Panel SNSs in National Context accepted!

Qualche tempo fa su iniziativa di Ewa Callahan e grazie alla fantastica e consigliatissima Air-L, un gruppo di ricercatori che studiano i social networks in diverse parti del mondo si è organizzato per presentare una proposta di panel per il convegno Internet Research 9.0: Rethinking Community, Rethinking Place.
Ora che la proposta è stata accettata ed il processo di review anonimo completato, ne posso parlare nel blog.
Il panel sarà composto da 5 paper che presentareanno ricerche sull’uso dei siti di social network rispettivamente nel contesto nazionale italiano, brasiliano, polacco, americano e coreano.
Darren Purcell (University of Oklahoma US) aprirà il panel con un paper che si discosta leggermente da questa prospettiva nazionale o meglio la declina in modo originale presentando uno studio che indaga l’impatto di Internet sulla creazione di identità nazionali di popoli privi di uno stato. Il caso di studi è su Facebook e consiste, in particolare, di un’analisi comparativa dei gruppi Baschi, Curdi, Palestinesi ed Hawaiani creati su questa piattaforma di social network.
Io presenterò la ricerca comparativa fra Facebook e Badoo di cui ho più volte parlato in questo blog. Potete leggere l’abstract qui.
A seguire Ewa Callahan presenterà uno studio su Nasza-Klasa (la nostra classe). Si tratta di un SNS polacco focalizzato sul ricostruire le reti sociali scolastiche. Il sito ha avuto un successo straordinario raccogliendo oltre 7 milioni di utenti ad un anno dal lancio e l’utilizzo che ne viene fatto trascende di molto lo scopo iniziale per il quale era stato progettato. Il paper presenterà i risultati di una ricerca realizzata in due fasi. Nella prima è stata realizzata una survey sugli utenti per comprendere meglio le motivazioni che spingono ad usare questo SN, nella seconda una content analysis di quanto si dice di Nasza-Klasa fuori dai suoi confini allo scopo di comprendere anche i motivi alla base dell’auto-esclusione.
Dalla Polonia si passa poi al Brasile con il paper di Raquel Recuero (PhD and a professor in the Communication Department at Catholic University of Pelotas UCPel, Brazil) che analizza Orkut (il social network di Google). Il 75% degli utenti di Orkut nel 2005 erano Brasiliani e secondo comScore, oltre 12 milioni di Brasiliani (oltre il 68% degli utenti Internet di quel Paese), hanno visitato il sito di Orkut nel dicembre 2007. La ricerca che presenta Raquel è di tipo etnografico (osservazione partecipante ed intervite) con un periodo di osservazione che va dal 2004 al 2007. Grazie a questo ampio periodo di tempo la ricerca indaga come è cambiato nel corso di questi anni l’uso di Orkut in Brasile e le differenze fra gli erarly e late adopoters.
Si preannuncia molto interessante anche l’intervento di Seong Eun Cho (Ph.D. candidate in School of Communication, Information, and Library Studies at Rutgers University in the United States) che presenta uno studio cross-culturale comparativo fra l’utenza di SNSs Coreana e Americana. In tutto sono state realizzate 30 interviste in profondità a studenti universitari coreani (18 utenti di Cyworld) ed americani (12 utenti di Facebook o MySpace). Differenze significative emergono sopratutto in relazione all’intensità d’uso di questi sistemi e sul concetto stesso di friends. In particolare gli americani tendono a mantenere attive con un basso livello di interazione un numero maggiore di contatti (pur senza accettare richeiste da sconosciuti) (bridging social capital) mentre gli utenti coreani prediligono gruppi più piccoli con un livello alto di intensità (bonding social capital).
L’ultimo paper del panel riguarda specificamente la Corea e YouTube. Gli autori Yeon-ok Lee, (PhD candidate in the Department of Politics and International Relations at Royal Holloway, University of London, UK) e Han Woo Park (Assistant Professor at YeungNam University, South Korea) hanno analizzato l’uso di YouTube durante le elezioni presidenziali del 2007 in Corea. In sintesi si tratta del così detto ‘BBK scandal’ nel quale uno il candidato favorito Lee è stato coinvolto. Poichè la regolamentazione della campagna proibiva di pubblicare video fino a 180 giorni prima del voto, i supporter degli altri candidati hanno iniziato muoversi fuori dai confini nazionali per aggirare l’ostacolo finendo per usare in massa YouTube. Molto interessante la metodologia utilizzata: (i) hyperlink analysis, (ii) interaction network analysis and (iii) semantic network analysis. In sono curioso di vedere i risultati di quella che viene definita semantic networks analysis basata su metodologia KWIC (keywords in context) ed applicata ai commenti dei video.
In sintesi non vedo l’ora che venga ottobre!

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Insegnare ai "nativi" nello spazio mediato di rete

Solo per segnalare che Indire ha pubblicato un mio breve articolo che presenta il progetto Taccle (Teachers’ Aids on Creating Content for Learning Environments) di cui avevo parlato qualche tempo fa.

L’articolo riprende alcuni dei discorsi che avevo fatto durante l’Unconventional Conference organizzata qualche mese fa da alcuni studenti della Facoltà di Economia di uniurb.

P.S. Approfito per ringraziare Carlo Daniele per il bel lavoro di realizzazione del template di Joomla del sito Taccle.eu.

Verso una multiculturalità digitale

Ci sono post in grado di cambiare la prospettiva sul mondo.

L’ultimo di Henry Jenkins, per me, è uno di questi.

Di recente ho parlato spesso della dialettica fra “conversazioni dal basso” e “myspace per adulti”. L’ho fatto descrivendo quello che ho chiamato per semplicità espressiva e non senza un certo sarcasmo il “myspace per adulti” osservato dalla prospettiva delle “conversazioni dal basso”.

Raccontare l’epica lotta fra grassroots David e mainstream Golia è di certo affascinante. Prendere le parti del più debole in una lotta impari è una reazione naturale. Eppure Jenkins ci insegna in questo post che può esistere un obiettivo al tempo stesso più importante e difficile che (ab)battere Golia. Si può e si deve provare la strada della contaminazione e del dialogo. Sopratutto quando il divide fra Davide e Golia rischia di diventare una insanabile frattura culturale prima che generazionale.

Può essere utile ed anche divertente prendere in giro su un blog come questo “Il Corriere Adriatico” perché pubblica un trafiletto come questo.

Dare a David del nativo digitale e a Golia dell’immigrante può essere utile in una prima fase per ribaltare metaforicamente i rapporti di potere evidenziando che il fattore campo è decisamente a favore di David.

Può essere utile dimostrare le potenzialità di David nel mobilitare le masse (ma meglio sarebbe dire la moltitudine) attraverso le reti.

Tutto questo può contribuire a rendere Golia consapevole che nella diversità di David non c’è solo “la peggio gioventù” ma anche alcune “abilità straordinarie” che possono “salvare il mondo”.

Ma ribaltare semplicemente il rapporto asimmetrico non è abbastanza e non è affatto privo di insidie.

C’è il rischio che la distinzione nativi/immigrati faccia perdere di vista le differenze che ci sono nell’uno e nell’altro campo. Se essere immigrati è di certo difficile essere anagraficamente nativi senza averne le capacità e le caratteristiche è drammatico.

Ponendo tutta l’attenzione sul divario generazionale e digitale si rischia inoltre di perdere di vista il contesto di convergenza ed il ruolo importante che in tutto questo giocano e giocheranno i media tradizionali.

Ma la cosa peggiore è che nel ribaltare simmetricamente un rapporto asimmetrico si rischia di sottolineare una diversità ormai evidente laddove bisognerebbe cercare invece le vie del dialogo e della contaminazione culturale.

Ho la sensazione che il tema della multiculturalità digitale fra nativi e migranti assumerà nei prossimi anni (sopratutto nel nostro Paese dove il divario digitale si innesta su quello determinato dalla ingombrante presenza de “La Casta™”) un ruolo fondamentale.

Forse non c’è molto da imparare dal “MySpace per adulti” ma da alcuni adulti, specie quelli come Henry, certamente si.

Defender of new media vs "The Adults Myspace"

Defender of new media ... Facebook Etiquette blogger Maz Hardy.Maz Hardey è una studentessa di dottorato all’Università di York, una consulente sul Web 2.0, una scrittrice freelance, una blogger e una ragazza geek.
Ma queste sono solo le sue identità non segrete.
Un intrepido giornalista del Sydney Morning Herald ha infatti scoperto la sua vera identità segreta di “Defender of new media”.
Mentre Maz si attrezza nella sua nuova tutina da super eroe, compra una spada su eBay e cerca di sviluppare un maggiore controllo su i suoi nuovi super poteri, vale forse la pena mettere ragionare su un paio di cose.
La prima è che il “MySpace per adulti” non ha confini nazionali (basti vedere come il giornalista in questione abbia sistematicamente sbagliato i nomi delle persone citate). In Italia tuttavia la cosa assume una valenza particolare per la specifica situazione legata alla scarsa dinamicità generazionale della nostra società. Articoli critici come quello del Sydney Morning Herald non mancano, come è giusto che sia, anche nelle società a più alto tasso di penetrazione e cultura di rete. Quello che di solito avviene è che all’opinione critica si cerca di affiancare anche il punto di vista di qualcuno che possa raccontare la rete dall’interno. Penso sia una regola base del giornalismo e non credo si tratti di una cosa che riguardi specificamente il rapporto fra mezzi di comunicazione di massa e Internet.
Da qui il secondo punto. In Italia il “MySpace per adulti” non ha ancora individuato un rappresentate delle conversazioni dal basso da consultare ed al limite cercare di ridicolizzare in uno dei tanti salotti televisivi. Nei salotti del “MySpace per adulti” di solito appare in questo ruolo di “esperto” l’ammuffito psicologo di turno buono per tutte le stagioni. Il problema è che questi di solito non ha idea di cosa significhi vivere nello spazio mediato di rete. In pratica c’è uno straordinario spazio mediatico disponibile per una figura di questo genere (un “Defender of new media”) in Italia.
Ma c’è di più.
Pensate a Maz o Danah… cosa hanno in comune?
Sono ragazze, fanno un dottorato, sono carine, sono genuinamente geek…
Già il fatto di essere geek e carine susciterebbe scalpore ed interesse nel “MySpace per adulti” assuefatto al classico stereotipo del nerd. Poi sono anche degli esperti che possono rimpiazzare gli psicologi impolverati senza farli rimpiangere, certo sono giovani… ma dovranno farsene una ragione 😉
Al momento una figura del genere non mi sembra che esista in Italia.
Quindi se siete ragazze+carine+geek+accademiche e avete scelto i social media come vostro campo di studi sappiate di avere davanti a voi uno straordinario spazio di opportunità per diventare il “Defender of new media” del “MySpace per adulti” italiano.
Se invece siete ragazze+carine+geek e vi interessano i social media, adesso avete un motivo in più per fare un dottorato di ricerca…
P.S. A seguire si aprirà anche uno spazio per una voce critica ma informata sui social media alla Andrew Keen.
Poi non dite che io non vi avevo avvertito 😉

Facciamo uno scherzo al "myspace per adulti"™?

La dialettica fra conversazioni dal basso e “myspace per adulti” è stata più che mai viva di recente.
Giornali, settimanali e TV non hanno mancato occasione per fare bella mostra della loro ignoranza rispetto al rapporto fra giovani ed Internet cercando e trovando continui collegamenti fra fatti di cronaca nera e contenuti generati dagli utenti (di solito le persone coinvolte).
L’idea neanche tanto velata che viene fuori è che vi sia un rapporto fra l’uso di Internet e questi episodi di violenza.
Ora il fatto che il “myspace per adulti”cclogocircle.png non abbia mai visto di buon occhio le nuove tecnologie non è certo una novità (si pensi agli articoli sui videogames degli anni ’80) né una specificità italiana (si pensi al caso degli adescatori di ragazzini via MySpace negli Stati Uniti).
Ho però come la sensazione che in questa incapacità di comprendere il cambiamento si incrocino in Italia due dimensioni. La prima è quella della paura del nuovo, la seconda è quella generazionale.
In una società dove tutti i posti di potere sono solo “per adulti” le due dinamiche tendono ad incrociarsi e l’incomunicabilità generazionale si acuisce. MySpace (ma direi i social networks e a volte lo spazio di rete tout court) viene vissuto dai giovani come uno spazio generazionale che andrebbe protetto e preservato dall’invasione degli adulti. Sul versante opposto, il “myspace per adulti” raggiunge lo stesso obiettivo di auto-isolamento rendendosi sempre più progressivamente irrilevante per il pubblico giovane che passa sempre meno ore davanti alla TV e sempre più tempo con i propri amici nello spazio mediato di rete.
Forse entrambe la parti dovrebbero imparare ad ascoltarsi a vicenda ma non va dimenticato che esiste una forte asimmetria nell’accesso alle posizioni di potere. In altri termini le iniziative per favorire il dialogo devono arrivare dal “myspace per adulti” perché l’altro lato non ha né la forza né la voglia di farlo.
Tutto il progetto “Conversazioni dal Basso” nasce con lo scopo di favorire questa forma di conversazione.
Abbiamo iniziato leggendo e poi iniziando a scrivere blog.
Frequentando oltre alle conferenze anche le non-conferenze.
Ad aprile a Pesaro abbiamo aperto le porte del “myspace per adulti”cclogocircle.png accademico facendo salire in cattedra chi poteva raccontarci (con le parole ma anche con lo stile) il cambiamento che stava avvenendo là fuori meglio di molti eminenti studiosi.
Ad ottobre a Urbino abbiamo provato a mettere insieme i due mondi con un Festival bifronte che sapesse parlare il linguaggio delle Hit, delle classifiche e dei premi propri del “myspace per adulti” (dove non solo metaforicamente conta solo arrivare uno) e quello dell’ibridazione fra spazio geografico e di rete proprio dei ragazzi che frequentano e frequenteranno le nostre aule universitarie.

Dallo scorso anno il corso di laurea in Scienze della Comunicazione ha inserito nel proprio piano di studi (fra lo stupore e gli sguardi interrogativi di molti colleghi) un insegnamento di “Laboratorio di Web 2.0”.
Per festeggiare al meglio l’edizione 2007/2008 di questo insegnamento e dare il benvenuto al nuovo docente, abbiamo deciso di organizzare un piccolo evento in stile “pillole di Conversazioni dal Basso”.
Il primo giorno di lezione, venerdì 30 novembre alle ore 9, chiederemo a Luca Conti di riuscire, nel corso di due sole ore, nella difficilissima impresa di rispondere nel modo più esauriente e chiaro possibile alle seguenti due domande:

  1. Cos’è il Web 2.0?
  2. Come cambieranno (o sono cambiate) Internet, la società e le persone in seguito all’utilizzo dei social software?

Ad aiutarlo, organizzando la chiacchierata e facendo domande, ci saranno (oltre agli studenti di Scienze della Comunicazione e di Informatica Applicata) Giovanni Boccia Artieri, Alessandro Bogliolo (responsabile del progetto Urbino Wireless Campus) ed io.
Ma un evento “pillole di conversazioni dal basso” che si rispetti non poteva fermarsi qui.
Per questo abbiamo pensato ad un invito molto speciale indirizzato al “myspace per adulti”cclogocircle.png.
Eccovi il testo che diffonderemo (e che vi invitiamo a diffondere ai vostri contatti nel “myspace per adulti”) a partire da lunedì nella tradizionale forma del comunicato stampa.

Alcuni recenti episodi di cronaca hanno attirato l’attenzione di televisioni, quotidiani e settimanali sul mondo della rete e sui comportamenti devianti della generazione che usa quotidianamente Internet.

Per la prima volta, anche in Italia, i mezzi di comunicazione di massa aprono agli adulti una finestra di visibilità sullo sconosciuto e a volte inquietante ambiente in cui i loro figli spendono molte ore al giorno compiendo azioni che per molti genitori rimangono misteriose ed inaccessibili.

Dall’assassinio di Meredith a Perugia fino alla strage compiuta da uno studente finlandese in un istituto scolastico, dal blog del tifoso laziale ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia fino alle macabre riprese dei compagni della studentessa travolta ed uccisa da un autobus, tutto lascia supporre un legame fra l’uso di Internet ed i comportamenti devianti delle giovani generazioni.

Ma esiste davvero una relazione fra l’anonimato consentito dall’uso dei personal computer come mezzo di comunicazione e la devianza giovanile? Come cambia l’idea di privato quando la logica del reality diventata propria di un’intera generazione? Cosa ci riserva il futuro in un mondo in cui tutti dispongono di un megafono e sono pronti ad usarlo per dire qualunque cosa gli passi per la testa? Cosa ne sarà della nostra cultura quando gli esperti vengono sostituiti da una massa di non professionisti come nel caso di Wikipedia o delle diverse forme di giornalismo dal basso?

Di questo e di altri temi discuteranno Venerdì 30 Novembre dalle 9 alle 11 presso l’aula B1 della Facoltà di Sociologia Luca Conti (conversational media consultant e autore del blog Pandemia), Giovanni Boccia Artieri (presidente del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione e docente di Sociologia dei New Media), Alessandro Bogliolo (coordinatore del progetto Urbino Wireless Campus e docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni) e Fabio Giglietto (docente di Teoria dell’Informazione).

L’incontro è promosso e organizzato dal corso di laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” in occasione della prima lezione dell’edizione 2007/2008 dell’insegnamento, primo e unico in Italia, di “Laboratorio di Web 2.0”.

QUANDO: 30 NOVEMBRE 2007 ORE 9-11
DOVE: AULA B1 / VIA SAFFI, 15 – 61029 URBINO (PU)

 

Scarica la versione in PDF da inviare come allegato, stampare o inviare via fax.

 

Ci aiutate a fare questo scherzo al “myspace per adulti”cclogocircle.png?

Rheingold: "Habermas? Non ha capito Internet"

Sembra che Habermas abbia fatto veramente arrabbiare Howard Rheingold rifiutandosi nel corso di una lezione a Stanford di rispondere ad una sua domanda sullo stato della sfera pubblica dopo, per usare le parole dell’autore di Virtual Community, il tramonto dell’era dei media broadcast e l’arrivo dei media many-to-many che consentono a così tante persone di usare Internet come un mezzo di espressione politica.
La storia è raccontata dallo stesso Rheingold in questo post pubblicato oggi sul blog Smart Mobs nel quale si legge fra l’altro che…

The lecture was abstruse analytical philosophy
(…)
He rather inelegantly said that he wouldn’t answer that, and I should perhaps refer to the recent book of interviews with Rorty.
(…)
I think he has invalidated himself. Abstruse philosophical and obscure academic feuds are more important than the future of democracy? He proved to me by his actions that philosophy is rendering itself irrelevant. He was the last bastion for those who feel that philosophy speaks to the real problems of the modern world.
(…)
What I wish Habermas had said, since he clearly does not understand a phenomenon that is central to the applicability of his theory in the 21st century, is “I leave that work to younger scholars, who can build contemporary theories on the foundations of my earlier work about the role of the public sphere in an infosphere dominated by mass media.”

Se Habermas avesse capito Internet risponderebbe a Rheingold dal suo blog.
Peccato che non ne abbia uno.

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Strati in rete

Segnalo con piacere questa discussione pubblica intitolata “Strati in rete: partecipazione e nuovi media” che si terrà sabato 13 ottobre a partire dalle ore 10 presso la casa CMC a Ravenna.
La presenza di Luca, Livia, Antonio e Amanda (per citare solo quelli che conosco personalmente) sono garanzia di un evento interessante.
Spero che, a proposito di partecipazione, qualcuno spenda due parole sul passaggio dal digital divide a quello che Henry Jenkins chiama participation gap.
Maggiori informazioni sul wiki della manifestazione.

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Mantellini su Grillo

Se sei di quelli che non frequentano i blog o la rete e al tempo stesso sei incuriosito ed interessato dal fenomeno v-day, lascia perdere i giornali ed ignora i commenti politici (ma tanto questo lo avevi già fatto, no?). 

Leggi invece questo post di Massimo Mantellini che spiega perfettamente il rapporto fra lo specifico uso del Blog fatto dallo staff del comico, il successo dell’iniziativa ed il resto della rete.

Credo che ci sia una sottile forma di paradossalità in tutta questa vicenda.

I media mainstream temono e descrivono Beppe Grillo come l’alfiere dei non mainstream media senza rendersi conto che il suo blog, nella sua totale unidirezionalità, rappresenta invece esattamente l’ultimo baluardo di un modo di usare la rete come un mezzo di comunicazione di massa (da uno a molti).

Il blog di Grillo è 1.0.

Evidentemente in un periodo di transizione ed in una nazione che non brilla certo per la cultura di rete si è creato uno spazio per questa forma specifica di comunicazione unidirezionale sul web.

Si tratta comunque di un fenomeno estremamente complesso, un vero caso di studi tutto italiano da portare alle conferenze internazionali di sociologia per anni, che non può essere compreso limitando lo sguardo al web.

Le dinamiche proprie della rete avvengono nel nostro paese in un contesto sociale specifico e particolarissimo dove la frustrazione di un gruppo crescente di persone che sente di non poter esprimere al meglio le proprie capacità a causa di una specie di tappo (non ho altro termine) rappresentato dalle diverse caste presenti in tutti i settori della vita pubblica italiana, sta effettivamente montando in un modo che lascia presagire una mutazione che, se non compresa per tempo e forse è già troppo tardi, non potrà essere indolore.

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The Erving Goffman plugin

Durante le scorse due settimane ho letto molto ma scritto poco.
Mentre il belpaese era chiuso per ferie il resto del mondo ha continuato a funzionare più o meno a pieno regime sfornando interviste, articoli e post interessanti.
Nonostante le difficoltà logistiche (ero in una zona coperta solo da gprs) sono riuscito a prendere nota delle cose più interessanti lette nel mio spazio su tumblr: FG-notes.
Il filo conduttore è sicuramente l’idea di privacy proposto dai social networks.
In un recente esperimento, un’azienda che si occupa di sicurezza informatica ha provato a creare un profilo fake ed invitare casualmente 200 utenti di Facebook come amici. Il 41% degli invitati ha accettato l’invito garantendo a questa utenza l’accesso ai propri dati personali disponibili sul proprio profilo.
Se un contenuto pubblicato sul web è esposto ad un pubblico indistinto, simile a quello delle comunicazioni di massa, con i social networks, però, si torna a parlare (anche) di contesto sociale e di un pubblico, quindi, non più indistinto.
Detto così potrebbe sembrare un passo indietro, una modalità più simile a quella del mondo reale, ma a guardarle con attenzione le cose sono particolarmente intricate.
Aggiornare il proprio status su Facebook significa rivolgersi al pubblico costituito dall’insieme dei propri amici ma scrivere sul wall di un profilo di Facebook, ad esempio, significa conversare con quella persona in presenza di un pubblico costituito dall’insieme di tutti gli utenti che possono avere accesso a quel profilo, ovvero gli amici del mio amico. Alcuni di questi saranno amici in comune, altri no. Dunque le conversazioni wall-to-wall mantengono un certo grado di serendipity ed indeterminatezza dell’audicence.
Muoversi efficientemente in un social network può richiedere competenze anche più complesse rispetto quelle di un blog. Chi possederà queste competenze in futuro sarà avvantaggiato tanto nella vita personale quanto in quella lavorativa. Per questo è importante, come mette bene in evidenza in questa intervista su CNET Henry Jenkins, inserire nei curricula le competenze relative alla new media literacy. A quanto pare, almeno negli Stati Uniti (dove il 97% dei teens ha accesso a Internet) non è tanto il digital devide a preoccupare quanto questo “partecipation gap” (ovvero la differenza fra chi conosce e sa usare i social media partecipando e non solo fruendo cultura e chi invece fa, anche di Internet, un uso a sola lettura).
Dunque su Internet la questione è anche più complessa del “semplice” farsi media (ovvero l’apprendimento di massa delle capacità di produrre e pubblicare contenuti per le masse). 
Ne parla Danah Boyd a partire dalla propria esperienza d’uso di Facebook e MySpace. Si è veramente liberi di rifiutare una richiesta di “amicizia” o esiste una forma di regola non scritta per cui bisogna accettare tutti? Cosa accade quando gli adulti entrano nel contesto dei giovani e giovanissimi? Cosa significa per un professore, essere amico di uno studente in Facebook?
In questo senso il caso di Facebook è esemplare poichè questo social network è passato attraverso progressivi livelli di apertura (prima Harvard, poi le Università americane più importanti, poi tutte le università americane ed infine la recente apertura a tutti).

I can’t help but wonder if Facebook will have the same passionate college user base next school year now that it’s the hip adult thing. I don’t honestly know. But so far, American social network sites haven’t supported multiple social contexts tremendously well. Maybe the limited profile and privacy settings help, but I’m not so sure. Especially when profs are there to hang out with their friends, not just spy on their students. I’m wondering how prepared students are to see their profs’ Walls filled with notes from their friends. Hmmm…
apophenia: loss of context for me on Facebook

Molto interessante, per questo, lo studio comparativo che Charlene Croft ha fatto fra Facebook e MySpace.
Forse ha ragione Henry Jenkins quando evidenzia le potenzialità che i social media hanno di offrire uno spazio per la collaborazione intergenerazionale privo di quei vincoli propri del mondo reale e, come afferma un lettore del blog di Danah Boyd:

(…) the real trend is the gradual loss of “context” — where people are less differentiated in their persona between school, work, and social worlds. (…)
Posted by Nathan D | August 10, 2007 11:41 PM Posted on August 10, 2007 23:41
apophenia: loss of context for me on Facebook

O forse, come ho scrive Jason Mittell in un commento ad un altro bell’articolo: Ian Bogost – A Professor’s Impressions of Facebook, abbiamo bisogno di piattaforme in grado di supportare, come avviene nella vita reale, diversi contesti sociali (Pulse, il social network di Plaxo implementa qualcosa del genere).
Una sorta di “plugin di Erving Goffman”.

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Fenomenologia del Femcamp

Ero il mio secondo BarCamp dopo quello delle Marche.

Ero particolarmente curioso perchè volevo capire come un certo femminismo tradizionale che ispirava in parte il progetto, si sarebbe sposato con la logica aperta (organizzativa e di discussione) tipica del BarCamp.

Credo che il mix abbia funzionato.

Credo che i BarCamp tematici siano (dal mio punto di vista) più interessanti (sul livello dei contenuti) di quelli tradizionali.

Nel BarCamp delle Marche ho avuto la netta sensazione che la qualità dei contenuti fosse al di sotto delle mie aspettative e penso che questo derivi dal fatto che chi segue in rete le cose del web con una certa attenzione e frequenza non può ragionevolmente aspettarsi di ascoltare in un incontro di persona molto più di quello che già sapeva. Questo capita ormai molto spesso anche agli incontri di tipo scientifico quindi non è sorprendente che avvenga in un contesto informale e spesso volutamente costruito sulla semplicità nel tentativo di non essere “per soli geek” come un BarCamp. Credo che il taglio tematico e forse anche la presenza di molte donne con idee diverse abbia influito positivamente sulla varietà delle discussioni che, pur ruotando intorno alla tecnologia, non si dovrebbero mai esaurire parlando solo di tecnologia.

Ovviamente la qualità degli interventi e delle discussioni è solo una minima parte di quello che può offrire un BarCamp. La parte social è il vero piatto forte (oltre ai mitici prodotti di SanLorenzo, of course).

In questa occasione ho avuto modo di scambiare due chiacchiere con alcune facce note (Antonio Sofi [devi assolutamente venire ad Urbino il prox anno], Feba [discorso interessante da riprendere e approfondire], Lele Dainesi [ottimo consiglio per il Festival dei Blog e grazie per la presentazione alle “cheerleaders”], Luca Sartoni [che organizza per settembre il RomagnaCamp], Susan Quercioli [mi piace conoscere e parlare con persone riflessive e con spirito critico], Gioxx [poche parole ma buone], EDTV) e di conoscerne di persona altre (Federico Fasce, Andrea Beggi, Alessandro Venturi, Roberto Dadda, Amanda Lorenzani e tanti altri).

Quanto al lavoro presentato dai miei studenti loro sanno come penso sia andata e preferisco, trattandosi di una cosa in cui sono coinvolto, lasciar parlare gli altri.

Metto solo un elenco dei blog degli studenti che hanno partecipato al femcamp:

  • Sara Aura (coraggiosissima speaker del gruppo)
  • Lara Virgulti (cura anche il blog del wireless campus di urbino)
  • Mara Cecchini (ha un blog privato per i suoi amici)
  • Paola Fabriani (apprendista stregona)
  • Mattia Armani (nella sua nuova veste web 2 – autore del filmato)
  • David Guariglia (non ha un blog ma alle 2 di notte di venerdì ha scoperto un modo per accedere ad un filmato in DV protettissimo permettendoci di presentare il video del trailer ad una qualità decente)

Un grazie speciale a Luca Rossi (senza il supporto del suo mac di casa non avremmo forse avuto il trailer).

Aggiungo solo che questo tipo di lavori è solo un piccolo esempio di una strategia di ricerca che stiamo seguendo al LaRiCA e con gli amici del Lab20 basata sull’idea di analizzare a scopo sociologico il contenuto generato dagli utenti (per una visione + scientifica della cosa consiglio l’abstract di un intervento che presenterò ad un convegno in Spagna a giugno).

Nello specifico, per chi è interessato allo sviluppo di questo tipo di ricerche in relazione ai media, consiglio di tenere d’occhio questo blog: http://mediageneration.wordpress.com/ (ancora in fase di costruzione ma il feed rimarrà quello).

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