Nel corso del mese di settembre gli italiani su Facebook sono più che raddoppiati passando dai 600.000 di fine agosto a oltre 1.200.000 (alla data di stesura di questo articolo).
Sul successo globale dei siti di social network esistono alcune ipotesi ed alcune credenze popolari (ovvero del MySpace per adulti™). Fra le più note c’è l’ipotesi formulata più volte da danah boyd che spiegherebbe il perché i teenager americani hanno aperto in massa una pagina su MySpace (per poi migrare verso Facebook).
In pratica l’idea è che i siti di social network (SNSs) siano parte di una strategia, in parte inconsapevole, per assolvere il naturale bisogno dei ragazzi di socializzare fra pari sfuggendo al controllo dei genitori. L’opzione di socializzare online, afferma danah, diventa ancora più impellente quando il controllo dei genitori e degli adulti in genere, preoccupati per la sicurezza dei propri figli, si spinge fino a limitare le tradizionali uscite di casa da soli e le visite a casa di amici e compagni di classe (si veda nel box un estratto di una delle interviste realizzate con i teenagers dalla ricercatrice americana).
Amy (16, Seattle): My mom doesn’t let me out of the house very often, so that’s pretty much all I do, is I sit on MySpace and talk to people and text and talk on the phone, cause my mom’s always got some crazy reason to keep me in the house.
Jordan (15, Austin): See, I’m not [allowed outside] so much. My mom’s from Mexico and like – it’s like completely like different.
danah: Why?
Jordan: I don’t know. It’s just like she thinks I’ll get kidnapped.(boyd, danah. 2008. “Teen Socialization Practices in Networked Publics.” MacAthur Forum, Palo Alto, California, April 23.)
La percezione di essere fra amici che offrono i SNSs è piuttosto forte. Il paragone che viene più facilmente in mente è quello con una classica homepage personale o un blog. Se dal punto di vista teorico è piuttosto chiaro che i contenuti pubblicati su Internet sono esposti ad un pubblico indistinto, non è altrettanto chiaro quanto questa percezione di essere esposti ad un pubblico sconosciuto ed inconoscibile sia diffusa fra chi pubblica contenuti sul web (in particolare fra i giovani che lo fanno più spesso ed in modo sistematico).
L’ipotesi che ho formulato come corollario a quanto affermato da danah boyd è che in una fase iniziale di domesticazione dell’uso del web la percezione di avere fra le mani un “mezzo di comunicazione di massa per le masse” sia molto labile. In pratica la stragrande maggioranza di chi pubblica in rete i propri contenuti non ha una chiara sensazione di quanto questi contenuti siano pubblici. Si tratta di una fase di domesticazione che è, nel caso specifico del web, sociale ed individuale al tempo stesso. Per la prima volta nella storia siamo infatti di fronte ad una generazione di adulti (genitori ed insegnanti) che, a causa della rapidità dello sviluppo tecnologico, non appare in grado di accompagnare i giovani verso un uso maturo del mezzo.
In questo scenario l’apprendimento sull’uso maturo della rete avviene essenzialmente fra pari e spesso si basa su prove ed errori che grazie alla natura potenzialmente epidemica della diffusione dell’informazione sul web passo rapidamente da esperienze personali a “coscienza collettiva generazionale”. Lo shock di scoprire che un adulto (genitori, insegnanti, capo, media o uomini di marketing – per non parlare dei malintenzionati) può accedere facilmente al tuo blog e alla tue fotografie provoca una forma di apprendimento istantanea della nozione di pubblico indistinto nello spazio mediato di rete.
Capire che pubblicare in rete (in siti non protetti da password) i propri contenuti significa esporli ad un pubblico imprevedibile è uno degli skills fondamentali della new media literacy.
Ma cosa avviene quando il bisogno di socializzare fra pari nello spazio mediato di rete si accompagna a questa consapevolezza?
Si cercano spazi dove pubblicare i propri contenuti restringendo l’accesso solo ai propri amici.
Spazi come MySpace e Facebook e gli altri SNSs.
Pensate a quanto è evocativo in questo senso il nome MySpace (il MIO spazio) o all’importanza che hanno le impostazione per la gestione della privacy sui contenuti del proprio profilo nella nuova interfaccia di Facebook.
Ben inteso che la fuga verso i SNSs non risolve di per sé il problema/possibilità del pubblico indistinto. Nelle impostazioni iniziali di un profilo di Facebook, ad esempio, i contenuti pubblicati sono accessibili tanto ai propri amici, quanto al Network di cui si sceglie di essere parte (anche se inizialmente non si è parte di alcun network). Al tempo stesso è evidente che tutti i livelli di privacy disponibili in questi siti offrono, a patto di comprenderne l’utilizzo e sulla carta, un elevato grado di protezione dei propri contenuti.
Al tempo stesso non va dimenticato che il pubblico indistinto è anche a fondamento delle capacità trasformative del web. Le band emergenti che usano MySpace per promuovere i propri brani, ad esempio, sfruttano proprio le potenzialità connesse al pubblico indistinto ed ai “mezzi di comunicazione di massa per le masse”.
Ma esporsi ad un pubblico indistinto può anche suscitare un certo fascino. Limitando l’accesso al proprio profilo alle sole persone che si conoscono già, ci si preclude per scelta la possibilità che qualcuno che non ci conosce possa interessarsi a noi per via delle informazioni disponibili sul nostro profilo. Questo può valere tanto nel campo lavorativo quanto in quello del dating.
Non esiste dunque una ricetta unica. Quello che appare invece necessario è comprendere l’esistenza del pubblico indistinto e sulla base di questa consapevolezza e dei propri obiettivi scegliere, eventualmente caso per caso e SNS per SNS, il grado di esposizione al pubblico indistinto che si desidera.
Ancora una volta il mezzo in sé non risolve problemi se non se ne fa un uso consapevole.
A ulteriore corollario di questa ipotesi letta in relazione alla situazione italiana ho formulato alcune considerazioni sulle differenze di approccio ai problemi della privacy che avrebbero gli utenti italiani di Facebook e Badoo.
A questo scopo ho costruito un breve questionario per validare o meno la mia idea.
Il questionario è stato già compilato in pochissimi giorni da oltre cento persone. Mi piacerebbe arrivare a 2000 possibilmente equamente distribuiti fra utenti di Facebook e Badoo.
So che non è facile e per questo vi chiedo di collaborare attivamente alla diffusione del questionario attraverso i vostri blog e reti sociali.
Ci sono un paio di modi per farlo.
1) Pop up code (da inserire sul vostro blog):
2) Facendo circolare attraverso Facebook, Twitter o qualsiasi altro social network il seguente link: http://www.surveymonkey.com/s.aspx?sm=SBft_2bRdjLsy2zE6W140Qaw_3d_3d.
Vi ringrazio in anticipo per la collaborazione. Il prossimo appuntamento con What’s next #6 sarà venerdì 10 ottobre. Con alcuni amici poi ci vediamo lo stesso giorno anche di persona per il Festival dei Blog. Se non potete aspettare fino al 10 potete sempre dare uno sguardo di tanto in tanto a friendfeed.
Nel corso del mese di settembre gli italiani su Facebook sono più che raddoppiati passando dai 600.000 di fine agosto a oltre 1.200.000 (alla data di stesura di questo articolo).
Sul successo globale dei siti di social network esistono alcune ipotesi ed alcune credenze popolari (ovvero del MySpace per adulti™). Fra le più note c’è l’ipotesi formulata più volte da danah boyd che spiegherebbe il perché i teenager americani hanno aperto in massa una pagina su MySpace (per poi migrare verso Facebook).
In pratica l’idea è che i siti di social network (SNSs) siano parte di una strategia, in parte inconsapevole, per assolvere il naturale bisogno dei ragazzi di socializzare fra pari sfuggendo al controllo dei genitori. L’opzione di socializzare online, afferma danah, diventa ancora più impellente quando il controllo dei genitori e degli adulti in genere, preoccupati per la sicurezza dei propri figli, si spinge fino a limitare le tradizionali uscite di casa da soli e le visite a casa di amici e compagni di classe (si veda nel box un estratto di una delle interviste realizzate con i teenagers dalla ricercatrice americana).
Amy (16, Seattle): My mom doesn’t let me out of the house very often, so that’s pretty much all I do, is I sit on MySpace and talk to people and text and talk on the phone, cause my mom’s always got some crazy reason to keep me in the house.
Jordan (15, Austin): See, I’m not [allowed outside] so much. My mom’s from Mexico and like – it’s like completely like different.
danah: Why?
Jordan: I don’t know. It’s just like she thinks I’ll get kidnapped.(boyd, danah. 2008. “Teen Socialization Practices in Networked Publics.” MacAthur Forum, Palo Alto, California, April 23.)
La percezione di essere fra amici che offrono i SNSs è piuttosto forte. Il paragone che viene più facilmente in mente è quello con una classica homepage personale o un blog. Se dal punto di vista teorico è piuttosto chiaro che i contenuti pubblicati su Internet sono esposti ad un pubblico indistinto, non è altrettanto chiaro quanto questa percezione di essere esposti ad un pubblico sconosciuto ed inconoscibile sia diffusa fra chi pubblica contenuti sul web (in particolare fra i giovani che lo fanno più spesso ed in modo sistematico).
L’ipotesi che ho formulato come corollario a quanto affermato da danah boyd è che in una fase iniziale di domesticazione dell’uso del web la percezione di avere fra le mani un “mezzo di comunicazione di massa per le masse” sia molto labile. In pratica la stragrande maggioranza di chi pubblica in rete i propri contenuti non ha una chiara sensazione di quanto questi contenuti siano pubblici. Si tratta di una fase di domesticazione che è, nel caso specifico del web, sociale ed individuale al tempo stesso. Per la prima volta nella storia siamo infatti di fronte ad una generazione di adulti (genitori ed insegnanti) che, a causa della rapidità dello sviluppo tecnologico, non appare in grado di accompagnare i giovani verso un uso maturo del mezzo.
In questo scenario l’apprendimento sull’uso maturo della rete avviene essenzialmente fra pari e spesso si basa su prove ed errori che grazie alla natura potenzialmente epidemica della diffusione dell’informazione sul web passo rapidamente da esperienze personali a “coscienza collettiva generazionale”. Lo shock di scoprire che un adulto (genitori, insegnanti, capo, media o uomini di marketing – per non parlare dei malintenzionati) può accedere facilmente al tuo blog e alla tue fotografie provoca una forma di apprendimento istantanea della nozione di pubblico indistinto nello spazio mediato di rete.
Capire che pubblicare in rete (in siti non protetti da password) i propri contenuti significa esporli ad un pubblico imprevedibile è uno degli skills fondamentali della new media literacy.
Ma cosa avviene quando il bisogno di socializzare fra pari nello spazio mediato di rete si accompagna a questa consapevolezza?
Si cercano spazi dove pubblicare i propri contenuti restringendo l’accesso solo ai propri amici.
Spazi come MySpace e Facebook e gli altri SNSs.
Pensate a quanto è evocativo in questo senso il nome MySpace (il MIO spazio) o all’importanza che hanno le impostazione per la gestione della privacy sui contenuti del proprio profilo nella nuova interfaccia di Facebook.
Ben inteso che la fuga verso i SNSs non risolve di per sé il problema/possibilità del pubblico indistinto. Nelle impostazioni iniziali di un profilo di Facebook, ad esempio, i contenuti pubblicati sono accessibili tanto ai propri amici, quanto al Network di cui si sceglie di essere parte (anche se inizialmente non si è parte di alcun network). Al tempo stesso è evidente che tutti i livelli di privacy disponibili in questi siti offrono, a patto di comprenderne l’utilizzo e sulla carta, un elevato grado di protezione dei propri contenuti.
Al tempo stesso non va dimenticato che il pubblico indistinto è anche a fondamento delle capacità trasformative del web. Le band emergenti che usano MySpace per promuovere i propri brani, ad esempio, sfruttano proprio le potenzialità connesse al pubblico indistinto ed ai “mezzi di comunicazione di massa per le masse”.
Ma esporsi ad un pubblico indistinto può anche suscitare un certo fascino. Limitando l’accesso al proprio profilo alle sole persone che si conoscono già, ci si preclude per scelta la possibilità che qualcuno che non ci conosce possa interessarsi a noi per via delle informazioni disponibili sul nostro profilo. Questo può valere tanto nel campo lavorativo quanto in quello del dating.
Non esiste dunque una ricetta unica. Quello che appare invece necessario è comprendere l’esistenza del pubblico indistinto e sulla base di questa consapevolezza e dei propri obiettivi scegliere, eventualmente caso per caso e SNS per SNS, il grado di esposizione al pubblico indistinto che si desidera.
Ancora una volta il mezzo in sé non risolve problemi se non se ne fa un uso consapevole.
A ulteriore corollario di questa ipotesi letta in relazione alla situazione italiana ho formulato alcune considerazioni sulle differenze di approccio ai problemi della privacy che avrebbero gli utenti italiani di Facebook e Badoo.
A questo scopo ho costruito un breve questionario per validare o meno la mia idea.
Il questionario è stato già compilato in pochissimi giorni da oltre cento persone. Mi piacerebbe arrivare a 2000 possibilmente equamente distribuiti fra utenti di Facebook e Badoo.
So che non è facile e per questo vi chiedo di collaborare attivamente alla diffusione del questionario attraverso i vostri blog e reti sociali.
Ci sono un paio di modi per farlo.
1) Pop up code (da inserire sul vostro blog):
2) Facendo circolare attraverso Facebook, Twitter o qualsiasi altro social network il seguente link: http://www.surveymonkey.com/s.aspx?sm=SBft_2bRdjLsy2zE6W140Qaw_3d_3d.
Vi ringrazio in anticipo per la collaborazione. Il prossimo appuntamento con What’s next #6 sarà venerdì 10 ottobre. Con alcuni amici poi ci vediamo lo stesso giorno anche di persona per il Festival dei Blog. Se non potete aspettare fino al 10 potete sempre dare uno sguardo di tanto in tanto a friendfeed.
Nel corso del mese di settembre gli italiani su Facebook sono più che raddoppiati passando dai 600.000 di fine agosto a oltre 1.200.000 (alla data di stesura di questo articolo).
Sul successo globale dei siti di social network esistono alcune ipotesi ed alcune credenze popolari (ovvero del MySpace per adulti™). Fra le più note c’è l’ipotesi formulata più volte da danah boyd che spiegherebbe il perché i teenager americani hanno aperto in massa una pagina su MySpace (per poi migrare verso Facebook).
In pratica l’idea è che i siti di social network (SNSs) siano parte di una strategia, in parte inconsapevole, per assolvere il naturale bisogno dei ragazzi di socializzare fra pari sfuggendo al controllo dei genitori. L’opzione di socializzare online, afferma danah, diventa ancora più impellente quando il controllo dei genitori e degli adulti in genere, preoccupati per la sicurezza dei propri figli, si spinge fino a limitare le tradizionali uscite di casa da soli e le visite a casa di amici e compagni di classe (si veda nel box un estratto di una delle interviste realizzate con i teenagers dalla ricercatrice americana).
Amy (16, Seattle): My mom doesn’t let me out of the house very often, so that’s pretty much all I do, is I sit on MySpace and talk to people and text and talk on the phone, cause my mom’s always got some crazy reason to keep me in the house.
Jordan (15, Austin): See, I’m not [allowed outside] so much. My mom’s from Mexico and like – it’s like completely like different.
danah: Why?
Jordan: I don’t know. It’s just like she thinks I’ll get kidnapped.(boyd, danah. 2008. “Teen Socialization Practices in Networked Publics.” MacAthur Forum, Palo Alto, California, April 23.)
La percezione di essere fra amici che offrono i SNSs è piuttosto forte. Il paragone che viene più facilmente in mente è quello con una classica homepage personale o un blog. Se dal punto di vista teorico è piuttosto chiaro che i contenuti pubblicati su Internet sono esposti ad un pubblico indistinto, non è altrettanto chiaro quanto questa percezione di essere esposti ad un pubblico sconosciuto ed inconoscibile sia diffusa fra chi pubblica contenuti sul web (in particolare fra i giovani che lo fanno più spesso ed in modo sistematico).
L’ipotesi che ho formulato come corollario a quanto affermato da danah boyd è che in una fase iniziale di domesticazione dell’uso del web la percezione di avere fra le mani un “mezzo di comunicazione di massa per le masse” sia molto labile. In pratica la stragrande maggioranza di chi pubblica in rete i propri contenuti non ha una chiara sensazione di quanto questi contenuti siano pubblici. Si tratta di una fase di domesticazione che è, nel caso specifico del web, sociale ed individuale al tempo stesso. Per la prima volta nella storia siamo infatti di fronte ad una generazione di adulti (genitori ed insegnanti) che, a causa della rapidità dello sviluppo tecnologico, non appare in grado di accompagnare i giovani verso un uso maturo del mezzo.
In questo scenario l’apprendimento sull’uso maturo della rete avviene essenzialmente fra pari e spesso si basa su prove ed errori che grazie alla natura potenzialmente epidemica della diffusione dell’informazione sul web passo rapidamente da esperienze personali a “coscienza collettiva generazionale”. Lo shock di scoprire che un adulto (genitori, insegnanti, capo, media o uomini di marketing – per non parlare dei malintenzionati) può accedere facilmente al tuo blog e alla tue fotografie provoca una forma di apprendimento istantanea della nozione di pubblico indistinto nello spazio mediato di rete.
Capire che pubblicare in rete (in siti non protetti da password) i propri contenuti significa esporli ad un pubblico imprevedibile è uno degli skills fondamentali della new media literacy.
Ma cosa avviene quando il bisogno di socializzare fra pari nello spazio mediato di rete si accompagna a questa consapevolezza?
Si cercano spazi dove pubblicare i propri contenuti restringendo l’accesso solo ai propri amici.
Spazi come MySpace e Facebook e gli altri SNSs.
Pensate a quanto è evocativo in questo senso il nome MySpace (il MIO spazio) o all’importanza che hanno le impostazione per la gestione della privacy sui contenuti del proprio profilo nella nuova interfaccia di Facebook.
Ben inteso che la fuga verso i SNSs non risolve di per sé il problema/possibilità del pubblico indistinto. Nelle impostazioni iniziali di un profilo di Facebook, ad esempio, i contenuti pubblicati sono accessibili tanto ai propri amici, quanto al Network di cui si sceglie di essere parte (anche se inizialmente non si è parte di alcun network). Al tempo stesso è evidente che tutti i livelli di privacy disponibili in questi siti offrono, a patto di comprenderne l’utilizzo e sulla carta, un elevato grado di protezione dei propri contenuti.
Al tempo stesso non va dimenticato che il pubblico indistinto è anche a fondamento delle capacità trasformative del web. Le band emergenti che usano MySpace per promuovere i propri brani, ad esempio, sfruttano proprio le potenzialità connesse al pubblico indistinto ed ai “mezzi di comunicazione di massa per le masse”.
Ma esporsi ad un pubblico indistinto può anche suscitare un certo fascino. Limitando l’accesso al proprio profilo alle sole persone che si conoscono già, ci si preclude per scelta la possibilità che qualcuno che non ci conosce possa interessarsi a noi per via delle informazioni disponibili sul nostro profilo. Questo può valere tanto nel campo lavorativo quanto in quello del dating.
Non esiste dunque una ricetta unica. Quello che appare invece necessario è comprendere l’esistenza del pubblico indistinto e sulla base di questa consapevolezza e dei propri obiettivi scegliere, eventualmente caso per caso e SNS per SNS, il grado di esposizione al pubblico indistinto che si desidera.
Ancora una volta il mezzo in sé non risolve problemi se non se ne fa un uso consapevole.
A ulteriore corollario di questa ipotesi letta in relazione alla situazione italiana ho formulato alcune considerazioni sulle differenze di approccio ai problemi della privacy che avrebbero gli utenti italiani di Facebook e Badoo.
A questo scopo ho costruito un breve questionario per validare o meno la mia idea.
Il questionario è stato già compilato in pochissimi giorni da oltre cento persone. Mi piacerebbe arrivare a 2000 possibilmente equamente distribuiti fra utenti di Facebook e Badoo.
So che non è facile e per questo vi chiedo di collaborare attivamente alla diffusione del questionario attraverso i vostri blog e reti sociali.
Ci sono un paio di modi per farlo.
1) Pop up code (da inserire sul vostro blog):
2) Facendo circolare attraverso Facebook, Twitter o qualsiasi altro social network il seguente link: http://www.surveymonkey.com/s.aspx?sm=SBft_2bRdjLsy2zE6W140Qaw_3d_3d.
Vi ringrazio in anticipo per la collaborazione. Il prossimo appuntamento con What’s next #6 sarà venerdì 10 ottobre. Con alcuni amici poi ci vediamo lo stesso giorno anche di persona per il Festival dei Blog. Se non potete aspettare fino al 10 potete sempre dare uno sguardo di tanto in tanto a friendfeed.