Se esiste una terza via fra statalismo e capitalismo, essa va cercata nelle forme organizzative delle comunità tenute insieme da internet. Questa è la provocatoria tesi lanciata di recente da Kevin Kelly sulle colonne di Wired. Da Wikipedia in poi, la rete è ricca di comunità che condividono, cooperano, collaborano e, talvolta, agiscono collettivamente. La condivisione è il grado zero di questa forma organizzativa.
Basta guardare Facebook. Decine di amici popolano il nostro flusso di notizie personalizzato con le loro piccole e grandi notizie, progetti, riflessioni o la loro musica preferita condivisa quasi come se fosse un dono. Su questi contenuti si sviluppano discussioni e si intessono relazioni. Anche se ognuno agisce individualmente, emergono forme di cooperazione. Mettere ordine fra le proprie foto con i tag contribuisce a creare, a livello della comunità, un’enorme base di informazioni strutturate e navigabili. Talvolta poi la cooperazione diventa consapevole e si fa vera e propria collaborazione. Ognuno contribuisce consapevolmente a un certo progetto comune occupandosi di uno specifico aspetto. Senza scomodare l’esempio della comunità di programmatori che sviluppa Linux, il semplice gesto di aderire su Facebook a un gruppo che si propone di raccogliere un milione di persone che disprezzano George Bush, costituisce un buon esempio di questa collaborazione dal basso. Esistono infine forme di collaborazione che raggiungono dimensioni oltre la quali diventano vere e proprie azioni collettive. In queste azioni collettive non solo esiste una collaborazione organizzata dal basso, ma anche una qualche forma di organizzazione gerarchica che coordina gli sforzi dei molti.
La campagna elettorale di Barack Obama è un esempio calzante di azione collettiva. Lo staff del candidato ha creato gli spazi per l’aggregazione, fornito i materiali e costantemente aggiornato la comunità affinché non facesse mancare il suo apporto e mantenesse un elevato grado di partecipazione. Allo stesso modo Wikipedia è coordinata da un nucleo di volontari full time la cui attività è cruciale per la sopravvivenza e successo del progetto. Proprio la forma organizzativa delle azioni collettive supportate da internet, rappresenta bene l’idea di socialismo digitale. Si tratta dunque di qualcosa al tempo stesso molto diverso dal socialismo tradizionale, caratterizzato da un potere centralizzato e gerarchico e dall’assenza di proprietà privata ma altrettanto lontano dal capitalismo perché basato sull’economia del dono e su un’idea più flessibile di proprietà. Parole foto, video e competenze sono condivise talvolta per piacere, talvolta per interesse individuale. A prescindere da questo, il risultato finale è un modello organizzativo ad elevata partecipazione che sembra generare benessere collettivo in modo più efficace di quanto facciano i modelli tradizionali.
[potete leggere questo articolo anche a pag. 16 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 16 Giugno. Questo articolo è l’ultimo della serie per questa stagione]
[Photo originally uploaded on June 15, 2009 by Reza Vaziri]
Se esiste una terza via fra statalismo e capitalismo, essa va cercata nelle forme organizzative delle comunità tenute insieme da internet. Questa è la provocatoria tesi lanciata di recente da Kevin Kelly sulle colonne di Wired. Da Wikipedia in poi, la rete è ricca di comunità che condividono, cooperano, collaborano e, talvolta, agiscono collettivamente. La condivisione è il grado zero di questa forma organizzativa.
Basta guardare Facebook. Decine di amici popolano il nostro flusso di notizie personalizzato con le loro piccole e grandi notizie, progetti, riflessioni o la loro musica preferita condivisa quasi come se fosse un dono. Su questi contenuti si sviluppano discussioni e si intessono relazioni. Anche se ognuno agisce individualmente, emergono forme di cooperazione. Mettere ordine fra le proprie foto con i tag contribuisce a creare, a livello della comunità, un’enorme base di informazioni strutturate e navigabili. Talvolta poi la cooperazione diventa consapevole e si fa vera e propria collaborazione. Ognuno contribuisce consapevolmente a un certo progetto comune occupandosi di uno specifico aspetto. Senza scomodare l’esempio della comunità di programmatori che sviluppa Linux, il semplice gesto di aderire su Facebook a un gruppo che si propone di raccogliere un milione di persone che disprezzano George Bush, costituisce un buon esempio di questa collaborazione dal basso. Esistono infine forme di collaborazione che raggiungono dimensioni oltre la quali diventano vere e proprie azioni collettive. In queste azioni collettive non solo esiste una collaborazione organizzata dal basso, ma anche una qualche forma di organizzazione gerarchica che coordina gli sforzi dei molti.
La campagna elettorale di Barack Obama è un esempio calzante di azione collettiva. Lo staff del candidato ha creato gli spazi per l’aggregazione, fornito i materiali e costantemente aggiornato la comunità affinché non facesse mancare il suo apporto e mantenesse un elevato grado di partecipazione. Allo stesso modo Wikipedia è coordinata da un nucleo di volontari full time la cui attività è cruciale per la sopravvivenza e successo del progetto. Proprio la forma organizzativa delle azioni collettive supportate da internet, rappresenta bene l’idea di socialismo digitale. Si tratta dunque di qualcosa al tempo stesso molto diverso dal socialismo tradizionale, caratterizzato da un potere centralizzato e gerarchico e dall’assenza di proprietà privata ma altrettanto lontano dal capitalismo perché basato sull’economia del dono e su un’idea più flessibile di proprietà. Parole foto, video e competenze sono condivise talvolta per piacere, talvolta per interesse individuale. A prescindere da questo, il risultato finale è un modello organizzativo ad elevata partecipazione che sembra generare benessere collettivo in modo più efficace di quanto facciano i modelli tradizionali.
[potete leggere questo articolo anche a pag. 16 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 16 Giugno. Questo articolo è l’ultimo della serie per questa stagione]
[Photo originally uploaded on June 15, 2009 by Reza Vaziri]
Se esiste una terza via fra statalismo e capitalismo, essa va cercata nelle forme organizzative delle comunità tenute insieme da internet. Questa è la provocatoria tesi lanciata di recente da Kevin Kelly sulle colonne di Wired. Da Wikipedia in poi, la rete è ricca di comunità che condividono, cooperano, collaborano e, talvolta, agiscono collettivamente. La condivisione è il grado zero di questa forma organizzativa.
Basta guardare Facebook. Decine di amici popolano il nostro flusso di notizie personalizzato con le loro piccole e grandi notizie, progetti, riflessioni o la loro musica preferita condivisa quasi come se fosse un dono. Su questi contenuti si sviluppano discussioni e si intessono relazioni. Anche se ognuno agisce individualmente, emergono forme di cooperazione. Mettere ordine fra le proprie foto con i tag contribuisce a creare, a livello della comunità, un’enorme base di informazioni strutturate e navigabili. Talvolta poi la cooperazione diventa consapevole e si fa vera e propria collaborazione. Ognuno contribuisce consapevolmente a un certo progetto comune occupandosi di uno specifico aspetto. Senza scomodare l’esempio della comunità di programmatori che sviluppa Linux, il semplice gesto di aderire su Facebook a un gruppo che si propone di raccogliere un milione di persone che disprezzano George Bush, costituisce un buon esempio di questa collaborazione dal basso. Esistono infine forme di collaborazione che raggiungono dimensioni oltre la quali diventano vere e proprie azioni collettive. In queste azioni collettive non solo esiste una collaborazione organizzata dal basso, ma anche una qualche forma di organizzazione gerarchica che coordina gli sforzi dei molti.
La campagna elettorale di Barack Obama è un esempio calzante di azione collettiva. Lo staff del candidato ha creato gli spazi per l’aggregazione, fornito i materiali e costantemente aggiornato la comunità affinché non facesse mancare il suo apporto e mantenesse un elevato grado di partecipazione. Allo stesso modo Wikipedia è coordinata da un nucleo di volontari full time la cui attività è cruciale per la sopravvivenza e successo del progetto. Proprio la forma organizzativa delle azioni collettive supportate da internet, rappresenta bene l’idea di socialismo digitale. Si tratta dunque di qualcosa al tempo stesso molto diverso dal socialismo tradizionale, caratterizzato da un potere centralizzato e gerarchico e dall’assenza di proprietà privata ma altrettanto lontano dal capitalismo perché basato sull’economia del dono e su un’idea più flessibile di proprietà. Parole foto, video e competenze sono condivise talvolta per piacere, talvolta per interesse individuale. A prescindere da questo, il risultato finale è un modello organizzativo ad elevata partecipazione che sembra generare benessere collettivo in modo più efficace di quanto facciano i modelli tradizionali.
[potete leggere questo articolo anche a pag. 16 de “Il Corriere Adriatico” di Martedì 16 Giugno. Questo articolo è l’ultimo della serie per questa stagione]
[Photo originally uploaded on June 15, 2009 by Reza Vaziri]