The Facebook Effect: dal dormitorio di Harvard al mezzo miliardo di utenti

L’intrecciarsi della storia personale del fondatore e quella della piattaforma rendono The Facebook Effect: The Inside Story of the Company That Is Connecting the World una lettura piacevole e fortemente consigliataL’intrecciarsi della storia personale del fondatore e quella della piattaforma rendono The Facebook Effect: The Inside Story of the Company That Is Connecting the World una lettura piacevole e fortemente consigliataL’intrecciarsi della storia personale del fondatore e quella della piattaforma rendono The Facebook Effect: The Inside Story of the Company That Is Connecting the World una lettura piacevole e fortemente consigliata

Ho appena finito di leggere The Facebook Effect: The Inside Story of the Company That Is Connecting the World (da non confondersi con Network Effect: quando la rete diventa pop 😉 ).
Il libro, scritto dal giornalista del New York Times David Kirkpatrick, racconta in modo ben organizzato ed affascinante la storia di Facebook dal lancio nel campus di Harvard fino ai giorni nostri. Ne viene fuori un interessante e per certi versi inedito ritratto del fondatore e attuale CEO Mark Zuckerberg.
Il libro si apre con un prologo che racconta la storia di Oscar Morales, fondatore del gruppo Un Millon de Voces Contra Las FARC, che da singolo cittadino indignato si è ritrovato a coordinare una marcia di protesta che ha coinvolto dieci milioni di colombiani.
Potere di Facebook o come direbbe l’autore del libro, effetto Facebook.


Non sono tuttavia gli episodi come quello di Oscar Morales (o gli altri raccontati nel capitolo 15 Changing Our Institution) a lasciare la sensazione di aver letto una storia straordinaria. Tutti questi fenomeni erano possibili anche con internet prima di Facebook. Quello che veramente colpisce è il tasso di crescita che il servizio ha avuto fin dall’inizio, segno di un bisogno profondo e globale, e la figura di Mark Zuckerberg.

Quando nel 2004 tutto è iniziato, Mark Zuckerberg, oggi ventiseienne, era una matricola di Harvard. I suoi compagni di stanza (Chris HugesEduardo SaverinDustin Moskovitz) diventarono subito parte del progetto Facebook. Uno di questi, Chris Huges, diventò ben presto il portavoce dell’azienda anche per sollevare Zuckerberg da questo impegno che trovava gravoso e poco interessante. Nel 2008 Huges ha coordinato la campagna in rete di Barack Obama.
“Cambieremo il mondo rendendolo un luogo più aperto”. Era questa una delle frasi che più spesso si sentiva pronunciare prima nei corridoi del dormitorio e poi nel nuovo quartier generale di Palo Alto (un’appartamento affittato per le vacanze estive dal quale i fondatori non fecero più ritorno ad Harvard). Una delle cose che colpisce leggendo il libro è proprio questa adesione alla missione specialmente da parte del fondatore che in più occasioni ha rifiutato importanti contratti pubblicitari perché richiedevano di modificare la forma e la posizione dei banner sulla piattaforma. In più passi emerge chiaramente questo tratto. Non è tanto importante fare soldi (altrimenti avrebbe accettato una delle tante cospicue offerte d’acquisto) quanto lavorare per migliorare l’esperienza che l’utente ha del servizio. Aumentare il numero degli utenti ed il loro livello di coinvolgimento (in termini di attività e minuti spesi).
Basti pensare che durante la prima settimana dal lancio (il 4 febbraio 2004) metà degli studenti di Harvard era iscritta a Facebook (o Thefacebook come si chiamava fino al 20 settembre 2005) e lo stesso livello di entusiasmo fu registrato in quasi tutti i campus dove il servizio veniva via via reso disponibile.

Over the summer, Zuckerberg, Moskovitz, and Parker had coined a term for how students seemed to use the site. They called it “the trance.” Once you started combing through Thefacebook it was very easy to just keep going. “It was hypnotic,” says Parker. “You’d just keep clicking and clicking and clicking from profile to profile, viewing the data.” The wall was intended to keep users even more transfixed by giving them more to see inside the service. It seemed to work. Almost immediately the wall became Thefacebook’s most popular feature.

Thefacebook era molto diverso da quello che oggi è Facebook perché consisteva essenzialmente di semplici profili corredati da foto ed interessi (niente foto oltre quella del profilo, messaggi interni e persino il wall fu aggiunto solo in seguito). Nonostante questo il servizio aveva un potere ipnotico sugli studenti (l’ 80% dei quali ritornava quotidianamente sul sito) che passavano ore navigando da un profilo a quello successivo.
Alla fine di Marzo 2004 Thefacebook aveva 30.000 utenti registrati. Il servizio costava $450 al mese per il noleggio dei server. Alla fine di maggio il social network di Mark Zuckerberg era presente in 34 atenei per un totale di 100.000 utenti. Facebook è oggi il social network più utilizzato in 111 dei 131 paesi analizzati da Vicenzo Cosenza nella sua mappa World Map of Social Networks. A sei anni dal lancio il servizio è prossimo al superamento 500.000.000 di utenti nel mondo.
Un momento di svolta fu il lancio dell’applicazione per le foto con la possibilità di taggare i propri amici.
Un mese dopo l’85% degli utenti di Facebook erano stati taggati in almeno una foto. Dopo sei settimane l’applicazione per le foto aveva consumato tutto lo spazio disco che era stato programmato per i successivi sei mesi. Ma la cosa più importante fu che per la prima volta si era capita l’importanza del grafo sociale per connettere persone e contenuti fra di loro.

Would people accept low-resolution photos? Would they use the tags? On the day in late October when the team turned the Photos application on, they nervously watched a big monitor that displayed every picture as it was uploaded. The first image was a cartoon of a cat. They looked at each other worriedly. Then in a minute or so they started seeing photos of girls—girls in groups, girls at parties, girls shooting photos of other girls. And these photos were being tagged! The girls just kept coming.

Lo sviluppo del contestatissimo News Feed fu il logico passo successivo. Incorporare la logica del flusso RSS in Facebook facendo in modo che fossero le informazioni sugli aggiornamenti ad arrivare agli utenti e non viceversa. L’introduzione del News Feed fu inoltre un importante banco di prova per la gestione delle relazioni fra utenti e sviluppatori del servizio. Il giorno stesso del lancio del News Feed uno studente della Northwestern University dell’Illinois creò il gruppo “Students Against Facebook news feed”. In tre ore il gruppo raggiunse i 13.000 iscritti. Alla fine della settimana il gruppo poteva contava 700.000 membri. Circa il 10% degli utenti di Facebook stava usando gli strumenti messi a disposizione della piattaforma per protestare contro Facebook. Solo l’aggiunta di nuove impostazioni di privacy che consentivano agli utenti di decidere cosa mostrare o nascondere nel News Feed, placò le ire e scongiurò la minaccia di una manifestazione (che si sarebbe dovuta tenere di fronte a Palo Alto) auto-convocata attraverso i numerosi gruppi creati in segno di protesta.
Da quel primo episodio di poi tutte le continue innovazioni proposte da Facebook verranno accolte dalle proteste degli utenti. In uno specifico caso, quello di Facebook Beacon – un servizio che notificava automaticamente gli amici alcune attività svolte su siti esterni a Facebook, gli sviluppatori furono costretti a tornare sui loro passi ammettendo l’errore di implementazione e rendendo la funzione disponibile solo a richiesta. Oggi a diversi anni di distanza caratteristiche analoghe a quelle di Facebook Beacon sono state lentamente re-introdotte attraverso funzionalità quali Facebook Connect.
Nel libro si raccontano tanti piccoli e grandi episodi come questi (da non perdere la crisi di pianto di Zuckerberg nei bagni del Village Pub, a nord di Palo Alto e quello nel quale il CEO di Facebook domandò, durante una cena a Davos, a Lerry Page – co-fondatore di Google – se lui usasse Facebook).
Si tratta di una lettura piacevole ed interessante. La sensazione a tratti è che l’immagine che emerge del fondatore e della società sia troppo positiva. Nell’ultima parte del libro David Kirkpatrick dichiara di non aver ricevuto nessuna pressione da parte di Facebook e non c’è motivo di non credergli. In altre pagine tuttavia l’autore racconta in modo aperto della sua partecipazione ad eventi promozionali come il tour europeo di Zuckerberg. Questa vicinanza non può non aver influenzato le sue idee. Non tutto quello che luccica è oro, ma questo lo sapete già.
Al di là di questo, la straordinaria storia di una società fondata da un diciannovenne e portata nel giro di 6 anni ad un valore stimato di oltre due milioni di dollari, rimane una lettura avvincente e totalmente consigliata.
Leggetevi il libro e fatevi la vostra idea.
P.S. The Facebook Effect è stato il primo libro che ho acquistato per Kindle. L’esperienza di lettura è stata eccellente. La possibilità di leggere in piena luce, di continuare la lettura su PC dalla pagina alla quale ci si era fermati sul lettore e viceversa, le possibilità di annotare parti del testo e di condividerle, grazie al nuovo firmware, via Twitter e Facebook mi hanno veramente entusiasmato. E da ieri il Kindle è anche disponibile a prezzo ribassato a poco più di € 150. Cosa aspettate a comprarlo?

Ho appena finito di leggere The Facebook Effect: The Inside Story of the Company That Is Connecting the World (da non confondersi con Network Effect: quando la rete diventa pop 😉 ).

Il libro, scritto dal giornalista del New York Times David Kirkpatrick, racconta in modo ben organizzato ed affascinante la storia di Facebook dal lancio nel campus di Harvard fino ai giorni nostri. Ne viene fuori un interessante e per certi versi inedito ritratto del fondatore e attuale CEO Mark Zuckerberg.

Il libro si apre con un prologo che racconta la storia di Oscar Morales, fondatore del gruppo Un Millon de Voces Contra Las FARC, che da singolo cittadino indignato si è ritrovato a coordinare una marcia di protesta che ha coinvolto dieci milioni di colombiani.

Potere di Facebook o come direbbe l’autore del libro, effetto Facebook.

the facebook effect

Non sono tuttavia gli episodi come quello di Oscar Morales (o gli altri raccontati nel capitolo 15 Changing Our Institution) a lasciare la sensazione di aver letto una storia straordinaria. Tutti questi fenomeni erano possibili anche con internet prima di Facebook. Quello che veramente colpisce è il tasso di crescita che il servizio ha avuto fin dall’inizio, segno di un bisogno profondo e globale, e la figura di Mark Zuckerberg.

Quando nel 2004 tutto è iniziato, Mark Zuckerberg, oggi ventiseienne, era una matricola di Harvard. I suoi compagni di stanza (Chris HugesEduardo SaverinDustin Moskovitz) diventarono subito parte del progetto Facebook. Uno di questi, Chris Huges, diventò ben presto il portavoce dell’azienda anche per sollevare Zuckerberg da questo impegno che trovava gravoso e poco interessante. Nel 2008 Huges ha coordinato la campagna in rete di Barack Obama.

“Cambieremo il mondo rendendolo un luogo più aperto”. Era questa una delle frasi che più spesso si sentiva pronunciare prima nei corridoi del dormitorio e poi nel nuovo quartier generale di Palo Alto (un’appartamento affittato per le vacanze estive dal quale i fondatori non fecero più ritorno ad Harvard). Una delle cose che colpisce leggendo il libro è proprio questa adesione alla missione specialmente da parte del fondatore che in più occasioni ha rifiutato importanti contratti pubblicitari perché richiedevano di modificare la forma e la posizione dei banner sulla piattaforma. In più passi emerge chiaramente questo tratto. Non è tanto importante fare soldi (altrimenti avrebbe accettato una delle tante cospicue offerte d’acquisto) quanto lavorare per migliorare l’esperienza che l’utente ha del servizio. Aumentare il numero degli utenti ed il loro livello di coinvolgimento (in termini di attività e minuti spesi).

Basti pensare che durante la prima settimana dal lancio (il 4 febbraio 2004) metà degli studenti di Harvard era iscritta a Facebook (o Thefacebook come si chiamava fino al 20 settembre 2005) e lo stesso livello di entusiasmo fu registrato in quasi tutti i campus dove il servizio veniva via via reso disponibile.

Over the summer, Zuckerberg, Moskovitz, and Parker had coined a term for how students seemed to use the site. They called it “the trance.” Once you started combing through Thefacebook it was very easy to just keep going. “It was hypnotic,” says Parker. “You’d just keep clicking and clicking and clicking from profile to profile, viewing the data.” The wall was intended to keep users even more transfixed by giving them more to see inside the service. It seemed to work. Almost immediately the wall became Thefacebook’s most popular feature.

Thefacebook era molto diverso da quello che oggi è Facebook perché consisteva essenzialmente di semplici profili corredati da foto ed interessi (niente foto oltre quella del profilo, messaggi interni e persino il wall fu aggiunto solo in seguito). Nonostante questo il servizio aveva un potere ipnotico sugli studenti (l’ 80% dei quali ritornava quotidianamente sul sito) che passavano ore navigando da un profilo a quello successivo.

Alla fine di Marzo 2004 Thefacebook aveva 30.000 utenti registrati. Il servizio costava $450 al mese per il noleggio dei server. Alla fine di maggio il social network di Mark Zuckerberg era presente in 34 atenei per un totale di 100.000 utenti. Facebook è oggi il social network più utilizzato in 111 dei 131 paesi analizzati da Vicenzo Cosenza nella sua mappa World Map of Social Networks. A sei anni dal lancio il servizio è prossimo al superamento 500.000.000 di utenti nel mondo.

Un momento di svolta fu il lancio dell’applicazione per le foto con la possibilità di taggare i propri amici.

Un mese dopo l’85% degli utenti di Facebook erano stati taggati in almeno una foto. Dopo sei settimane l’applicazione per le foto aveva consumato tutto lo spazio disco che era stato programmato per i successivi sei mesi. Ma la cosa più importante fu che per la prima volta si era capita l’importanza del grafo sociale per connettere persone e contenuti fra di loro.

Would people accept low-resolution photos? Would they use the tags? On the day in late October when the team turned the Photos application on, they nervously watched a big monitor that displayed every picture as it was uploaded. The first image was a cartoon of a cat. They looked at each other worriedly. Then in a minute or so they started seeing photos of girls—girls in groups, girls at parties, girls shooting photos of other girls. And these photos were being tagged! The girls just kept coming.

Lo sviluppo del contestatissimo News Feed fu il logico passo successivo. Incorporare la logica del flusso RSS in Facebook facendo in modo che fossero le informazioni sugli aggiornamenti ad arrivare agli utenti e non viceversa. L’introduzione del News Feed fu inoltre un importante banco di prova per la gestione delle relazioni fra utenti e sviluppatori del servizio. Il giorno stesso del lancio del News Feed uno studente della Northwestern University dell’Illinois creò il gruppo “Students Against Facebook news feed”. In tre ore il gruppo raggiunse i 13.000 iscritti. Alla fine della settimana il gruppo poteva contava 700.000 membri. Circa il 10% degli utenti di Facebook stava usando gli strumenti messi a disposizione della piattaforma per protestare contro Facebook. Solo l’aggiunta di nuove impostazioni di privacy che consentivano agli utenti di decidere cosa mostrare o nascondere nel News Feed, placò le ire e scongiurò la minaccia di una manifestazione (che si sarebbe dovuta tenere di fronte a Palo Alto) auto-convocata attraverso i numerosi gruppi creati in segno di protesta.

Da quel primo episodio di poi tutte le continue innovazioni proposte da Facebook verranno accolte dalle proteste degli utenti. In uno specifico caso, quello di Facebook Beacon – un servizio che notificava automaticamente gli amici alcune attività svolte su siti esterni a Facebook, gli sviluppatori furono costretti a tornare sui loro passi ammettendo l’errore di implementazione e rendendo la funzione disponibile solo a richiesta. Oggi a diversi anni di distanza caratteristiche analoghe a quelle di Facebook Beacon sono state lentamente re-introdotte attraverso funzionalità quali Facebook Connect.

Nel libro si raccontano tanti piccoli e grandi episodi come questi (da non perdere la crisi di pianto di Zuckerberg nei bagni del Village Pub, a nord di Palo Alto e quello nel quale il CEO di Facebook domandò, durante una cena a Davos, a Lerry Page – co-fondatore di Google – se lui usasse Facebook).

Si tratta di una lettura piacevole ed interessante. La sensazione a tratti è che l’immagine che emerge del fondatore e della società sia troppo positiva. Nell’ultima parte del libro David Kirkpatrick dichiara di non aver ricevuto nessuna pressione da parte di Facebook e non c’è motivo di non credergli. In altre pagine tuttavia l’autore racconta in modo aperto della sua partecipazione ad eventi promozionali come il tour europeo di Zuckerberg. Questa vicinanza non può non aver influenzato le sue idee. Non tutto quello che luccica è oro, ma questo lo sapete già.

Al di là di questo, la straordinaria storia di una società fondata da un diciannovenne e portata nel giro di 6 anni ad un valore stimato di oltre due milioni di dollari, rimane una lettura avvincente e totalmente consigliata.

Leggetevi il libro e fatevi la vostra idea.

P.S. The Facebook Effect è stato il primo libro che ho acquistato per Kindle. L’esperienza di lettura è stata eccellente. La possibilità di leggere in piena luce, di continuare la lettura su PC dalla pagina alla quale ci si era fermati sul lettore e viceversa, le possibilità di annotare parti del testo e di condividerle, grazie al nuovo firmware, via Twitter e Facebook mi hanno veramente entusiasmato. E da ieri il Kindle è anche disponibile a prezzo ribassato a poco più di € 150. Cosa aspettate a comprarlo?

Update nuovi Kindle

Ho appena finito di leggere The Facebook Effect: The Inside Story of the Company That Is Connecting the World (da non confondersi con Network Effect: quando la rete diventa pop 😉 ).

Il libro, scritto dal giornalista del New York Times David Kirkpatrick, racconta in modo ben organizzato ed affascinante la storia di Facebook dal lancio nel campus di Harvard fino ai giorni nostri. Ne viene fuori un interessante e per certi versi inedito ritratto del fondatore e attuale CEO Mark Zuckerberg.

Il libro si apre con un prologo che racconta la storia di Oscar Morales, fondatore del gruppo Un Millon de Voces Contra Las FARC, che da singolo cittadino indignato si è ritrovato a coordinare una marcia di protesta che ha coinvolto dieci milioni di colombiani.

Potere di Facebook o come direbbe l’autore del libro, effetto Facebook.

the facebook effect

Non sono tuttavia gli episodi come quello di Oscar Morales (o gli altri raccontati nel capitolo 15 Changing Our Institution) a lasciare la sensazione di aver letto una storia straordinaria. Tutti questi fenomeni erano possibili anche con internet prima di Facebook. Quello che veramente colpisce è il tasso di crescita che il servizio ha avuto fin dall’inizio, segno di un bisogno profondo e globale, e la figura di Mark Zuckerberg.

Quando nel 2004 tutto è iniziato, Mark Zuckerberg, oggi ventiseienne, era una matricola di Harvard. I suoi compagni di stanza (Chris HugesEduardo SaverinDustin Moskovitz) diventarono subito parte del progetto Facebook. Uno di questi, Chris Huges, diventò ben presto il portavoce dell’azienda anche per sollevare Zuckerberg da questo impegno che trovava gravoso e poco interessante. Nel 2008 Huges ha coordinato la campagna in rete di Barack Obama.

“Cambieremo il mondo rendendolo un luogo più aperto”. Era questa una delle frasi che più spesso si sentiva pronunciare prima nei corridoi del dormitorio e poi nel nuovo quartier generale di Palo Alto (un’appartamento affittato per le vacanze estive dal quale i fondatori non fecero più ritorno ad Harvard). Una delle cose che colpisce leggendo il libro è proprio questa adesione alla missione specialmente da parte del fondatore che in più occasioni ha rifiutato importanti contratti pubblicitari perché richiedevano di modificare la forma e la posizione dei banner sulla piattaforma. In più passi emerge chiaramente questo tratto. Non è tanto importante fare soldi (altrimenti avrebbe accettato una delle tante cospicue offerte d’acquisto) quanto lavorare per migliorare l’esperienza che l’utente ha del servizio. Aumentare il numero degli utenti ed il loro livello di coinvolgimento (in termini di attività e minuti spesi).

Basti pensare che durante la prima settimana dal lancio (il 4 febbraio 2004) metà degli studenti di Harvard era iscritta a Facebook (o Thefacebook come si chiamava fino al 20 settembre 2005) e lo stesso livello di entusiasmo fu registrato in quasi tutti i campus dove il servizio veniva via via reso disponibile.

Over the summer, Zuckerberg, Moskovitz, and Parker had coined a term for how students seemed to use the site. They called it “the trance.” Once you started combing through Thefacebook it was very easy to just keep going. “It was hypnotic,” says Parker. “You’d just keep clicking and clicking and clicking from profile to profile, viewing the data.” The wall was intended to keep users even more transfixed by giving them more to see inside the service. It seemed to work. Almost immediately the wall became Thefacebook’s most popular feature.

Thefacebook era molto diverso da quello che oggi è Facebook perché consisteva essenzialmente di semplici profili corredati da foto ed interessi (niente foto oltre quella del profilo, messaggi interni e persino il wall fu aggiunto solo in seguito). Nonostante questo il servizio aveva un potere ipnotico sugli studenti (l’ 80% dei quali ritornava quotidianamente sul sito) che passavano ore navigando da un profilo a quello successivo.

Alla fine di Marzo 2004 Thefacebook aveva 30.000 utenti registrati. Il servizio costava $450 al mese per il noleggio dei server. Alla fine di maggio il social network di Mark Zuckerberg era presente in 34 atenei per un totale di 100.000 utenti. Facebook è oggi il social network più utilizzato in 111 dei 131 paesi analizzati da Vicenzo Cosenza nella sua mappa World Map of Social Networks. A sei anni dal lancio il servizio è prossimo al superamento 500.000.000 di utenti nel mondo.

Un momento di svolta fu il lancio dell’applicazione per le foto con la possibilità di taggare i propri amici.

Un mese dopo l’85% degli utenti di Facebook erano stati taggati in almeno una foto. Dopo sei settimane l’applicazione per le foto aveva consumato tutto lo spazio disco che era stato programmato per i successivi sei mesi. Ma la cosa più importante fu che per la prima volta si era capita l’importanza del grafo sociale per connettere persone e contenuti fra di loro.

Would people accept low-resolution photos? Would they use the tags? On the day in late October when the team turned the Photos application on, they nervously watched a big monitor that displayed every picture as it was uploaded. The first image was a cartoon of a cat. They looked at each other worriedly. Then in a minute or so they started seeing photos of girls—girls in groups, girls at parties, girls shooting photos of other girls. And these photos were being tagged! The girls just kept coming.

Lo sviluppo del contestatissimo News Feed fu il logico passo successivo. Incorporare la logica del flusso RSS in Facebook facendo in modo che fossero le informazioni sugli aggiornamenti ad arrivare agli utenti e non viceversa. L’introduzione del News Feed fu inoltre un importante banco di prova per la gestione delle relazioni fra utenti e sviluppatori del servizio. Il giorno stesso del lancio del News Feed uno studente della Northwestern University dell’Illinois creò il gruppo “Students Against Facebook news feed”. In tre ore il gruppo raggiunse i 13.000 iscritti. Alla fine della settimana il gruppo poteva contava 700.000 membri. Circa il 10% degli utenti di Facebook stava usando gli strumenti messi a disposizione della piattaforma per protestare contro Facebook. Solo l’aggiunta di nuove impostazioni di privacy che consentivano agli utenti di decidere cosa mostrare o nascondere nel News Feed, placò le ire e scongiurò la minaccia di una manifestazione (che si sarebbe dovuta tenere di fronte a Palo Alto) auto-convocata attraverso i numerosi gruppi creati in segno di protesta.

Da quel primo episodio di poi tutte le continue innovazioni proposte da Facebook verranno accolte dalle proteste degli utenti. In uno specifico caso, quello di Facebook Beacon – un servizio che notificava automaticamente gli amici alcune attività svolte su siti esterni a Facebook, gli sviluppatori furono costretti a tornare sui loro passi ammettendo l’errore di implementazione e rendendo la funzione disponibile solo a richiesta. Oggi a diversi anni di distanza caratteristiche analoghe a quelle di Facebook Beacon sono state lentamente re-introdotte attraverso funzionalità quali Facebook Connect.

Nel libro si raccontano tanti piccoli e grandi episodi come questi (da non perdere la crisi di pianto di Zuckerberg nei bagni del Village Pub, a nord di Palo Alto e quello nel quale il CEO di Facebook domandò, durante una cena a Davos, a Lerry Page – co-fondatore di Google – se lui usasse Facebook).

Si tratta di una lettura piacevole ed interessante. La sensazione a tratti è che l’immagine che emerge del fondatore e della società sia troppo positiva. Nell’ultima parte del libro David Kirkpatrick dichiara di non aver ricevuto nessuna pressione da parte di Facebook e non c’è motivo di non credergli. In altre pagine tuttavia l’autore racconta in modo aperto della sua partecipazione ad eventi promozionali come il tour europeo di Zuckerberg. Questa vicinanza non può non aver influenzato le sue idee. Non tutto quello che luccica è oro, ma questo lo sapete già.

Al di là di questo, la straordinaria storia di una società fondata da un diciannovenne e portata nel giro di 6 anni ad un valore stimato di oltre due milioni di dollari, rimane una lettura avvincente e totalmente consigliata.

Leggetevi il libro e fatevi la vostra idea.

P.S. The Facebook Effect è stato il primo libro che ho acquistato per Kindle. L’esperienza di lettura è stata eccellente. La possibilità di leggere in piena luce, di continuare la lettura su PC dalla pagina alla quale ci si era fermati sul lettore e viceversa, le possibilità di annotare parti del testo e di condividerle, grazie al nuovo firmware, via Twitter e Facebook mi hanno veramente entusiasmato. E da ieri il Kindle è anche disponibile a prezzo ribassato a poco più di € 150. Cosa aspettate a comprarlo?

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