Come forse saprete danah boyd ha conseguito la scorsa settimana il suo dottorato in Information Management and Systems presso la School of Information di Berkeley in California.
Quello che sta facendo questa ragazza nata nel 1977 è ridefinire il modo di essere un ricercatore ai tempi di Internet.
Mi sarebbe piaciuto parlare in questo articolo delle impressioni a caldo sulla lettura della sua tesi di dottorato che ha gentilmente inviato a tutti i suoi contatti twitter che ne abbiano fatto richiesta in tempo utile. Mi sarebbe piaciuto ma non posso farlo perché l’autrice ha chiesto nel messaggio che accompagna il pdf della sua tesi di non parlarne in pubblico prima del 20 gennaio (data prevista del suo ritorno dalle vacanze e completamento del trasloco a Boston). Dopo quella data, danah pubblicherà sul suo blog sotto licenza Creative Commons’ Attribution-NonCommercial-NoDerivs License, version 3.0 la sua tesi aprendo il dibattito pubblico che con tutta probabilità le consentirà di raccogliere preziose indicazioni per trasformare la tesi in una pubblicazione.
Non potendo entrare nello specifico del lavoro, mi piace l’idea di partire da questo episodio per proporre alcune riflessioni su come cambia il ruolo del ricercatore in relazione al pubblico di rete. Osservando con attenzione la presenza web di danah boyd si può notare come nulla sia lasciato al caso. In generale la sua identità pubblica è, come spiega lei stessa nella pagina dell’autobiografia, il frutto di un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Come direbbe lei citando Goffmann la sua presenza in rete (ma non solo) è frutto di un attento lavoro di impression management. Alla base c’è un’idea semplice e precisa di identità e non è un caso che, in fondo, sia proprio questo l’oggetto dei suoi studi fin dai tempi della sua tesi di master Faceted Id/entity: Managing representation in a digital world.
Social interaction is a negotiation of identities between people in a given environment. One’s identity is comprised of both a personal internal identity and a public social identity. As people engage socially, they project aspects of their internal identity into a social identity for others to perceive. Based on the situation, people only present a particular facet of their internal identity for consideration. Depending on their own need to self-monitor, an individual manages what is to be seen dependent on the environment, thereby creating a social performance where they offer different faces to convey different facets of their identity. The goal of such monitoring is to manage the impressions that others might perceive, to convey the appropriate information at the appropriate time.
In order to assess what is appropriate, people draw from situational and interpersonal contextual cues. By understanding the social implication of context cues and perceiving the reactions presented by others, an individual is given social feedback to adjust their behavior to fit the situation in the hopes of being perceived in the desired light. As people engage socially, they are continually drawing from their own experiences to perceive others and the environment and presenting aspects of their identity that they deem appropriate to the situation. Yet, this negotiation occurs with little conscious effort. (danah boyd, Faceted Id/entity :: Introduction, p. 12)
Ovviamente il modo di (1) esprimere la propria identità pubblica, (2) reperire gli indizi contestuali e (3) interpretarli per ri-definire la propria identità pubblica cambiano quando tutto questo avviene in un contesto mediato da Internet. Diventa necessario tenere presenti caratteristiche proprie di questo spazio.
Un ricercatore tradizionale ha di solito due momenti durante i quali si confronta con il pubblico: le pubblicazioni e le conferenze. In entrambi i casi il pubblico con il quale ci si confronta è un pubblico di esperti variamente costituito da colleghi che hanno maggiore o minore esperienza della tua. Parlare su Internet delle proprie ricerche significa aprire un confronto con un pubblico più vasto che tuttavia, specie in un settore come quello dei nuovi media, può mostrare competenze e capacità di esprimere preziose critiche pari o maggiori rispetto al pubblico degli esperti accademici tradizionali.
Durante le conferenze e dopo aver pubblicato un saggio in una rivista o un libro è possibile cogliere nelle reazioni del pubblico degli spettatori e dei lettori con cui si avrà la fortuna di entrare in contatto indicazioni sul contenuto e sulla forma della presentazione del lavoro ed incorporare queste osservazioni, se lo si desidera, nei successivi lavori.
Il mondo della ricerca si fonda su questo feedback sociale di taglio accademico che come in altri casi subisce profonde modifiche in presenza dei pubblici di rete.
1. Il basso costo di accesso, di produzione e la teoria della coda lunga hanno praticamente estinto il ruolo di filtro delle case editrici. Inoltre oggi chiunque può pubblicare usando appositi servizi web un saggio o un libro (eventualmente anche con codici ISSN o ISBN) anche senza passare da una casa editrice tradizionale;
2. I tempi tecnici per pubblicare un articolo in una rivista internazionale con referee variano da alcuni mesi ad oltre un anno. Questi tempi sono del tutto inadatti a chi scrive articoli che riguardano le tecnologie a causa della rapida evoluzione di questo settore;
3. Sia i contenuti pubblicati in rete che quelli pubblicati passando attraverso i filtri tradizionali sono ricercabili attraverso i tradizionali canali di ricerca o usando specifici servizi di ricerca dedicati al mondo accademico (Google Book Search, Google Scholar, CiteULike);
4. Esistono strumenti per rintracciare automaticamente e spesso in tempo reale tutte i contenuti pubblicati che parlano di uno nostro contenuto (ovvero ci citano) come Google Book Search, Google Scholar, Google Blog Search, Technorati, Liquida, Wikio;
5. Esistono licenze come Creative Commons che consentono di proteggere i diritti sul proprio lavoro in modo più flessibile rispetto a quanto non facciano le case editrici tradizionali alle quali spesso concediamo inconsapevolmente i diritti sui contenuti che noi produciamo e pubblichiamo;
6. Le conferenze, pur rimanendo fondamentali momenti per conoscere di persona i colleghi e sviluppare relazioni, sono sempre più spesso deludenti dal punto di vista dei contenuti come può essere lo SMAU per chi legge Engadget;
7. Attraverso un lettore di feed RSS o un sito di social network (dedicato come ResearchGate o non come Linkedin o Facebook) è possibile rimanere in contatto (ed aggiornati sul loro lavoro) con colleghi che è difficile incontrare di persona a causa di impegni o distanze fisiche;
8. Quasi tutte le riviste internazionali consentono di utilizzare i feed RSS per ricevere, appena pubblicati, gli articoli contenuti nell’ultima issue. Inoltre grazie all’ingegno di qualcuno è possibile creare ed abbonarsi ad un feed RSS di una ricerca di Google Scholar il che significa in pratica poter essere informati in tempo reale della pubblicazioni di un articolo sul tema che stiamo studiando;
9. Accettare di pubblicare i propri contenuti online significa, al pari di ogni altra forma di pubblicazione, aprire una conversazione. Quando la conversazione è aperta bisogna mettere in conto che si riceveranno critiche (fondate o meno che siano). Quanto più i contenuti che pubblicate saranno visibili, tanto più alta sarà la possibilità di ricevere critiche (che poi è lo scopo per cui uno pubblica in modo da ricevere il feedback necessario a migliorarsi);
10. Pubblicando i propri contenuti in rete ci si espone ad un pubblico più vasto ed eterogeneo della comunità accademica. Diversi strumenti possono essere dedicati ad un diverso pubblico (blog per il pubblico più vasto, twitter per i fan, facebook per gli amici). In ogni caso la relazione che voi stessi avete deciso di aprire con questo più vasto pubblico è da pari a pari. Per tutte queste ragioni è importante comprendere che aprire un blog o una presenza in rete comporta delle conseguenze che, se non si è pronti a gestire, possono essere ben peggiori dei vantaggi che si intende ottenere.
Adesso dovrebbe essere più chiaro il senso di questo messaggio.
P.S. Le mie riflessioni sul contenuto della tesi di danah boyd (titolo Taken Out of Context. American Teen Sociality in Networked Publics) saranno pubblicate in una edizione speciale di What’s next appena avrò il benestare dell’autrice.
Come forse saprete danah boyd ha conseguito la scorsa settimana il suo dottorato in Information Management and Systems presso la School of Information di Berkeley in California.
Quello che sta facendo questa ragazza nata nel 1977 è ridefinire il modo di essere un ricercatore ai tempi di Internet.
Mi sarebbe piaciuto parlare in questo articolo delle impressioni a caldo sulla lettura della sua tesi di dottorato che ha gentilmente inviato a tutti i suoi contatti twitter che ne abbiano fatto richiesta in tempo utile. Mi sarebbe piaciuto ma non posso farlo perché l’autrice ha chiesto nel messaggio che accompagna il pdf della sua tesi di non parlarne in pubblico prima del 20 gennaio (data prevista del suo ritorno dalle vacanze e completamento del trasloco a Boston). Dopo quella data, danah pubblicherà sul suo blog sotto licenza Creative Commons’ Attribution-NonCommercial-NoDerivs License, version 3.0 la sua tesi aprendo il dibattito pubblico che con tutta probabilità le consentirà di raccogliere preziose indicazioni per trasformare la tesi in una pubblicazione.
Non potendo entrare nello specifico del lavoro, mi piace l’idea di partire da questo episodio per proporre alcune riflessioni su come cambia il ruolo del ricercatore in relazione al pubblico di rete. Osservando con attenzione la presenza web di danah boyd si può notare come nulla sia lasciato al caso. In generale la sua identità pubblica è, come spiega lei stessa nella pagina dell’autobiografia, il frutto di un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Come direbbe lei citando Goffmann la sua presenza in rete (ma non solo) è frutto di un attento lavoro di impression management. Alla base c’è un’idea semplice e precisa di identità e non è un caso che, in fondo, sia proprio questo l’oggetto dei suoi studi fin dai tempi della sua tesi di master Faceted Id/entity: Managing representation in a digital world.
Social interaction is a negotiation of identities between people in a given environment. One’s identity is comprised of both a personal internal identity and a public social identity. As people engage socially, they project aspects of their internal identity into a social identity for others to perceive. Based on the situation, people only present a particular facet of their internal identity for consideration. Depending on their own need to self-monitor, an individual manages what is to be seen dependent on the environment, thereby creating a social performance where they offer different faces to convey different facets of their identity. The goal of such monitoring is to manage the impressions that others might perceive, to convey the appropriate information at the appropriate time.
In order to assess what is appropriate, people draw from situational and interpersonal contextual cues. By understanding the social implication of context cues and perceiving the reactions presented by others, an individual is given social feedback to adjust their behavior to fit the situation in the hopes of being perceived in the desired light. As people engage socially, they are continually drawing from their own experiences to perceive others and the environment and presenting aspects of their identity that they deem appropriate to the situation. Yet, this negotiation occurs with little conscious effort. (danah boyd, Faceted Id/entity :: Introduction, p. 12)
Ovviamente il modo di (1) esprimere la propria identità pubblica, (2) reperire gli indizi contestuali e (3) interpretarli per ri-definire la propria identità pubblica cambiano quando tutto questo avviene in un contesto mediato da Internet. Diventa necessario tenere presenti caratteristiche proprie di questo spazio.
Un ricercatore tradizionale ha di solito due momenti durante i quali si confronta con il pubblico: le pubblicazioni e le conferenze. In entrambi i casi il pubblico con il quale ci si confronta è un pubblico di esperti variamente costituito da colleghi che hanno maggiore o minore esperienza della tua. Parlare su Internet delle proprie ricerche significa aprire un confronto con un pubblico più vasto che tuttavia, specie in un settore come quello dei nuovi media, può mostrare competenze e capacità di esprimere preziose critiche pari o maggiori rispetto al pubblico degli esperti accademici tradizionali.
Durante le conferenze e dopo aver pubblicato un saggio in una rivista o un libro è possibile cogliere nelle reazioni del pubblico degli spettatori e dei lettori con cui si avrà la fortuna di entrare in contatto indicazioni sul contenuto e sulla forma della presentazione del lavoro ed incorporare queste osservazioni, se lo si desidera, nei successivi lavori.
Il mondo della ricerca si fonda su questo feedback sociale di taglio accademico che come in altri casi subisce profonde modifiche in presenza dei pubblici di rete.
1. Il basso costo di accesso, di produzione e la teoria della coda lunga hanno praticamente estinto il ruolo di filtro delle case editrici. Inoltre oggi chiunque può pubblicare usando appositi servizi web un saggio o un libro (eventualmente anche con codici ISSN o ISBN) anche senza passare da una casa editrice tradizionale;
2. I tempi tecnici per pubblicare un articolo in una rivista internazionale con referee variano da alcuni mesi ad oltre un anno. Questi tempi sono del tutto inadatti a chi scrive articoli che riguardano le tecnologie a causa della rapida evoluzione di questo settore;
3. Sia i contenuti pubblicati in rete che quelli pubblicati passando attraverso i filtri tradizionali sono ricercabili attraverso i tradizionali canali di ricerca o usando specifici servizi di ricerca dedicati al mondo accademico (Google Book Search, Google Scholar, CiteULike);
4. Esistono strumenti per rintracciare automaticamente e spesso in tempo reale tutte i contenuti pubblicati che parlano di uno nostro contenuto (ovvero ci citano) come Google Book Search, Google Scholar, Google Blog Search, Technorati, Liquida, Wikio;
5. Esistono licenze come Creative Commons che consentono di proteggere i diritti sul proprio lavoro in modo più flessibile rispetto a quanto non facciano le case editrici tradizionali alle quali spesso concediamo inconsapevolmente i diritti sui contenuti che noi produciamo e pubblichiamo;
6. Le conferenze, pur rimanendo fondamentali momenti per conoscere di persona i colleghi e sviluppare relazioni, sono sempre più spesso deludenti dal punto di vista dei contenuti come può essere lo SMAU per chi legge Engadget;
7. Attraverso un lettore di feed RSS o un sito di social network (dedicato come ResearchGate o non come Linkedin o Facebook) è possibile rimanere in contatto (ed aggiornati sul loro lavoro) con colleghi che è difficile incontrare di persona a causa di impegni o distanze fisiche;
8. Quasi tutte le riviste internazionali consentono di utilizzare i feed RSS per ricevere, appena pubblicati, gli articoli contenuti nell’ultima issue. Inoltre grazie all’ingegno di qualcuno è possibile creare ed abbonarsi ad un feed RSS di una ricerca di Google Scholar il che significa in pratica poter essere informati in tempo reale della pubblicazioni di un articolo sul tema che stiamo studiando;
9. Accettare di pubblicare i propri contenuti online significa, al pari di ogni altra forma di pubblicazione, aprire una conversazione. Quando la conversazione è aperta bisogna mettere in conto che si riceveranno critiche (fondate o meno che siano). Quanto più i contenuti che pubblicate saranno visibili, tanto più alta sarà la possibilità di ricevere critiche (che poi è lo scopo per cui uno pubblica in modo da ricevere il feedback necessario a migliorarsi);
10. Pubblicando i propri contenuti in rete ci si espone ad un pubblico più vasto ed eterogeneo della comunità accademica. Diversi strumenti possono essere dedicati ad un diverso pubblico (blog per il pubblico più vasto, twitter per i fan, facebook per gli amici). In ogni caso la relazione che voi stessi avete deciso di aprire con questo più vasto pubblico è da pari a pari. Per tutte queste ragioni è importante comprendere che aprire un blog o una presenza in rete comporta delle conseguenze che, se non si è pronti a gestire, possono essere ben peggiori dei vantaggi che si intende ottenere.
Adesso dovrebbe essere più chiaro il senso di questo messaggio.
P.S. Le mie riflessioni sul contenuto della tesi di danah boyd (titolo Taken Out of Context. American Teen Sociality in Networked Publics) saranno pubblicate in una edizione speciale di What’s next appena avrò il benestare dell’autrice.
Come forse saprete danah boyd ha conseguito la scorsa settimana il suo dottorato in Information Management and Systems presso la School of Information di Berkeley in California.
Quello che sta facendo questa ragazza nata nel 1977 è ridefinire il modo di essere un ricercatore ai tempi di Internet.
Mi sarebbe piaciuto parlare in questo articolo delle impressioni a caldo sulla lettura della sua tesi di dottorato che ha gentilmente inviato a tutti i suoi contatti twitter che ne abbiano fatto richiesta in tempo utile. Mi sarebbe piaciuto ma non posso farlo perché l’autrice ha chiesto nel messaggio che accompagna il pdf della sua tesi di non parlarne in pubblico prima del 20 gennaio (data prevista del suo ritorno dalle vacanze e completamento del trasloco a Boston). Dopo quella data, danah pubblicherà sul suo blog sotto licenza Creative Commons’ Attribution-NonCommercial-NoDerivs License, version 3.0 la sua tesi aprendo il dibattito pubblico che con tutta probabilità le consentirà di raccogliere preziose indicazioni per trasformare la tesi in una pubblicazione.
Non potendo entrare nello specifico del lavoro, mi piace l’idea di partire da questo episodio per proporre alcune riflessioni su come cambia il ruolo del ricercatore in relazione al pubblico di rete. Osservando con attenzione la presenza web di danah boyd si può notare come nulla sia lasciato al caso. In generale la sua identità pubblica è, come spiega lei stessa nella pagina dell’autobiografia, il frutto di un’attenzione quasi maniacale ai dettagli. Come direbbe lei citando Goffmann la sua presenza in rete (ma non solo) è frutto di un attento lavoro di impression management. Alla base c’è un’idea semplice e precisa di identità e non è un caso che, in fondo, sia proprio questo l’oggetto dei suoi studi fin dai tempi della sua tesi di master Faceted Id/entity: Managing representation in a digital world.
Social interaction is a negotiation of identities between people in a given environment. One’s identity is comprised of both a personal internal identity and a public social identity. As people engage socially, they project aspects of their internal identity into a social identity for others to perceive. Based on the situation, people only present a particular facet of their internal identity for consideration. Depending on their own need to self-monitor, an individual manages what is to be seen dependent on the environment, thereby creating a social performance where they offer different faces to convey different facets of their identity. The goal of such monitoring is to manage the impressions that others might perceive, to convey the appropriate information at the appropriate time.
In order to assess what is appropriate, people draw from situational and interpersonal contextual cues. By understanding the social implication of context cues and perceiving the reactions presented by others, an individual is given social feedback to adjust their behavior to fit the situation in the hopes of being perceived in the desired light. As people engage socially, they are continually drawing from their own experiences to perceive others and the environment and presenting aspects of their identity that they deem appropriate to the situation. Yet, this negotiation occurs with little conscious effort. (danah boyd, Faceted Id/entity :: Introduction, p. 12)
Ovviamente il modo di (1) esprimere la propria identità pubblica, (2) reperire gli indizi contestuali e (3) interpretarli per ri-definire la propria identità pubblica cambiano quando tutto questo avviene in un contesto mediato da Internet. Diventa necessario tenere presenti caratteristiche proprie di questo spazio.
Un ricercatore tradizionale ha di solito due momenti durante i quali si confronta con il pubblico: le pubblicazioni e le conferenze. In entrambi i casi il pubblico con il quale ci si confronta è un pubblico di esperti variamente costituito da colleghi che hanno maggiore o minore esperienza della tua. Parlare su Internet delle proprie ricerche significa aprire un confronto con un pubblico più vasto che tuttavia, specie in un settore come quello dei nuovi media, può mostrare competenze e capacità di esprimere preziose critiche pari o maggiori rispetto al pubblico degli esperti accademici tradizionali.
Durante le conferenze e dopo aver pubblicato un saggio in una rivista o un libro è possibile cogliere nelle reazioni del pubblico degli spettatori e dei lettori con cui si avrà la fortuna di entrare in contatto indicazioni sul contenuto e sulla forma della presentazione del lavoro ed incorporare queste osservazioni, se lo si desidera, nei successivi lavori.
Il mondo della ricerca si fonda su questo feedback sociale di taglio accademico che come in altri casi subisce profonde modifiche in presenza dei pubblici di rete.
1. Il basso costo di accesso, di produzione e la teoria della coda lunga hanno praticamente estinto il ruolo di filtro delle case editrici. Inoltre oggi chiunque può pubblicare usando appositi servizi web un saggio o un libro (eventualmente anche con codici ISSN o ISBN) anche senza passare da una casa editrice tradizionale;
2. I tempi tecnici per pubblicare un articolo in una rivista internazionale con referee variano da alcuni mesi ad oltre un anno. Questi tempi sono del tutto inadatti a chi scrive articoli che riguardano le tecnologie a causa della rapida evoluzione di questo settore;
3. Sia i contenuti pubblicati in rete che quelli pubblicati passando attraverso i filtri tradizionali sono ricercabili attraverso i tradizionali canali di ricerca o usando specifici servizi di ricerca dedicati al mondo accademico (Google Book Search, Google Scholar, CiteULike);
4. Esistono strumenti per rintracciare automaticamente e spesso in tempo reale tutte i contenuti pubblicati che parlano di uno nostro contenuto (ovvero ci citano) come Google Book Search, Google Scholar, Google Blog Search, Technorati, Liquida, Wikio;
5. Esistono licenze come Creative Commons che consentono di proteggere i diritti sul proprio lavoro in modo più flessibile rispetto a quanto non facciano le case editrici tradizionali alle quali spesso concediamo inconsapevolmente i diritti sui contenuti che noi produciamo e pubblichiamo;
6. Le conferenze, pur rimanendo fondamentali momenti per conoscere di persona i colleghi e sviluppare relazioni, sono sempre più spesso deludenti dal punto di vista dei contenuti come può essere lo SMAU per chi legge Engadget;
7. Attraverso un lettore di feed RSS o un sito di social network (dedicato come ResearchGate o non come Linkedin o Facebook) è possibile rimanere in contatto (ed aggiornati sul loro lavoro) con colleghi che è difficile incontrare di persona a causa di impegni o distanze fisiche;
8. Quasi tutte le riviste internazionali consentono di utilizzare i feed RSS per ricevere, appena pubblicati, gli articoli contenuti nell’ultima issue. Inoltre grazie all’ingegno di qualcuno è possibile creare ed abbonarsi ad un feed RSS di una ricerca di Google Scholar il che significa in pratica poter essere informati in tempo reale della pubblicazioni di un articolo sul tema che stiamo studiando;
9. Accettare di pubblicare i propri contenuti online significa, al pari di ogni altra forma di pubblicazione, aprire una conversazione. Quando la conversazione è aperta bisogna mettere in conto che si riceveranno critiche (fondate o meno che siano). Quanto più i contenuti che pubblicate saranno visibili, tanto più alta sarà la possibilità di ricevere critiche (che poi è lo scopo per cui uno pubblica in modo da ricevere il feedback necessario a migliorarsi);
10. Pubblicando i propri contenuti in rete ci si espone ad un pubblico più vasto ed eterogeneo della comunità accademica. Diversi strumenti possono essere dedicati ad un diverso pubblico (blog per il pubblico più vasto, twitter per i fan, facebook per gli amici). In ogni caso la relazione che voi stessi avete deciso di aprire con questo più vasto pubblico è da pari a pari. Per tutte queste ragioni è importante comprendere che aprire un blog o una presenza in rete comporta delle conseguenze che, se non si è pronti a gestire, possono essere ben peggiori dei vantaggi che si intende ottenere.
Adesso dovrebbe essere più chiaro il senso di questo messaggio.
P.S. Le mie riflessioni sul contenuto della tesi di danah boyd (titolo Taken Out of Context. American Teen Sociality in Networked Publics) saranno pubblicate in una edizione speciale di What’s next appena avrò il benestare dell’autrice.