space. New perspectives for social sciences
Ogni commento, suggerimento e/o critica è il benvenuto.
Comments and critics are more then welcome!
Technorati tags: social semantics, luhmann, web 2.0, web science, networked space
Se vuoi vedere, impara ad agire
Oggi ho ricevuto un paio di email da Elisabetta e Maria Chiara (conosciute a York) che mi hanno invitato a scrivere qualche riga (ma massimo 200 parole) sulle mie presunte abilità etiche nel gestire l’identità in rete.
Per abilità etiche loro intendono
such abilities refer to the adoption of a code that governs the expectations of social behaviour within the network society. The possibility of assuming multiple context-dependent and also anonymous identities, calls for the definition of proper solutions for the management of digital identities, the reputation management, the implementation of technological security in communication as well as in the management of contents and relations.
Allora ci provo…
(le 200 parole iniziano dalla prossima riga, quelle di prima non contano!)
La prima cosa che mi viene in mente è che cerco di comportarmi in rete come faccio fuori. L’abilità uno consiste dunque nel comprendere che la rete non è uno spazio dove costruire nuove identità, ma piuttosto uno spazio dove sperimentare ed articolare la propria identità.
Ciascuno di noi può infatti avere sempre e solo una identità: la propria. Le esperienze che possiamo fare in rete fingendoci dell’altro sesso, più giovani o più vecchi, più belli o più brutti retroagiranno sempre sulla nostra identità auto-percepita.
Se da una parte abbiamo questa unitarietà strutturale, dall’altra abbiamo un’ineliminabile molteplicità. Ogni persona con cui entriamo in contatto può farsi un’idea della nostra identità. In questo senso dobbiamo rassegnarci all’evidenza che la nostra identità sarà sempre necessariamente multipla.
Dunque l’abilità numero due è “sappi di essere uno ed accetta di essere molti”.
Infine la terza abilità riguarda specificamente lo spazio di rete. Le tracce che consentono agli altri di farsi un’idea della nostra identità (e quelle che consentono a noi di osservare gli altri) diventano permanenti, replicabili, ricercabili ed esposte ad un pubblico indistinto (Danah Boyd). Bisogna essere consapevoli dell’azione di queste quattro proprietà per poter gestire al meglio la propria reputazione in rete.
(fine delle 200 parole)
Mi rendo conto che 200 parole non sono sufficienti per parlare di un tema così straordinariamente affascinante. Vorrà dire che mi rifarò durante la cena corredata da buon vino che mi è stata promessa 😉
Technorati tags: ethical abilities, identità, etica, goffman
Rheingold: "Habermas? Non ha capito Internet"
Sembra che Habermas abbia fatto veramente arrabbiare Howard Rheingold rifiutandosi nel corso di una lezione a Stanford di rispondere ad una sua domanda sullo stato della sfera pubblica dopo, per usare le parole dell’autore di Virtual Community, il tramonto dell’era dei media broadcast e l’arrivo dei media many-to-many che consentono a così tante persone di usare Internet come un mezzo di espressione politica.
La storia è raccontata dallo stesso Rheingold in questo post pubblicato oggi sul blog Smart Mobs nel quale si legge fra l’altro che…
The lecture was abstruse analytical philosophy
(…)
He rather inelegantly said that he wouldn’t answer that, and I should perhaps refer to the recent book of interviews with Rorty.
(…)
I think he has invalidated himself. Abstruse philosophical and obscure academic feuds are more important than the future of democracy? He proved to me by his actions that philosophy is rendering itself irrelevant. He was the last bastion for those who feel that philosophy speaks to the real problems of the modern world.
(…)
What I wish Habermas had said, since he clearly does not understand a phenomenon that is central to the applicability of his theory in the 21st century, is “I leave that work to younger scholars, who can build contemporary theories on the foundations of my earlier work about the role of the public sphere in an infosphere dominated by mass media.”
Se Habermas avesse capito Internet risponderebbe a Rheingold dal suo blog.
Peccato che non ne abbia uno.
Technorati tags: Howard Rheingold, Jurgen Habermas, sfera pubblica, Stanford
Sociologia del web 2.0
Ho finalmente trovato il tempo di leggere l’articolo di David Beer e Roger Burrows (uno degli organizzatori del convegno di York) intitolato “Sociology and, of and in Web 2.0: Some Initial Considerations”.
Ho preso nota di alcuni passi che mi sono sembrati particolarmente interessanti nello spazio tumblr.
Lo scopo dichiarato dell’articolo è quello di mettere in luce come il Web 2.0 sia un fenomeno sociologicamente interessante e al tempo stesso una sfida aperta per chi si occupa di studiare la società.
Il taglio dell’articolo è piuttosto descrittivo e tende ad aprire scenari più che a offire certezze.
In particolare Beer e Burrows identificano almeno tre fenomeni sociologicamente rilevanti in relazione al Web 2.0:
- I cambiamenti in corso nel rapporto fra consumo e produzione di contenuti;
- La pubblicazione di informazioni private in uno spazio pubblico;
- L’emergere di una nuova retorica della “democratizzazione”.
Interessante anche la parte finale nella quale gli autori provano a descrivere come il sociologo dovrebbe indagare questi fenomeni:
First, we need to be inside of the networks, online communities, and collaborative movements to be able to see what is going on and describe it. If we take Facebook for instance, it is not possible to enter into and observe the network without becoming a member, providing an institutional email, entering some personal details and generating a profile. Therefore, in order to get some idea of users and their practices it is necessary to become a ‘wikizen’. The social researcher will need to be immersed, they will need to be participatory, and they will need to ‘get inside’ and make some ‘friends’. We will have to become part of the collaborative cultures of Web 2.0, we will need to build our own profiles, make some flickering friendships, expose our own choices, preferences and views, and make ethical decisions about what we reveal and the information we filter out of these communities and into our findings. Our ability to carry out virtual ethnographies will – by necessity – involve moving from the role of observer to that of participant observer.
(…)
A second issue is that once inside these networks we may explore the possibilities of using Web 2.0 applications, and particularly the interactive potentials of SNS, as research tools or research technologies (this is not necessarily limited to research into Web 2.0, SNS could be used to conduct research on any topic).
(…)
There are possibilities then for tailoring innovative research strategies that take advantage of the interactive potentials of these new media and of the data that they hold. But can we, should we, use it to study itself?
(…)
As sociologists what we may need to do is take a leaf out of the ‘wikizens’ book and adapt to the possibilities of research from within the information flows. Mimicking, in a sense, the desire of wikizens to find out about each other and the connections people make by browsing through SNS. ‘Wikizens’ are already engaged in sociological research of sorts. SNS in particular reveal a sociological tendency in web users as they search and browse through profiles of their fellow ‘wikizens’, reading about them, looking at photographs and so on.
(…)
We may, for instance, begin to place Web 2.0 into broader contexts of celebrity culture – the celebration of the mundane, reality TV, celebrity reality TV, gossip magazines, and the ‘voting out’ cultures of X-factor and any other number of programmes. It is certain that one significant difference between the citizen and the ‘wikizen’ is the value that they place on privacy.
(…)
In terms of conceptualising this change it would seem that Urry’s (2003) recent call for new concepts that better capture the contemporary complexity turn is entirely fitting.
Bellissimo infine l’esempio dell’abusatissimo concetto di flâneur.
On the later we can imagine reworkings of the concept of the flâneur for instance. Here we can visualise the ‘wikizen’ as flâneur, wandering without direction around wikis, folksonomies, mashups and SNS, taking in the surroundings without concern for a final destination. Indeed, recently the flâneur has been re-energised as a concept for understanding the experiences of virtual space – the ‘virtual flâneur’ (Featherstone, 1998), the ‘cyborg’ flâneur (Shields, 2006), and the ‘flâneur electronique’ (Atkinson & Willis, 2007). The problem is that unlike the flâneur wandering around the Paris arcades as described in Benjamin’s 1930s Arcades Project (1999), or even the more recent reworkings of the flâneur wandering around virtual space, the wikizen is instead involved in generating and shaping the environments that they wander through and observe.
Una differenza non da poco tanto che qualche riga dopo gli autori aggiungono…
The point here is that in light of Web 2.0 it is necessary to reconsider how we conceptualise what is happening. The first step may well be to construct more complete and differentiated descriptions of what is happening in Web 2.0, who is involved, and the practices entailed, in order to inform and enrich new concepts or reworkings of our theoretical staples. It is here that a movement toward a more descriptive sociology may fit.
Condivido l’analisi.
Penso solo che questo nuovo e più ricco apparato concettuale esista già.
Si chiama cibernetica di secondo ordine e qualcuno ci ha anche fatto la gentilezza di adattarlo già allo studio della società.
Technorati tags: sociologia, web 2.0, york, lab20, David Beer, Roger Burrows