Recensione iRobot Roomba 530

Fra i regali portati da Babbo Natale ieri è arrivato anche un Roomba dell’iRobot.
Christmas Rooma Tree In particolare il modello 530 che contiene nella confezione oltre all’aspirapolvere stessa un muro virtuale (senza le necessarie batterie per il suo funzionamento) ed alcuni pezzi di ricambio.
Fino a questo momento l’oggetto è stato in grado di guadagnarsi il rispetto e persino la simpatia dei miei genitori. L’ultima aspirapolvere non era stata in grado di arrivare a tanto in anni di onorato servizio 🙂
L’utilizzo dell’oggetto è piuttosto semplice.
Praticamente c’è un bottoneRoomba 530 User Interface CLEAN dal quale si può attivare il ciclo di pulizia, metterlo in pausa o spegnere il Roomba (un pochino diverso dovrebbe essere il modello di 560 che ha in più le funzioni di scheduling).
La ricarica iniziale stando alle istruzioni sarebbe dovuta durare 16 ore ma in realtà dopo un paio d’ore la batteria risultava completamente carica.
Roomba si muove in una stanza iniziando con un movimento a spirale che inizia a modificarsi non appena viene incontrato il primo ostacolo e da quel momento diventa regolato da un algoritmo segreto che secondo quanto afferma iRobot massimizza le possibilità di copertura dell’intera area di una stanza.
Roomba in its dockLa durata del ciclo di pulizia è decisa autonomamente da Roomba ed una volta terminato si accende una spia che indica che l’aspirapolvere ha iniziato la ricerca della sua base per andare a ricaricarsi. Una volta individuata la base (che emette un raggio infrarossi di un metro di larghezza per tre di lunghezza) Roomba inizia le operazioni di parcheggio, si connette alla base ed inizia la ricarica.
Ogni 3/4 cicli di pulizia è necessario pulirlo e svuotare il cassettino. Operazioni piuttosto semplici ma che Roomba or UFOportebbero risultare noiose a lungo andare.
Pur avendo letto recensioni in genere positive devo ammettere che avevo qualche dubbio sull’effettiva capacità di questo apparecchio di assolvere alla sua funzione principale (no non quella di sostituire l’animale domestico).
In realtà il Roomba è un buon aspirapolvere automatico, ha dimostrato una sorprendente capacità di cavarsela in situazioni difficili (cavi), un’ottima versatilità nell’infilarsi negli angoli più reconditi delle stanza (sotto i mobili della cucina, letti e comodini – necessita di 11 cm minimo di altezza). Il tempo che dedica alla pulizia può essere sensibilmente più lungo rispetto a quello che potrebbe fare un essere umano ma visto che il tempo è il suo e non di un essere umano questo aspetto si ripercuote negativamente solo sul consumo totale di energia che credo sia tutto sommato in linea con aspirapolvere di analoga potenza.
In conclusione si tratta di un prodotto da consigliare.
Personalmente penso che lo comprerò per casa mia e, quando uscirà in Italia, lo affiancherò ad uno Scooba per il lavaggio dei pavimenti.


Fra i regali portati da Babbo Natale ieri è arrivato anche un Roomba dell’iRobot.

Christmas Rooma Tree In particolare il modello 530 che contiene nella confezione oltre all’aspirapolvere stessa un muro virtuale (senza le necessarie batterie per il suo funzionamento) ed alcuni pezzi di ricambio.

Fino a questo momento l’oggetto è stato in grado di guadagnarsi il rispetto e persino la simpatia dei miei genitori. L’ultima aspirapolvere non era stata in grado di arrivare a tanto in anni di onorato servizio 🙂

L’utilizzo dell’oggetto è piuttosto semplice.

Praticamente c’è un bottoneRoomba 530 User Interface CLEAN dal quale si può attivare il ciclo di pulizia, metterlo in pausa o spegnere il Roomba (un pochino diverso dovrebbe essere il modello di 560 che ha in più le funzioni di scheduling).

La ricarica iniziale stando alle istruzioni sarebbe dovuta durare 16 ore ma in realtà dopo un paio d’ore la batteria risultava completamente carica.

Roomba si muove in una stanza iniziando con un movimento a spirale che inizia a modificarsi non appena viene incontrato il primo ostacolo e da quel momento diventa regolato da un algoritmo segreto che secondo quanto afferma iRobot massimizza le possibilità di copertura dell’intera area di una stanza.

Roomba in its dockLa durata del ciclo di pulizia è decisa autonomamente da Roomba ed una volta terminato si accende una spia che indica che l’aspirapolvere ha iniziato la ricerca della sua base per andare a ricaricarsi. Una volta individuata la base (che emette un raggio infrarossi di un metro di larghezza per tre di lunghezza) Roomba inizia le operazioni di parcheggio, si connette alla base ed inizia la ricarica.

Ogni 3/4 cicli di pulizia è necessario pulirlo e svuotare il cassettino. Operazioni piuttosto semplici ma che Roomba or UFOportebbero risultare noiose a lungo andare.

Pur avendo letto recensioni in genere positive devo ammettere che avevo qualche dubbio sull’effettiva capacità di questo apparecchio di assolvere alla sua funzione principale (no non quella di sostituire l’animale domestico).

In realtà il Roomba è un buon aspirapolvere automatico, ha dimostrato una sorprendente capacità di cavarsela in situazioni difficili (cavi), un’ottima versatilità nell’infilarsi negli angoli più reconditi delle stanza (sotto i mobili della cucina, letti e comodini – necessita di 11 cm minimo di altezza). Il tempo che dedica alla pulizia può essere sensibilmente più lungo rispetto a quello che potrebbe fare un essere umano ma visto che il tempo è il suo e non di un essere umano questo aspetto si ripercuote negativamente solo sul consumo totale di energia che credo sia tutto sommato in linea con aspirapolvere di analoga potenza.

In conclusione si tratta di un prodotto da consigliare.

Personalmente penso che lo comprerò per casa mia e, quando uscirà in Italia, lo affiancherò ad uno Scooba per il lavaggio dei pavimenti.

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Fra i regali portati da Babbo Natale ieri è arrivato anche un Roomba dell’iRobot.

Christmas Rooma Tree In particolare il modello 530 che contiene nella confezione oltre all’aspirapolvere stessa un muro virtuale (senza le necessarie batterie per il suo funzionamento) ed alcuni pezzi di ricambio.

Fino a questo momento l’oggetto è stato in grado di guadagnarsi il rispetto e persino la simpatia dei miei genitori. L’ultima aspirapolvere non era stata in grado di arrivare a tanto in anni di onorato servizio 🙂

L’utilizzo dell’oggetto è piuttosto semplice.

Praticamente c’è un bottoneRoomba 530 User Interface CLEAN dal quale si può attivare il ciclo di pulizia, metterlo in pausa o spegnere il Roomba (un pochino diverso dovrebbe essere il modello di 560 che ha in più le funzioni di scheduling).

La ricarica iniziale stando alle istruzioni sarebbe dovuta durare 16 ore ma in realtà dopo un paio d’ore la batteria risultava completamente carica.

Roomba si muove in una stanza iniziando con un moviment
o a spirale che inizia a modificarsi non appena viene incontrato il primo ostacolo e da quel momento diventa regolato da un algoritmo segreto che secondo quanto afferma iRobot massimizza le possibilità di copertura dell’intera area di una stanza.

Roomba in its dockLa durata del ciclo di pulizia è decisa autonomamente da Roomba ed una volta terminato si accende una spia che indica che l’aspirapolvere ha iniziato la ricerca della sua base per andare a ricaricarsi. Una volta individuata la base (che emette un raggio infrarossi di un metro di larghezza per tre di lunghezza) Roomba inizia le operazioni di parcheggio, si connette alla base ed inizia la ricarica.

Ogni 3/4 cicli di pulizia è necessario pulirlo e svuotare il cassettino. Operazioni piuttosto semplici ma che Roomba or UFOportebbero risultare noiose a lungo andare.

Pur avendo letto recensioni in genere positive devo ammettere che avevo qualche dubbio sull’effettiva capacità di questo apparecchio di assolvere alla sua funzione principale (no non quella di sostituire l’animale domestico).

In realtà il Roomba è un buon aspirapolvere automatico, ha dimostrato una sorprendente capacità di cavarsela in situazioni difficili (cavi), un’ottima versatilità nell’infilarsi negli angoli più reconditi delle stanza (sotto i mobili della cucina, letti e comodini – necessita di 11 cm minimo di altezza). Il tempo che dedica alla pulizia può essere sensibilmente più lungo rispetto a quello che potrebbe fare un essere umano ma visto che il tempo è il suo e non di un essere umano questo aspetto si ripercuote negativamente solo sul consumo totale di energia che credo sia tutto sommato in linea con aspirapolvere di analoga potenza.

In conclusione si tratta di un prodotto da consigliare.

Personalmente penso che lo comprerò per casa mia e, quando uscirà in Italia, lo affiancherò ad uno Scooba per il lavaggio dei pavimenti.

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Paese che vai, social networks che trovi

Lo straordinario successo del social network Badoo in Italia, confermato anche dai risultati dell’annuale zeitgeist di Google, mi ha spinto ad approfondire la questione.
Vista la ragionevole correlazione fra popolarità di un social network e numero delle ricerche su Google ho deciso di fare alcune prove con Google Trends.
Intanto il quadro generale.
Badoo non rientra fra i 5 social networks più popolari stando a Google Trends. Nelle ricerche degli utenti di Google domina MySpace seguito e quasi raggiungo da Facebook nel corso degli ultimi mesi del 2007. Terzo posto per Orkut seguito da Hi5 e Bebo.
Ma la popolarità dei siti di social networks non è affatto omogenea nel mondo.

In Irlanda domani Bebo, in Canada Facebook, in Portogallo Hi5, negli Stati Uniti MySpace, in Brasile Orkut, nelle Filippine Friendster ed in Italia, come ormai noto Badoo.
Quello che ci dicono questi grafici è che in tutto il mondo i siti di social networks sono un straordinario successo.
Sarebbe ovviamente molto interessante comprendere il perchè di scelte così diverse.
Sembra chiaro tuttavia che lo spazio geografico (o la lingua?) conti molto anche nello spazio mediato di rete. Altrettanto chiaro il fatto che i gusti in fatto di social networks possono cambiare piuttosto rapidamente e che sorpassi, picchi e crolli saranno sempre possibili e probabilmente frequenti negli anni a venire. Da questo punto di vista sembra particolarmente sensata la strategia di Open Social di Google. Chiunque sarà in grado di detenere la chiave della cooperazione fra queste piattaforme e quelle che le succederanno sarà in una posizione di assoluto vantaggio perché le piattaforme cambiano ma l’interoperabilità resta.

Altro che Facebook

Se non ho fatto male i calcoli li 36,71% (431.407 profili registrati in quel range di età a fronte di 1.174.992 residenti via dati Istat) degli italiani fra 18 e 19 anni hanno un profilo su Badoo.
Un dato probabilmente sovrastimato ma di un certo interesse.

Le convenzioni dei nativi nello spazio mediato di rete

Appena tornato dall’unconventional conference.
Lo staff non convenzionale è stato delizioso ed efficiente. Mi sembra quindi doveroso ringraziare loro per l’invito e per l’impegno che hanno saputo dedicare alla realizzazione di un evento a cui credevano profondamente.
Non so se l’Università di Urbino si renda pienamente conto di quanto bene facciano eventi del genere fatti dagli studenti per gli studenti ma visto che il supporto economico per la realizzazione dell’unconventional conference arriva dai fondi che l’ateneo dedica alle attività studentesche mi sembra giusto dedicare anche allo staff istituzionale di uniurb un piccolo ringraziamento.
Dopo l’inquadramento della tematica “Marketing non Convenzionale” ad opera del Prof. Pencarelli (docente di strategia d’impresa alla Facoltà di Economia) e del Prof. Fluvio Fortezza (docente di Marketing all’Università di Ferrara), Valentina Tolomelli (Web Community Manager – Ducati Motor Holding) ha illustrato il caso di Desmoblog (il blog/community di Ducati). Mi sarebbe piaciuto avere più tempo per chiedere a Valentina di raccontare gli aspetti critici dell’esperienza di Ducati. Una domanda in questo senso c’è stata ma purtroppo il tempo per la risposta non è stato sufficiente per sviscerare l’argomento come mi sarebbe piaciuto. Forse la conversazione proseguita durante il coffee break cui ho dovuto rinunciare per provare la presentazione che avrei usato subito dopo la pausa. Ci sarà di sicuro un’altra occasione.
Dopo il mio intervento di cui parlerò in coda è stato il turno del Prof. Laerte Sorini che ha descritto la nuova piattaforma di Web TV che sarà messa a disposizione dell’Università dalla Facoltà di Economia a partire dal prossimo anno. L’intervento purtroppo è stato funestato da problemi tecnici ma da quello che sono riuscito a capire (correggetemi se sbaglio), la piattaforma (mostrata in locale) è la stessa utilizzata dalla Technogym per la sua esperienza di WebTV di cui ho sentito parlare ma non sono riuscito a trovare traccia in rete. L’interfaccia del prodotto sembra ben studiata ma non ho capito bene quale siano i contenuti che si intende veicolare. Mi sarei aspettato maggiori dettagli da questo punto di vista. La mancanza di una strategia sui contenuti non mi fa sperare nulla di buono sul futuro di questo, per altri versi encomiabile, progetto. Il rischio cattedrale nel deserto mi sembra alto ma se Laerte è in ascolto mi farebbe piacere sentire il suo parere su questo tema.
A seguire l’attesissimo Alex Giordano (Docente di Marketing creativo, co-fondatore di NinjaMarketing.it e co-autore di “Marketing non Convenzionale – Viral, Guerrilla, Tribal e i 10 principi fondamentali del marketing postmoderno”) è entrato nello specifico del tema della conferenza mostrano diversi casi interessanti (tipo il famoso video virale Ronaldinho: Touch of Gold) collegati ad alcuni dei principi fondamentali di cui tratta il libro (almeno questo è quello che ho dedotto io anche se mi sembra che la cosa sia stata detta esplicitamente). Dietro l’intervento, volutamente leggero ed in gran parte dedicato a mostrare i casi, ho avuto la sensazione che vi fossero delle interessanti riflessioni teoriche. Durante il pranzo ho inoltre scoperto che Alex ha collaborato al progetto Luther Blissett da cui poi è nata la Wu Ming Foundation.
Infine Marco Bruns (Fondatore e Presidente A-Style) ha presentato il suo caso e descritto come la sua azienda sia passato da essere un logo (seppur geniale) ad essere un business da decine di milioni di euro di fatturato. Nel percorso che va dagli adesivi costati qualche centinaia di euro attaccati sui pali dei semafori di Milano alla sponsorizzazione di due gran premi del motomonidiale c’è una storia fatta di esperienza di marketing non convenzionale ai limiti della legalità che Marco ha saputo ben raccontare con l’entusiasmo di chi ha vissuto tutto questo da protagonista.
Anche se il marketing convenzionale o no che sia non è il mio settore devo dire che mi sono divertito e ascoltato diverse cose che non conoscevo.
Il mio intervento è stato dedicato come da titolo a descrivere le convenzioni dei nativi nello spazio mediato di rete. Partendo da un titolo come questo ho deciso di soffermarmi su due aspetti. Chi sono i nativi e cos’è lo spazio mediato di rete. Il tutto, per chi fosse interessato, è riassunto nelle presentazione che segue.

Durante l’intervento ho mostrato questo video che ha riscosso applausi a scena aperta dalla platea. Avrei potuto anche mostrare quest’altro video ma visto che era stato presentato di recente da Luca Conti al seminario di Web 2.0 101 ho preferito trovare qualcosa di alternativo.
Oltre al video mi preme dare il giusto tributo a tutte le fonti che ho utilizzato:

Tutte le fotografie ed immagini usate nella presentazione sono tratte da Flickr (fra quelle con licenza creative commons) o realizzate ad hoc. Le vignette sono invece tratte da gapinvoid e xkcd.
P.S. Già che ci sono ringrazio anche lukval che con il suo commento al blog dei ninja mi ha dato un fantastico spunto per esemplificare le proprietà dello spazio mediato di rete.

La comunicazione in testa

Non ci avevo mai pensato ma parlare al cellulare con delle cuffie stereo nelle orecchie può veramente modificare l’esperienza di una conversazione telefonica.
Con il diffondersi dei dispositivi ibridi tipo iPhone capiterà sempre più spesso di rispondere ad una chiamata mentre si ascolta della musica con auricolari stereo progettati spesso per isolare i rumori esterni e consentire un ascolto di maggiore qualità anche in ambienti rumorosi e volumi ragionevoli.
Auricolari di questo genere creano una barriera intorno alla tua testa.
Il mondo esterno diventa silenzioso (o molto meno rumoroso) e ci si può spostare nell’ambiente in una condizione di isolamento acustico.
Il nostro spazio privato portatile si muove con noi come una bolla che ci racchiude all’interno di uno spazio pubblico (nel quale ci si trova di solito quando di usano lettori di musica portatili).
Noi e la nostra colonna sonora personale.
Soli.
A meno che…
A meno che qualuno, da qualche parte componga il nostro numero penetrando oltre la barriera acustica e raggiungendoci metaforicamente all’interno della nostra bolla.
E se anche il vostro interlocutore sta usando degli auricolari simili è come se le vostre bolle fossero in qualche modo connesse.

You’re inside of their head, and they’re inside of yours.

(via O’Reilly Radar)
A voi è mai capitato di parlare al telefono con degli auricolari stereo nelle orecchie?

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Verso una multiculturalità digitale

Ci sono post in grado di cambiare la prospettiva sul mondo.

L’ultimo di Henry Jenkins, per me, è uno di questi.

Di recente ho parlato spesso della dialettica fra “conversazioni dal basso” e “myspace per adulti”. L’ho fatto descrivendo quello che ho chiamato per semplicità espressiva e non senza un certo sarcasmo il “myspace per adulti” osservato dalla prospettiva delle “conversazioni dal basso”.

Raccontare l’epica lotta fra grassroots David e mainstream Golia è di certo affascinante. Prendere le parti del più debole in una lotta impari è una reazione naturale. Eppure Jenkins ci insegna in questo post che può esistere un obiettivo al tempo stesso più importante e difficile che (ab)battere Golia. Si può e si deve provare la strada della contaminazione e del dialogo. Sopratutto quando il divide fra Davide e Golia rischia di diventare una insanabile frattura culturale prima che generazionale.

Può essere utile ed anche divertente prendere in giro su un blog come questo “Il Corriere Adriatico” perché pubblica un trafiletto come questo.

Dare a David del nativo digitale e a Golia dell’immigrante può essere utile in una prima fase per ribaltare metaforicamente i rapporti di potere evidenziando che il fattore campo è decisamente a favore di David.

Può essere utile dimostrare le potenzialità di David nel mobilitare le masse (ma meglio sarebbe dire la moltitudine) attraverso le reti.

Tutto questo può contribuire a rendere Golia consapevole che nella diversità di David non c’è solo “la peggio gioventù” ma anche alcune “abilità straordinarie” che possono “salvare il mondo”.

Ma ribaltare semplicemente il rapporto asimmetrico non è abbastanza e non è affatto privo di insidie.

C’è il rischio che la distinzione nativi/immigrati faccia perdere di vista le differenze che ci sono nell’uno e nell’altro campo. Se essere immigrati è di certo difficile essere anagraficamente nativi senza averne le capacità e le caratteristiche è drammatico.

Ponendo tutta l’attenzione sul divario generazionale e digitale si rischia inoltre di perdere di vista il contesto di convergenza ed il ruolo importante che in tutto questo giocano e giocheranno i media tradizionali.

Ma la cosa peggiore è che nel ribaltare simmetricamente un rapporto asimmetrico si rischia di sottolineare una diversità ormai evidente laddove bisognerebbe cercare invece le vie del dialogo e della contaminazione culturale.

Ho la sensazione che il tema della multiculturalità digitale fra nativi e migranti assumerà nei prossimi anni (sopratutto nel nostro Paese dove il divario digitale si innesta su quello determinato dalla ingombrante presenza de “La Casta™”) un ruolo fondamentale.

Forse non c’è molto da imparare dal “MySpace per adulti” ma da alcuni adulti, specie quelli come Henry, certamente si.

Nuovo sistema di commenti

Ieri dopo aver letto questo post di Scoble ho provato ad installare Disqus.
Si tratta in pratica di un nuovo sistema di commenti che consente lo svilupparsi di thread strutturati (come in un forum di discussione) nei commenti dei post.
Il sistema è in funzione nei post nuovi o in quelli che non avevano alcun commento. Negli altri post ho lasciato in piedi il vecchio sistema.
L’idea alla base di Disqus è piuttosto semplice (in pratica i commenti sono ospitati da un forum e mostrati selettivamente in calce ai post) ma alle volte le cose semplici possono anche funzionare.
Provatelo e fatemi sapere se funziona e se vi piace.

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Come volevasi dimostrare

 
How we fooled “the adults myspace” (Originally uploaded by FG@flickr.com
)

Le locandine esposte fuori dalle edicole sono sicuramente l’espressione più pura del “My Space per Adulti™”.

Questa foto rappresenta il risultato dello scherzo che avevo annunciato qualche giorno fa.

Il seminario è stato molto seguito da un pubblico attento e silenzioso di almeno una sessantina di studenti di Scienze della Comunicazione ed Informatica Applicata (ma ho riconosciuto anche alcuni studenti di economia, i tecnici della facoltà ed alcuni blogger). La struttura domanda/risposta a quattro voci ha funzionato a mio avviso particolarmente bene ed i video del prof. Welsh hanno fatto il resto.

Alla fine ho proprio la sensazione che si sia riusciti a restituire lo spirito del Web 2.0 nella forma della conversazione oltre che nei contenuti trattati.

Abbiamo parlato di Web 2.0 in generale, di social software, di rapporto fra conversazioni dal basso e MySpace per adulti, di Web 2.0 in ambito politico, aziendale ed universitario.

Molto interessanti anche le domande finali poste dagli studenti (relative alla spontaneità nel rapporto col pubblico di un blogger di successo e alla incomprensione fra logiche dei mezzi di comunicazione di massa e blog).

Purtroppo non abbiamo alcuna registrazione della cosa (shame on me).

Luca Conti ha però promesso agli studenti e agli interessanti che molti dei materiali utilizzati durante il seminario saranno resi disponibili sul blog che ha deciso di dedicare alle esperienze didattiche in corso.