Mi chiedevo quanto ci avrebbero messo…

…gli studenti di newmedia a trovare il video di Luca.

Tre giorni non male. Ed è divertente che il tutto sia coinciso proprio con una lezione sulla costruzione dell’identità in rete e sul rapporto fra pubblico e privato (durante la quale è stato anche mostrato come caso di studi il blog di Chiara) nelle conversazioni dal basso.

Tutto questo mi ha spinto a fare una ricerca sul mio blog per vedere cosa ho scritto in passato sulla distinzione pubblico/privato.

Ecco i post più interessanti (a mio personale ed insindacabile giudizio):

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Recording Your Entire Life

Un nuovo articolo che parla di un vecchio progetto:  MyLifeBits.

Scientific American has an article on Gordon Bell’s 9-year-long experiment of recording great swaths of his life on digital media. The idea harks back to an article by Vannevar Bush in the 1940s, which arguably presaged hypertext and the Web as well. Bell, the father of the VAX computer and now with Microsoft Research, first published a paper on his experiment in CACM in 2001. The goal is to record “all of Bell’s communications with other people and machines, as well as the images he sees, the sounds he hears and the Web sites he visits.” Storage requirements are estimated at a modest 18 GB a year, 1.1 TB over a 60-year span. Not a lot if the article’s projection comes to pass — that we will all be walking around with 1 TB of storage in our portable devices by 2015. The article is co-authored by Jim Gemmell, who wrote the software for the MyLifeBits project.

Source: Recording Your Entire Life
Originally published on Tue, 20 Feb 2007 22:03:00 GMT by kdawson

Pubblico = reale?

Una volta ho letto in un manuale di Sociologia della Comunicazione che “un evento di cui non si abbia notizia è come se non fosse mai avvenuto”. Il riferimento, ovviamente, era ai mezzi di comunicazione di massa.

Ma oggi i mezzi di comunicazione di massa sono a disposizione delle masse e vecchi principi come questo assumono improvisamente significati meno banali del previsto.

(…)

I was going through some notes i took when interviewing bloggers and teens about the things that they did to try to erase relationships that once existed. They went through a series of public and private erasures. De-Friend on every site imaginable. Erase all blog entries and profile posts professing love. Change from “in a relationship” to single. Erase from address book and block on the buddy list. Erase all SMSes. Erase all emails. Erase all comments. Burn all letters. The goal of course is “out of sight, out of mind” but the problem with the entwined nature of technology is that it doesn’t work out this way. People stumble across their exes on others’ profiles, in their friends’ comments. They pine away, obsessively checking their ex’s blog/MySpace to see if there’s any sign of misery that will make them feel better because even if they know better than to track them down in person, they can’t resist the anonymous stalking online, even if it prolongs the hurt.

(…)

I can’t help but wonder about the “realness” constructed by networked publics. How does persistence of some performances screw with this? How does the intertwined nature of things not allow for forgetting? How do people respond by refusing to acknowledge aspects of themselves in networked publics? Why is it that some people desperately want to make real the most sordid “intimate” details?

Source: musing on making things real
Originally published on Mon, 19 Feb 2007 15:18:10 GMT by zephoria (zephoria-vacation@zephoria.org)

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La realtà dell'IT all'italiana

Romeo, nonostante sia ormai una celebrità (e non più solo per gli affezionati lettori di questo blog) essendo stato stato citato da Punto Informatico per la questione degli stipendi medi dei lavoratori dell’IT italiana, ieri ha fatto in tempo anche a scrivere un divertente post su un personaggio incontrato durante una riunione all’Università. 

È incredibile che ci siano persone così incompetenti spacciati per esperti in giro…

Non invidio di certo quel poverino costretto a lavorare giorno dopo giorno a fianco di uno che afferma che un db possa essere scritto in PHP e che per passare i dati da un database all’altro la soluzione migliore è quella di stamparli e re-inserirli a mano.

E questo senza pensare alla figura che l’istituzione che presenta questa persona come esperta offre nei confronti dei convenuti.

Ma più di tutti non invidio chi pensa, evidentemente in tutta sincerità ma alle volte contro la più palese evidenza, che questa persona sia veramente un esperto. 

Phew… Per fortuna che io di gente così non ne conosco 😉

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Scrivere per le macchine

Segnalo questo intervento di Nicholas Carr che sottolinea come ci sia una crescente tendenza da parte del giornalismo americano a scrivere pezzi costruiti nel titolo e nei primi paragrafi per essere indicizzati al meglio dai motori di ricerca.

In particolare questa ultima frase mi ma colpito:

All writers have some kind of reader in mind when they put pen to paper or fingers to keyboard. In the past, the ideal reader tended to be a human being. In the future, it seems, it will be an algorithm.

Caratteristiche delle conversazioni online

  1. Persistenza (Persistence);
  2. Cercabilità (Serchability);
  3. Replicabilità (Replicability);
  4. Pubblico sconosciuto (Invisible Audiences).

Fondamentale.

Le descrive brevissimamente Danah Boyd rispondendo ad una domanda nel corso del panel sulle Fan Cultures (coordinato da Henry Jenkins) tenutosi il 18 Novembre al Media Lab dell’MIT nell’ambito del convegno Futures of entertainment.

Se avete un paio d’ore di tempo (io l’ho sentito in macchina durante un viaggio) ascoltate  (o guardate) la registrazione (audio | video) disponibile sul sito.

Veramente molto interessante.

P.S. Stando a quanto detto nel panel e visto la frequenza con cui la cito devo essere un fan di Danah Boyd.

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Articoli sui blog

Oltre all’articolo citato di Danah Boyd, questo numero di Reconstruction ha anche diversi altri contributi che sembrano interessanti (accessibili for free).

I am pleased to announce that a paper i wrote a while back is part of a cool collection of papers in Reconstruction’s Special Issue on Theories/Practice of Blogging (edited by Michael Benton and Lauren Elkin). My piece – “A Blogger’s Blog: Exploring the Definition of a Medium” – argues that blogging needs to be looked at as a practice on top of a medium, not simply a CMC genre.

Source: announcing two new academic papers
Originally published on Mon, 27 Nov 2006 15:27:45 GMT by zephoria (zephoria-vacation@zephoria.org)

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Paper sul corporate blogging

Interessante articolo che usa Microsoft come caso di studi sui blog aziendali. 

Efimova, L. & Grudin, J. (2007). Crossing boundaries: A case study of employee blogging. Proceedings of the Fortieth Hawaii International Conference on System Sciences (HICSS-40). Los Alamitos: IEEE Press.

Source: Paper on the Microsoft study is online
Originally published on Thu, 23 Nov 2006 12:55:44 GMT by mathemagenic@gmail.com

Il social ed i sociologi

Una interessante riflessione di Romeo sulla SEA Social Enterprise Architecture mi tira in ballo…

Attenzione, mi preme ricordarvi che tra un’anno o due quasi tutto rispetterà i design patterns del Web 2.0 o come lo volete chiamare quindi ce ne sarà di traffico sulla porta 80, che ne dite? Ma non è tutto, non sarà soltanto un problema di comunicazione, sarà un problema anche di gestione del dato, cosa pensate accadrà quando una azienda enterprise chiederà qualcosa di più per poter gestire con efficienza il proprio knowledge che a questo punto sarà completamente a disposizione dell’organizzazione? Questi sono due problemi fondamentali, da una parte abbiamo un problema prettamente “tecnologico” dall’altra uno quasi “sociale”. Se da una parte mi aspetto qualche ingegnere che tiri fuori dal cappello un nuovo protocollo di comunicazione a livello di applicazione, dall’altra non posso affidare tutto ai sociologi (perdonami Fabio), quindi vorrei approfittare e dire la mia anche su questo punto!

Questo mi fa fatto tornare in mente un paio di post che ho scritto in passato:

In questi post non c’è una soluzione al problema del sovraffollamento della porta 80 (non da tutti gli esperti di informatica vissuto come tale a giudicare da quest’ultimo commento 🙂 ) di cui paradossalmente comprendo il lato tecnico più di quello sociale.

C’è invece un discorso che, parafrasando Romeo, suona un pò così:

Se da una parte mi aspetto qualche ingegnere sociologo che tiri fuori dal cappello un nuovo protocollo di comunicazione a livello di applicazione una nuova (e precisa) definizione di sociale, dall’altra non posso affidare tutto ai sociologi (perdonami Fabio) agli scienziati del computer (perdonami Romeo), quindi vorrei approfittare e dire la mia anche su questo punto!