Il Guru e la commodity

Bella lezione di Giuseppe Granieri nel corso di Sociologia dei New Media di GBA.

Tema: Second Life.

A cena la sera prima abbiamo parlato di unacademy e fra un bicchiere di rosso ed una grappa è venuta fuori l’idea di proporre 5 critiche a Second Life come spunto per la lezione.

Fra il gioco di ruolo e la realtà ho fatto i compiti e sono venuto fuori con questi 5 punti sul perchè Second Life per me non conta:

  1. Second Life altro non è che una chat con i pupazzi;
  2. Ogni avatar di Second Life consuma in media 1,752 kWh all’anno ovvero qualcosa di meno della media di un essere umano (2,436 kWh), più di un essere umano medio che vive in un paese in via di sviluppo (1,015 kWh) e circa lo stesso di un abitate del Brasile (1,884 kWh);
  3. I giovani usano i social networks e non Second Life;
  4. Second Life è una piattaforma proprietaria, un mondo con le sue regole e vincoli. Cosa ci garantisce che studiando le relazioni in quel mondo potremo estendere le nostre conoscenze in futuro ad altri mondi online?;
  5. Mondi Virtuali 3d? Esistono da anni, perchè Second Life dovrebbe essere meglio di ActiveWorlds?

Nel rispodondere Giuseppe ha spiegato in modo molto lucido perchè secondo lui Second Life conta e non poco.

Molte delle argomentazioni possono essere lette in questi due articoli:

Provando biecamente a risassumere potremmo dire che Second Life (e più in generale i mondi metaforici) rappresentano per lui una tecnologia in mano oggi agli early adopters un pò come i blog negli anni ’90.

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Non è ancora chiaro cosa farne ma le potenzialità sono grandi ed arrivare prima significa aquisire in prospettiva vantaggi di posizione spendibili quando la tecnologia uscirà dalla nicchia per diventare d’uso comune. I mondi metaforici sono dei fogli bianchi sta a noi riempirli di idee per sperimentare,  comprenderli e dargli senso

Al contrario i blog, sempre seguendo l’argomentazione di Giuseppe, sono ormai diventati una commodity. La tarda maggioranza ormai ha capito cosa sono e a volte li usa.

Come a dire lì non c’è più niente da innovare nè da inventare.

E qui la mia prospettiva di ricercatore e quella di un guru dell’innovazione divergono.

Per me una tecnologia inizia a diventare interessante quando se ne possono studiare gli effetti sulla società. Blog e social networks diventano interessanti ora in Italia per la prima volta dal punto di vista della ricerca. Prima si poteva speculare e riflettere sulla domestication americana. Oggi si può studiare l’effetto dell’introduzione di questa tecnologia in Italia.

Il fatto che una tecnologia diventi commodity è infatti, dalla mia prospettiva di ricercatore, una condizione per iniziare a lavorarci sopra efficacemente.

Per questo al momento blog e social networks sono per me più importanti dei mondi metaforici Second Life Like.

Ma visto che questo blog si chiama nextmedia and society non voglio neanche sottrarmi a giocare anche io a fare il guru dell’innovazione.

[guru mode on]

Non credo affatto che non vi siano margini di innovazione sul Web.

Le applicazioni sociali supportate dalla semantica delle macchine (tipo Twine) mi sembrano ad esempio una prospettiva particolarmente interessante. La portabilità del grafo sociale e la possibilità di creare un proprio lifestream al di fuori dei walled gardens mi sembra un’altra prospettiva di particolare interesse. Infine la possibilità di collezionare ed esporre in un formato standard la distribuzione dell’attenzione che un utente dedica alla fruizione dei contenuti (APML) mi sembra una terza prospettiva di innovazione di potenziale interesse.

Certo anche i mondi metaforici hanno delle potenzialità. Di sicuro un accesso dal mondo metaforico a Internet potrebbe aprire degli spazi interessanti per costruire interfacce tridimensionali per servizi fruibili ora solo dal web.

[guru mode off]

In fondo non essere un guru è un gran vantaggio. Sono terrorizzato al solo pensiero di dover sopravvivere cercando di prevedere oggi quali tecnolgie saranno mainstream domani. Del resto se c’è una cosa che ho imparato dai miei studi è che i sistemi complessi sono estremamente difficili da prevedere.

Fortuna che faccio ricerca sociologica 🙂

Networks Visualization Tools

Recentemente nella mailing list dell’Associazione dei Ricercatori che studiano Interent si è parlato di strumenti software per disegnare e visulizzare reti di relazioni.
Di seguito elenco le applicazioni di cui si è parlato con il preciso scopo di non dimenticarmene:

  1. MindRaider
    a Semantic Web outliner. It aims to connect the tradition of outline editors with emerging technologies. MindRaider mission is to help you in organization of your cognitive base and associated web/local/realworld resources in a way that enables quick navigation, concise representation and inferencing
  2. TouchGraph Google Browser (ma anche Amazon e Facebook)
    free Java application to explore the connections between related websites
  3. NetworkX
    a Python package for the creation, manipulation, and study of the structure, dynamics, and functions of complex networks
  4. Graphviz
    It take descriptions of graphs in a simple text language, and make diagrams in several useful formats such as images and SVG for web pages, Postscript for inclusion in PDF or other documents; or display in an interactive graph browser
  5. SoNIA (Social Network Image Animator)
    a Java-based package for visualizing dynamic or longitudinal “network” data. By dynamic, we mean that in addition to information about the relations (ties) between various entities (actors, nodes) there is also information about when these relations occur, or at least the relative order in which they occur

Questi ed altri strumenti analoghi sono inoltre elencati in questo post.

Technorati tags: ,

La semantica dei sistemi sociali negli spazi mediati di rete

Come promesso condivido qui, in aggiunta alla presentazione, anche l’articolo collegato all’intervento svolto in Spagna un paio di settimane fa.
image La semantica dei sistemi sociali negli spazi mediati di rete
Si tratta come al solito di una bozza e quindi commenti e suggerimenti sono benvenuti.

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Flickr Machine Tags

Apparentemente una cosa tecnica ma in realtà estremamente interessante in prospettiva futura.

I Flickr machine tag altro non sono che dei tag composti da tre parti:

namespace : predicate = value

Usando questo tipo di etichette si può contestualizzare il tag aprendo a molte interessanti applicazioni. Quella più evidente è l’uso del namespace geo e dei predicati lat e lon.

Ad esempio per georeferenziare questa fotografia scattata nel mio ufficio ad Urbino.

potrei usare i seguenti machine tag:

  • geo:lat=43.72
  • geo:lon=12.63

rendendo possibile la comparsa dell’immagine nella mappa delle immagini georeferenziata di Flickr nella zona di Urbino.

Ovviamente immagino che emergerà uno standard anche per il tempo anche se molto spesso l’informazione relativa al momento in cui la fotografia è stata scattata è già inscritta nella foto dalla maggior parte della macchine fotografiche e telefoni cellulari

Ma questo è solo l’inizio perchè i machine tag, non diversamente dai tag, sono completamente liberi. Ovvero chiunque può costruire namespace e predicati come meglio crede.

La stessa foto potrebbe dunque anche essere etichettata come:

  • notebook:tablet=acer
  • place:office=larica
  • flickr:user=fg
  • body:hand=fg (ebbene si, è possibile usare i machine tag come valori di machine tag)

Ovviamente la stragrande maggioranza degli utenti non inserirà manualmente i machine tags ma lo farà attraverso delle applicazioni ad hoc come ad esempio lo strumento di Flickr per georeferenziare attraverso una semplice interfaccia le foto caricate.

Scommetto che la logica dei machine tag verrà presto importata in molte altre applicazioni che utilizzano i tag.

(via O’Reilly Radar)

Senso comune e nuove tecnologie

Un paio di giorni (ed in particolare una intensa mattinata) a parlare del rapporto fra senso comune e nuove tecnologie hanno lasciato nella mia mente un paio di certezze:

  • Il concetto di senso comune (come tanti altri nelle scienze sociali) non è ben definito (su questo si veda il volume Il senso comune di Ambrogio Santambrogio) e per questo motivo piuttosto inutilizzabile come fondamento sul quale costruira altra conoscenza;
  • Quando si affianca questo concetto indefinito alle prospettive incerte delle nuove tecnologie una cosa appare chiara. Come ha detto Daniel A. Freedman nel campo della filosofia della scienza (un grazie a Luca per avermi segnalato questa citazione): “… technology tends to overwhelm common sense” (e questo indipendentemente da cosa il common sense sia di volta in volta). Se ci si pensa il fatto che le tecnologie siano nuove (ovvero orientate al futuro) pone queste in diretto contrasto con il presente (ovvero al senso comune). Ovvero o le tecnologie non sono nuove o sono in contrasto con il senso comune 🙂

Ed in effetti questo è quello che emerso (almeno in base alla mia personale ricostruzione dei fatti), anche se su oggetti e con tagli molto diversi, nel panel sulle nuove tecnologie cui ho preso parte ieri a Perugia (programma completo dell’evento organizzato dall’AIS).

Davide Bennato ha presentato i risultati di una imponente ricerca (con interviste telefoniche su un campione rappresentativo di utenti Internet in Italia integrate da una websurvey) sull’utente del file sharing da cui emergono molti dati interessanti che contribuiscono a sfatare una serie di luoghi comuni sul profilo e sulle motivazioni di chi scarica file legalmente o illegalmente attraverso le reti peer-to-peer.

Davide Borrelli, prendendo spunto dall’articolo We the Web di Kevin Kelly pubblicato ad agosto del 2005 su Wired, ha evidenziato alcuni aspetti dell’impatto sociale del web 2.0 sopratutto in relazione alla distinzione fra tassonomie e folksonomie. Interessante su questo una domanda di Alberto Marinelli (moderatore insieme a GBA della sessione) sul rapporto fra folksonomie e web semantico come due forme contrapposte di costruzione del senso comune in rete. Qualcosa su questo avevo scritto in passato su questo blog.

Barbara Scifo ha descritto limiti e possibilità dell’utilizzo della media and technology domestication applicata ai new media. I new media decostruiscono la distinzione pubblico/privato e di conseguenza rendono problematico l’utilizzo di una serie di framework metodologici e teorici di costruiti proprio in base a questa distinzione. Barbara, che ha scritto di recente molto sugli usi sociali, sopratutto fra i giovani, della telefonia mobile (qui una sua intervista pubblicata su apogeoonline e qui un articolo in inglese), ritiene possa dire ancora molto se non altro come tool per comprendere le fasi di adozione di una certa tecnologia.

Luigi Spedicato ha parlato del rapporto fra arte e design delle interfaccie dei siti web citando una vasta letteratura ed in particolare Walter Benjamin a supporto delle sue riflessioni.

Last but no least, Laura Corradi ha affrontato il difficile rapporto fra scienza e tecnologia descrivendo il caso delle tecnologie per la riproduzione artificiale.

La scienza del web

Mentre in Italia si discute sul futuro delle scienze della comunicazione, Tim Berners-Lee lancia l’idea della Web Science come punto di incontro fra fisica, biologia, computer science, psicologia e sociologia. Traduco per chi non legge in inglese i primi due paragrafi dell’articolo pubblicato qualche mese fa su Science.

Da quando è nato il World Wide Web ha cambiato il modo in cui gli scienziati comunicano, collaborano ed insegnano. Esiste tuttavia una crescente consapevolezza fra molti ricercatori che una chiara agenda per la ricerca finalizzata a comprendere il presente, l’evoluzione e le potenzialità del Web sia necessaria. Se vogliamo modellare il Web; se desideriamo i principi architetturali che ne hanno consentito la crescita; e se desideriamo essere sicuri che questi supportino i valori sociali di base quali la fiducia, la privacy, il rispetto per i confini sociali, allora dobbiamo definire questa agenda di ricerca che abbia il Web come focus primario di attenzione.

Quando ragioniamo di un’agenda per la scienza del Web, usiamo il termine “scienza” in due modi. Le scienze fisiche e biologiche analizzano il mondo naturale e cercano di trovare leggi microscopiche che estrapolate su un livello macro possono generare il comportamento osservato. La computer science, al contrario, anche se in parte analitica è essenzialmente sintetica: si occupa della costruzione di nuovi linguaggi e algoritmi volti a produrre nuovi comportamenti desiderati. La scienza del Web è la combinazione di questi due caratteristiche. Il web è uno spazio ingegnerizzato creato attraverso linguaggi e protocolli formalmente specificati. Tuttavia, poiché sono le persone a creare le pagine Web ed i collegamenti ipertestuali fra loro, la loro interazione genera trame emergenti su scala macroscopica. Queste interazioni umane sono, a loro volta, governate da leggi e convenzioni sociali. La scienza del Web deve dunque essere inerentemente interdisciplinare; il suo obiettivo è da un lato di comprendere la crescita del Web e dall’altro di creare approcci che consentano l’emergere di nuove trame potenti ed in grado di portare un maggiore beneficio.

Lezione del giorno: una chiara definizione è la premessa per lo sviluppo di qualsiasi disciplina.

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Sullo stato del semantic web

Bel post sull’enorme problema dell’intergrazione fra diverse ontologie nel semantic web. Nova Spivack, l’autore del blog, sta lavorando con la sua società Radar Networks a qualcosa di ancora piuttosto misterioso ma apparentemente molto interessante.
Credo che la spigazione di quello che stanno facendo è in questo post.
Il background cibernetico di Spivack è una garanzia di comprensione delle dinamiche dell’osservazione di secondo ordine che sono a fondamento dei maggiori successi del web.
Tenete d’occhio questi ragazzi…