La mailing list dell’Association of Internet Researcher è una miniera di informazioni e riflessioni interessanti.
Ultimamente qualcuno ha chiesto una bibliografia di riferimento su Second Life e, fino a questo momento, sono arrivate le seguenti segnalazioni:
Spero che possa essere utile a chi, come il gruppo Italian Bloggers Sindycate organizzato da Giuseppe Granieri, sta riflettendo su Second Life.
Se fossi un dottorando che vuole fare la tesi su Second Life mi unirei a questo gruppo e seguirei almeno alcune delle lezioni dei corsi segnalati al punto 2 e 3.
A buon intenditor…
Henry Jenkins ha appena pubblicato sul suo blog un post conclusivo annunciando che sono già disponibli i podcast delle sezioni plenarie della conferenza terminata stamattina.
Sono state tutte molto interessanti ma quella che ho preferito è stata Collaboration and Collective Intelligence.
Gli ambienti condivisi di gioco online (Massive Multiplayer Online Role Play Game) sono sicuramente fra i fenomenti sociali più interessanti degli ultimi anni. In questo blog si è parlato molto in passato sia di Second Life che di World of Warcraft.
Per questo motivo abbiamo deciso con GBA e Luca (che partecipa da tempo ad una gilda di ricercatori europei su WoW) di dedicare una giornata dei nostri rispettivi corsi a descrivere il fenomeno e le modalità attraverso le quali è possibile studiare questi ambienti da un punto di vista sociologico.
In particolare sfrutteremo la felice coincidenza che Sociologia dei New Media e Teoria dell’informazione sono collocati quasi di seguito, sono al secondo anno di corso e nella stessa aula per dedicare ai MMORPG quasi 5 ore di lezione e riflessione (dalle 12 alle 17).
L’appuntamento è per mercoledì prossimo 21 Marzo in aula B1 a partire dalle ore 12. Qui la locandina dell’evento.
Il programma di massima della giornata è il seguente:
12-14 | Cosa sono i MMORPG: un tour guidato di Azeroth;
14-14:30 | Proiezione della puntata di South Park (10E08) dedicata a World of Warcraft (in inglese con sottotitoli in italiano): Make Love not Warcraft (durata 22 minuti);
15-16 | Amore, denaro e potere nella Seconda Vita Quotidiana (extendend version);
16-17 | Il caso della proprietà come Media della Comunicazione Generalizzato Simbolicamente nei MMORPG.
Per gli studenti di Teoria dell’Informazione in ascolto consiglio almeno una veloce lettura preventiva dei post che ho scritto in passato sul tema archiviati nella categoria MMORPG.
Personalmente credo che Clay abbia ragione. Non credo che affermare che Second Life è sopravvalutato e che è e resterà un fenomeno di nicchia (pur se su scala globale) posso in alcun modo smentire l’importanza del fenomeno delle culture partecipative.
Mi piace inoltre la distinzione fra schlemiel e schuyster. I primi sono quelli che sono stati presi in giro dai numeri imprecisi diffusi da Linden Lab e dall’uso improprio del termine popolazione. I secondi sono quelli che, pur consapevoli delle reali dimensioni del fenomeno, sfruttano la popolarità di Second Life a scopi biecamente auto-promozionali innescando e promuovendo quel meccanismo di auto-sollecitazione che caratterizza spesso i discorsi sulle tecnologie.
Si annoverano in questa ultima categoria tutte le varie aperture di sedi di organizzazioni all’interno dell’ambiente creato da Linden Labs.
Non credo invece che la categoria Mondi Virtuali perchè penso invece che molti interessanti paralleli possano nascere dal confronto fra, ad esempio, Second Life e World of Warcraft. Penso inoltre che, in fondo, l’obiezione citata da Jenkins circa il fatto che questa categoria è così ampia da poter includere anche i giochi multiplayer online sia da accogliere.
Credo che in tutti i casi si tratta essenzialmente di ambienti fatti di comunicazione che vincolano (in modi diversi) i comportamenti degli utenti. La cosa che a me interessa di più è che negli spazi di libertà lasciati da questi vincoli strutturali emergano strutture di aspettative reciproche fra gli utenti che tendono a strutturarsi in ulteriori vincoli sociali.
Credo sia interessante l’esperimento di Clay Shirky, Henry Jenkins e Beth Coleman di organizzarsi per sincronizzare la pubblicazione di un post su Second Life sui loro rispettivi blog.
Al di là della modalità ho imparato diverse cose interessanti leggendo questi tre post:
Clay Shirky, proseguendo una sua riflessione già da tempo iniziata sugli aspetti demografici di Second Life, prevede che questo ambiente online multiutente sia destinato (e lo sarà anche in futuro) ad un pubblico necessariamente di nicchia. Quello che mi ha colpito di più è tuttavia la lucidità di alcune argomentazioni:
I mondi persistenti online (Second Life) e gli ambienti di gioco multi-utente (World of Warcraft) sono diversi ed la seconda categoria ha da sempre avuto molto più successo della prima in termini di numero di utenti.
Quando l’interazione è supportata dal gioco l’ambiente è fondato su regole semplificate e ben conoscibili (il cerchio magico di Huizinga) che sollevano gli ideatori e sviluppatori dal dover prendere in considerazione tutte le aspettative proprie della vita reale;
I giochi hanno uno scopo e sono studiati per rendere il raggiungimento di questo obiettivo difficile. Creando dunque le premesse per un accettazione da parte del giocatore di queste difficoltà ambientali;
Il realismo nel gioco non è essenziale perchè come dimostrato da alcuni esperimenti la percezione dell’ambiente circostanza in vista del raggiungimento di uno scopo passa in secondo piano ed i giocatori tendono ad adattare le proprie aspettative di realismo.
I mondi persistenti online funzionano tuttavia molto bene in specifici casi dove la gratificazione nel compiere un certo gesto può essere così alta da fare in modo che la nostra mente riempia i vuoti o funzioni comunque a partire da dettagli scarsi. Questo spiegherebbe il perchè dell’importanza del sesso in questi ambienti.
I mondi persistenti online sono delle buone idee impossibili da realizzare oggi pienamente a causa della mancata disponibilità di tecnologie che coinvolgano maggiormente la nostra sensorialità.
Beth Coleman sembra invece decisamente più possibilista sulle effettive possibilità di Second Life (sopratutto in relazione al recente rilascio del codice sorgente del client) e snocciola dati ed eventi recenti che dimostrerebbero la sua ipotesi. Ho trovato interessante questo riferimento ad una versione modificata del client per accedere al mondo virtuale di Second Life, pensata specificamente per supportare il lavoro di ricerca sul campo con interviste e questionari.
Infine Henry Jenkins parla dell’importanza di Second Life, come nuova specifica forma di cultura partecipativa. L’importanza delle pratiche interne al gioco può prescindere totalmente dal numero degli utenti che usano direttamente il gioco e coinvolge anche, attraverso le cronache dei media mainstream, chi il gioco non lo ha mai provato.
Credo che al di là di queste mie note (che di solito prendo per me stesso) questi tre pezzi vadano letti con grande attenzione perchè sono veramente interessanti.
Tutti gli autori, essenzialmente, concordano sul fatto che Second Life è oggetto di una attenzione (sia da parte dei media mainstream che da parte di quelli non mainstream) che supera, in un certo senso, l’importanza del fenomeno stesso. Di certo si è formato intorno a questo mondo persistente online un circolo vizioso che ha portato l’attenzione della stampa e gli annunci da parte di aziende ed istituzioni del loro ingresso in Second Life a rinforzarsi l’uno con l’altro. Penso che bisognerebbe provare a chiedersi come sia nato e come sia cresciuto nel tempo questo meccanismo. La mia sensazione è che Second Life, a partire dal nome, sia stato studiato su delle metafore potentissime e ben radicate nella cultura americana come il mito della frontiera, il self-made-man, l’economia di mercato ed il diritto alla proprietà privata.
Mi piacerebbe molto fare una ricerca sugli articoli dedicati da i media mainstream a Second Life.
reddevil said, January 18, 2007 @ 4:17 am (si noti l’ora)
che domande.. molto meglio WOW di una canna! basta avere le palle di dire basta quando si ha altro da fare… del resto guardate 1 po come passa il tempo libero la gente.. Se per esempio devo passare 1 ora della mia vita a guardare la televisione, che ormai dà solo reality e programmi spazzatura tanto vale giocare a wow dove mi diverto di + e gioco con i miei amici.
L’argomentazione finale è fantastica:
Ovvio che se fai il nerd [(nerd = persona che ha una vita sociale minima e vive la sua vita reale in 4 fasi che si mescolano l’una con l’altra 1)pranzo 2)cena 3)sonno 4)wow] e stai 14 ore al giorno su wow non è che passi una gran bella vita… ma se sei nerd vuol dire che non hai proprio altro da fare e se non hai altro da fare meglio stare su wow che almeno ti fa divertire piuttosto di guardare la tv o a fare altre cavolate inutili.. il tempo perso è lo stesso.
Ieri ho comprato (per Luca) The Burning Crusade al MediaWorld di Pesaro. Erano rimaste in tutto 5 o 6 copie nell’espositore e anche i report che ci arrivano da i nostri colleghi europei parlano di un sold-out abbastanza generalizzato.
Ecco la mia presentazione di ieri al convegno nazionale AIS di Perugia.
P.S. Putroppo la traduzione su SlideShare ha creato qualche piccolo problema di formattazione che non credo pregiudichi la comprensione del discorso. Per chi preferisse ho comunque deciso di rendere disponibile il file della presentazione in formato pdf.
(mentre scrivo inoltre mi accorgo che Roberta in un commento al precedente post rilancia esattamente la stessa domanda)
Dunque dopo averci pensato un pò credo di aver trovato un’ipotesi di risposta in questo post di Danah Boyd di cui traduco alcuni stralci.
Se si guarda alla crescita delle tecnologie sociali fra i giovani, si vede che non si tratta di un caso di divorzio dalla realtà per vivere nel digitale. MySpace ha più a che fare con le strutture sociali offline che con il mondo virtuale. Le persone modellano le loro reti sociali offline; il digitale completa (e complica) il fisico. In un ambiente dove tutti potrebbero socializzare con tutti, questo non avviene. Si socializza con le persone che accettiamo nello “spazio di carne”. Le tecnologie mobili sono un altro esempio di questo. Le persone non chiamano chiunque nel mondo (come fantasticato da qualcuno a proposito di Skype); Esse chiamano le persone con le quali sono più vicine. Le tecnologie mobili supportano le reti sociali pre-esistenti, non quelle puramente virtuali.
Questo è il grande scherzo connesso con l’esplosione dei media sociali. I ricercatori degli anni ’80 e ’90 hanno sostenuto che Internet avrebbe estinto i concetti di razza, classe, genere. Molti hanno ritenuto che la geografia ed il linguaggio non avrebbero più contato e che l’organizzazione sociale sarebbe stata basata su qualche funzione di più alto livello. Indovina cosa? Quando le masse hanno adottato i media sociali, essi hanno replicato le stesse strutture sociali presenti nei mondi offline. Provate a dare uno sguardo a come gli Indiani si stanno organizzando in caste su Orkut. Nulla viene cancellato perchè tutto è connesso ai corpi offline che sono pesantemente regolati su base quotidiana.
Mentre i network sociali e la telefonia mobile sono tecnologie per gli adulti, essi sono solo parte dell’infrastruttura sociale per i teenagers. Vi ricordate di quello che ha detto Alan Kay? “La tecnologia non è altro che ciò che non c’era quando si è nati”. Queste tecnologie non sono usate come un alternativa allo “spazio di carne”; sono adottate a completamento di esso.
Ecco quello che penso è che i mondi virtuali online abbiano il difetto di portare con sè la metafora della separazione che ci porta a farci domande come quella da cui sono partito.
In realtà, e questa era la mia prima slide di ieri, vita quotidiana/seconda vita quotidiana. Dove “/” rappresenta una distinzione che come tutte le distinzioni implica sempre l’esistenza (ed in un certo senso la dipendenza) dell’altro lato della forma.
Penso che questo spezzone della puntata di SouthPark dedicata a World of Warcraft chiarisca bene il punto di vista dei nativi.