Adozione ed utilizzo dei social media negli atenei italiani

Oltre il 60% (+11% rispetto al 2011) delle homepage dei siti web degli atenei italiani linkano Facebook, Twitter, YouTube o un altro media sociale. Ma quale social media è più utilizzato? E quale ateneo utilizza al meglio queste presenze?

Anche quest’anno, con Alessandro Lovari, abbiamo analizzato le home page dei siti internet di tutti gli atenei italiani alla ricerca dei link agli spazi ufficiali sui social media. Da questi abbiamo raccolto tutti i dati disponibili attraverso le API delle diverse piattaforme e calcolato le performance dei diversi atenei sulle diverse piattaforme. Infine abbiamo calcolato il così detto University Social Media Performance Index (descritto brevemente qui e nel dettaglio qui).

I dati di maggiore interesse sono riassunti in questa info-grafica:

Ho anche aggiornato l’Osservatorio Università Italiane su Facebook con gli indirizzi di tutte le pagine rintracciate con la rilevazione 2012.

Performance e diffusione dei social media nelle Università italiane

Uno studio empirico su come le Università italiane usano Facebook, YouTube e Twitter

Alessandro Lovari, durante la scuola di dottorato Meris, mi ha proposto, avendo letto il post sulla popolarità delle pagine Facebook delle Università italiane, di sviluppare insieme l’idea di analizzare se e come gli atenei italiani usassero i social media.
Dopo un paio di incontri in Skype, qualche telefonata e diverse ore di lavoro abbiamo completato la scrittura di questo articolo che prende in esame le presenze ufficiali sui media sociali di tutte i 95 atenei italiani. Poco più della metà degli atenei è presente su almeno un social media. Facebook è il più diffuso seguito da YouTube e Twitter. Gli atenei di medie dimensioni e le università private sono più presenti ed attive. Per valutare meglio le performance delle Università sui social media abbiamo sviluppato un indice che abbiamo denominato USMPI ovvero “university social media performance index”. Questo indice valuta la presenza e le performance degli atenei sui social media usando combinando una serie di metriche e rapportando alcune di esse alla dimensione dell’ateneo (i dettagli metodologici sono nel paragrafo 4.1 dell’articolo).
I dieci atenei che hanno fatto registrare le migliori performance sono:
Ateneo, USMPI
Libera Univ. Inter.le Studi Sociali “Guido Carli” LUISS-ROMA, 0.31
Università Commerciale “Luigi Bocconi” MILANO, 0.31
Politecnico di MILANO, 0.25
Università degli Studi di MILANO-BICOCCA, 0.24
Università degli Studi di URBINO “Carlo BO”, 0.19
Libera Univ. degli Studi “Maria SS.Assunta” – LUMSA – Roma, 0.19
Università “Cà Foscari” VENEZIA, 0.17
Libera Università di lingue e comunicazione IULM-MI, 0.17
Università degli Studi di PAVIA, 0.16
Università degli Studi di UDINE, 0.16
USMPI nel complesso varia da un minimo di 0 ad un massimo di 0.31. La media è 0.0502 e la deviazione standard 0.07351.
L’indice è stato realizzato con l’intento di essere facilmente calcolabile con un intervento umano minimo o nullo. Tutte le metriche analizzate sono basate su dati esposti pubblicamente dalle API delle piattaforme di social media.
Maggiori dettagli sull’indice e su tutta la ricerca sono disponibili nell’articolo (in inglese) che abbiamo pubblicato, in versione pre-print, su ssrn.
Lovari, Alessandro and Giglietto, Fabio, Social Media and Italian Universities: An Empirical Study on the Adoption and Use of Facebook, Twitter and Youtube (January 2, 2012). Available at SSRN: http://ssrn.com/abstract=1978393.
Consigli e suggerimenti sono più che benvenuti 🙂

Esiste una correlazione fra immatricolati e volume di ricerche su Google?

Uno studio empirico sui dati degli Atenei italiani

Proseguendo nella serie di articoli sull’utilizzo dei social media per predire il presente ho deciso questa volta di mettere a confronto il volume di ricerca su Google ed il numero di immatricolati negli atenei italiani.
L’andamento delle ricerche su Google mostra infatti una periodicità piuttosto marcata che vede nel mese di settembre il picco più alto di interesse. Questo vale sia per la generica chiave “università” che per chiavi specifiche ai diversi atenei.
Di qui la domanda: esiste una correlazione fra volume di ricerche su Google e numero degli immatricolati in un certo anno accademico?
Ho provato a verificare questa ipotesi a partire dai dati sugli immatricolati disponibili sull’anagrafe nazionale degli studenti del sito del MIUR e al servizio Google Insight for Search.
Per quanto riguarda gli immatricolati mi sono limitato a scaricare i dati disponibili (partono dall’anno accademico 2003/2004) e accorpare i fogli excel divisi per anno accademico in un’unica tabella. Al momento risultano attivi 88 atenei e l’andamento complessivo degli immatricolati è il seguente

Per misurare il volume di ricerca su Google ho effettuato delle query su Google Insight for Search. Questo servizio restitutrice “il numero di ricerche web eseguite con un termine specifico rispetto al numero totale di ricerche effettuate su Google in un arco di tempo. Non rappresentano i valori del volume di ricerca assoluto, in quanto i dati vengono normalizzati e presentati in scala da 0 a 100; ciascun punto sul grafico viene diviso per il punto massimo o per 100” (si veda Che cosa indicano i numeri nel grafico? dalla guida del prodotto). I valori restituiti sono dunque compresi fra 0 e 100.
Nel nostro caso si tratta di ricerche effettuate su un singolo termine di ricerca con i seguenti parametri: Google Ricerca Web, Italia, Gennaio 2004-Settembre 2011, Tutte le categorie.
Ho deciso di raccogliere per ciascuno degli 88 atenei e per la chiave generica “università” i valori restituiti per il mese di agosto e quello di settembre (mesi durante i quali sono aperte le iscrizioni)*. Per quanto riguarda i singoli atenei ho dovuto concatenare termini di ricerca costruiti ad hoc per ciascun ateneo**.
Al termine della fase di data entry avevo dunque a disposizione le seguenti serie aggregate di dati per il complesso degli 88 atenei: ricerche per la chiave università (media agosto/settembre e settembre), media dei volumi di ricerca per ogni singolo ateneo (media agosto/settembre e settembre), media delle ricerche per ogni singolo ateneo escludendo i casi in cui il volume di ricerca era 0 (media agosto/settembre e settembre).
A questo punto, allo scopo di rendere confrontabili i dati, ho normalizzato il numero di immatricolati per anno accademico e per ateneo seguendo la stessa strategia utilizzata da Google Insight for Search. Ho dunque individuato il valore massimo attribuendo ad esso il punteggio 100 e normalizzato di conseguenza gli altri valori. In questo modo avevo disponibili serie di valori confrontabili su una scala compresa fra 0 e 100.
Avendo deciso di prendere come riferimento i mesi di agosto e settembre avevo tuttavia due valori per anno per quanto riguarda il volume di ricerca ed uno solo per gli immatricolati. Ho dunque deciso fare la media fra il valore di agosto e quello di settembre ottenendo un indice sintetico del volume per un singolo anno (in un secondo momento ho anche utilizzato il solo dato di settembre come confronto).
Poiché i dati degli immatricolati partono dal 2003/2004 e quelli di Google Insight for Search dal 2004 ho deciso di prendere in considerazione i dati degli immatricolati a partire dall’anno accademico 2004/2005. A partire da quell’anno, se ci fosse correlazione, ad un certo andamento del volume di ricerche su Google, dovrebbe corrispondere un analogo pattern nelle immatricolazioni. Inoltre i dati già disponibili di Google Insight per il 2011 dovrebbero prevedere l’andamento degli immatricolati per l’anno accademico 2011/2012.
Vediamo dunque i risultati:

Confortato da questi risultati ho proceduto a calcolare l’indice di correlazione per ciascun ateneo confrontando le serie di immatricolati normalizzati per ateneo 2004/2005, 2005/2006, 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009, 2009/2010, 2010/2011 con il volume di ricerca media agosto/settembre per le stringhe di ricerca specifiche di ciascun ateneo.
Ecco il risultato:

In questo caso i risultati sono contrastanti. Nella maggior parte dei casi (47) non si riscontrano correlazioni significative ed in 3 addirittura la correlazione è negativa. Nei restanti 38 casi  la correlazione è positiva e significativa (ovvero maggiore o uguale a 0,7).
Provando a calcolare lo stesso indice di correlazione con i soli dati di settembre la situazione non cambia di molto con 50 casi di non correlazione, uno solo di correlazione negativa e 37 di correlazione positiva.
Come al solito tutti i dati che ho raccolto sono disponibili pubblicamente in un foglio di calcolo di Google Documenti.
Dunque come spesso accade quando si lavoro con le correlazioni non emerge un risultato chiaro e incontrovertibile.
Le correlazioni totali appaiono significative, ma quelle per singolo ateneo lo sono solo per un ristretto gruppo di atenei.
Lascio al lettore il piacere di scoprire l’andamento del volume di ricerca dell’agosto e settembre appena conclusi e che cosa questo potrebbe pre-configurare rispetto al numero degli immatricolati 2011/2012.
E voi cosa ne pensate? La correlazione c’è o no?
*Si tratta di un indicatore piuttosto rozzo considerando che, anche nei mesi di agosto e settembre, utenti con intenti molto diversi potrebbero usare i termini di ricerca presi in esame. Esiste tuttavia la possibilità che l’effetto di questi utenti venga essere assorbito dal trend di chi invece cerca su Google il nome dell’università alla quale pensa di iscriversi.
** I termini di ricerca considerati sono disponibili nel foglio di calcolo insieme a tutti gli altri dati nella colonna “termini di ricerca” del foglio sui volumi di ricerca. Nel corso dei vari tentativi mi sono accorto che i termini di ricerca contenenti il solo nome di dominio dell’ateneo (uniurb, unibo, unicatt, etc) sono in ascesa e vengono spesso usati al posto del nome per esteso dell’Università. Mi sono dunque chiesto se inserire anche il nome di dominio come parte della stringa di ricerca. Alla fine ho deciso di non inserire questo termine di ricerca (tranne in specifici casi come “Luiss”) perchè credo che uno studente che usa Internet per cercare l’ateneo a cui iscriversi difficilmente utilizzi queste chiavi di ricerca (ma posso anche sbagliarmi).
 Proseguendo nella serie di articoli sull’utilizzo dei social media per predire il presente ho deciso questa volta di mettere a confronto il volume di ricerca su Google ed il numero di immatricolati negli atenei italiani.
L’andamento delle ricerche su Google mostra infatti una periodicità piuttosto marcata che vede nel mese di settembre il picco più alto di interesse. Questo vale sia per la generica chiave “università” che per chiavi specifiche ai diversi atenei.
Di qui la domanda: esiste una correlazione fra volume di ricerche su Google e numero degli immatricolati in un certo anno accademico?
Ho provato a verificare questa ipotesi a partire dai dati sugli immatricolati disponibili sull’anagrafe nazionale degli studenti del sito del MIUR e al servizio Google Insight for Search.
Per quanto riguarda gli immatricolati mi sono limitato a scaricare i dati disponibili (partono dall’anno accademico 2003/2004) e accorpare i fogli excel divisi per anno accademico in un’unica tabella. Al momento risultano attivi 88 atenei e l’andamento complessivo degli immatricolati è il seguente

Per misurare il volume di ricerca su Google ho effettuato delle query su Google Insight for Search. Questo servizio restitutrice “il numero di ricerche web eseguite con un termine specifico rispetto al numero totale di ricerche effettuate su Google in un arco di tempo. Non rappresentano i valori del volume di ricerca assoluto, in quanto i dati vengono normalizzati e presentati in scala da 0 a 100; ciascun punto sul grafico viene diviso per il punto massimo o per 100” (si veda Che cosa indicano i numeri nel grafico? dalla guida del prodotto). I valori restituiti sono dunque compresi fra 0 e 100.
Nel nostro caso si tratta di ricerche effettuate su un singolo termine di ricerca con i seguenti parametri: Google Ricerca Web, Italia, Gennaio 2004-Settembre 2011, Tutte le categorie.
Ho deciso di raccogliere per ciascuno degli 88 atenei e per la chiave generica “università” i valori restituiti per il mese di agosto e quello di settembre (mesi durante i quali sono aperte le iscrizioni)*. Per quanto riguarda i singoli atenei ho dovuto concatenare termini di ricerca costruiti ad hoc per ciascun ateneo**.
Al termine della fase di data entry avevo dunque a disposizione le seguenti serie aggregate di dati per il complesso degli 88 atenei: ricerche per la chiave università (media agosto/settembre e settembre), media dei volumi di ricerca per ogni singolo ateneo (media agosto/settembre e settembre), media delle ricerche per ogni singolo ateneo escludendo i casi in cui il volume di ricerca era 0 (media agosto/settembre e settembre).
A questo punto, allo scopo di rendere confrontabili i dati, ho normalizzato il numero di immatricolati per anno accademico e per ateneo seguendo la stessa strategia utilizzata da Google Insight for Search. Ho dunque individuato il valore massimo attribuendo ad esso il punteggio 100 e normalizzato di conseguenza gli altri valori. In questo modo avevo disponibili serie di valori confrontabili su una scala compresa fra 0 e 100.
Avendo deciso di prendere come riferimento i mesi di agosto e settembre avevo tuttavia due valori per anno per quanto riguarda il volume di ricerca ed uno solo per gli immatricolati. Ho dunque deciso fare la media fra il valore di agosto e quello di settembre ottenendo un indice sintetico del volume per un singolo anno (in un secondo momento ho anche utilizzato il solo dato di settembre come confronto).
Poiché i dati degli immatricolati partono dal 2003/2004 e quelli di Google Insight for Search dal 2004 ho deciso di prendere in considerazione i dati degli immatricolati a partire dall’anno accademico 2004/2005. A partire da quell’anno, se ci fosse correlazione, ad un certo andamento del volume di ricerche su Google, dovrebbe corrispondere un analogo pattern nelle immatricolazioni. Inoltre i dati già disponibili di Google Insight per il 2011 dovrebbero prevedere l’andamento degli immatricolati per l’anno accademico 2011/2012.
Vediamo dunque i risultati:

Confortato da questi risultati ho proceduto a calcolare l’indice di correlazione per ciascun ateneo confrontando le serie di immatricolati normalizzati per ateneo 2004/2005, 2005/2006, 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009, 2009/2010, 2010/2011 con il volume di ricerca media agosto/settembre per le stringhe di ricerca specifiche di ciascun ateneo.
Ecco il risultato:

In questo caso i risultati sono contrastanti. Nella maggior parte dei casi (47) non si riscontrano correlazioni significative ed in 3 addirittura la correlazione è negativa. Nei restanti 38 casi  la correlazione è positiva e significativa (ovvero maggiore o uguale a 0,7).
Provando a calcolare lo stesso indice di correlazione con i soli dati di settembre la situazione non cambia di molto con 50 casi di non correlazione, uno solo di correlazione negativa e 37 di correlazione positiva.
Come al solito tutti i dati che ho raccolto sono disponibili pubblicamente in un foglio di calcolo di Google Documenti.
Dunque come spesso accade quando si lavoro con le correlazioni non emerge un risultato chiaro e incontrovertibile.
Le correlazioni totali appaiono significative, ma quelle per singolo ateneo lo sono solo per un ristretto gruppo di atenei.
Lascio al lettore il piacere di scoprire l’andamento del volume di ricerca dell’agosto e settembre appena conclusi e che cosa questo potrebbe pre-configurare rispetto al numero degli immatricolati 2011/2012.
E voi cosa ne pensate? La correlazione c’è o no?
*Si tratta di un indicatore piuttosto rozzo considerando che, anche nei mesi di agosto e settembre, utenti con intenti molto diversi potrebbero usare i termini di ricerca presi in esame. Esiste tuttavia la possibilità che l’effetto di questi utenti venga essere assorbito dal trend di chi invece cerca su Google il nome dell’università alla quale pensa di iscriversi.
** I termini di ricerca considerati sono disponibili nel foglio di calcolo insieme a tutti gli altri dati nella colonna “termini di ricerca” del foglio sui volumi di ricerca. Nel corso dei vari tentativi mi sono accorto che i termini di ricerca contenenti il solo nome di dominio dell’ateneo (uniurb, unibo, unicatt, etc) sono in ascesa e vengono spesso usati al posto del nome per esteso dell’Università. Mi sono dunque chiesto se inserire anche il nome di dominio come parte della stringa di ricerca. Alla fine ho deciso di non inserire questo termine di ricerca (tranne in specifici casi come “Luiss”) perchè credo che uno studente che usa Internet per cercare l’ateneo a cui iscriversi difficilmente utilizzi queste chiavi di ricerca (ma posso anche sbagliarmi).
 Proseguendo nella serie di articoli sull’utilizzo dei social media per predire il presente ho deciso questa volta di mettere a confronto il volume di ricerca su Google ed il numero di immatricolati negli atenei italiani.
L’andamento delle ricerche su Google mostra infatti una periodicità piuttosto marcata che vede nel mese di settembre il picco più alto di interesse. Questo vale sia per la generica chiave “università” che per chiavi specifiche ai diversi atenei.
Di qui la domanda: esiste una correlazione fra volume di ricerche su Google e numero degli immatricolati in un certo anno accademico?
Ho provato a verificare questa ipotesi a partire dai dati sugli immatricolati disponibili sull’anagrafe nazionale degli studenti del sito del MIUR e al servizio Google Insight for Search.
Per quanto riguarda gli immatricolati mi sono limitato a scaricare i dati disponibili (partono dall’anno accademico 2003/2004) e accorpare i fogli excel divisi per anno accademico in un’unica tabella. Al momento risultano attivi 88 atenei e l’andamento complessivo degli immatricolati è il seguente

Per misurare il volume di ricerca su Google ho effettuato delle query su Google Insight for Search. Questo servizio restitutrice “il numero di ricerche web eseguite con un termine specifico rispetto al numero totale di ricerche effettuate su Google in un arco di tempo. Non rappresentano i valori del volume di ricerca assoluto, in quanto i dati vengono normalizzati e presentati in scala da 0 a 100; ciascun punto sul grafico viene diviso per il punto massimo o per 100” (si veda Che cosa indicano i numeri nel grafico? dalla guida del prodotto). I valori restituiti sono dunque compresi fra 0 e 100.
Nel nostro caso si tratta di ricerche effettuate su un singolo termine di ricerca con i seguenti parametri: Google Ricerca Web, Italia, Gennaio 2004-Settembre 2011, Tutte le categorie.
Ho deciso di raccogliere per ciascuno degli 88 atenei e per la chiave generica “università” i valori restituiti per il mese di agosto e quello di settembre (mesi durante i quali sono aperte le iscrizioni)*. Per quanto riguarda i singoli atenei ho dovuto concatenare termini di ricerca costruiti ad hoc per ciascun ateneo**.
Al termine della fase di data entry avevo dunque a disposizione le seguenti serie aggregate di dati per il complesso degli 88 atenei: ricerche per la chiave università (media agosto/settembre e settembre), media dei volumi di ricerca per ogni singolo ateneo (media agosto/settembre e settembre), media delle ricerche per ogni singolo ateneo escludendo i casi in cui il volume di ricerca era 0 (media agosto/settembre e settembre).
A questo punto, allo scopo di rendere confrontabili i dati, ho normalizzato il numero di immatricolati per anno accademico e per ateneo seguendo la stessa strategia utilizzata da Google Insight for Search. Ho dunque individuato il valore massimo attribuendo ad esso il punteggio 100 e normalizzato di conseguenza gli altri valori. In questo modo avevo disponibili serie di valori confrontabili su una scala compresa fra 0 e 100.
Avendo deciso di prendere come riferimento i mesi di agosto e settembre avevo tuttavia due valori per anno per quanto riguarda il volume di ricerca ed uno solo per gli immatricolati. Ho dunque deciso fare la media fra il valore di agosto e quello di settembre ottenendo un indice sintetico del volume per un singolo anno (in un secondo momento ho anche utilizzato il solo dato di settembre come confronto).
Poiché i dati degli immatricolati partono dal 2003/2004 e quelli di Google Insight for Search dal 2004 ho deciso di prendere in considerazione i dati degli immatricolati a partire dall’anno accademico 2004/2005. A partire da quell’anno, se ci fosse correlazione, ad un certo andamento del volume di ricerche su Google, dovrebbe corrispondere un analogo pattern nelle immatricolazioni. Inoltre i dati già disponibili di Google Insight per il 2011 dovrebbero prevedere l’andamento degli immatricolati per l’anno accademico 2011/2012.
Vediamo dunque i risultati:

Confortato da questi risultati ho proceduto a calcolare l’indice di correlazione per ciascun ateneo confrontando le serie di immatricolati normalizzati per ateneo 2004/2005, 2005/2006, 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009, 2009/2010, 2010/2011 con il volume di ricerca media agosto/settembre per le stringhe di ricerca specifiche di ciascun ateneo.
Ecco il risultato:

In questo caso i risultati sono contrastanti. Nella maggior parte dei casi (47) non si riscontrano correlazioni significative ed in 3 addirittura la correlazione è negativa. Nei restanti 38 casi  la correlazione è positiva e significativa (ovvero maggiore o uguale a 0,7).
Provando a calcolare lo stesso indice di correlazione con i soli dati di settembre la situazione non cambia di molto con 50 casi di non correlazione, uno solo di correlazione negativa e 37 di correlazione positiva.
Come al solito tutti i dati che ho raccolto sono disponibili pubblicamente in un foglio di calcolo di Google Documenti.
Dunque come spesso accade quando si lavoro con le correlazioni non emerge un risultato chiaro e incontrovertibile.
Le correlazioni totali appaiono significative, ma quelle per singolo ateneo lo sono solo per un ristretto gruppo di atenei.
Lascio al lettore il piacere di scoprire l’andamento del volume di ricerca dell’agosto e settembre appena conclusi e che cosa questo potrebbe pre-configurare rispetto al numero degli immatricolati 2011/2012.
E voi cosa ne pensate? La correlazione c’è o no?
*Si tratta di un indicatore piuttosto rozzo considerando che, anche nei mesi di agosto e settembre, utenti con intenti molto diversi potrebbero usare i termini di ricerca presi in esame. Esiste tuttavia la possibilità che l’effetto di questi utenti venga essere assorbito dal trend di chi invece cerca su Google il nome dell’università alla quale pensa di iscriversi.
** I termini di ricerca considerati sono disponibili nel foglio di calcolo insieme a tutti gli altri dati nella colonna “termini di ricerca” del foglio sui volumi di ricerca. Nel corso dei vari tentativi mi sono accorto che i termini di ricerca contenenti il solo nome di dominio dell’ateneo (uniurb, unibo, unicatt, etc) sono in ascesa e vengono spesso usati al posto del nome per esteso dell’Università. Mi sono dunque chiesto se inserire anche il nome di dominio come parte della stringa di ricerca. Alla fine ho deciso di non inserire questo termine di ricerca (tranne in specifici casi come “Luiss”) perchè credo che uno studente che usa Internet per cercare l’ateneo a cui iscriversi difficilmente utilizzi queste chiavi di ricerca (ma posso anche sbagliarmi).
 

Popolarità delle pagine Facebook delle Università italiane

Breve studio che analizza la popolarità delle pagine Facebook degli Atenei in Italia

In poco più di un anno la pagina Facebook dell’Università di Urbino Carlo Bo ha quasi raggiunto 6000 “Mi Piace”.
Per festeggiare questo evento ho deciso di raccogliere i dati di popolarità su Facebook di tutti gli atenei italiani. Sono dunque partito dall’elenco completo degli atenei fornito dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e sono andato a cercare su Facebook le pagine corrispondenti. Non tutte gli atenei italiani (68%) hanno stabilito una presenza su Facebook (non ho tenuto conto delle community page create automaticamente da Facebook stessa perchè prive di una bacheca e dunque di ogni forma di interattività).
Gli atenei più popolari sono l’Università degli Studi di Torino e l’Università degli Studi di Padova con, rispettivamente, 15305 e 14786 “Mi Piace”.
Di seguito il grafico con i quindici atenei più popolari.

Non occorre sottolineare che la competizione di popolarità fra atenei su Facebook è in qualche modo una battaglia che non si combatte ad armi pari poiché il numero di studenti iscritti varia sensibilmente.  Ho dunque provato ad utilizzare i dati degli iscritti disponibili sul sito dell’anagrafe studenti MIUR per rendere la competizione meno squilibrata.
Ponderando il numero di “Mi Piace” sul numero degli iscritti emergono i casi dell’Università per Stranieri di Perugia (167% di “Mi Piace” in rapporto ai 1404 iscritti) e dell’Università Telematica “Universitas MERCATORUM” (77% ma su soli 196 iscritti). Limitando l’analisi agli atenei con almeno 5000 iscritti spicca l’Università IUAV di Venezia (68% e 5636 iscritti), l’Università di Foggia (60% e 10047 iscritti) e l’Università di Urbino Carlo Bo (48% e 12494 iscritti). Fra gli atenei con oltre 15.000 iscritti spicca il caso dell’Università “Ca’ Foscari” di Venezia (43% su 17389 iscritti).
Andando a guardare i trend di crescita a partire dalla prima rilevazione effettuata il 20 settembre 2010 e limitando l’analisi agli atenei che avevano almeno 1000 “Mi Piace” alla prima rilevazione spicca la crescita a tre cifre (+151%) della pagina dell’Università degli Studi di Udine. In forte crescita anche le pagine dell’Università Kore di Enna (+75%), dell’Università Bicocca di Milano (+75%) e dell’Università per Stranieri di Perugia (+70%). Abbastanza inspiegabile, infine, il crollo della pagina della Seconda Università di Napoli (-71%).
In generale solo una piccola parte di atenei ha registrato il suo indirizzo breve su Facebook e, da quanto ho potuto vedere, non ci sono landing page o strategie di marketing particolari. Credo sia un errore del quale si avvantaggeranno i primi atenei che investiranno con serietà su questa forma di promozione e di creazione/gestione della community.
Per farsi un’idea di come le università americane si stanno muovendo nel settore dei social media consiglio la lettura di questo articolo.
Come al solito il foglio di calcolo di Google Spreadsheet usato per le analisi è disponibile per la libera consultazione di chi volesse fare le sue analisi. Se conoscete una pagina Facebook di una Università o comunità di studenti che mi è sfuggita non esitate a segnarmela qui nei commenti.

«È una rivolta?» «No, Sire, è una rivoluzione»

Le recenti proteste esplose in Tunisia ed Egitto riportano d’attualità il ruolo svolto da Internet come mezzo di organizzazione e informazione

Gli studi condotti nell’ambito del Pew Research Center’s Internet & American Life Project sono comunemente considerati il punto di riferimento per comprendere l’impatto di internet su svariati aspetti della vita dei cittadini americani.
Di recente, con un notevole tempismo sull’attualità dei fatti che avvengono in Tunisia, Albania, Yemen ed Egitto, Pew ha pubblicato il report relativo ad uno studio dedicato a comprendere come la rete abbia cambiato gruppi e organizzazioni di volontariato influenzandone la capacità di agire con efficacia sulla vita delle comunità nella quali operano. Il report conferma il rapporto fra uso di internet ed appartenenza a gruppi ed organizzazioni di volontariato. Mentre fra i non internet users la quota di cittadini attivi si attesta al 56%, fra gli utenti Internet questa percentuale sale all’80% raggiungendo l’82% fra gli utenti di siti di social network e l’85% fra gli utenti di Twitter. Inoltre l’apporto di Internet alla vita di questi gruppi è largamente riconosciuto tanto dagli americani connessi alla rete (il 75% ritiene che internet abbia avuto un impatto significativo) quanto dalla media nazionale che comprende anche i cittadini offline (68%).
A partire da questi dati credo valga la pena porsi la stessa domanda in relazione alle proteste cui stiamo assistendo in questi giorni. Qual’è, se c’è, l’apporto di internet a queste forme di azione collettiva? La rivoluzione in Tunisia avrebbe lo stesso raggiunto i suoi scopi se non ci fossero stati internet ed i social network? Che ruolo giocherà in Egitto?
Forse una prima risposta, come fa notare Ethan Zuckerman in questo interessante articolo, sta proprio nei tentativi di censura operati dai governi di questi Paesi.  È di oggi la notizia che le autorità egiziane hanno bloccato l’intera rete internet nazionale e molte delle reti cellulari. Sappiamo di più su questo in relazione alla Tunisia, una delle nazioni africane con il più alto tasso di accesso alla rete, dove i tentativi di censura sono noti da mesi e documentati ampiamente (si veda ad esempio questo pezzo pubblicato su ReadWriteWeb). Questi tentativi, talvolta estremamente raffinati come nel caso del sistema messo in piedi per rubare le chiavi di accesso a Facebook, GMail e Live.com, mostrano quanto le autorità di questi Paesi riconoscano un ruolo a internet. Nello specifico questo ruolo appare duplice: da una parte si tratta di un mezzo di coordinamento delle forme di protesta (in sinergia con i telefoni cellulari), dall’altro di informazione nei confronti dell’opinione pubblica e mondo del giornalismo che si trova oltre confine.
La maggior parte dei commentatori sembrano concordare sull’efficacia di internet circa quest’ultimo aspetto – anche se nel caso della Tunisia i tempi di rimbalzo sui media stranieri non sono stati affatto brevi – mentre maggiori perplessità, forse anche dovute alla carenza di dati, solleva il ruolo svolto da internet come strumento per il coordinamento di queste azioni di protesta collettive.
Se appare dunque impossibile dimostrare un rapporto di causa/effetto fra internet e proteste su larga scala, è tuttavia altrettanto difficile negare che – da alcuni anni a questa parte – non c’è tentativo di rivoluzione che non sia stato accompagnato da un significativo tasso di conversazione sulla rete e nello specifico su siti di social network come Facebook e Twitter.
Servirà tempo e ricerca per rispondere adeguatamente a queste domande.
Tempo e ricerca che servirebbero anche a comprendere meglio quanto sta avvenendo e potrebbe avvenire, a questo proposito, in Italia. In questo senso alcuni elementi interessanti sono forniti da questa indagine realizzata da Demos & Pi. Ulteriori spunti di riflessione a riguardo emergeranno dai risultati di uno studio che abbiamo condotto sul consumo di news nel nostro Paese e che sarà presentato nel corso di una conferenza stampa il 10 Febbraio a Roma.
Credits: Foto bCollin David Anderson

Modernity 2.0 a Urbino con danah boyd

Dal 29 giugno al 5 luglio si terrà ad Urbino, per la prima volta in Italia, la nona conferenza mondiale di sociocibernetica. La conferenza che verrà come protagonisti ricercatori provenienti da tutto il mondo è dedicato a riflettere sull’impatto dei social media sulla nostra società.Dal 29 giugno al 5 luglio si terrà ad Urbino, per la prima volta in Italia, la nona conferenza mondiale di sociocibernetica. La conferenza che verrà come protagonisti ricercatori provenienti da tutto il mondo è dedicato a riflettere sull’impatto dei social media sulla nostra società.Dal 29 giugno al 5 luglio si terrà ad Urbino, per la prima volta in Italia, la nona conferenza mondiale di sociocibernetica. La conferenza che verrà come protagonisti ricercatori provenienti da tutto il mondo è dedicato a riflettere sull’impatto dei social media sulla nostra società.

Ho il piacere di annunciare oggi un progetto al quale sto lavorando da tempo ma di cui non ho mai parlato fino a questo momento qui.
Da alcuni mesi il LaRiCA sta collaborando attivamente con i colleghi dell’RC51 dell’International Sociological Association all’organizzazione della nona conferenza mondiale di socio-cibernetica che avremo il piacere di ospitare dal 29 giugno al 5 luglio ad Urbino.
Il tema scelto è l’impatto dei social media sulla nostra società. Con il termine social media si fa riferimento a tutti quelli spazi della comunicazione supportati dalle recenti tecnologie internet che consentono di produrre e diffondere contenuti (testi, video, audio, etc.) in rete a costi contenuti. L’abbassamento dei costi legati alla produzione e diffusione di questi contenuti ha democratizzato l’accesso alla comunicazione da uno a molti un tempo riservati ai professionisti del settore. La produzione spesso collaborativa di questi contenuti e l’esposizione ai contenuti prodotti dai pari sta cambiano la dieta mediale degli individui e incrinando i rapporti di potere consolidati all’interno della società (nelle famiglie, nelle scuole, fra imprese e consumatori, fra cittadini ed istituzioni, fra giornalisti e lettori).
Esempi di social media sono dunque i blog, YouTube e Facebook.
Modernity 2.0 è dedicata a riflettere in una prospettiva socio-cibernetica su come e se la disponibilità di queste tecnologie sta cambiando le persone e la nostra società.
La conferenza è un evento inedito in Italia per dimensione, tematiche e rilevanza dei relatori proposti.
La call for paper ha infatti attratto proposte di intervento provenienti da tutto il mondo. Fra queste sono stati selezionati cinquantuno papers suddivisi poi nelle seguenti aree tematiche: “Cultura convergente e Pubblici connessi”, “Media, politica e potere”, “Metodologie emergenti”, “Studi di media comparati”.
Fra i paper verso i quali nutro maggiormente attesa segnalo un paio di casi di studio su Obama ed un inedito Bebbe Grillo osservato dagli Stati Uniti (Alberto Pepe, University of California Los Angeles e Corinna di Gennaro, Harvard University).  Mi incuriosice inoltre parecchio Structure and Dynamics of Indonesian Blogger Community in Virtual Space di Adi Nugroho Onggoboyo. Se siete curiosi potete cmq leggere tutti gli abstract nella pagina papers del sito ufficiale del convegno.
Si ritroveranno ad Urbino ricercatori che studiano questo fenomeno provenienti da tutto il mondo: Messico, Armenia, Austria, UK, Lettonia, Svezia, Bolivia, Stati Uniti, Germania, Olanda, Canada, Spagna, Indonesia, Danimarca, Brasile, Argentina ed ovviamente Italia.
A completare il programma ci sono due ospiti invitati che nei loro rispettivi settori sono comunemente considerati fra i massimi esperti dalle rispettive comunità accademiche.
danah boyd (Microsoft Research New England)
Ricercatrice presso Microsoft Research New England e Fellow dell’Harvard Berkman Center for Internet and Society. PhD presso la School of Information at UC-Berkeley con una tesi intitolata “Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics” nella quale ha esaminato il ruolo giocato dai siti di social network come MySpace e Facebook nella vita quotidiana e sulle relazioni social dei teenagers americani. Presso il Berkman Center, danah ha co-diretto l’Internet Safety Technical Task Force il suo scopo è identificare potenziali soluzioni per favorire un uso sicuro della rete da parte dei bambini.

Giuseppe O. Longo (Università degli Studi di Trieste)
Giuseppe O. Longo è ordinario di Teoria dell’informazione alla Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Trieste. Ha introdotto in Italia la teoria dell’informazione. Attualmente si occupa soprattutto di epistemologia, di intelligenza artificiale, di problemi della comunicazione e delle conseguenze sociali dello sviluppo tecnico, in particolare di robo-etica, pubblicando articoli su riviste specializzate e svolgendo un’intensa attività di conferenziere. Su questi temi ha tenuto numerose relazioni, ha partecipato a convegni e congressi e ha pubblicato i saggi “Il nuovo Golem: come il computer cambia la nostra cultura” (Laterza, 1998, 4a edizione 2003), “Homo Technologicus” (Meltemi, Roma, 2001, 2a edizione 2005) e “Il simbionte: prove di umanità futura” (Meltemi, Roma, 2003). E’ stato traduttore per le case editrici Boringhieri e Adelphi (15 libri dall’inglese e dal tedesco, tra cui opere di Gregory Bateson, Marvin Minsky, Douglas Hofstadter, Iräneus Eibl-Eibesfeld) e nel 1991 ha vinto il premio “Monselice” per la traduzione scientifica.
La conferenza è organizzata da un comitato internazionale presieduto dal Prof. Bernard Scott (Cranfield University Defence Academy e Presidente della sezione RC51 dell’ISA – International Sociological Association dedicata alla socio-cibernetica). Il comitato è composto da membri dell’RC51 e da docenti e ricercatori del laboratorio di Ricerca LaRiCA dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.
La registrazione per la conferenza chiude domenica 24 maggio.
Potete registrarvi o leggere i nomi delle persone che intendono partecipare a http://rc51.eventbrite.com/.

Ho il piacere di annunciare oggi un progetto al quale sto lavorando da tempo ma di cui non ho mai parlato fino a questo momento qui.

Da alcuni mesi il LaRiCA sta collaborando attivamente con i colleghi dell’RC51 dell’International Sociological Association all’organizzazione della nona conferenza mondiale di socio-cibernetica che avremo il piacere di ospitare dal 29 giugno al 5 luglio ad Urbino.

Il tema scelto è l’impatto dei social media sulla nostra società. Con il termine social media si fa riferimento a tutti quelli spazi della comunicazione supportati dalle recenti tecnologie internet che consentono di produrre e diffondere contenuti (testi, video, audio, etc.) in rete a costi contenuti. L’abbassamento dei costi legati alla produzione e diffusione di questi contenuti ha democratizzato l’accesso alla comunicazione da uno a molti un tempo riservati ai professionisti del settore. La produzione spesso collaborativa di questi contenuti e l’esposizione ai contenuti prodotti dai pari sta cambiano la dieta mediale degli individui e incrinando i rapporti di potere consolidati all’interno della società (nelle famiglie, nelle scuole, fra imprese e consumatori, fra cittadini ed istituzioni, fra giornalisti e lettori).

Esempi di social media sono dunque i blog, YouTube e Facebook.

Modernity 2.0 è dedicata a riflettere in una prospettiva socio-cibernetica su come e se la disponibilità di queste tecnologie sta cambiando le persone e la nostra società.

La conferenza è un evento inedito in Italia per dimensione, tematiche e rilevanza dei relatori proposti.

La call for paper ha infatti attratto proposte di intervento provenienti da tutto il mondo. Fra queste sono stati selezionati cinquantuno papers suddivisi poi nelle seguenti aree tematiche: “Cultura convergente e Pubblici connessi”, “Media, politica e potere”, “Metodologie emergenti”, “Studi di media comparati”.

Fra i paper verso i quali nutro maggiormente attesa segnalo un paio di casi di studio su Obama ed un inedito Bebbe Grillo osservato dagli Stati Uniti (Alberto Pepe, University of California Los Angeles e Corinna di Gennaro, Harvard University).  Mi incuriosice inoltre parecchio Structure and Dynamics of Indonesian Blogger Community in Virtual Space di Adi Nugroho Onggoboyo. Se siete curiosi potete cmq leggere tutti gli abstract nella pagina papers del sito ufficiale del convegno.

Si ritroveranno ad Urbino ricercatori che studiano questo fenomeno provenienti da tutto il mondo: Messico, Armenia, Austria, UK, Lettonia, Svezia, Bolivia, Stati Uniti, Germania, Olanda, Canada, Spagna, Indonesia, Danimarca, Brasile, Argentina ed ovviamente Italia.

A completare il programma ci sono due ospiti invitati che nei loro rispettivi settori sono comunemente considerati fra i massimi esperti dalle rispettive comunità accademiche.

danah boyd (Microsoft Research New England)

Ricercatrice presso Microsoft Research New England e Fellow dell’Harvard Berkman Center for Internet and Society. PhD presso la School of Information at UC-Berkeley con una tesi intitolata “Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics” nella quale ha esaminato il ruolo giocato dai siti di social network come MySpace e Facebook nella vita quotidiana e sulle relazioni social dei teenagers americani. Presso il Berkman Center, danah ha co-diretto l’Internet Safety Technical Task Force il suo scopo è identificare potenziali soluzioni per favorire un uso sicuro della rete da parte dei bambini.

Giuseppe O. Longo (Università degli Studi di Trieste)

Giuseppe O. Longo è ordinario di Teoria dell’informazione alla Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Trieste. Ha introdotto in Italia la teoria dell’informazione. Attualmente si occupa soprattutto di epistemologia, di intelligenza artificiale, di problemi della comunicazione e delle conseguenze sociali dello sviluppo tecnico, in particolare di robo-etica, pubblicando articoli su riviste specializzate e svolgendo un’intensa attività di conferenziere. Su questi temi ha tenuto numerose relazioni, ha partecipato a convegni e congressi e ha pubblicato i saggi “Il nuovo Golem: come il computer cambia la nostra cultura” (Laterza, 1998, 4a edizione 2003), “Homo Technologicus” (Meltemi, Roma, 2001, 2a edizione 2005) e “Il simbionte: prove di umanità futura” (Meltemi, Roma, 2003). E’ stato traduttore per le case editrici Boringhieri e Adelphi (15 libri dall’inglese e dal tedesco, tra cui opere di Gregory Bateson, Marvin Minsky, Douglas Hofstadter, Iräneus Eibl-Eibesfeld) e nel 1991 ha vinto il premio “Monselice” per la traduzione scientifica.

La conferenza è organizzata da un comitato internazionale presieduto dal Prof. Bernard Scott (Cranfield University Defence Academy e Presidente della sezione RC51 dell’ISA – International Sociological Association dedicata alla socio-cibernetica). Il comitato è composto da membri dell’RC51 e da docenti e ricercatori del laboratorio di Ricerca LaRiCA dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.

La registrazione per la conferenza chiude domenica 24 maggio.

Potete registrarvi o leggere i nomi delle persone che intendono partecipare a http://rc51.eventbrite.com/.

Ho il piacere di annunciare oggi un progetto al quale sto lavorando da tempo ma di cui non ho mai parlato fino a questo momento qui.

Da alcuni mesi il LaRiCA sta collaborando attivamente con i colleghi dell’RC51 dell’International Sociological Association all’organizzazione della nona conferenza mondiale di socio-cibernetica che avremo il piacere di ospitare dal 29 giugno al 5 luglio ad Urbino.

Il tema scelto è l’impatto dei social media sulla nostra società. Con il termine social media si fa riferimento a tutti quelli spazi della comunicazione supportati dalle recenti tecnologie internet che consentono di produrre e diffondere contenuti (testi, video, audio, etc.) in rete a costi contenuti. L’abbassamento dei costi legati alla produzione e diffusione di questi contenuti ha democratizzato l’accesso alla comunicazione da uno a molti un tempo riservati ai professionisti del settore. La produzione spesso collaborativa di questi contenuti e l’esposizione ai contenuti prodotti dai pari sta cambiano la dieta mediale degli individui e incrinando i rapporti di potere consolidati all’interno della società (nelle famiglie, nelle scuole, fra imprese e consumatori, fra cittadini ed istituzioni, fra giornalisti e lettori).

Esempi di social media sono dunque i blog, YouTube e Facebook.

Modernity 2.0 è dedicata a riflettere in una prospettiva socio-cibernetica su come e se la disponibilità di queste tecnologie sta cambiando le persone e la nostra società.

La conferenza è un evento inedito in Italia per dimensione, tematiche e rilevanza dei relatori proposti.

La call for paper ha infatti attratto proposte di intervento provenienti da tutto il mondo. Fra queste sono stati selezionati cinquantuno papers suddivisi poi nelle seguenti aree tematiche: “Cultura convergente e Pubblici connessi”, “Media, politica e potere”, “Metodologie emergenti”, “Studi di media comparati”.

Fra i paper verso i quali nutro maggiormente attesa segnalo un paio di casi di studio su Obama ed un inedito Bebbe Grillo osservato dagli Stati Uniti (Alberto Pepe, University of California Los Angeles e Corinna di Gennaro, Harvard University).  Mi incuriosice inoltre parecchio Structure and Dynamics of Indonesian Blogger Community in Virtual Space di Adi Nugroho Onggoboyo. Se siete curiosi potete cmq leggere tutti gli abstract nella pagina papers del sito ufficiale del convegno.

Si ritroveranno ad Urbino ricercatori che studiano questo fenomeno provenienti da tutto il mondo: Messico, Armenia, Austria, UK, Lettonia, Svezia, Bolivia, Stati Uniti, Germania, Olanda, Canada, Spagna, Indonesia, Danimarca, Brasile, Argentina ed ovviamente Italia.

A completare il programma ci sono due ospiti invitati che nei loro rispettivi settori sono comunemente considerati fra i massimi esperti dalle rispettive comunità accademiche.

danah boyd (Microsoft Research New England)

Ricercatrice presso Microsoft Research New England e Fellow dell’Harvard Berkman Center for Internet and Society. PhD presso la School of Information at UC-Berkeley con una tesi intitolata “Taken Out of Context: American Teen Sociality in Networked Publics” nella quale ha esaminato il ruolo giocato dai siti di social network come MySpace e Facebook nella vita quotidiana e sulle relazioni social dei teenagers americani. Presso il Berkman Center, danah ha co-diretto l’Internet Safety Technical Task Force il suo scopo è identificare potenziali soluzioni per favorire un uso sicuro della rete da parte dei bambini.

Giuseppe O. Longo (Università degli Studi di Trieste)

Giuseppe O. Longo è ordinario di Teoria dell’informazione alla Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Trieste. Ha introdotto in Italia la teoria dell’informazione. Attualmente si occupa soprattutto di epistemologia, di intelligenza artificiale, di problemi della comunicazione e delle conseguenze sociali dello sviluppo tecnico, in particolare di robo-etica, pubblicando articoli su riviste specializzate e svolgendo un’intensa attività di conferenziere. Su questi temi ha tenuto numerose relazioni, ha partecipato a convegni e congressi e ha pubblicato i saggi “Il nuovo Golem: come il computer cambia la nostra cultura” (Laterza, 1998, 4a edizione 2003), “Homo Technologicus” (Meltemi, Roma, 2001, 2a edizione 2005) e “Il simbionte: prove di umanità futura” (Meltemi, Roma, 2003). E’ stato traduttore per le case editrici Boringhieri e Adelphi (15 libri dall’inglese e dal tedesco, tra cui opere di Gregory Bateson, Marvin Minsky, Douglas Hofstadter, Iräneus Eibl-Eibesfeld) e nel 1991 ha vinto il premio “Monselice” per la traduzione scientifica.

La conferenza è organizzata da un comitato internazionale presieduto dal Prof. Bernard Scott (Cranfield University Defence Academy e Presidente della sezione RC51 dell’ISA – International Sociological Association dedicata alla socio-cibernetica). Il comitato è composto da membri dell’RC51 e da docenti e ricercatori del laboratorio di Ricerca LaRiCA dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.

La registrazione per la conferenza chiude domenica 24 maggio.

Potete registrarvi o leggere i nomi delle persone che intendono partecipare a http://rc51.eventbrite.com/.

I marziani scoprono la parte abitata della rete

Una risposta all’articolo scritto da Massimo Mantellini per la rubrica Contrappunti di Punto Informatico.Una risposta all’articolo scritto da Massimo Mantellini per la rubrica Contrappunti di Punto Informatico.Una risposta all’articolo scritto da Massimo Mantellini per la rubrica Contrappunti di Punto Informatico.

Ho letto attentamente l’anteprima del pezzo di Massimo Mantellini che sarà pubblicato domani su Punto Informatico e devo dire che la sua analisi non mi convince.
Premetto che le batterie di domande della ricerca LaRiCA su Internet, blog e siti di social network sono tutte traduzioni fedeli delle domande poste da Pew / Internet negli Stati Uniti. Essendo Pew lo standard di riferimento nel settore, abbiamo deciso di porre domande identiche allo scopo di avere un dato confrontabile. Identica è inoltre la metodologia di reperimento dati attraverso interviste telefoniche.
Detto questo vengo ai miei dubbi citando un piccolo estratto del post:

“a cosa mi serve, se mi riferisco alla parte abitata della rete, sapere quanti marziani l’hanno visitata almeno una volta?”

Secondo me serve a farci un’idea delle dimensioni dell’attenzione e della conoscenza verso il fenomeno “parte abitata della rete”. Se i marziani vengono a visitarci vuol dire che sanno come e dove trovarci e nutrono un qualche interesse per noi. Sapere quanti sono questi marziani è, per me, di un qualche interesse.
Sono d’accordo che sarebbe interessante sapere “quanti cittadini usano la rete per informarsi ed esprimere giudizi sullo stato delle cose, per confrontarsi su tematiche politiche o culturali, per discutere e raccogliere informazioni su prodotti e servizi in una modalità differente da quelle fino a ieri disponibili” ma, semplicemente, non era questo lo scopo della nostra ricerca. La ricerca che abbiamo svolto ha un valore puramente esplorativo ed ogni approfondimento che riguarda lo specifico dei comportamenti dei blogger richiederebbe una diversa strategia di campionamento focalizzata su queste figure.
Anche in vista di un obiettivo come questo avere una stima della numerosità di questi soggetti è essenziale per definire le dimensioni di un eventuale campione.
Ho grosse perplessità, invece, sul ragionamento del 3 milioni * 1 su 10 = 30.000.000.

“Mentre le società di ricerca stimano sul 50% circa il numero dei blog o dei social network aggiornati con una qualche frequenza, chiunque abbia potuto dare una occhiata ai numeri dei grandi fornitori di servizi di social network sa che il rapporto fra blog aperti e blog attivi è molto differente: meno di un blog ogni 10 aperti è solitamente attivo. Se davvero in Italia il numero di creatori di contenuti supera i 3 milioni allora sarebbe necessario immaginare che siano stati attivati nel nostro paese oltre 30 milioni di blog o pagine su Facebook o MySpace o Flickr.”

Non conosco i dati dei grandi fornitori di piattaforme. Conosco invece, grazie a Pew/Internet, le risposte che gli autori di blog americani hanno dato alla stessa domanda.
Ho riassunto i risultati della comparazione in questo grafico (clicca per ingrandire):
frequenza-aggiornamento-us-comp
Come si può facilmente notare non esistono grandi differenze. Questo mi porta a pensare che la domanda filtro (“Tiene un blog o un diario online”) tenda ad escludere buona parte di quei 9 blog abbandonati su 10. Solo i fornitori di piattaforme possono dirci quanti blog aperti in totale ci sono in Italia ma una cosa è certa: se quello che ci interessa è la parte abitata della rete non è fra i blog abbandonati che la troveremo.
Pur essendo molto scettico e sempre sospettoso rispetto ai dati statistici, non posso non notare che se tre ricerche diverse hanno fornito dati del tutto simili, un fondo di verità ci deve essere.
Per me quel fondo di verità è riassumibile nella considerazione che esiste un significativo numero di italiani (molto più vasto di quello che si poteva immaginare), soprattutto fra i giovani, che leggono o tengono un blog ed hanno un profilo su un sito di social network.
Questo implica che la stragrande maggioranza dei blogger (cioè delle persone che tengono un blog) rappresentano un universo largamente inesplorato che non può essere in alcun modo ricondotto al gruppo dei blogger più noti (che possiamo far coincidere a spanne con quelli iscritti a Blogbabel e sono dunque qualche migliaio). Non solo. Quando si pensa a cosa sia un blog e alle motivazioni che spingono ad aprirne uno bisognerebbe guardare a chi “spulcia il livespace pieno di farfalline della compagna di classe” (per citare un commento del post di Mantellini) e non solo al piccolo sotto insieme che è più visibile ma numericamente molto meno rappresentativo. Sono sicuro che scopriremmo universi completamente diversi ed in qualche modo incommensurabili.
Fatto sta che questa massa di persone (prevalentemente giovani, che hanno come pubblico di riferimento il loro gruppo di amici e se ricevono troppa attenzione su un post la considerano quasi un’intrusione nella loro privacy più che un evento da festeggiare) esiste al di là della visibilità che possa avere o desiderare.
Questo significa che anche quando ragioniamo sull’impatto della parte abitata della rete in Italia dovremmo guardare con una certa attenzione (molto più di quanto sia stato fatto fino ad ora) a questa parte sommersa dell’iceberg.
Se non lo facciamo un giorno non molto lontano potremmo sveglairci e scoprire con sgomento che i marziani della parte abitata della rete siamo proprio noi adulti in cerca di visibilità e iscritti a Blogbabel 🙂

Technorati tags: , , , , ,

Ho letto attentamente l’anteprima del pezzo di Massimo Mantellini che sarà pubblicato domani su Punto Informatico e devo dire che la sua analisi non mi convince.

Premetto che le batterie di domande della ricerca LaRiCA su Internet, blog e siti di social network sono tutte traduzioni fedeli delle domande poste da Pew / Internet negli Stati Uniti. Essendo Pew lo standard di riferimento nel settore, abbiamo deciso di porre domande identiche allo scopo di avere un dato confrontabile. Identica è inoltre la metodologia di reperimento dati attraverso interviste telefoniche.

Detto questo vengo ai miei dubbi citando un piccolo estratto del post:

“a cosa mi serve, se mi riferisco alla parte abitata della rete, sapere quanti marziani l’hanno visitata almeno una volta?”

Secondo me serve a farci un’idea delle dimensioni dell’attenzione e della conoscenza verso il fenomeno “parte abitata della rete”. Se i marziani vengono a visitarci vuol dire che sanno come e dove trovarci e nutrono un qualche interesse per noi. Sapere quanti sono questi marziani è, per me, di un qualche interesse.

Sono d’accordo che sarebbe interessante sapere “quanti cittadini usano la rete per informarsi ed esprimere giudizi sullo stato delle cose, per confrontarsi su tematiche politiche o culturali, per discutere e raccogliere informazioni su prodotti e servizi in una modalità differente da quelle fino a ieri disponibili” ma, semplicemente, non era questo lo scopo della nostra ricerca. La ricerca che abbiamo svolto ha un valore puramente esplorativo ed ogni approfondimento che riguarda lo specifico dei comportamenti dei blogger richiederebbe una diversa strategia di campionamento focalizzata su queste figure.

Anche in vista di un obiettivo come questo avere una stima della numerosità di questi soggetti è essenziale per definire le dimensioni di un eventuale campione.

Ho grosse perplessità, invece, sul ragionamento del 3 milioni * 1 su 10 = 30.000.000.

“Mentre le società di ricerca stimano sul 50% circa il numero dei blog o dei social network aggiornati con una qualche frequenza, chiunque abbia potuto dare una occhiata ai numeri dei grandi fornitori di servizi di social network sa che il rapporto fra blog aperti e blog attivi è molto differente: meno di un blog ogni 10 aperti è solitamente attivo. Se davvero in Italia il numero di creatori di contenuti supera i 3 milioni allora sarebbe necessario immaginare che siano stati attivati nel nostro paese oltre 30 milioni di blog o pagine su Facebook o MySpace o Flickr.”

Non conosco i dati dei grandi fornitori di piattaforme. Conosco invece, grazie a Pew/Internet, le risposte che gli autori di blog americani hanno dato alla stessa domanda.

Ho riassunto i risultati della comparazione in questo grafico (clicca per ingrandire):

frequenza-aggiornamento-us-comp

Come si può facilmente notare non esistono grandi differenze. Questo mi porta a pensare che la domanda filtro (“Tiene un blog o un diario online”) tenda ad escludere buona parte di quei 9 blog abbandonati su 10. Solo i fornitori di piattaforme possono dirci quanti blog aperti in totale ci sono in Italia ma una cosa è certa: se quello che ci interessa è la parte abitata della rete non è fra i blog abbandonati che la troveremo.

Pur essendo molto scettico e sempre sospettoso rispetto ai dati statistici, non posso non notare che se tre ricerche diverse hanno fornito dati del tutto simili, un fondo di verità ci deve essere.

Per me quel fondo di verità è riassumibile nella considerazione che esiste un significativo numero di italiani (molto più vasto di quello che si poteva immaginare), soprattutto fra i giovani, che leggono o tengono un blog ed hanno un profilo su un sito di social network.

Questo implica che la stragrande maggioranza dei blogger (cioè delle persone che tengono un blog) rappresentano un universo largamente inesplorato che non può essere in alcun modo ricondotto al gruppo dei blogger più noti (che possiamo far coincidere a spanne con quelli iscritti a Blogbabel e sono dunque qualche migliaio). Non solo. Quando si pensa a cosa sia un blog e alle motivazioni che spingono ad aprirne uno bisognerebbe guardare a chi “spulcia il livespace pieno di farfalline della compagna di classe” (per citare un commento del post di Mantellini) e non solo al piccolo sotto insieme che è più visibile ma numericamente molto meno rappresentativo. Sono sicuro che scopriremmo universi completamente diversi ed in qualche modo incommensurabili.

Fatto sta che questa massa di persone (prevalentemente giovani, che hanno come pubblico di riferimento il loro gruppo di amici e se ricevono troppa attenzione su un post la considerano quasi un’intrusione nella loro privacy più che un evento da festeggiare) esiste al di là della visibilità che possa avere o desiderare.

Questo significa che anche quando ragioniamo sull’impatto della parte abitata della rete in Italia dovremmo guardare con una certa attenzione (molto più di quanto sia stato fatto fino ad ora) a questa parte sommersa dell’iceberg.

Se non lo facciamo un giorno non molto lontano potremmo sveglairci e scoprire con sgomento che i marziani della parte abitata della rete siamo proprio noi adulti in cerca di visibilità e iscritti a Blogbabel 🙂

Technorati tags: , , , , ,

Ho letto attentamente l’anteprima del pezzo di Massimo Mantellini che sarà pubblicato domani su Punto Informatico e devo dire che la sua analisi non mi convince.

Premetto che le batterie di domande della ricerca LaRiCA su Internet, blog e siti di social network sono tutte traduzioni fedeli delle domande poste da Pew / Internet negli Stati Uniti. Essendo Pew lo standard di riferimento nel settore, abbiamo deciso di porre domande identiche allo scopo di avere un dato confrontabile. Identica è inoltre la metodologia di reperimento dati attraverso interviste telefoniche.

Detto questo vengo ai miei dubbi citando un piccolo estratto del post:

“a cosa mi serve, se mi riferisco alla parte abitata della rete, sapere quanti marziani l’hanno visitata almeno una volta?”

Secondo me serve a farci un’idea delle dimensioni dell’attenzione e della conoscenza verso il fenomeno “parte abitata della rete”. Se i marziani vengono a visitarci vuol dire che sanno come e dove trovarci e nutrono un qualche interesse per noi. Sapere quanti sono questi marziani è, per me, di un qualche interesse.

Sono d’accordo che sarebbe interessante sapere “quanti cittadini usano la rete per informarsi ed esprimere giudizi sullo stato delle cose, per confrontarsi su tematiche politiche o culturali, per discutere e raccogliere informazioni su prodotti e servizi in una modalità differente da quelle fino a ieri disponibili” ma, semplicemente, non era questo lo scopo della nostra ricerca. La ricerca che abbiamo svolto ha un valore puramente esplorativo ed ogni approfondimento che riguarda lo specifico dei comportamenti dei blogger richiederebbe una diversa strategia di campionamento focalizzata su queste figure.

Anche in vista di un obiettivo come questo avere una stima della numerosità di questi soggetti è essenziale per definire le dimensioni di un eventuale campione.

Ho grosse perplessità, invece, sul ragionamento del 3 milioni * 1 su 10 = 30.000.000.

“Mentre le società di ricerca stimano sul 50% circa il numero dei blog o dei social network aggiornati con una qualche frequenza, chiunque abbia potuto dare una occhiata ai numeri dei grandi fornitori di servizi di social network sa che il rapporto fra blog aperti e blog attivi è molto differente: meno di un blog ogni 10 aperti è solitamente attivo. Se davvero in Italia il numero di creatori di contenuti supera i 3 milioni allora sarebbe necessario immaginare che siano stati attivati nel nostro paese oltre 30 milioni di blog o pagine su Facebook o MySpace o Flickr.”

Non conosco i dati dei grandi fornitori di piattaforme. Conosco invece, grazie a Pew/Internet, le risposte che gli autori di blog americani hanno dato alla stessa domanda.

Ho riassunto i risultati della comparazione in questo grafico (clicca per ingrandire):

frequenza-aggiornamento-us-comp

Come si può facilmente notare non esistono grandi differenze. Questo mi porta a pensare che la domanda filtro (“Tiene un blog o un diario online”) tenda ad escludere buona parte di quei 9 blog abbandonati su 10. Solo i fornitori di piattaforme possono dirci quanti blog aperti in totale ci sono in Italia ma una cosa è certa: se quello che ci interessa è la parte abitata della rete non è fra i blog abbandonati che la troveremo.

Pur essendo molto scettico e sempre sospettoso rispetto ai dati statistici, non posso non notare che se tre ricerche diverse hanno fornito dati del tutto simili, un fondo di verità ci deve essere.

Per me quel fondo di verità è riassumibile nella considerazione che esiste un significativo numero di italiani (molto più vasto di quello che si poteva immaginare), soprattutto fra i giovani, che leggono o tengono un blog ed hanno un profilo su un sito di social network.

Questo implica che la stragrande maggioranza dei blogger (cioè delle persone che tengono un blog) rappresentano un universo largamente inesplorato che non può essere in alcun modo ricondotto al gruppo dei blogger più noti (che possiamo far coincidere a spanne con quelli iscritti a Blogbabel e sono dunque qualche migliaio). Non solo. Quando si pensa a cosa sia un blog e alle motivazioni che spingono ad aprirne uno bisognerebbe guardare a chi “spulcia il livespace pieno di farfalline della compagna di classe” (per citare un commento del post di Mantellini) e non solo al piccolo sotto insieme che è più visibile ma numericamente molto meno rappresentativo. Sono sicuro che scopriremmo universi completamente diversi ed in qualche modo incommensurabili.

Fatto sta che questa massa di persone (prevalentemente giovani, che hanno come pubblico di riferimento il loro gruppo di amici e se ricevono troppa attenzione su un post la considerano quasi un’intrusione nella loro privacy più che un evento da festeggiare) esiste al di là della visibilità che possa avere o desiderare.

Questo significa che anche quando ragioniamo sull’impatto della parte abitata della rete in Italia dovremmo guardare con una certa attenzione (molto più di quanto sia stato fatto fino ad ora) a questa parte sommersa dell’iceberg.

Se non lo facciamo un giorno non molto lontano potremmo sveglairci e scoprire con sgomento che i marziani della parte abitata della rete siamo proprio noi adulti in cerca di visibilità e iscritti a Blogbabel 🙂

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