What's next special issue: "Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics"

Ultimo numero speciale di What’s Next dedicato a presentare e discutere “Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics” l’ultimo lavoro di danah boyd.Ultimo numero speciale di What’s Next dedicato a presentare e discutere “Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics” l’ultimo lavoro di danah boyd.Ultimo numero speciale di What’s Next dedicato a presentare e discutere “Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics” l’ultimo lavoro di danah boyd.

Come promesso in dicembre, danah boyd ha pubblicato la sua tesi di dottorato sul suo blog.
Si tratta, come noto, di uno studio etnografico sull’uso che i teenager americani fanno dei siti di social network come MySpace e Facebook. Il documento si compone di poco più di 300 pagine ed è articolato in sette capitoli che definiscono in modo chiaro la struttura del lavoro descritta nel primo capitolo.
Oltre a presentare la struttura del lavoro, questo capitolo introduce anche i principali riferimenti teorici, definisce cosa si intende per giovani nel contesto del lavoro e cosa si intende per pubblici di rete (networked publics).
Dal punto di vista del rapporto fra evoluzione della società e delle tecnologie il lavoro si ispira ad un approccio di tipo Social Construction of Technology. Questo approccio enumera una serie di principi (Relevant social groups, Problems and Conflicts, Interpretive Flexibility, Design Flexibility, Closure adn Stabilization) che ruotano intorno all’idea che il rapporto fra società e tecnologia sia di tipo co-evolutivo ed al conseguente netto rifiuto di ogni prospettiva di determinismo tecnologico. Si tratta di approccio in qualche modo ecologico allo studio del rapporto società/tecnologie che consente di dare conto
Non c’è una vera e propria definizione della categoria di giovani e non c’è una chiara coorte di età individuata teoricamente (anche se dal punto di vista operativo l’autore ha scelto di concentrarsi sulla fascia 13-18 anni). La categoria dei giovani non è definita sulla base dello sviluppo biologico ma piuttosto come costruzione sociale.
Il cuore del lavoro consiste nell’analisi approfondita di tre set di relazioni, nella definizione di pubblici di rete, delle tecniche proprietà che caratterizzano questo spazio e delle dinamiche sociali che emergono. Questa parte contiene alcune interessanti novità rispetto a quanto era stato possibile leggere fino a questo momento negli articoli e sul blog dell’autore.
Neworked Publics è definito in modo duplice a partire dalla generica ed in un certo senso auto-referenziale definizione di “publics that are restructured by network technologies”.
Networked Publics è al tempo stesso un luogo ed un gruppo di individui.
1) è lo spazio costruito dalle tecnologie di rete (“MySpace is like a park”);
2) ed è la comunità immaginata che emerge come risultato delle intersezioni fra le persone, le tecnologie e le pratiche.
La definizione è giocata sull’ambiguità del termine pubblico che può essere usato per definire il tipo di accesso ad uno spazio (public access) o un gruppo di persone che sono testimoni di un evento (public as audience).
[Qui sarebbe interessante capire perché non siano state distinte le due definizioni usando ad esempio “networked space” per la prima]
Lo spazio pubblico di rete è caratterizzato da quattro proprietà tecniche (descritte nel paragrafo 1.5.1.) che non sono nuove nel panorama dei media ma interagiscono in modo inedito.
Le quattro proprietà sono:

  1. persistence
  2. searchability
  3. replicability
  4. scalability

Alcune sono già note e ne ho abbondantemente parlato nelle edizioni precedenti di What’s Next.
A differenza di quanto scritto fino ad ora, l’autore ha sostituito le invidible audiences con la scalability. La scalabilità è definita come la possibilità ma non la garanzia di una enorme visibilità per i contenuti esposti ai pubblici di rete. Questa proprietà consente all’autore di introdurre un riferimento ai pubblici di nicchia ed alla lunga coda. Interessante in questo contesto la precisazione che riguarda la natura dei contenuti che scalano. Contrariamente a quanto si era sperato i contenuti che raggiungono la massima visibilità sono spesso gli stessi che Habermas critica nei suoi lavori in relazione alle audience della comunicazione broadcast.
L’intrecciarsi di queste quattro proprietà tecniche danno origine ad un set di tre dinamiche:

  1. invisible audiences;
  2. collapsed contexts (Meyrowitz);
  3. blurring of public and private.


Il capitolo due descrive invece nel dettaglio e nel contesto degli studi precedenti l’approccio etnografico adottato.
Interessante in questo contesto la critica a Sherry Turkle considerata, forse non a torto, come l’iniziatrice di un filone di pensiero che mette in guardia verso il rischio della frammentazione dell’identità collegato alla comunicazione mediata dal computer. Le conclusioni di danah boyd puntano invece in una direzione sottolineando che le relazioni sociali che si intrattengono online sono il più delle volte una naturale prosecuzione di quelle esistenti fuori dalla rete.
I dati analizzati sono di due tipi: interviste a singoli o coppie (in totale coinvolti 94 teeanagers di 10 Stati) ed informazioni contenute nei profili (layout, foto, descrizioni di sè, etc.) e sono analizzati secondo tre direttrici (set di relazioni) ciascuna approfondite in un capitolo dedicato basato su riferimenti teorici diversi:

  1. self and identity [chapter 4] Goffman impression management;
  2. peer sociality [chapter 5] – Eckert social categories 1989 e Milner status rituals 2004;
  3. parents and adults (power relations) [chapter 6] – Valentine 2004 children access to public spaces.

L’ultimo capitolo è dedicato alle conclusioni personali dell’autore e si articola su tre paragrafi: Lessons from the Everyday Lives of Teens, The Significance of Publics e The Future of Networked Publics. In questi tre paragrafi sono riprese e sviluppate brevemente alcune delle conclusioni che permeano tutto il lavoro e vengono forniti alcuni spunti nuovi.
In Everyday Lives of Teen l’autore mette in luce come le pratiche di costruzione dell’identità e di relazioni fra pari che hanno luogo nei siti di social network non sono di certo una novità e si innestano su dinamiche pre-esistenti. Al tempo stesso lo spazio di rete con le sue proprietà e dinamiche rende esplicite e visibili alcune proprietà delle relazione che erano prima esplicite. Questo innesca “drammi sociali” che pur essendo tipici di quella fascia d’età assumono a volte dei contorni ancora più spigolosi.
Non esiste una particolare attrazione dei giovani verso i social media, è invece il fatto che in questi luoghi si possano incontrare i propri amici che li rendono interessanti. Quando richiesto la maggior parte degli intervistati dichiara di preferire le relazioni di persona a quelle mediate e considerano in genere questa forma di comunicazione come una alternativa da praticare quando gli incontri di persona non sono possibili.
I giovani non sembrano avere una innata capacità che gli consenta di comprendere come navigare i social media e le dinamiche che ne risultano ma stanno imparando a farlo mentre imparano, al tempo stesso, come muoversi nella vista sociale in senso lato. Questo differenzia i giovani dagli adulti che devono invece re-imparare come comportarsi negli spazi di rete.
L’attività svolta dentro i siti di social network è dunque in senso lato formativa a dispetto di quanto invece sia considerata una perdita di tempo da parte dei genitori e degli adulti in generale. Il desiderio dei giovani di sperimentare la socialità fra pari in assenza degli adulti (bedroom culture) è spesso causa di conflitto intergenerazionale. Talvolta questo conflitto sfocia nella demonizzazione tout court di questi spazi spesso descritti dai media come pericolosi. Il ruolo degli adulti sarebbe invece quello di affrontare questi temi ed aiutare i giovani a prendere decisioni che consentano loro di usare questi spazi in chiave positiva.
Nel paragrafo The Significance of Publics, l’autore riprende il tema della partecipazione dei teenagers agli spazi pubblici. Secondo danah boyd queste possibilità di partecipazione sono fortemente ristrette dagli adulti. Gli spazi pubblici (di rete o meno), intesi come contesti dove i giovani possono incontrarsi fra loro ma anche incontrare altri adulti, svolgono tuttavia un ruolo importante come completamento alla socializzazione fra pari. Escludere i giovani da questi spazi non è dunque una buona strategia perché limita gli strumenti che questi ragazzi avranno a disposizione nella transizione al mondo degli adulti e può risultare in una generazione isolata dalla vita politica e dall’impegno sociale.
Infine nel paragrafo intitolato The Future of Networked Publics viene introdotta la tematica del mobile.  L’accesso al pubblico mediato di rete attraverso dispositivi mobili come i cellulari di nuova generazione (reso possibili dalle reti senza fili e le connettività dati a tariffa flat) introduce una nuova proprietà tecnica che danah boyd chiama (dis)locability. Si tratta della proprietà che rende le conversazioni simultaneamente indipendenti dalla posizione fisica ma più profondamente connesse ad essa attraverso le tecnologie locative come il GPS.
Venendo alle mie considerazioni personali devo ammettere che le aspettative verso questo lavoro non sono andate deluse. Si tratta di uno studio che ha dietro una struttura solida e presenta un frame work interpretativo delle trasformazioni dello spazio pubblico che potrà, come suggerisce l’autore, essere utilizzato anche quando interverranno inevitabilmente altre modificazioni legate o meno all’avvento di nuove tecnologie.
Al tempo stesso devo ammettere che per chi ha familiarità con il pensiero di danah boyd questo lavoro non presenta grandi novità. L’impostazione iniziale a difesa delle libertà dei teenager nei confronti del mondo degli adulti è sempre fortemente presente e pervade tutto il lavoro. La definizione di networked publics lascia secondo me aperta una contraddizione (fra pubblico come spazio e come audience) che poteva essere facilmente sanata utilizzando due termini diversi per descrivere due cose che sono oggettivamente diverse. Mi piace invece la distinzione fra proprietà tecniche e dinamiche perché offre una collocazione più consona all’idea del pubblico invisibile. Sembra tuttavia che i nuovi elementi introdotti (scalability fra le proprietà , collapsed context e blurring public/private fra le dinamiche) non sono sempre approfonditi con lo stesso dettaglio degli elementi che già l’autore aveva introdotto da tempo.
Per il resto è un lavoro che vale sicuramente la lettura e che non potrà che migliorare grazie all’enorme feedback che di certo riceverà.

Come promesso in dicembre, danah boyd ha pubblicato la sua tesi di dottorato sul suo blog.

Si tratta, come noto, di uno studio etnografico sull’uso che i teenager americani fanno dei siti di social network come MySpace e Facebook. Il documento si compone di poco più di 300 pagine ed è articolato in sette capitoli che definiscono in modo chiaro la struttura del lavoro descritta nel primo capitolo.

Oltre a presentare la struttura del lavoro, questo capitolo introduce anche i principali riferimenti teorici, definisce cosa si intende per giovani nel contesto del lavoro e cosa si intende per pubblici di rete (networked publics).

Dal punto di vista del rapporto fra evoluzione della società e delle tecnologie il lavoro si ispira ad un approccio di tipo Social Construction of Technology. Questo approccio enumera una serie di principi (Relevant social groups, Problems and Conflicts, Interpretive Flexibility, Design Flexibility, Closure adn Stabilization) che ruotano intorno all’idea che il rapporto fra società e tecnologia sia di tipo co-evolutivo ed al conseguente netto rifiuto di ogni prospettiva di determinismo tecnologico. Si tratta di approccio in qualche modo ecologico allo studio del rapporto società/tecnologie che consente di dare conto

Non c’è una vera e propria definizione della categoria di giovani e non c’è una chiara coorte di età individuata teoricamente (anche se dal punto di vista operativo l’autore ha scelto di concentrarsi sulla fascia 13-18 anni). La categoria dei giovani non è definita sulla base dello sviluppo biologico ma piuttosto come costruzione sociale.

Il cuore del lavoro consiste nell’analisi approfondita di tre set di relazioni, nella definizione di pubblici di rete, delle tecniche proprietà che caratterizzano questo spazio e delle dinamiche sociali che emergono. Questa parte contiene alcune interessanti novità rispetto a quanto era stato possibile leggere fino a questo momento negli articoli e sul blog dell’autore.

Neworked Publics è definito in modo duplice a partire dalla generica ed in un certo senso auto-referenziale definizione di “publics that are restructured by network technologies”.

Networked Publics è al tempo stesso un luogo ed un gruppo di individui.

1) è lo spazio costruito dalle tecnologie di rete (“MySpace is like a park”);
2) ed è la comunità immaginata che emerge come risultato delle intersezioni fra le persone, le tecnologie e le pratiche.

La definizione è giocata sull’ambiguità del termine pubblico che può essere usato per definire il tipo di accesso ad uno spazio (public access) o un gruppo di persone che sono testimoni di un evento (public as audience).

[Qui sarebbe interessante capire perché non siano state distinte le due definizioni usando ad esempio “networked space” per la prima]

Lo spazio pubblico di rete è caratterizzato da quattro proprietà tecniche (descritte nel paragrafo 1.5.1.) che non sono nuove nel panorama dei media ma interagiscono in modo inedito.

Le quattro proprietà sono:

  1. persistence
  2. searchability
  3. replicability
  4. scalability

Alcune sono già note e ne ho abbondantemente parlato nelle edizioni precedenti di What’s Next.

A differenza di quanto scritto fino ad ora, l’autore ha sostituito le invidible audiences con la scalability. La scalabilità è definita come la possibilità ma non la garanzia di una enorme visibilità per i contenuti esposti ai pubblici di rete. Questa proprietà consente all’autore di introdurre un riferimento ai pubblici di nicchia ed alla lunga coda. Interessante in questo contesto la precisazione che riguarda la natura dei contenuti che scalano. Contrariamente a quanto si era sperato i contenuti che raggiungono la massima visibilità sono spesso gli stessi che Habermas critica nei suoi lavori in relazione alle audience della comunicazione broadcast.

L’intrecciarsi di queste quattro proprietà tecniche danno origine ad un set di tre dinamiche:

  1. invisible audiences;
  2. collapsed contexts (Meyrowitz);
  3. blurring of public and private.

Il capitolo due descrive invece nel dettaglio e nel contesto degli studi precedenti l’approccio etnografico adottato.

Interessante in questo contesto la critica a Sherry Turkle considerata, forse non a torto, come l’iniziatrice di un filone di pensiero che mette in guardia verso il rischio della frammentazione dell’identità collegato alla comunicazione mediata dal computer. Le conclusioni di danah boyd puntano invece in una direzione sottolineando che le relazioni sociali che si intrattengono online sono il più delle volte una naturale prosecuzione di quelle esistenti fuori dalla rete.

I dati analizzati sono di due tipi: interviste a singoli o coppie (in totale coinvolti 94 teeanagers di 10 Stati) ed informazioni contenute nei profili (layout, foto, descrizioni di sè, etc.) e sono analizzati secondo tre direttrici (set di relazioni) ciascuna approfondite in un capitolo dedicato basato su riferimenti teorici diversi:

  1. self and identity [chapter 4] Goffman impression management;
  2. peer sociality [chapter 5] – Eckert social categories 1989 e Milner status rituals 2004;
  3. parents and adults (power relations) [chapter 6] – Valentine 2004 children access to public spaces.

L’ultimo capitolo è dedicato alle conclusioni personali dell’autore e si articola su tre paragrafi: Lessons from the Everyday Lives of Teens, The Significance of Publics e The Future of Networked Publics. In questi tre paragrafi sono riprese e sviluppate brevemente alcune delle conclusioni che permeano tutto il lavoro e vengono forniti alcuni spunti nuovi.

In Everyday Lives of Teen l’autore mette in luce come le pratiche di costruzione dell’identità e di relazioni fra pari che hanno luogo nei siti di social network non sono di certo una novità e si innestano su dinamiche pre-esistenti. Al tempo stesso lo spazio di rete con le sue proprietà e dinamiche rende esplicite e visibili alcune proprietà delle relazione che erano prima esplicite. Questo innesca “drammi sociali” che pur essendo tipici di quella fascia d’età assumono a volte dei contorni ancora più spigolosi.

Non esiste una particolare attrazione dei giovani verso i social media, è invece il fatto che in questi luoghi si possano incontrare i propri amici che li rendono interessanti. Quando richiesto la maggior parte degli intervistati dichiara di preferire le relazioni di persona a quelle mediate e considerano in genere questa forma di comunicazione come una alternativa da praticare quando gli incontri di persona non sono possibili.

I giovani non sembrano avere una innata capacità che gli consenta di comprendere come navigare i social media e le dinamiche che ne risultano ma stanno imparando a farlo mentre imparano, al tempo stesso, come muoversi nella vista sociale in senso lato. Questo differenzia i giovani dagli adulti che devono invece re-imparare come comportarsi negli spazi di rete.

L’attività svolta dentro i siti di social network è dunque in senso lato formativa a dispetto di quanto invece sia considerata una perdita di tempo da parte dei genitori e degli adulti in generale. Il desiderio dei giovani di sperimentare la socialità fra pari in assenza degli adulti (bedroom culture) è spesso causa di conflitto intergenerazionale. Talvolta questo conflitto sfocia nella demonizzazione tout court di questi spazi spesso descritti dai media come pericolosi. Il ruolo degli adulti sarebbe invece quello di affrontare questi temi ed aiutare i giovani a prendere decisioni che consentano loro di usare questi spazi in chiave positiva.

Nel paragrafo The Significance of Publics, l’autore riprende il tema della partecipazione dei teenagers agli spazi pubblici. Secondo danah boyd queste possibilità di partecipazione sono fortemente ristrette dagli adulti. Gli spazi pubblici (di rete o meno), intesi come contesti dove i giovani possono incontrarsi fra loro ma anche incontrare altri adulti, svolgono tuttavia un ruolo importante come completamento alla socializzazione fra pari. Escludere i giovani da questi spazi non è dunque una buona strategia perché limita gli strumenti che questi ragazzi avranno a disposizione nella transizione al mondo degli adulti e può risultare in una generazione isolata dalla vita politica e dall’impegno sociale.

Infine nel paragrafo intitolato The Future of Networked Publics viene introdotta la tematica del mobile.  L’accesso al pubblico mediato di rete attraverso dispositivi mobili come i cellulari di nuova generazione (reso possibili dalle reti senza fili e le connettività dati a tariffa flat) introduce una nuova proprietà tecnica che danah boyd chiama (dis)locability. Si tratta della proprietà che rende le conversazioni simultaneamente indipendenti dalla posizione fisica ma più profondamente connesse ad essa attraverso le tecnologie locative come il GPS.

Venendo alle mie considerazioni personali devo ammettere che le aspettative verso questo lavoro non sono andate deluse. Si tratta di uno studio che ha dietro una struttura solida e presenta un frame work interpretativo delle trasformazioni dello spazio pubblico che potrà, come suggerisce l’autore, essere utilizzato anche quando interverranno inevitabilmente altre modificazioni legate o meno all’avvento di nuove tecnologie.

Al tempo stesso devo ammettere che per chi ha familiarità con il pensiero di danah boyd questo lavoro non presenta grandi novità. L’impostazione iniziale a difesa delle libertà dei teenager nei confronti del mondo degli adulti è sempre fortemente presente e pervade tutto il lavoro. La definizione di networked publics lascia secondo me aperta una contraddizione (fra pubblico come spazio e come audience) che poteva essere facilmente sanata utilizzando due termini diversi per descrivere due cose che sono oggettivamente diverse. Mi piace invece la distinzione fra proprietà tecniche e dinamiche perché offre una collocazione più consona all’idea del pubblico invisibile. Sembra tuttavia che i nuovi elementi introdotti (scalability fra le proprietà , collapsed context e blurring public/private fra le dinamiche) non sono sempre approfonditi con lo stesso dettaglio degli elementi che già l’autore aveva introdotto da tempo.

Per il resto è un lavoro che vale sicuramente la lettura e che non potrà che migliorare grazie all’enorme feedback che di certo riceverà.

Come promesso in dicembre, danah boyd ha pubblicato la sua tesi di dottorato sul suo blog.

Si tratta, come noto, di uno studio etnografico sull’uso che i teenager americani fanno dei siti di social network come MySpace e Facebook. Il documento si compone di poco più di 300 pagine ed è articolato in sette capitoli che definiscono in modo chiaro la struttura del lavoro descritta nel primo capitolo.

Oltre a presentare la struttura del lavoro, questo capitolo introduce anche i principali riferimenti teorici, definisce cosa si intende per giovani nel contesto del lavoro e cosa si intende per pubblici di rete (networked publics).

Dal punto di vista del rapporto fra evoluzione della società e delle tecnologie il lavoro si ispira ad un approccio di tipo Social Construction of Technology. Questo approccio enumera una serie di principi (Relevant social groups, Problems and Conflicts, Interpretive Flexibility, Design Flexibility, Closure adn Stabilization) che ruotano intorno all’idea che il rapporto fra società e tecnologia sia di tipo co-evolutivo ed al conseguente netto rifiuto di ogni prospettiva di determinismo tecnologico. Si tratta di approccio in qualche modo ecologico allo studio del rapporto società/tecnologie che consente di dare conto

Non c’è una vera e propria definizione della categoria di giovani e non c’è una chiara coorte di età individuata teoricamente (anche se dal punto di vista operativo l’autore ha scelto di concentrarsi sulla fascia 13-18 anni). La categoria dei giovani non è definita sulla base dello sviluppo biologico ma piuttosto come costruzione sociale.

Il cuore del lavoro consiste nell’analisi approfondita di tre set di relazioni, nella definizione di pubblici di rete, delle tecniche proprietà che caratterizzano questo spazio e delle dinamiche sociali che emergono. Questa parte contiene alcune interessanti novità rispetto a quanto era stato possibile leggere fino a questo momento negli articoli e sul blog dell’autore.

Neworked Publics è definito in modo duplice a partire dalla generica ed in un certo senso auto-referenziale definizione di “publics that are restructured by network technologies”.

Networked Publics è al tempo stesso un luogo ed un gruppo di individui.

1) è lo spazio costruito dalle tecnologie di rete (“MySpace is like a park”);
2) ed è la comunità immaginata che emerge come risultato delle intersezioni fra le persone, le tecnologie e le pratiche.

La definizione è giocata sull’ambiguità del termine pubblico che può essere usato per definire il tipo di accesso ad uno spazio (public access) o un gruppo di persone che sono testimoni di un evento (public as audience).

[Qui sarebbe interessante capire perché non siano state distinte le due definizioni usando ad esempio “networked space” per la prima]

Lo spazio pubblico di rete è caratterizzato da quattro proprietà tecniche (descritte nel paragrafo 1.5.1.) che non sono nuove nel panorama dei media ma interagiscono in modo inedito.

Le quattro proprietà sono:

  1. persistence
  2. searchability
  3. replicability
  4. scalability

Alcune sono già note e ne ho abbondantemente parlato nelle edizioni precedenti di What’s Next.

A differenza di quanto scritto fino ad ora, l’autore ha sostituito le invidible audiences con la scalability. La scalabilità è definita come la possibilità ma non la garanzia di una enorme visibilità per i contenuti esposti ai pubblici di rete. Questa proprietà consente all’autore di introdurre un riferimento ai pubblici di nicchia ed alla lunga coda. Interessante in questo contesto la precisazione che riguarda la natura dei contenuti che scalano. Contrariamente a quanto si era sperato i contenuti che raggiungono la massima visibilità sono spesso gli stessi che Habermas critica nei suoi lavori in relazione alle audience della comunicazione broadcast.

L’intrecciarsi di queste quattro proprietà tecniche danno origine ad un set di tre dinamiche:

  1. invisible audiences;
  2. collapsed contexts (Meyrowitz);
  3. blurring of public and private.

Il capitolo due descrive invece nel dettaglio e nel contesto degli studi precedenti l’approccio etnografico adottato.

Interessante in questo contesto la critica a Sherry Turkle considerata, forse non a torto, come l’iniziatrice di un filone di pensiero che mette in guardia verso il rischio della frammentazione dell’identità collegato alla comunicazione mediata dal computer. Le conclusioni di danah boyd puntano invece in una direzione sottolineando che le relazioni sociali che si intrattengono online sono il più delle volte una naturale prosecuzione di quelle esistenti fuori dalla rete.

I dati analizzati sono di due tipi: interviste a singoli o coppie (in totale coinvolti 94 teeanagers di 10 Stati) ed informazioni contenute nei profili (layout, foto, descrizioni di sè, etc.) e sono analizzati secondo tre direttrici (set di relazioni) ciascuna approfondite in un capitolo dedicato basato su riferimenti teorici diversi:

  1. self and identity [chapter 4] Goffman impression management;
  2. peer sociality [chapter 5] – Eckert social categories 1989 e Milner status rituals 2004;
  3. parents and adults (power relations) [chapter 6] – Valentine 2004 children access to public spaces.

L’ultimo capitolo è dedicato alle conclusioni personali dell’autore e si articola su tre paragrafi: Lessons from the Everyday Lives of Teens, The Significance of Publics e The Future of Networked Publics. In questi tre paragrafi sono riprese e sviluppate brevemente alcune delle conclusioni che permeano tutto il lavoro e vengono forniti alcuni spunti nuovi.

In Everyday Lives of Teen l’autore mette in luce come le pratiche di costruzione dell’identità e di relazioni fra pari che hanno luogo nei siti di social network non sono di certo una novità e si innestano su dinamiche pre-esistenti. Al tempo stesso lo spazio di rete con le sue proprietà e dinamiche rende esplicite e visibili alcune proprietà delle relazione che erano prima esplicite. Questo innesca “drammi sociali” che pur essendo tipici di quella fascia d’età assumono a volte dei contorni ancora più spigolosi.

Non esiste una particolare attrazione dei giovani verso i social media, è invece il fatto che in questi luoghi si possano incontrare i propri amici che li rendono interessanti. Quando richiesto la maggior parte degli intervistati dichiara di preferire le relazioni di persona a quelle mediate e considerano in genere questa forma di comunicazione come una alternativa da praticare quando gli incontri di persona non sono possibili.

I giovani non sembrano avere una innata capacità che gli consenta di comprendere come navigare i social media e le dinamiche che ne risultano ma stanno imparando a farlo mentre imparano, al tempo stesso, come muoversi nella vista sociale in senso lato. Questo differenzia i giovani dagli adulti che devono invece re-imparare come comportarsi negli spazi di rete.

L’attività svolta dentro i siti di social network è dunque in senso lato formativa a dispetto di quanto invece sia considerata una perdita di tempo da parte dei genitori e degli adulti in generale. Il desiderio dei giovani di sperimentare la socialità fra pari in assenza degli adulti (bedroom culture) è spesso causa di conflitto intergenerazionale. Talvolta questo conflitto sfocia nella demonizzazione tout court di questi spazi spesso descritti dai media come pericolosi. Il ruolo degli adulti sarebbe invece quello di affrontare questi temi ed aiutare i giovani a prendere decisioni che consentano loro di usare questi spazi in chiave positiva.

Nel paragrafo The Significance of Publics, l’autore riprende il tema della partecipazione dei teenagers agli spazi pubblici. Secondo danah boyd queste possibilità di partecipazione sono fortemente ristrette dagli adulti. Gli spazi pubblici (di rete o meno), intesi come contesti dove i giovani possono incontrarsi fra loro ma anche incontrare altri adulti, svolgono tuttavia un ruolo importante come completamento alla socializzazione fra pari. Escludere i giovani da questi spazi non è dunque una buona strategia perché limita gli strumenti che questi ragazzi avranno a disposizione nella transizione al mondo degli adulti e può risultare in una generazione isolata dalla vita politica e dall’impegno sociale.

Infine nel paragrafo intitolato The Future of Networked Publics viene introdotta la tematica del mobile.  L’accesso al pubblico mediato di rete attraverso dispositivi mobili come i cellulari di nuova generazione (reso possibili dalle reti senza fili e le connettività dati a tariffa flat) introduce una nuova proprietà tecnica che danah boyd chiama (dis)locability. Si tratta della proprietà che rende le conversazioni simultaneamente indipendenti dalla posizione fisica ma più profondamente connesse ad essa attraverso le tecnologie locative come il GPS.

Venendo alle mie considerazioni personali devo ammettere che le aspettative verso questo lavoro non sono andate deluse. Si tratta di uno studio che ha dietro una struttura solida e presenta un frame work interpretativo delle trasformazioni dello spazio pubblico che potrà, come suggerisce l’autore, essere utilizzato anche quando interverranno inevitabilmente altre modificazioni legate o meno all’avvento di nuove tecnologie.

Al tempo stesso devo ammettere che per chi ha familiarità con il pensiero di danah boyd questo lavoro non presenta grandi novità. L’impostazione iniziale a difesa delle libertà dei teenager nei confronti del mondo degli adulti è sempre fortemente presente e pervade tutto il lavoro. La definizione di networked publics lascia secondo me aperta una contraddizione (fra pubblico come spazio e come audience) che poteva essere facilmente sanata utilizzando due termini diversi per descrivere due cose che sono oggettivamente diverse. Mi piace invece la distinzione fra proprietà tecniche e dinamiche perché offre una collocazione più consona all’idea del pubblico invisibile. Sembra tuttavia che i nuovi elementi introdotti (scalability fra le proprietà , collapsed context e blurring public/private fra le dinamiche) non sono sempre approfonditi con lo stesso dettaglio degli elementi che già l’autore aveva introdotto da tempo.

Per il resto è un lavoro che vale sicuramente la lettura e che non potrà che migliorare grazie all’enorme feedback che di certo riceverà.

What's next #14: quattro proprietà, tre dinamiche ad un embargo

danah boyd sceglie una modalità apparentemente inconsueta per pubblicare la sua tesi di dottorato. Prendendo come spunto questo episodio ci si interroga su cosa cambia per il ricercatore nell’era dei networked publics.danah boyd sceglie una modalità apparentemente inconsueta per pubblicare la sua tesi di dottorato. Prendendo come spunto questo episodio ci si interroga su cosa cambia per il ricercatore nell’era dei networked publics.danah boyd sceglie una modalità apparentemente inconsueta per pubblicare la sua tesi di dottorato. Prendendo come spunto questo episodio ci si interroga su cosa cambia per il ricercatore nell’era dei networked publics.

Come forse saprete danah boyd ha conseguito la scorsa settimana  il suo dottorato in Information Management and Systems presso la School of Information di Berkeley in California.
Quello che sta facendo questa ragazza nata nel 1977 è ridefinire il modo di essere un ricercatore ai tempi di Internet.
Mi sarebbe piaciuto parlare in questo articolo delle impressioni a caldo sulla lettura della sua tesi di dottorato che ha gentilmente inviato a tutti i suoi contatti twitter che ne abbiano fatto richiesta in tempo utile. Mi sarebbe piaciuto ma non posso farlo perché l’autrice ha chiesto nel messaggio che accompagna il pdf della sua tesi di non parlarne in pubblico prima del 20 gennaio (data prevista del suo ritorno dalle vacanze e completamento del trasloco a Boston). Dopo quella data, danah pubblicherà sul suo blog sotto licenza Creative Commons’ Attribution-NonCommercial-NoDerivs License, version 3.0 la sua tesi aprendo il dibattito pubblico che con tutta probabilità le consentirà di raccogliere preziose indicazioni per trasformare la tesi in una pubblicazione.
Non potendo entrare nello specifico del lavoro, mi piace l’idea di partire da questo episodio per proporre alcune riflessioni su come cambia il ruolo del ricercatore in relazione al pubblico di rete. Osservando con attenzione la presenza web di danah boyd si può notare come nulla sia lasciato al caso.  In generale la sua identità pubblica è, come spiega lei stessa nella pagina dell’autobiografia, il frutto di un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Come direbbe lei citando Goffmann la sua presenza in rete (ma non solo) è frutto di un attento lavoro di impression management. Alla base c’è un’idea semplice e precisa di identità e non è un caso che, in fondo, sia proprio questo l’oggetto dei suoi studi fin dai tempi della sua tesi di master Faceted Id/entity: Managing representation in a digital world.

Social interaction is a negotiation of identities between people in a given environment. One’s identity is comprised of both a personal internal identity and a public social identity. As people engage socially, they project aspects of their internal identity into a social identity for others to perceive. Based on the situation, people only present a particular facet of their internal identity for consideration. Depending on their own need to self-monitor, an individual manages what is to be seen dependent on the environment, thereby creating a social performance where they offer different faces to convey different facets of their identity. The goal of such monitoring is to manage the impressions that others might perceive, to convey the appropriate information at the appropriate time.
In order to assess what is appropriate, people draw from situational and interpersonal contextual cues. By understanding the social implication of context cues and perceiving the reactions presented by others, an individual is given social feedback to adjust their behavior to fit the situation in the hopes of being perceived in the desired light. As people engage socially, they are continually drawing from their own experiences to perceive others and the environment and presenting aspects of their identity that they deem appropriate to the situation. Yet, this negotiation occurs with little conscious effort. (danah boyd, Faceted Id/entity :: Introduction, p. 12)

Ovviamente il modo di (1) esprimere la propria identità pubblica, (2) reperire gli indizi contestuali e (3) interpretarli per ri-definire la propria identità pubblica cambiano quando tutto questo avviene in un contesto mediato da Internet. Diventa necessario tenere presenti caratteristiche proprie di questo spazio.
Un ricercatore tradizionale ha di solito due momenti durante i quali si confronta con il pubblico: le pubblicazioni e le conferenze. In entrambi i casi il pubblico con il quale ci si confronta è un pubblico di esperti variamente costituito da colleghi che hanno maggiore o minore esperienza della tua. Parlare su Internet delle proprie ricerche significa aprire un confronto con un pubblico più vasto che tuttavia, specie in un settore come quello dei nuovi media, può mostrare competenze e capacità di esprimere preziose critiche pari o maggiori rispetto al pubblico degli esperti accademici tradizionali.
Durante le conferenze e dopo aver pubblicato un saggio in una rivista o un libro è possibile cogliere nelle reazioni del pubblico degli spettatori e dei lettori con cui si avrà la fortuna di entrare in contatto indicazioni sul contenuto e sulla forma della presentazione del lavoro ed incorporare queste osservazioni, se lo si desidera, nei successivi lavori.
Il mondo della ricerca si fonda su questo feedback sociale di taglio accademico che come in altri casi subisce profonde modifiche in presenza dei pubblici di rete.
1.      Il basso costo di accesso, di produzione e la teoria della coda lunga hanno praticamente estinto il ruolo di filtro delle case editrici. Inoltre oggi chiunque può pubblicare usando appositi servizi web un saggio o un libro (eventualmente anche con codici ISSN o ISBN) anche senza passare da una casa editrice tradizionale;
2.      I tempi tecnici per pubblicare un articolo in una rivista internazionale con referee variano da alcuni mesi ad oltre un anno. Questi tempi sono del tutto inadatti a chi scrive articoli che riguardano le tecnologie a causa della rapida evoluzione di questo settore;
3.      Sia i contenuti pubblicati in rete che quelli pubblicati passando attraverso i filtri tradizionali sono ricercabili attraverso i tradizionali canali di ricerca o usando specifici servizi di ricerca dedicati al mondo accademico (Google Book Search, Google Scholar, CiteULike);
4.      Esistono strumenti per rintracciare automaticamente e spesso in tempo reale tutte i contenuti pubblicati che parlano di uno nostro contenuto (ovvero ci citano) come Google Book Search, Google Scholar, Google Blog Search, Technorati, Liquida, Wikio;
5.      Esistono licenze come Creative Commons che consentono di proteggere i diritti sul proprio lavoro in modo più flessibile rispetto a quanto non facciano le case editrici tradizionali alle quali spesso concediamo inconsapevolmente i diritti sui contenuti che noi produciamo e pubblichiamo;
6.      Le conferenze, pur rimanendo fondamentali momenti per conoscere di persona i colleghi e sviluppare relazioni, sono sempre più spesso deludenti dal punto di vista dei contenuti come può essere lo SMAU per chi legge Engadget;
7.      Attraverso un lettore di feed RSS o un sito di social network (dedicato come ResearchGate o non come Linkedin o Facebook) è possibile rimanere in contatto (ed aggiornati sul loro lavoro) con colleghi che è difficile incontrare di persona a causa di impegni o distanze fisiche;
8.      Quasi tutte le riviste internazionali consentono di utilizzare i feed RSS per ricevere, appena pubblicati, gli articoli contenuti nell’ultima issue. Inoltre grazie all’ingegno di qualcuno è possibile creare ed abbonarsi ad un feed RSS di una ricerca di Google Scholar il che significa in pratica poter essere informati in tempo reale della pubblicazioni di un articolo sul tema che stiamo studiando;
9.      Accettare di pubblicare i propri contenuti online significa, al pari di ogni altra forma di pubblicazione, aprire una conversazione. Quando la conversazione è aperta bisogna mettere in conto che si riceveranno critiche (fondate o meno che siano). Quanto più i contenuti che pubblicate saranno visibili, tanto più alta sarà la possibilità di ricevere critiche (che poi è lo scopo per cui uno pubblica in modo da ricevere il feedback necessario a migliorarsi);
10.  Pubblicando i propri contenuti in rete ci si espone ad un pubblico più vasto ed eterogeneo della comunità accademica. Diversi strumenti possono essere dedicati ad un diverso pubblico (blog per il pubblico più vasto, twitter per i fan, facebook per gli amici). In ogni caso la relazione che voi stessi avete deciso di aprire con questo più vasto pubblico è da pari a pari. Per tutte queste ragioni è importante comprendere che aprire un blog o una presenza in rete comporta delle conseguenze che, se non si è pronti a gestire, possono essere ben peggiori dei vantaggi che si intende ottenere.
Adesso dovrebbe essere più chiaro il senso di questo messaggio.

L'embargo di danah
L'embargo di danah

P.S. Le mie riflessioni sul contenuto della tesi di danah boyd (titolo Taken Out of Context. American Teen Sociality in Networked Publics) saranno pubblicate in una edizione speciale di What’s next appena avrò il benestare dell’autrice.

Come forse saprete danah boyd ha conseguito la scorsa settimana  il suo dottorato in Information Management and Systems presso la School of Information di Berkeley in California.

Quello che sta facendo questa ragazza nata nel 1977 è ridefinire il modo di essere un ricercatore ai tempi di Internet.

Mi sarebbe piaciuto parlare in questo articolo delle impressioni a caldo sulla lettura della sua tesi di dottorato che ha gentilmente inviato a tutti i suoi contatti twitter che ne abbiano fatto richiesta in tempo utile. Mi sarebbe piaciuto ma non posso farlo perché l’autrice ha chiesto nel messaggio che accompagna il pdf della sua tesi di non parlarne in pubblico prima del 20 gennaio (data prevista del suo ritorno dalle vacanze e completamento del trasloco a Boston). Dopo quella data, danah pubblicherà sul suo blog sotto licenza Creative Commons’ Attribution-NonCommercial-NoDerivs License, version 3.0 la sua tesi aprendo il dibattito pubblico che con tutta probabilità le consentirà di raccogliere preziose indicazioni per trasformare la tesi in una pubblicazione.

Non potendo entrare nello specifico del lavoro, mi piace l’idea di partire da questo episodio per proporre alcune riflessioni su come cambia il ruolo del ricercatore in relazione al pubblico di rete. Osservando con attenzione la presenza web di danah boyd si può notare come nulla sia lasciato al caso.  In generale la sua identità pubblica è, come spiega lei stessa nella pagina dell’autobiografia, il frutto di un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Come direbbe lei citando Goffmann la sua presenza in rete (ma non solo) è frutto di un attento lavoro di impression management. Alla base c’è un’idea semplice e precisa di identità e non è un caso che, in fondo, sia proprio questo l’oggetto dei suoi studi fin dai tempi della sua tesi di master Faceted Id/entity: Managing representation in a digital world.

Social interaction is a negotiation of identities between people in a given environment. One’s identity is comprised of both a personal internal identity and a public social identity. As people engage socially, they project aspects of their internal identity into a social identity for others to perceive. Based on the situation, people only present a particular facet of their internal identity for consideration. Depending on their own need to self-monitor, an individual manages what is to be seen dependent on the environment, thereby creating a social performance where they offer different faces to convey different facets of their identity. The goal of such monitoring is to manage the impressions that others might perceive, to convey the appropriate information at the appropriate time.

In order to assess what is appropriate, people draw from situational and interpersonal contextual cues. By understanding the social implication of context cues and perceiving the reactions presented by others, an individual is given social feedback to adjust their behavior to fit the situation in the hopes of being perceived in the desired light. As people engage socially, they are continually drawing from their own experiences to perceive others and the environment and presenting aspects of their identity that they deem appropriate to the situation. Yet, this negotiation occurs with little conscious effort. (danah boyd, Faceted Id/entity :: Introduction, p. 12)

Ovviamente il modo di (1) esprimere la propria identità pubblica, (2) reperire gli indizi contestuali e (3) interpretarli per ri-definire la propria identità pubblica cambiano quando tutto questo avviene in un contesto mediato da Internet. Diventa necessario tenere presenti caratteristiche proprie di questo spazio.

Un ricercatore tradizionale ha di solito due momenti durante i quali si confronta con il pubblico: le pubblicazioni e le conferenze. In entrambi i casi il pubblico con il quale ci si confronta è un pubblico di esperti variamente costituito da colleghi che hanno maggiore o minore esperienza della tua. Parlare su Internet delle proprie ricerche significa aprire un confronto con un pubblico più vasto che tuttavia, specie in un settore come quello dei nuovi media, può mostrare competenze e capacità di esprimere preziose critiche pari o maggiori rispetto al pubblico degli esperti accademici tradizionali.

Durante le conferenze e dopo aver pubblicato un saggio in una rivista o un libro è possibile cogliere nelle reazioni del pubblico degli spettatori e dei lettori con cui si avrà la fortuna di entrare in contatto indicazioni sul contenuto e sulla forma della presentazione del lavoro ed incorporare queste osservazioni, se lo si desidera, nei successivi lavori.

Il mondo della ricerca si fonda su questo feedback sociale di taglio accademico che come in altri casi subisce profonde modifiche in presenza dei pubblici di rete.

1.      Il basso costo di accesso, di produzione e la teoria della coda lunga hanno praticamente estinto il ruolo di filtro delle case editrici. Inoltre oggi chiunque può pubblicare usando appositi servizi web un saggio o un libro (eventualmente anche con codici ISSN o ISBN) anche senza passare da una casa editrice tradizionale;

2.      I tempi tecnici per pubblicare un articolo in una rivista internazionale con referee variano da alcuni mesi ad oltre un anno. Questi tempi sono del tutto inadatti a chi scrive articoli che riguardano le tecnologie a causa della rapida evoluzione di questo settore;

3.      Sia i contenuti pubblicati in rete che quelli pubblicati passando attraverso i filtri tradizionali sono ricercabili attraverso i tradizionali canali di ricerca o usando specifici servizi di ricerca dedicati al mondo accademico (Google Book Search, Google Scholar, CiteULike);

4.      Esistono strumenti per rintracciare automaticamente e spesso in tempo reale tutte i contenuti pubblicati che parlano di uno nostro contenuto (ovvero ci citano) come Google Book Search, Google Scholar, Google Blog Search, Technorati, Liquida, Wikio;

5.      Esistono licenze come Creative Commons che consentono di proteggere i diritti sul proprio lavoro in modo più flessibile rispetto a quanto non facciano le case editrici tradizionali alle quali spesso concediamo inconsapevolmente i diritti sui contenuti che noi produciamo e pubblichiamo;

6.      Le conferenze, pur rimanendo fondamentali momenti per conoscere di persona i colleghi e sviluppare relazioni, sono sempre più spesso deludenti dal punto di vista dei contenuti come può essere lo SMAU per chi legge Engadget;

7.      Attraverso un lettore di feed RSS o un sito di social network (dedicato come ResearchGate o non come Linkedin o Facebook) è possibile rimanere in contatto (ed aggiornati sul loro lavoro) con colleghi che è difficile incontrare di persona a causa di impegni o distanze fisiche;

8.      Quasi tutte le riviste internazionali consentono di utilizzare i feed RSS per ricevere, appena pubblicati, gli articoli contenuti nell’ultima issue. Inoltre grazie all’ingegno di qualcuno è possibile creare ed abbonarsi ad un feed RSS di una ricerca di Google Scholar il che significa in pratica poter essere informati in tempo reale della pubblicazioni di un articolo sul tema che stiamo studiando;

9.      Accettare di pubblicare i propri contenuti online significa, al pari di ogni altra forma di pubblicazione, aprire una conversazione. Quando la conversazione è aperta bisogna mettere in conto che si riceveranno critiche (fondate o meno che siano). Quanto più i contenuti che pubblicate saranno visibili, tanto più alta sarà la possibilità di ricevere critiche (che poi è lo scopo per cui uno pubblica in modo da ricevere il feedback necessario a migliorarsi);

10.  Pubblicando i propri contenuti in rete ci si espone ad un pubblico più vasto ed eterogeneo della comunità accademica. Diversi strumenti possono essere dedicati ad un diverso pubblico (blog per il pubblico più vasto, twitter per i fan, facebook per gli amici). In ogni caso la relazione che voi stessi avete deciso di aprire con questo più vasto pubblico è da pari a pari. Per tutte queste ragioni è importante comprendere che aprire un blog o una presenza in rete comporta delle conseguenze che, se non si è pronti a gestire, possono essere ben peggiori dei vantaggi che si intende ottenere.

Adesso dovrebbe essere più chiaro il senso di questo messaggio.

L'embargo di danah
L'embargo di danah

P.S. Le mie riflessioni sul contenuto della tesi di danah boyd (titolo Taken Out of Context. American Teen Sociality in Networked Publics) saranno pubblicate in una edizione speciale di What’s next appena avrò il benestare dell’autrice.

Come forse saprete danah boyd ha conseguito la scorsa settimana  il suo dottorato in Information Management and Systems presso la School of Information di Berkeley in California.

Quello che sta facendo questa ragazza nata nel 1977 è ridefinire il modo di essere un ricercatore ai tempi di Internet.

Mi sarebbe piaciuto parlare in questo articolo delle impressioni a caldo sulla lettura della sua tesi di dottorato che ha gentilmente inviato a tutti i suoi contatti twitter che ne abbiano fatto richiesta in tempo utile. Mi sarebbe piaciuto ma non posso farlo perché l’autrice ha chiesto nel messaggio che accompagna il pdf della sua tesi di non parlarne in pubblico prima del 20 gennaio (data prevista del suo ritorno dalle vacanze e completamento del trasloco a Boston). Dopo quella data, danah pubblicherà sul suo blog sotto licenza Creative Commons’ Attribution-NonCommercial-NoDerivs License, version 3.0 la sua tesi aprendo il dibattito pubblico che con tutta probabilità le consentirà di raccogliere preziose indicazioni per trasformare la tesi in una pubblicazione.

Non potendo entrare nello specifico del lavoro, mi piace l’idea di partire da questo episodio per proporre alcune riflessioni su come cambia il ruolo del ricercatore in relazione al pubblico di rete. Osservando con attenzione la presenza web di danah boyd si può notare come nulla sia lasciato al caso.  In generale la sua identità pubblica è, come spiega lei stessa nella pagina dell’autobiografia, il frutto di un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Come direbbe lei citando Goffmann la sua presenza in rete (ma non solo) è frutto di un attento lavoro di impression management. Alla base c’è un’idea semplice e precisa di identità e non è un caso che, in fondo, sia proprio questo l’oggetto dei suoi studi fin dai tempi della sua tesi di master Faceted Id/entity: Managing representation in a digital world.

Social interaction is a negotiation of identities between people in a given environment. One’s identity is comprised of both a personal internal identity and a public social identity. As people engage socially, they project aspects of their internal identity into a social identity for others to perceive. Based on the situation, people only present a particular facet of their internal identity for consideration. Depending on their own need to self-monitor, an individual manages what is to be seen dependent on the environment, thereby creating a social performance where they offer different faces to convey different facets of their identity. The goal of such monitoring is to manage the impressions that others might perceive, to convey the appropriate information at the appropriate time.

In order to assess what is appropriate, people draw from situational and interpersonal contextual cues. By understanding the social implication of context cues and perceiving the reactions presented by others, an individual is given social feedback to adjust their behavior to fit the situation in the hopes of being perceived in the desired light. As people engage socially, they are continually drawing from their own experiences to perceive others and the environment and presenting aspects of their identity that they deem appropriate to the situation. Yet, this negotiation occurs with little conscious effort. (danah boyd, Faceted Id/entity :: Introduction, p. 12)

Ovviamente il modo di (1) esprimere la propria identità pubblica, (2) reperire gli indizi contestuali e (3) interpretarli per ri-definire la propria identità pubblica cambiano quando tutto questo avviene in un contesto mediato da Internet. Diventa necessario tenere presenti caratteristiche proprie di questo spazio.

Un ricercatore tradizionale ha di solito due momenti durante i quali si confronta con il pubblico: le pubblicazioni e le conferenze. In entrambi i casi il pubblico con il quale ci si confronta è un pubblico di esperti variamente costituito da colleghi che hanno maggiore o minore esperienza della tua. Parlare su Internet delle proprie ricerche significa aprire un confronto con un pubblico più vasto che tuttavia, specie in un settore come quello dei nuovi media, può mostrare competenze e capacità di esprimere preziose critiche pari o maggiori rispetto al pubblico degli esperti accademici tradizionali.

Durante le conferenze e dopo aver pubblicato un saggio in una rivista o un libro è possibile cogliere nelle reazioni del pubblico degli spettatori e dei lettori con cui si avrà la fortuna di entrare in contatto indicazioni sul contenuto e sulla forma della presentazione del lavoro ed incorporare queste osservazioni, se lo si desidera, nei successivi lavori.

Il mondo della ricerca si fonda su questo feedback sociale di taglio accademico che come in altri casi subisce profonde modifiche in presenza dei pubblici di rete.

1.      Il basso costo di accesso, di produzione e la teoria della coda lunga hanno praticamente estinto il ruolo di filtro delle case editrici. Inoltre oggi chiunque può pubblicare usando appositi servizi web un saggio o un libro (eventualmente anche con codici ISSN o ISBN) anche senza passare da una casa editrice tradizionale;

2.      I tempi tecnici per pubblicare un articolo in una rivista internazionale con referee variano da alcuni mesi ad oltre un anno. Questi tempi sono del tutto inadatti a chi scrive articoli che riguardano le tecnologie a causa della rapida evoluzione di questo settore;

3.      Sia i contenuti pubblicati in rete che quelli pubblicati passando attraverso i filtri tradizionali sono ricercabili attraverso i tradizionali canali di ricerca o usando specifici servizi di ricerca dedicati al mondo accademico (Google Book Search, Google Scholar, CiteULike);

4.      Esistono strumenti per rintracciare automaticamente e spesso in tempo reale tutte i contenuti pubblicati che parlano di uno nostro contenuto (ovvero ci citano) come Google Book Search, Google Scholar, Google Blog Search, Technorati, Liquida, Wikio;

5.      Esistono licenze come Creative Commons che consentono di proteggere i diritti sul proprio lavoro in modo più flessibile rispetto a quanto non facciano le case editrici tradizionali alle quali spesso concediamo inconsapevolmente i diritti sui contenuti che noi produciamo e pubblichiamo;

6.      Le conferenze, pur rimanendo fondamentali momenti per conoscere di persona i colleghi e sviluppare relazioni, sono sempre più spesso deludenti dal punto di vista dei contenuti come può essere lo SMAU per chi legge Engadget;

7.      Attraverso un lettore di feed RSS o un sito di social network (dedicato come ResearchGate o non come Linkedin o Facebook) è possibile rimanere in contatto (ed aggiornati sul loro lavoro) con colleghi che è difficile incontrare di persona a causa di impegni o distanze fisiche;

8.      Quasi tutte le riviste internazionali consentono di utilizzare i feed RSS per ricevere, appena pubblicati, gli articoli contenuti nell’ultima issue. Inoltre grazie all’ingegno di qualcuno è possibile creare ed abbonarsi ad un feed RSS di una ricerca di Google Scholar il che significa in pratica poter essere informati in tempo reale della pubblicazioni di un articolo sul tema che stiamo studiando;

9.      Accettare di pubblicare i propri contenuti online significa, al pari di ogni altra forma di pubblicazione, aprire una conversazione. Quando la conversazione è aperta bisogna mettere in conto che si riceveranno critiche (fondate o meno che siano). Quanto più i contenuti che pubblicate saranno visibili, tanto più alta sarà la possibilità di ricevere critiche (che poi è lo scopo per cui uno pubblica in modo da ricevere il feedback necessario a migliorarsi);

10.  Pubblicando i propri contenuti in rete ci si espone ad un pubblico più vasto ed eterogeneo della comunità accademica. Diversi strumenti possono essere dedicati ad un diverso pubblico (blog per il pubblico più vasto, twitter per i fan, facebook per gli amici). In ogni caso la relazione che voi stessi avete deciso di aprire con questo più vasto pubblico è da pari a pari. Per tutte queste ragioni è importante comprendere che aprire un blog o una presenza in rete comporta delle conseguenze che, se non si è pronti a gestire, possono essere ben peggiori dei vantaggi che si intende ottenere.

Adesso dovrebbe essere più chiaro il senso di questo messaggio.

L'embargo di danah
L'embargo di danah

P.S. Le mie riflessioni sul contenuto della tesi di danah boyd (titolo Taken Out of Context. American Teen Sociality in Networked Publics) saranno pubblicate in una edizione speciale di What’s next appena avrò il benestare dell’autrice.