L'agenda dei media e quella dei cittadini

Esiste una discrasia fra l’agenda scelta dai professionisti dell’informazione e gli interessi dei cittadini?

Talvolta si ha la sensazione che l’ordine di importanza delle notizie scelto dai professionisti dell’informazione non corrisponda a quello che, se potessero, sceglierebbero i cittadini. Si tratta poco più di una sensazione perché non vi è alcuno strumento preciso per conoscere in tempi utili le opinioni dei cittadini e confrontarle con le scelte fatte dai professionisti dell’informazione. Ma le cose cambiano in fretta…
Oggi i siti dei principali quotidiani e mezzi di informazione italiani consentono di apprezzare con un Like e/o condividere/consigliare ogni articolo pubblicato. Google News aggrega automaticamente (secondo un algoritmo ignoto) e rilascia in formato RSS i link alle notizie del giorno. Facebook consente di interrogare Open Graph per un dato indirizzo e conoscere quante volte quell’articolo è stato condiviso/consigliato/commentato e quanti Like ha ricevuto.
Ho deciso dunque di provare a mettere insieme i pezzi importando il feed RSS di Google News dentro un Google Spreadsheet (usando la funzione ImportFeed) e creando una classifica di questi articoli ordinandoli in base al numero di condivisione, like e commenti ricevuti.
Ecco il risultato (il foglio si aggiorna ogni ora circa):

Potete divertirvi a confrontarlo con le pagine dei principali quotidiani.
L’idea è quella di perfezionare questo sistema archiviando periodicamente i risultati del foglio di calcolo e le home page dei principali quotidiani italiani per consentire un raffronto delle due agende nel tempo.
Su un piano di riflessione più generale va detto che l’identificazione di eventuali discrasie fra l’agenda dei professionisti dell’informazione e agenda dei cittadini andrebbe interpretata. Il dato andrebbe letto in modo longitudinale cercando di capire se la discrasia sia determinata dal fatto che l’agenda dei cittadini segue quella dei professionisti dell’informazione. Se così fosse dovrebbe comunque emergere dai dati. In teoria o in casi specifici potrebbe avvenire anche il contrario. Ovvero una grossa attenzione dei cittadini verso un certo tema potrebbe spingere i professionisti a dedicare a questo tema maggiore spazio. Anche in questo caso i dati potrebbero dare indicazioni utili anche se l’elenco degli articoli è generato a partire dall’agenda dei professionisti e dunque il fenomeno di temi provenienti dall’agenda dei cittadini potrebbe essere talvolta invisibile.
Alcune limiti e cose da fare:
1. Il feed RSS di Google News è aggregato attraverso un algoritmo sconosciuto e composto da link a fonti eterogenee. Alcune molto popolari ed altre meno. La classifica è influenzata da queste scelte e sarebbe opportuno trovare un modo per utilizzare solo gli articoli delle principali testate (si potrebbe ad esempio usare, aggregandoli con una Yahoo! Pipe direttamente i feed di Repubblica, il Corriere, etc.);
2. Lo script di Google Spreadsheet che controlla i like, etc è basato sulle REST api che sono state deprecate in favore di Open Graph;
3. Bisognerebbe trovare un modo per archiviare il flusso di contenuti ed i dati evitando che si perda lo storico.
Cosa ne pensate? Suggerimenti, idee?

Realtà digitali #4: L’indipendenza dei media e la nuova sfera pubblica

Indipendenza del giornalismo e formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese. Non occorrerebbe aggiungere altro per sottolineare l’importanza e l’attualità del tema se non fosse per il fatto che questo dibattito si svolge oggi al cospetto di una scenario mediale in corso di rapida trasformazione. Una trasformazione che cambia le regole del gioco.Indipendenza del giornalismo e formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese. Non occorrerebbe aggiungere altro per sottolineare l’importanza e l’attualità del tema se non fosse per il fatto che questo dibattito si svolge oggi al cospetto di una scenario mediale in corso di rapida trasformazione. Una trasformazione che cambia le regole del gioco.Indipendenza del giornalismo e formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese. Non occorrerebbe aggiungere altro per sottolineare l’importanza e l’attualità del tema se non fosse per il fatto che questo dibattito si svolge oggi al cospetto di una scenario mediale in corso di rapida trasformazione. Una trasformazione che cambia le regole del gioco.

In questi giorni si svolge ad Urbino un convegno che affronta il tema del rapporto fra democrazia ed indipendenza dei media in Italia. Attraverso un esplicito richiamo a Luigi Albertini e Luigi Enaudi, l’incontro riprende le fila di un dibattito antico ma mai sopito, interrogandosi sul rapporto fra assetti proprietari di radio, giornali e televisioni, indipendenza del giornalismo e formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese.
Non occorrerebbe aggiungere altro per sottolineare l’importanza e l’attualità del tema se non fosse per il fatto che questo dibattito si svolge oggi al cospetto di una scenario mediale in corso di rapida trasformazione. Una trasformazione che cambia le regole del gioco.
Cinquecento anni fa la stampa ha rivoluzionato la sfera pubblica. Prima di allora il tasso di alfabetizzazione era al 1% della popolazione, la Chiesa Cattolica e le monarchie custodivano il monopolio dell’informazione e la circolazione delle idee procedeva con lentezza e difficoltà.
Intorno ad una tecnologia che consentiva di ridurre drasticamente tempi e costi di produzione si è andata sviluppando un’industria che ha nel tempo ottimizzato i canali di distribuzione incrementando gradualmente l’efficienza del sistema e, di conseguenza, i ricavi.
Oggi stiamo assistendo ad un nuovo cambio di paradigma. La produzione di contenuti e la loro diffusione digitale attraverso Internet costa drasticamente meno che in passato. Bypassando l’industria dei media, milioni di persone comuni pubblicano, remixano e diffondono contenuti che riguardano piccoli e grandi temi del loro quotidiano. In pochi desiderano diventare delle star, in molti sentono l’esigenza di condividere le proprie opinioni, esperienze ed idee.
L’esigenza avvertita da queste persone è analoga a quella che spingeva gli intellettuali europei del XVIII secolo a incontrarsi nei caffè per discutere le ultime uscite letterarie e l’attualità. In quei caffè nasce per Habermas la sfera pubblica.
Quei caffè sono oggi molto più affollati e rumorosi. La conversazione è diventata globale e di massa. La socialità è sempre la scintilla, i prodotti della odierna industria culturale e l’attualità sono ancora il principale combustibile, ma lo spazio dove queste conversazioni avvengono è radicalmente diverso. Uno spazio dove tutti possono accedere e dove le conversazioni si fanno permanenti, ricercabili, scalabili e replicabili.
Quanto contano dunque oggi gli assetti proprietari di radio, giornali e tv, quando il costo della pubblicazione è così basso da non costituire più una barriera all’ingresso nel mercato della diffusione di idee e delle opinioni? Quanto è importante per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese l’indipendenza dei media e quanto lo è, invece, garantire a tutti l’accesso ai caffè del XIX secolo?
Mi auguro che, con uno sguardo rivolto al futuro, anche di questo si parli in questi giorni ad Urbino.
[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 17 Marzo. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Martedì 31 Marzo]
[Photo originally uploaded on May 2, 2007 by lecerclel]

In questi giorni si svolge ad Urbino un convegno che affronta il tema del rapporto fra democrazia ed indipendenza dei media in Italia. Attraverso un esplicito richiamo a Luigi Albertini e Luigi Enaudi, l’incontro riprende le fila di un dibattito antico ma mai sopito, interrogandosi sul rapporto fra assetti proprietari di radio, giornali e televisioni, indipendenza del giornalismo e formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese.

Non occorrerebbe aggiungere altro per sottolineare l’importanza e l’attualità del tema se non fosse per il fatto che questo dibattito si svolge oggi al cospetto di una scenario mediale in corso di rapida trasformazione. Una trasformazione che cambia le regole del gioco.

Cinquecento anni fa la stampa ha rivoluzionato la sfera pubblica. Prima di allora il tasso di alfabetizzazione era al 1% della popolazione, la Chiesa Cattolica e le monarchie custodivano il monopolio dell’informazione e la circolazione delle idee procedeva con lentezza e difficoltà.

Intorno ad una tecnologia che consentiva di ridurre drasticamente tempi e costi di produzione si è andata sviluppando un’industria che ha nel tempo ottimizzato i canali di distribuzione incrementando gradualmente l’efficienza del sistema e, di conseguenza, i ricavi.

Oggi stiamo assistendo ad un nuovo cambio di paradigma. La produzione di contenuti e la loro diffusione digitale attraverso Internet costa drasticamente meno che in passato. Bypassando l’industria dei media, milioni di persone comuni pubblicano, remixano e diffondono contenuti che riguardano piccoli e grandi temi del loro quotidiano. In pochi desiderano diventare delle star, in molti sentono l’esigenza di condividere le proprie opinioni, esperienze ed idee.

L’esigenza avvertita da queste persone è analoga a quella che spingeva gli intellettuali europei del XVIII secolo a incontrarsi nei caffè per discutere le ultime uscite letterarie e l’attualità. In quei caffè nasce per Habermas la sfera pubblica.

Quei caffè sono oggi molto più affollati e rumorosi. La conversazione è diventata globale e di massa. La socialità è sempre la scintilla, i prodotti della odierna industria culturale e l’attualità sono ancora il principale combustibile, ma lo spazio dove queste conversazioni avvengono è radicalmente diverso. Uno spazio dove tutti possono accedere e dove le conversazioni si fanno permanenti, ricercabili, scalabili e replicabili.

Quanto contano dunque oggi gli assetti proprietari di radio, giornali e tv, quando il costo della pubblicazione è così basso da non costituire più una barriera all’ingresso nel mercato della diffusione di idee e delle opinioni? Quanto è importante per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese l’indipendenza dei media e quanto lo è, invece, garantire a tutti l’accesso ai caffè del XIX secolo?

Mi auguro che, con uno sguardo rivolto al futuro, anche di questo si parli in questi giorni ad Urbino.

[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 17 Marzo. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Martedì 31 Marzo]

[Photo originally uploaded on May 2, 2007 by lecerclel]

In questi giorni si svolge ad Urbino un convegno che affronta il tema del rapporto fra democrazia ed indipendenza dei media in Italia. Attraverso un esplicito richiamo a Luigi Albertini e Luigi Enaudi, l’incontro riprende le fila di un dibattito antico ma mai sopito, interrogandosi sul rapporto fra assetti proprietari di radio, giornali e televisioni, indipendenza del giornalismo e formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese.

Non occorrerebbe aggiungere altro per sottolineare l’importanza e l’attualità del tema se non fosse per il fatto che questo dibattito si svolge oggi al cospetto di una scenario mediale in corso di rapida trasformazione. Una trasformazione che cambia le regole del gioco.

Cinquecento anni fa la stampa ha rivoluzionato la sfera pubblica. Prima di allora il tasso di alfabetizzazione era al 1% della popolazione, la Chiesa Cattolica e le monarchie custodivano il monopolio dell’informazione e la circolazione delle idee procedeva con lentezza e difficoltà.

Intorno ad una tecnologia che consentiva di ridurre drasticamente tempi e costi di produzione si è andata sviluppando un’industria che ha nel tempo ottimizzato i canali di distribuzione incrementando gradualmente l’efficienza del sistema e, di conseguenza, i ricavi.

Oggi stiamo assistendo ad un nuovo cambio di paradigma. La produzione di contenuti e la loro diffusione digitale attraverso Internet costa drasticamente meno che in passato. Bypassando l’industria dei media, milioni di persone comuni pubblicano, remixano e diffondono contenuti che riguardano piccoli e grandi temi del loro quotidiano. In pochi desiderano diventare delle star, in molti sentono l’esigenza di condividere le proprie opinioni, esperienze ed idee.

L’esigenza avvertita da queste persone è analoga a quella che spingeva gli intellettuali europei del XVIII secolo a incontrarsi nei caffè per discutere le ultime uscite letterarie e l’attualità. In quei caffè nasce per Habermas la sfera pubblica.

Quei caffè sono oggi molto più affollati e rumorosi. La conversazione è diventata globale e di massa. La socialità è sempre la scintilla, i prodotti della odierna industria culturale e l’attualità sono ancora il principale combustibile, ma lo spazio dove queste conversazioni avvengono è radicalmente diverso. Uno spazio dove tutti possono accedere e dove le conversazioni si fanno permanenti, ricercabili, scalabili e replicabili.

Quanto contano dunque oggi gli assetti proprietari di radio, giornali e tv, quando il costo della pubblicazione è così basso da non costituire più una barriera all’ingresso nel mercato della diffusione di idee e delle opinioni? Quanto è importante per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese l’indipendenza dei media e quanto lo è, invece, garantire a tutti l’accesso ai caffè del XIX secolo?

Mi auguro che, con uno sguardo rivolto al futuro, anche di questo si parli in questi giorni ad Urbino.

[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 17 Marzo. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Martedì 31 Marzo]

[Photo originally uploaded on May 2, 2007 by lecerclel]