Che fine ha fatto Sherry Turkle?

Ne parlavo proprio con Bernardo Parrella un paio di settimane fa.

L’ultma sua monografia (La vita sullo schermo), pubblicata nell’ormai lontano 1996 è ormai considerato un classico, uno dei pochissimi, sullo studio dell’identità in rete (onore al merito di Bernardo e di Apogeo per aver reso disponibile in italiano questo lavoro ad un solo anno dalla sua pubblicazione in lingua originale).

Nel libro non ci sono numeri o statistiche. L’approccio è etnografico (di quelli seri dove prima di farti un’idea su qualcosa e di scriverla ovunque passi mesi a fare osservazione partecipante ed interviste in giro per il mondo).

L’argomentazione procede per aneddoti e stralci di interviste.

Per chi come me ha divorato quel libro, non può non far piacere leggere Sherry Turkle a 10 anni di distanza in questo special report su Forbes parlare della costruzione del sè al tempo della connessione permanente, dell’attenzione parziale continua, di Second Life e di BlackBerry.

Sherry Turkle disegna uno scenario piuttosto cupo e ricco di contraddizioni. Per chi non ha tempo di leggere tutto ho estratto alcuni stralci che parlano da soli.

Questo articolo costituisce, per quanto mi riguarda, un motivo in più per aspettare con ansia giugno quando dovrebbe uscire Evocative Objects: Things We Think With. Intanto l’ho preordinato insieme ad una copia della nuova edizione di The Second Self: Computers and the Human Spirit — Twentieth Anniversary Edition (tanto la versione italiana è introvabile da anni).

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Kristen, il negozio di formaggio, twitter e il Mit5


Segnalo questo bel post illustrato di Kristen Taylor (Associate Editor per la PBS Interactive – la divisione online della televisione pubblica americana -conosciuta al Mit5 via Twitter) in risposta a queste domande lanciate qualche tempo fa da Danah Boyd).
Vale la pena darci uno sguardo se non altro per le foto.

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Al book shop dell'MiT

Dopo aver speso ore a girare per una libreria di dimensioni non enormi  (una normale Feltrinelli da noi è molto più grande) ma che conteneva la densità di libri interessanti su totale libri più alta che avessi mai visto, ho fatto due acquisti:

Libro che avrei comprato ma che avevo già ordinato su Amazon:

Libri che hanno comprato Luca e GBA (o che avremmo voluto comprare):

Una settimana in Kendall Square

Dal 25 al 30 aprile sono stato ospite di albergo molto carino, il Kendall Hotel di Cambridge MA, che vorrei consigliare a tutti sopratutto se avete in programma una visita all’MIT di Boston. L’albergo è ricavato da una vecchia stazione dei pompieri ed è arredato con quel gusto finto antico di cui gli americani sono maestri. C’è il wifi gratis (anzi c’è una rete wireless per piano) che non sempre ha funzionato a dovere, una connessione via cavo ad alta velocità in stanza con cavo (quante volte capita di avere il plug ma non avere con sè un cavo di rete?) e se proprio tutto questo non funziona si può provare a prendere la rete wireless dell’MIT che circonda il Kendall Hotel.

La rete wireless dell’MIT richiede una semplicissima procedura di registrazione che chiunque può fare scegliendo fra i diversi profili utente disponibili. Uno dei profili è proprio visitor (un altro è riservato a chi è lì per seguire una conferenza) che consente di creare un accesso per massimo 14gg e per non più di tre volte all’anno. La procedura di autenticazione richiede la compilazione di un modulo con nome, cognome, email ed il nome di una persona o dipartimento cui si intende far visita. Suppondo che il modulo metta in relazione il mac address della macchina con i dati inseriri nella form poichè non è necessario fare altro per essere autorizzati e riconosciuti per tutto il tempo scelto dopo dieci minuti delle registrazione.

Purtroppo la legge estremamente restrittiva che abbiamo in Italia impedirebbe di fare una cosa del genere perchè non c’è sicurezza che i dati inseriti dall’utente corrispondano al vero (è dunque necessario che chi offre accesso a Internet conserivi una copia del documento di identità della persona cui viene fornito accesso). Questa legge limita molto a mio avviso lo sviluppo di reti wireless in Italia a tutto vantaggio degli operatori di telefonia mobile che possono permettersi di mantenere alti i costi di connessione dati dalle loro reti cellulari.
Del resto forse bisognerebbe trarre esempio dal MIT, dove storicamente sono state sviluppate molte delle tecnologie del controllo (anche militare) e che al tempo stesso è nota per la controcultura hacker che lì si è sviluppata probabilmente proprio in reazione a questo clima di controllo.

Se loro hanno scelto la semplicità sulla sicurezza ci sarà pure qualche motivo.

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Hands on OLPC

 

Piccolissimo, leggerissimo e coloratissimo. Un sistema operativo innovativo task driven. Molto lento e con qualche bug (almeno nella versione provata – però sembra che ci sia un nuovo firmware già disponibile). Queste sono le impressioni che ho avuto quando poco fa un ragazzo italiano incontrato da Bernardo Parrella alla free software foundation ha tirato fuori dal suo zaino un OLPC. Ho scattato qualche foto e due brevi video (1, 2).
Domani l’intervista completa con la prova su strada dell’OLPC e l’incredibile racconto di come questo ragazzo di Firenze ne è entrato in possesso.

in Boston

ok ok lo so che avevo praticamente detto che Twitter non lo avrei usato e che non faceva per me in uno degli ultimi post. Vabbè dimenticatevi di quel post…. ho deciso di usare proprio Twitter per raccontare la settimana che passerò con Luca e Giovanni a Boston per il Mit5 (proprio adesso che Luca Conti dichiara che non userà + Twitter).
Credo che Luca cercherà di fare altrettanto in inglese per creare community con gli altri relatori del convegno.
Il volo è stato lungo ma tranquillo. Abbiamo anche avuto modo di dare un’occhiata alla cabina di pilotaggio e sollevare un pò il morale dei piloti che si annoiano a morte durante queste tratte. Giovanni ha pubblicato qualche foto su Flickr.
Poi, dopo aver lasciato le impronte e la foto di rito agli amici americani, abbiamo preso un autobus e poi la metro fino al Kendall Hotel. L’albergo è molto carino. Direi finto antico come solo gli americani sanno fare.
Piccola notazione. Al momento sono in stanza e vedo ben 12 reti wireless attive di cui una anche dell’Mit. Molte delle rete compresa quella del Mit e quella dell’albergo che sto usando sono non protette.
Programma per la serata: giro del lungomare accompagnati dal pilota e cena (qui siamo 6 ore indietro) da qualche parte in zona.

Twitter: il telegrafo di Narciso

Tutto si può dire di Nicholas Carr ma non che sia un genio nel costruire questo tipo di frasi ad effetto come quella del titolo o come queste

Twitter unbundles the blog, fragments the fragment. It broadcasts the text message, turns SMS into a mass medium.

The broadcasting of the spectacle of the self has become a full-time job. Au revoir, Jean Baudrillard, your work here is done.

The great paradox of “social networking” is that it uses narcissism as the glue for “community.” Being online means being alone, and being in an online community means being alone together.

Twitter esiste da tempo e l’idea che ne è alla base, per quanto piuttosto originale, non mi ha mai convito. Sono fra quelli che non aggiorna mai la frase di messenger e Twitter mi ricorda un pò questa pratica.
Il fatto che questo strumento non mi interessi personalmente non significa però che non sia utile rifletterci sopra. Di solito tuttavia è impossibile parlare sensatamente di una cosa senza averla provata.
Dunque, mentre mi faccio un’idea personale di Twitter, consiglio di leggere sul tema:

  1. Dot dash di Nicholas Carr;
  2. Tweet Tweet (some thoughts on Twitter) di Danah Boyd;
  3. Twitter: Don’t leave home without it (A Primer) di Kevin Lim;

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