La singolarità è vicina: il film

dal volume The Singularity is Near…

Come forse saprete, è da ieri disponibile il film documentario tratto dal libro “The Singularity is Near” di Ray Kurzweil. Il film, non è nulla eccezionale né dal punto di vista della qualità della recitazione né dal punto di vista della sceneggiatura, solleva alcuni punti interessanti riguardo l’impatto sociale del potenziale avvento di intelligenze artificiali che superino le capacità della mente umana. Il pretesto è la storia di Ramona, un’entità artificiale che nel corso del film si confronta con diverse problematiche legate al riconoscimento sociale del proprio status di macchina cosciente. La storia è corredata da spezzoni di interviste nelle quali l’autore del volume si confronta con esperti di varia estrazione fra cui Sherry Turkle e Marvin Minsky.
Se non avete letto il libro potete dare un’occhiata a questo post che ho scritto tempo fa. Se decidete di imbarcarvi nella lettura sappiate che è disponibile dal 2008 una versione italiana del volume edita da Apogeo.
Invece il film può essere scaricato da qui al costo di $9.95 o $14.95 con i contenuti bonus (le interviste ai personaggi, un dietro le quinte ed un filmato intitolato Singularity in a Nuteshell). Il download è 930 Mb per il film e 2,45 Gb per i contenuti bonus.

Verso la singolarità: ieri gli scacchi, oggi il Jeopardy

Dopo la storica vittoria di Deep Blue, IBM lancia una nuova sfida

Apprendo da engadget che a febbraio inizierà un torneo di Jeopardy a cui parteciperà ufficialmente Watson, un potente computer sul quale gira un’applicazione realizzata da IBM. Jeopardy è uno quiz show popolare negli Stati Uniti nel quale data una risposta il concorrente deve formulare la relativa domanda. Dopo la storica vittoria del 1997 in cui Deep Blue sconfisse il maestro ed allora campione mondiale in carica di scacchi Garry Kasparov (su questo guardatevi l’imperdibile documentario Game Over), si profila la possibilità di un nuovo momento storico nell’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Non so se la singolarità sia davvero vicina ma questo video teaser rilasciato in occasione del lancio dell’iniziativa da Jeopardy e IBM fa pensare.
Ora dopo aver visto il video prendetevi un po’ di tempo per leggere questa recensione di Garry Kasparov a Chess Metaphors: Artificial Intelligence and the Human Mind. Non ve ne pentirete.
Credits: foto by nestor galina

Floria1405 dice che non ne so di blog

Commentando questo pezzo scritto anni fa per il portale di Indire (si tratta di una sintesi di un materiale didattico completo di riferimenti bibliografici che mi avevano chiesto di produrre con tema la cultura di rete rivolto ai docenti in formazione). Nel post si afferma essenzialmente che in quell’articolo avrei usato un linguaggio troppo difficile perchè non sarei padrone dell’argomento ma la cosa che più mi interessa è una parte che riguarda il farsi media

Ma la cosa che più mi ha colpito è questa: io, in quanto autrice di blog, ambirei a farmi media. Anzi, più precisamente, mass media. Uh uh, che libidine: sono un’aspirante televisione e non lo sapevo.  Peccato che non si prenda in considerazione l’ipotesi speculare, ovvero quanto la logica comunicativa dei media tradizionali possa essere influenzata da un modo diverso di proporre contenuti, dal basso. E peccato che non si consideri il fatto che ad esempio la sottoscritta, con la sua media non eccelsa di accessi, non possa pretendere altro ruolo se non quello di testimone. Io, qui, non faccio comunicazione (o meglio, faccio comunicazione a scuola, quando spiego, proponendo e filtrando nozioni e informazioni). Io, qui, testimonio un’esperienza. La mia. Che, in quanto strettamente individuale e non riducibile sic et simpliciter ad una semplificazione e generalizzazione statistiche, non è presa in considerazione altrove. Insomma: siccome i media non mi rappresentano (non mi rappresentano come donna, come madre di famiglia, come intellettuale, come insegnante) io utilizzo questo strumento (il blog) per rivendicare un’ identità altrimenti negata e sminuita. Non so se questo significhi ambire a farsi media. Di certo vuol dire contrapporsi ai media tradizionali come Davide a Golia.

In realtà la tendenza al Farsi Media non è un’ambizione ma un processo che si inneseca quando qualcuno usa un mezzo di comunicazione di massa dalla parte del produttore dei contenuti. Ovvero produce dei contenuti senza poter sapere con precisione chi ne fruirà. Questa è una caratteristica propria delle conversazioni online ma non solo. Funziona così per chi scrive libri, per i giornalisti e per tutte quelle categorie che, appunto, “conversano con le masse”.
Ora uno degli aspetti interessanti del Farsi Media è che, per la prima volta nella storia, uno strato ampio della popolazione mondiale, ha accesso ai mezzi di comunicazione di massa. E’ difficile prevedere le conseguenze di questo accesso di massa ai mezzi di comunicazione di massa ma è possibile sicuramente immaginare ipotetici effetti sul piano del sociale, su quello individuale e su quello relazionale (per chi non conoscesse questa terminologia suggerisco la lettura di i media mondo). Il pezzo che ho scritto per Indire si riferiva alle possibili conseguenze sul piano individuale. Ovvero a cosa può comportare, nel lungo periodo, questo processo rispetto alla costruzione dell’identità dell’individuo in relazione alle tecnologie.
L’ipotesi è che l’esperienza del Farsi Media possa ben esemplificare la natura autoreferenziale del processo comunicativo poichè l’autore del blog conversa con l’immagine che si è auto-costruito del suo pubblico. Fare pratica di questa forma di riflessività non è banale e può far emergere una consapevolezza del rapporto fra identità propria ed ambiente. Per dirla con Hofstadter, ci aiuta a capire che siamo degli strani anelli. Questa capacità (anche detta metacognizione) è considerata da alcune prospettive pedagogiche fra gli skills essenziali alla base dei processi di apprendimento.
Detto questo, preciso che quello che a me più interessa non sono tanto gli aspetti individuali quanto quelli sociali.
Ovvero come cambierà in seguito al Farsi Media il rapporto fra cittadini e istituzioni? Come cambierà il rapporto fra aziende e consumatori? Come co-evolveranno i media mainstream e i media non mainstream?
Proprio per questo a me interessano le conversazioni dal basso 🙂

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Da American Idol ad Amici: narcisismo e social networks

Riassumo un pò brutalmente una parte di questo post (che fra l’altro in parte non condivido) per arrivare al punto:

  1. Le ricerche confermano che esiste un narcisismo crescente nella società americana, specialmente fra i giovani (vedi Fame Junkies: The Hidden Truths Behind America’s Favorite Addiction
  2. Questo narcisismo è causato dal sogno americano (tutti possono avere successo, tutti possono diventare presidente) e alimentato dall’esigenza di hollywood di creare nuove star a basso costo;
  3. Quando il sogno di diventare famoso si infrange contro la realtà uno dei risultati è l’uso di sostanze psicostimolanti quali le metanfetamine;
  4. Una delle vie d’uscita da questa spirale perversa (almeno stando a quanto osservato nell’america rurale) è la rinascita spirituale cristiana (Born again Christianity) nella quale:

The fervor for fame which was suppressed by meth re-emerged in zealous religiosity. Christianity promised an even less visible salvation: God’s grace. While blind faith is at the root of both fame-seeking and Christianity, Christianity offers a much more viable explanation for failures: God is teaching you a lesson… be patient, worship God, repent, and when you reach heaven you will understand.
While i have little issue with the core tenants of Christianity or religion in general, i am disgusted by the Christian Industrial Complex. In short, i believe that there is nothing Christian about the major institutions behind modern day organized American Christianity. Decades ago, the Salvation Army actively engaged in union-busting in order to maintain the status-quo. Today, the Christian Industrial Complex has risen into power in both politics and corporate life, but their underlying mission is the same: justify poor people’s industrial slavery so that the rich and powerful can become more rich and powerful. Ah, the modernization of the Protestant Ethic.

Dunque perchè in una società dove è piuttosto diffusa l’idea che non tutti possono avere successo e nella quale l’etica protestante non ha mai preso veramente piede esiste una trasmissione come Amici? Ovvero perchè da noi assistiamo ad un fenomeno analogo pur in un contesto culturale in apparenza completamente diverso? Esiste una qualche connessione fra questo diverso contesto culturale ed il diverso successo dei siti di social networks alla MySpace fra i teenagers italiani o siamo solo in ritardo di qualche anno?

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LaRiCA weblogs

La famiglia dei ricercatori LaRiCA con blog (dopo GBALuca e Giulia) si allarga con l’arrivo di Roberta Bartoletti che racconterà del rapporto fra memoria, comunicazione, individui e società.

Roberta si occupa da anni di questo tema ed è autore di due libri (di cui uno in in corso di stampa) che analizzano da punti di vista diversi i non facili rapporti fra la memoria del sociale, quella degli individui e quella delle collettività.

Per chi fosse interessato:

Il blog di Roberta si intitola la memoria delle cose, ed è nato veramente da poco. Siate dunque clementi se il tema di wordpress è quello standard e se mancano i link nei post (apprendere l’arte del blog richiede tempo) e lasciate un bel commento di incoraggiamento 😉 

Simbiosi e simbionti

Come avevo annunciato tempo, fa la scorsa settimana abbiamo avuto ospite ad Urbino il Prof. Giuseppe O. Longo. La presenza del professore triestino è ormai diventata una piacevole consuetudine per il corso di teoria dell’informazione e quest’anno siamo anche riusciti ad organizzare per l’ultimo giorno di lezione una sorta di dibattito a più voci (Lella Mazzoli, Giovanni Boccia Artieri ed io) sul rapporto fra tecnologie e comunicazione.

Personalmente ho approfittato per porre a Longo un paio di domande sulla continuous partial attention ed una più generale sul fenomeno del contenuto generato dagli utenti.

Il tutto è stato registrato (grazie ai potenti mezzi dell’istituto e alla gentile collaborazione di uno studente che si è prestato a fare l’operatore). Poi ho fatto il montaggio, aggiunto un paio di titoli e caricato il tutto su Google Video.

Il risultato è questo video della durate di 1 ora e 21 minuti in cui si spazia dalla robotica alla fantascienza, dalle teorie della comunicazione all’Intelligenza Artificiale.

Buona visione.

Recording Your Entire Life

Un nuovo articolo che parla di un vecchio progetto:  MyLifeBits.

Scientific American has an article on Gordon Bell’s 9-year-long experiment of recording great swaths of his life on digital media. The idea harks back to an article by Vannevar Bush in the 1940s, which arguably presaged hypertext and the Web as well. Bell, the father of the VAX computer and now with Microsoft Research, first published a paper on his experiment in CACM in 2001. The goal is to record “all of Bell’s communications with other people and machines, as well as the images he sees, the sounds he hears and the Web sites he visits.” Storage requirements are estimated at a modest 18 GB a year, 1.1 TB over a 60-year span. Not a lot if the article’s projection comes to pass — that we will all be walking around with 1 TB of storage in our portable devices by 2015. The article is co-authored by Jim Gemmell, who wrote the software for the MyLifeBits project.

Source: Recording Your Entire Life
Originally published on Tue, 20 Feb 2007 22:03:00 GMT by kdawson

Shared Phone Practices in Uganda

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Jan Chipchase is a canny observer of communication practices who roams the world as an anthropologist for Nokia. His current report, with Indri Tulusan, is on mobile phone sharing — an important socio-technical practice, especially in the developing world.

Source: Jan Chipchase, Nokia Anthropologist, on Shared Phone Use
Originally published on Wed, 20 Dec 2006 18:49:01 GMT by Howard Rheingold