What's next #9: quando le conversazioni dal basso, da sole, non bastano

L’uso efficace di Internet ha contribuito in modo sostanziale al successo di Barack Obama. Anche grazie a Facebook e alla posta elettronica la campagna è stata scandita da tappe che richiedevano la partecipazione rendendola semplice come seguire una ricetta di cucina.L’uso efficace di Internet ha contribuito in modo sostanziale al successo di Barack Obama. Anche grazie a Facebook e alla posta elettronica la campagna è stata scandita da tappe che richiedevano la partecipazione rendendola semplice come seguire una ricetta di cucina.L’uso efficace di Internet ha contribuito in modo sostanziale al successo di Barack Obama. Anche grazie a Facebook e alla posta elettronica la campagna è stata scandita da tappe che richiedevano la partecipazione rendendola semplice come seguire una ricetta di cucina.



Alcuni mesi fa, come molti altri anche in Italia, mi sono iscritto a http://my.barackobama.com.

Non che potessi veramente fare qualcosa di concreto per supportare una causa in cui credevo (le donazioni per i non cittadini USA sono, ad esempio, proibite) quanto piuttosto per osservare più da vicino l’uso che lo staff di Obama ha fatto del suo social network e del web in generale.

Era il 13 luglio e da allora ho ricevuto oltre 90 messaggi di posta elettronica ed updates via Facebook.

A rileggerli oggi tutti insieme pare di assistere ad una straordinaria lezione su come si gestisce una comunità online.

Ogni messaggio inviato ha un mittente ed una firma personale. I mittenti sono David Plouffe, Joe Biden, Michelle Obama, Barack Obama ed occasionalmente altri personaggi che firmano i messaggi e risultano come mittenti nell’inbox (anche se il replay è impostato per tutti a info@barackobama.com).

Ogni messaggio ha un tema chiaro e tutt’altro che generico. Può essere legato al raggiungimento degli obiettivi di auto-finanziamento di fine mese, ad eventi quali il discorso di accettazione della nomination o i dibattiti televisivi (prima e dopo per le reazioni), a rispondere in modo immediato agli spot di McCain, alla disponibilità di nuovi gadget, a sollecitare azioni mirate di volontariato su specifici Stati o questioni.

Make a donation of $5 or more right now to show John McCain and Governor Palin that when they attack us with lies and smears, it literally makes our campaign stronger

Esemplare in questo senso i messaggi che seguivano alle dichiarazioni di McCain contro Obama.

I messaggi che seguivano a questi spot o dichiarazioni erano tutti costruiti sfruttando abilmente la retorica del “lui ha tanti soldi e si può permettere di comprare spot televisivi in cui ci attacca, reagiamo tutti insieme raccogliendo più fondi per avere anche noi i nostri spot”.

Quale che fosse l’oggetto del messaggio l’obiettivo era quasi sempre quello di raccogliere fondi.

Ogni messaggio ha in calce un link: donate. Un link apparentemente sempre uguale ma in realtà sempre diverso perché contiene un codice unico che consente ai gestori del sito di differenziare la provenienza degli accessi. Praticamente in tutti i messaggi c’è, oltre che a questo link in calce, un link in grassetto nel testo che invita a donare 5 o più dollari per un motivo specifico legato all’oggetto del messaggio.

Take a look and make a donation of $5 or more to get it on the air for those who may have missed it

Please donate $5 or more before the deadline to help register voters, get out the vote, and win this election

Make a donation of $5 or more today to help Get Out The Vote in Ohio and other early vote states

Make a donation of $5 or more right now to bring about the change we need

Then make a donation of $5 or more to help keep this ad on the air

The time to make a difference in this election is running out — please make a donation of $5 or more right now

Your donation of $5 or more today is essential to our unprecedented get out the vote operation in these final days

Will you make a donation of $5 or more today and double your impact?

Make a donation of $10 or more and you’ll receive a limited edition Obama-Biden car magnet

You can decide where we fight — and how strong our team will be. Please make a donation of $5 or more before the deadline

Your first donation of $10 or more will provide resources urgently needed before the deadline. And you’ll receive a limited edition Obama-Biden car magnet

If you make a donation of $10 or more before the deadline, you’ll receive a limited edition Obama-Biden car magnet

Make a donation of $10 or more to own a piece of this movement before the final deadline

Will you make a donation of $5 or more before the deadline?

Watch Barack’s closing argument and make a donation of $5 or more to get every vote we need to win.

Take a minute to remember why you joined this movement, then please make a donation of $5 or more today?

Watch Barack’s speech and make your first donation of $5 or more before it’s too late

Make a donation of $5 or more today to expand our efforts in these new battleground states

And if you make a donation of $30 or more today, you’ll also receive a “Change the World” T-shirt

Make a donation of $5 or more right now: Make a donation and you could get a front row seat to history

Nei rari casi in cui il messaggio non invita direttamente a finanziare la campagna con un link in grassetto come questi, c’è sempre e comunque un’azione chiara che viene proposta con un link in grassetto “Host a Last Call for Change house party on Wednesday, October 29th”, “Watch this video and sign up to help get out the vote on Tuesday, November 4th“)

I lunghi mesi che precedevano il 4 novembre sono stati trasformati in una corsa a tappe dove, per mantenere alta l’attenzione, bisognava talvolta inventarsi (come nel caso dei vari gadget messi in vendita mano mano, di alcuni video realizzati ad-hoc e dei concorsi come quello per stare dietro il palco in occasione della nomination) l’evento.

Ovviamente i messaggi di posta elettronica sono solo una piccola parte della campagna. Gli stessi messaggi erano, ad esempio, inviati agli oltre 2 milioni e mezzo di supporter della pagine di Barack Obama su Facebook. L’uso di Facebook e l’integrazione fra questo strumento e gli altri diventerò di certo un caso di studio. Decine di applicazioni sono state realizzate ad-hoc per supportare la registrazione al voto, la ricerca delle informazioni su come e dove votare o, la mia preferita, quella per invitare i ragazzi a parlare con i loro genitori delle elezioni (l’elenco delle cose da fare e da non fare è straordinario e andrebbe letto ed applicato sempre e comunque a prescindere).

Tutto il sistema di messaggi convergeva poi sul sito ufficiale.

Questo sito è stato costruito e gestito magistralmente. In particolare credo che l’Action Center farà scuola e rappresenta molto bene la simbiosi fra mobilitazione dal basso e coordinamento che questa campagna è riuscita a realizzare.

Per ogni azione è stata realizzata una pagina divisa in 4 tab: Getting Started, Before, During, After.

In ogni tab è spiegato in modo chiaro e spesso passo passo cosa fare e come farlo. Mi ricordo di aver letto ad esempio le istruzioni per organizzare una festa in casa per vedere insieme il discorso di accettazione della nomination di agosto che spiegava chi invitare, come farlo, come organizzare la serata quali materiali preparare, distribuire e riconsegnare allo staff di Obama (una guida simile è ancora disponibile nell’organizing resource center).

Il successo di Barack Obama è senza dubbio dovuto alla capacità di usare Internet  in ambito politico come mai prima era stato fatto. Ancora una volta, come nel caso di Wikipedia, un piccolo nucleo di volontari riesce a coordinare, grazie ad un uso accorto della rete, un enorme numero di partecipanti.

Se c’è una cosa che dovremmo imparare è che per passare dalla condivisione all’azione collettiva (per usare il linguaggio di Clay Shirky – il cui ultimo libro sta per uscire in italiano per Codice) l’auto-organizzazione non basta. Come nei BarCamp serve qualcuno che faccia un po’ più degli altri, si assuma maggiori responsabilità e svolga un ruolo di coordinamento affinché tutti gli altri possano partecipare attivamente ed efficacemente all’evento.

Senza i pochi non ci sarebbero i molti e viceversa. Senza Internet non ci sarebbe il collegamento.

La retorica dell’auto-organizzazione pura è una chimera.

Le conversazioni dal basso, da sole, non bastano.

P.S. Il community manager è il mestiere del futuro.

Alcuni mesi fa, come molti altri anche in Italia, mi sono iscritto a http://my.barackobama.com.

Non che potessi veramente fare qualcosa di concreto per supportare una causa in cui credevo (le donazioni per i non cittadini USA sono, ad esempio, proibite) quanto piuttosto per osservare più da vicino l’uso che lo staff di Obama ha fatto del suo social network e del web in generale.

Era il 13 luglio e da allora ho ricevuto oltre 90 messaggi di posta elettronica ed updates via Facebook.

A rileggerli oggi tutti insieme pare di assistere ad una straordinaria lezione su come si gestisce una comunità online.

Ogni messaggio inviato ha un mittente ed una firma personale. I mittenti sono David Plouffe, Joe Biden, Michelle Obama, Barack Obama ed occasionalmente altri personaggi che firmano i messaggi e risultano come mittenti nell’inbox (anche se il replay è impostato per tutti a info@barackobama.com).

Ogni messaggio ha un tema chiaro e tutt’altro che generico. Può essere legato al raggiungimento degli obiettivi di auto-finanziamento di fine mese, ad eventi quali il discorso di accettazione della nomination o i dibattiti televisivi (prima e dopo per le reazioni), a rispondere in modo immediato agli spot di McCain, alla disponibilità di nuovi gadget, a sollecitare azioni mirate di volontariato su specifici Stati o questioni.

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Esemplare in questo senso i messaggi che seguivano alle dichiarazioni di McCain contro Obama.

I messaggi che seguivano a questi spot o dichiarazioni erano tutti costruiti sfruttando abilmente la retorica del “lui ha tanti soldi e si può permettere di comprare spot televisivi in cui ci attacca, reagiamo tutti insieme raccogliendo più fondi per avere anche noi i nostri spot”.

Quale che fosse l’oggetto del messaggio l’obiettivo era quasi sempre quello di raccogliere fondi.

Ogni messaggio ha in calce un link: donate. Un link apparentemente sempre uguale ma in realtà sempre diverso perché contiene un codice unico che consente ai gestori del sito di differenziare la provenienza degli accessi. Praticamente in tutti i messaggi c’è, oltre che a questo link in calce, un link in grassetto nel testo che invita a donare 5 o più dollari per un motivo specifico legato all’oggetto del messaggio.

Take a look and make a donation of $5 or more to get it on the air for those who may have missed it

Please donate $5 or more before the deadline to help register voters, get out the vote, and win this election

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Will you make a donation of $5 or more today and double your impact?

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Will you make a donation of $5 or more before the deadline?

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Nei rari casi in cui il messaggio non invita direttamente a finanziare la campagna con un link in grassetto come questi, c’è sempre e comunque un’azione chiara che viene proposta con un link in grassetto “Host a Last Call for Change house party on Wednesday, October 29th”, “Watch this video and sign up to help get out the vote on Tuesday, November 4th“)

I lunghi mesi che precedevano il 4 novembre sono stati trasformati in una corsa a tappe dove, per mantenere alta l’attenzione, bisognava talvolta inventarsi (come nel caso dei vari gadget messi in vendita mano mano, di alcuni video realizzati ad-hoc e dei concorsi come quello per stare dietro il palco in occasione della nomination) l’evento.

Ovviamente i messaggi di posta elettronica sono solo una piccola parte della campagna. Gli stessi messaggi erano, ad esempio, inviati agli oltre 2 milioni e mezzo di supporter della pagine di Barack Obama su Facebook. L’uso di Facebook e l’integrazione fra questo strumento e gli altri diventerò di certo un caso di studio. Decine di applicazioni sono state realizzate ad-hoc per supportare la registrazione al voto, la ricerca delle informazioni su come e dove votare o, la mia preferita, quella per invitare i ragazzi a parlare con i loro genitori delle elezioni (l’elenco delle cose da fare e da non fare è straordinario e andrebbe letto ed applicato sempre e comunque a prescindere).

Tutto il sistema di messaggi convergeva poi sul sito ufficiale.

Questo sito è stato costruito e gestito magistralmente. In particolare credo che l’Action Center farà scuola e rappresenta molto bene la simbiosi fra mobilitazione dal basso e coordinamento che questa campagna è riuscita a realizzare.

Per ogni azione è stata realizzata una pagina divisa in 4 tab: Getting Started, Before, During, After.

In ogni tab è spiegato in modo chiaro e spesso passo passo cosa fare e come farlo. Mi ricordo di aver letto ad esempio le istruzioni per organizzare una festa in casa per vedere insieme il discorso di accettazione della nomination di agosto che spiegava chi invitare, come farlo, come organizzare la serata quali materiali preparare, distribuire e riconsegnare allo staff di Obama (una guida simile è ancora disponibile nell’organizing resource center).

Il successo di Barack Obama è senza dubbio dovuto alla capacità di usare Internet  in ambito politico come mai prima era stato fatto. Ancora una volta, come nel caso di Wikipedia, un piccolo nucleo di volontari riesce a coordinare, grazie ad un uso accorto della rete, un enorme numero di partecipanti.

Se c’è una cosa che dovremmo imparare è che per passare dalla condivisione all’azione collettiva (per usare il linguaggio di Clay Shirky – il cui ultimo libro sta per uscire in italiano per Codice) l’auto-organizzazione non basta. Come nei BarCamp serve qualcuno che faccia un po’ più degli altri, si assuma maggiori responsabilità e svolga un ruolo di coordinamento affinché tutti gli altri possano partecipare attivamente ed efficacemente all’evento.

Senza i pochi non ci sarebbero i molti e viceversa. Senza Internet non ci sarebbe il collegamento.

La retorica dell’auto-organizzazione pura è una chimera.

Le conversazioni dal basso, da sole, non bastano.

P.S. Il community manager è il mestiere del futuro.

Alcuni mesi fa, come molti altri anche in Italia, mi sono iscritto a http://my.barackobama.com.

Non che potessi veramente fare qualcosa di concreto per supportare una causa in cui credevo (le donazioni per i non cittadini USA sono, ad esempio, proibite) quanto piuttosto per osservare più da vicino l’uso che lo staff di Obama ha fatto del suo social network e del web in generale.

Era il 13 luglio e da allora ho ricevuto oltre 90 messaggi di posta elettronica ed updates via Facebook.

A rileggerli oggi tutti insieme pare di assistere ad una straordinaria lezione su come si gestisce una comunità online.

Ogni messaggio inviato ha un mittente ed una firma personale. I mittenti sono David Plouffe, Joe Biden, Michelle Obama, Barack Obama ed occasionalmente altri personaggi che firmano i messaggi e risultano come mittenti nell’inbox (anche se il replay è impostato per tutti a info@barackobama.com).

Ogni messaggio ha un tema chiaro e tutt’altro che generico. Può essere legato al raggiungimento degli obiettivi di auto-finanziamento di fine mese, ad eventi quali il discorso di accettazione della nomination o i dibattiti televisivi (prima e dopo per le reazioni), a rispondere in modo immediato agli spot di McCain, alla disponibilità di nuovi gadget, a sollecitare azioni mirate di volontariato su specifici Stati o questioni.

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Esemplare in questo senso i messaggi che seguivano alle dichiarazioni di McCain contro Obama.

I messaggi che seguivano a questi spot o dichiarazioni erano tutti costruiti sfruttando abilmente la retorica del “lui ha tanti soldi e si può permettere di comprare spot televisivi in cui ci attacca, reagiamo tutti insieme raccogliendo più fondi per avere anche noi i nostri spot”.

Quale che fosse l’oggetto del messaggio l’obiettivo era quasi sempre quello di raccogliere fondi.

Ogni messaggio ha in calce un link: donate. Un link apparentemente sempre uguale ma in realtà sempre diverso perché contiene un codice unico che consente ai gestori del sito di differenziare la provenienza degli accessi. Praticamente in tutti i messaggi c’è, oltre che a questo link in calce, un link in grassetto nel testo che invita a donare 5 o più dollari per un motivo specifico legato all’oggetto del messaggio.

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Nei rari casi in cui il messaggio non invita direttamente a finanziare la campagna con un link in grassetto come questi, c’è sempre e comunque un’azione chiara che viene proposta con un link in grassetto “Host a Last Call for Change house party on Wednesday, October 29th”, “Watch this video and sign up to help get out the vote on Tuesday, November 4th“)

I lunghi mesi che precedevano il 4 novembre sono stati trasformati in una corsa a tappe dove, per mantenere alta l’attenzione, bisognava talvolta inventarsi (come nel caso dei vari gadget messi in vendita mano mano, di alcuni video realizzati ad-hoc e dei concorsi come quello per stare dietro il palco in occasione della nomination) l’evento.

Ovviamente i messaggi di posta elettronica sono solo una piccola parte della campagna. Gli stessi messaggi erano, ad esempio, inviati agli oltre 2 milioni e mezzo di supporter della pagine di Barack Obama su Facebook. L’uso di Facebook e l’integrazione fra questo strumento e gli altri diventerò di certo un caso di studio. Decine di applicazioni sono state realizzate ad-hoc per supportare la registrazione al voto, la ricerca delle informazioni su come e dove votare o, la mia preferita, quella per invitare i ragazzi a parlare con i loro genitori delle elezioni (l’elenco delle cose da fare e da non fare è straordinario e andrebbe letto ed applicato sempre e comunque a prescindere).

Tutto il sistema di messaggi convergeva poi sul sito ufficiale.

Questo sito è stato costruito e gestito magistralmente. In particolare credo che l’Action Center farà scuola e rappresenta molto bene la simbiosi fra mobilitazione dal basso e coordinamento che questa campagna è riuscita a realizzare.

Per ogni azione è stata realizzata una pagina divisa in 4 tab: Getting Started, Before, During, After.

In ogni tab è spiegato in modo chiaro e spesso passo passo cosa fare e come farlo. Mi ricordo di aver letto ad esempio le istruzioni per organizzare una festa in casa per vedere insieme il discorso di accettazione della nomination di agosto che spiegava chi invitare, come farlo, come organizzare la serata quali materiali preparare, distribuire e riconsegnare allo staff di Obama (una guida simile è ancora disponibile nell’organizing resource center).

Il successo di Barack Obama è senza dubbio dovuto alla capacità di usare Internet  in ambito politico come mai prima era stato fatto. Ancora una volta, come nel caso di Wikipedia, un piccolo nucleo di volontari riesce a coordinare, grazie ad un uso accorto della rete, un enorme numero di partecipanti.

Se c’è una cosa che dovremmo imparare è che per passare dalla condivisione all’azione collettiva (per usare il linguaggio di Clay Shirky – il cui ultimo libro sta per uscire in italiano per Codice) l’auto-organizzazione non basta. Come nei BarCamp serve qualcuno che faccia un po’ più degli altri, si assuma maggiori responsabilità e svolga un ruolo di coordinamento affinché tutti gli altri possano partecipare attivamente ed efficacemente all’evento.

Senza i pochi non ci sarebbero i molti e viceversa. Senza Internet non ci sarebbe il collegamento.

La retorica dell’auto-organizzazione pura è una chimera.

Le conversazioni dal basso, da sole, non bastano.

P.S. Il community manager è il mestiere del futuro.