In questi giorni si svolge ad Urbino un convegno che affronta il tema del rapporto fra democrazia ed indipendenza dei media in Italia. Attraverso un esplicito richiamo a Luigi Albertini e Luigi Enaudi, l’incontro riprende le fila di un dibattito antico ma mai sopito, interrogandosi sul rapporto fra assetti proprietari di radio, giornali e televisioni, indipendenza del giornalismo e formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese.
Non occorrerebbe aggiungere altro per sottolineare l’importanza e l’attualità del tema se non fosse per il fatto che questo dibattito si svolge oggi al cospetto di una scenario mediale in corso di rapida trasformazione. Una trasformazione che cambia le regole del gioco.
Cinquecento anni fa la stampa ha rivoluzionato la sfera pubblica. Prima di allora il tasso di alfabetizzazione era al 1% della popolazione, la Chiesa Cattolica e le monarchie custodivano il monopolio dell’informazione e la circolazione delle idee procedeva con lentezza e difficoltà.
Intorno ad una tecnologia che consentiva di ridurre drasticamente tempi e costi di produzione si è andata sviluppando un’industria che ha nel tempo ottimizzato i canali di distribuzione incrementando gradualmente l’efficienza del sistema e, di conseguenza, i ricavi.
Oggi stiamo assistendo ad un nuovo cambio di paradigma. La produzione di contenuti e la loro diffusione digitale attraverso Internet costa drasticamente meno che in passato. Bypassando l’industria dei media, milioni di persone comuni pubblicano, remixano e diffondono contenuti che riguardano piccoli e grandi temi del loro quotidiano. In pochi desiderano diventare delle star, in molti sentono l’esigenza di condividere le proprie opinioni, esperienze ed idee.
L’esigenza avvertita da queste persone è analoga a quella che spingeva gli intellettuali europei del XVIII secolo a incontrarsi nei caffè per discutere le ultime uscite letterarie e l’attualità. In quei caffè nasce per Habermas la sfera pubblica.
Quei caffè sono oggi molto più affollati e rumorosi. La conversazione è diventata globale e di massa. La socialità è sempre la scintilla, i prodotti della odierna industria culturale e l’attualità sono ancora il principale combustibile, ma lo spazio dove queste conversazioni avvengono è radicalmente diverso. Uno spazio dove tutti possono accedere e dove le conversazioni si fanno permanenti, ricercabili, scalabili e replicabili.
Quanto contano dunque oggi gli assetti proprietari di radio, giornali e tv, quando il costo della pubblicazione è così basso da non costituire più una barriera all’ingresso nel mercato della diffusione di idee e delle opinioni? Quanto è importante per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese l’indipendenza dei media e quanto lo è, invece, garantire a tutti l’accesso ai caffè del XIX secolo?
Mi auguro che, con uno sguardo rivolto al futuro, anche di questo si parli in questi giorni ad Urbino.
[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 17 Marzo. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Martedì 31 Marzo]
[Photo originally uploaded on May 2, 2007 by lecerclel]
In questi giorni si svolge ad Urbino un convegno che affronta il tema del rapporto fra democrazia ed indipendenza dei media in Italia. Attraverso un esplicito richiamo a Luigi Albertini e Luigi Enaudi, l’incontro riprende le fila di un dibattito antico ma mai sopito, interrogandosi sul rapporto fra assetti proprietari di radio, giornali e televisioni, indipendenza del giornalismo e formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese.
Non occorrerebbe aggiungere altro per sottolineare l’importanza e l’attualità del tema se non fosse per il fatto che questo dibattito si svolge oggi al cospetto di una scenario mediale in corso di rapida trasformazione. Una trasformazione che cambia le regole del gioco.
Cinquecento anni fa la stampa ha rivoluzionato la sfera pubblica. Prima di allora il tasso di alfabetizzazione era al 1% della popolazione, la Chiesa Cattolica e le monarchie custodivano il monopolio dell’informazione e la circolazione delle idee procedeva con lentezza e difficoltà.
Intorno ad una tecnologia che consentiva di ridurre drasticamente tempi e costi di produzione si è andata sviluppando un’industria che ha nel tempo ottimizzato i canali di distribuzione incrementando gradualmente l’efficienza del sistema e, di conseguenza, i ricavi.
Oggi stiamo assistendo ad un nuovo cambio di paradigma. La produzione di contenuti e la loro diffusione digitale attraverso Internet costa drasticamente meno che in passato. Bypassando l’industria dei media, milioni di persone comuni pubblicano, remixano e diffondono contenuti che riguardano piccoli e grandi temi del loro quotidiano. In pochi desiderano diventare delle star, in molti sentono l’esigenza di condividere le proprie opinioni, esperienze ed idee.
L’esigenza avvertita da queste persone è analoga a quella che spingeva gli intellettuali europei del XVIII secolo a incontrarsi nei caffè per discutere le ultime uscite letterarie e l’attualità. In quei caffè nasce per Habermas la sfera pubblica.
Quei caffè sono oggi molto più affollati e rumorosi. La conversazione è diventata globale e di massa. La socialità è sempre la scintilla, i prodotti della odierna industria culturale e l’attualità sono ancora il principale combustibile, ma lo spazio dove queste conversazioni avvengono è radicalmente diverso. Uno spazio dove tutti possono accedere e dove le conversazioni si fanno permanenti, ricercabili, scalabili e replicabili.
Quanto contano dunque oggi gli assetti proprietari di radio, giornali e tv, quando il costo della pubblicazione è così basso da non costituire più una barriera all’ingresso nel mercato della diffusione di idee e delle opinioni? Quanto è importante per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese l’indipendenza dei media e quanto lo è, invece, garantire a tutti l’accesso ai caffè del XIX secolo?
Mi auguro che, con uno sguardo rivolto al futuro, anche di questo si parli in questi giorni ad Urbino.
[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 17 Marzo. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Martedì 31 Marzo]
[Photo originally uploaded on May 2, 2007 by lecerclel]
In questi giorni si svolge ad Urbino un convegno che affronta il tema del rapporto fra democrazia ed indipendenza dei media in Italia. Attraverso un esplicito richiamo a Luigi Albertini e Luigi Enaudi, l’incontro riprende le fila di un dibattito antico ma mai sopito, interrogandosi sul rapporto fra assetti proprietari di radio, giornali e televisioni, indipendenza del giornalismo e formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese.
Non occorrerebbe aggiungere altro per sottolineare l’importanza e l’attualità del tema se non fosse per il fatto che questo dibattito si svolge oggi al cospetto di una scenario mediale in corso di rapida trasformazione. Una trasformazione che cambia le regole del gioco.
Cinquecento anni fa la stampa ha rivoluzionato la sfera pubblica. Prima di allora il tasso di alfabetizzazione era al 1% della popolazione, la Chiesa Cattolica e le monarchie custodivano il monopolio dell’informazione e la circolazione delle idee procedeva con lentezza e difficoltà.
Intorno ad una tecnologia che consentiva di ridurre drasticamente tempi e costi di produzione si è andata sviluppando un’industria che ha nel tempo ottimizzato i canali di distribuzione incrementando gradualmente l’efficienza del sistema e, di conseguenza, i ricavi.
Oggi stiamo assistendo ad un nuovo cambio di paradigma. La produzione di contenuti e la loro diffusione digitale attraverso Internet costa drasticamente meno che in passato. Bypassando l’industria dei media, milioni di persone comuni pubblicano, remixano e diffondono contenuti che riguardano piccoli e grandi temi del loro quotidiano. In pochi desiderano diventare delle star, in molti sentono l’esigenza di condividere le proprie opinioni, esperienze ed idee.
L’esigenza avvertita da queste persone è analoga a quella che spingeva gli intellettuali europei del XVIII secolo a incontrarsi nei caffè per discutere le ultime uscite letterarie e l’attualità. In quei caffè nasce per Habermas la sfera pubblica.
Quei caffè sono oggi molto più affollati e rumorosi. La conversazione è diventata globale e di massa. La socialità è sempre la scintilla, i prodotti della odierna industria culturale e l’attualità sono ancora il principale combustibile, ma lo spazio dove queste conversazioni avvengono è radicalmente diverso. Uno spazio dove tutti possono accedere e dove le conversazioni si fanno permanenti, ricercabili, scalabili e replicabili.
Quanto contano dunque oggi gli assetti proprietari di radio, giornali e tv, quando il costo della pubblicazione è così basso da non costituire più una barriera all’ingresso nel mercato della diffusione di idee e delle opinioni? Quanto è importante per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese l’indipendenza dei media e quanto lo è, invece, garantire a tutti l’accesso ai caffè del XIX secolo?
Mi auguro che, con uno sguardo rivolto al futuro, anche di questo si parli in questi giorni ad Urbino.
[potete leggere questo articolo anche a pag. 12 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 17 Marzo. Il prossimo appuntamento con “Realtà digitali” è per Martedì 31 Marzo]
[Photo originally uploaded on May 2, 2007 by lecerclel]