Fenomenologia del Femcamp

Ero il mio secondo BarCamp dopo quello delle Marche.

Ero particolarmente curioso perchè volevo capire come un certo femminismo tradizionale che ispirava in parte il progetto, si sarebbe sposato con la logica aperta (organizzativa e di discussione) tipica del BarCamp.

Credo che il mix abbia funzionato.

Credo che i BarCamp tematici siano (dal mio punto di vista) più interessanti (sul livello dei contenuti) di quelli tradizionali.

Nel BarCamp delle Marche ho avuto la netta sensazione che la qualità dei contenuti fosse al di sotto delle mie aspettative e penso che questo derivi dal fatto che chi segue in rete le cose del web con una certa attenzione e frequenza non può ragionevolmente aspettarsi di ascoltare in un incontro di persona molto più di quello che già sapeva. Questo capita ormai molto spesso anche agli incontri di tipo scientifico quindi non è sorprendente che avvenga in un contesto informale e spesso volutamente costruito sulla semplicità nel tentativo di non essere “per soli geek” come un BarCamp. Credo che il taglio tematico e forse anche la presenza di molte donne con idee diverse abbia influito positivamente sulla varietà delle discussioni che, pur ruotando intorno alla tecnologia, non si dovrebbero mai esaurire parlando solo di tecnologia.

Ovviamente la qualità degli interventi e delle discussioni è solo una minima parte di quello che può offrire un BarCamp. La parte social è il vero piatto forte (oltre ai mitici prodotti di SanLorenzo, of course).

In questa occasione ho avuto modo di scambiare due chiacchiere con alcune facce note (Antonio Sofi [devi assolutamente venire ad Urbino il prox anno], Feba [discorso interessante da riprendere e approfondire], Lele Dainesi [ottimo consiglio per il Festival dei Blog e grazie per la presentazione alle “cheerleaders”], Luca Sartoni [che organizza per settembre il RomagnaCamp], Susan Quercioli [mi piace conoscere e parlare con persone riflessive e con spirito critico], Gioxx [poche parole ma buone], EDTV) e di conoscerne di persona altre (Federico Fasce, Andrea Beggi, Alessandro Venturi, Roberto Dadda, Amanda Lorenzani e tanti altri).

Quanto al lavoro presentato dai miei studenti loro sanno come penso sia andata e preferisco, trattandosi di una cosa in cui sono coinvolto, lasciar parlare gli altri.

Metto solo un elenco dei blog degli studenti che hanno partecipato al femcamp:

  • Sara Aura (coraggiosissima speaker del gruppo)
  • Lara Virgulti (cura anche il blog del wireless campus di urbino)
  • Mara Cecchini (ha un blog privato per i suoi amici)
  • Paola Fabriani (apprendista stregona)
  • Mattia Armani (nella sua nuova veste web 2 – autore del filmato)
  • David Guariglia (non ha un blog ma alle 2 di notte di venerdì ha scoperto un modo per accedere ad un filmato in DV protettissimo permettendoci di presentare il video del trailer ad una qualità decente)

Un grazie speciale a Luca Rossi (senza il supporto del suo mac di casa non avremmo forse avuto il trailer).

Aggiungo solo che questo tipo di lavori è solo un piccolo esempio di una strategia di ricerca che stiamo seguendo al LaRiCA e con gli amici del Lab20 basata sull’idea di analizzare a scopo sociologico il contenuto generato dagli utenti (per una visione + scientifica della cosa consiglio l’abstract di un intervento che presenterò ad un convegno in Spagna a giugno).

Nello specifico, per chi è interessato allo sviluppo di questo tipo di ricerche in relazione ai media, consiglio di tenere d’occhio questo blog: http://mediageneration.wordpress.com/ (ancora in fase di costruzione ma il feed rimarrà quello).

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Una settimana in Kendall Square

Dal 25 al 30 aprile sono stato ospite di albergo molto carino, il Kendall Hotel di Cambridge MA, che vorrei consigliare a tutti sopratutto se avete in programma una visita all’MIT di Boston. L’albergo è ricavato da una vecchia stazione dei pompieri ed è arredato con quel gusto finto antico di cui gli americani sono maestri. C’è il wifi gratis (anzi c’è una rete wireless per piano) che non sempre ha funzionato a dovere, una connessione via cavo ad alta velocità in stanza con cavo (quante volte capita di avere il plug ma non avere con sè un cavo di rete?) e se proprio tutto questo non funziona si può provare a prendere la rete wireless dell’MIT che circonda il Kendall Hotel.

La rete wireless dell’MIT richiede una semplicissima procedura di registrazione che chiunque può fare scegliendo fra i diversi profili utente disponibili. Uno dei profili è proprio visitor (un altro è riservato a chi è lì per seguire una conferenza) che consente di creare un accesso per massimo 14gg e per non più di tre volte all’anno. La procedura di autenticazione richiede la compilazione di un modulo con nome, cognome, email ed il nome di una persona o dipartimento cui si intende far visita. Suppondo che il modulo metta in relazione il mac address della macchina con i dati inseriri nella form poichè non è necessario fare altro per essere autorizzati e riconosciuti per tutto il tempo scelto dopo dieci minuti delle registrazione.

Purtroppo la legge estremamente restrittiva che abbiamo in Italia impedirebbe di fare una cosa del genere perchè non c’è sicurezza che i dati inseriti dall’utente corrispondano al vero (è dunque necessario che chi offre accesso a Internet conserivi una copia del documento di identità della persona cui viene fornito accesso). Questa legge limita molto a mio avviso lo sviluppo di reti wireless in Italia a tutto vantaggio degli operatori di telefonia mobile che possono permettersi di mantenere alti i costi di connessione dati dalle loro reti cellulari.
Del resto forse bisognerebbe trarre esempio dal MIT, dove storicamente sono state sviluppate molte delle tecnologie del controllo (anche militare) e che al tempo stesso è nota per la controcultura hacker che lì si è sviluppata probabilmente proprio in reazione a questo clima di controllo.

Se loro hanno scelto la semplicità sulla sicurezza ci sarà pure qualche motivo.

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Da American Idol ad Amici: narcisismo e social networks

Riassumo un pò brutalmente una parte di questo post (che fra l’altro in parte non condivido) per arrivare al punto:

  1. Le ricerche confermano che esiste un narcisismo crescente nella società americana, specialmente fra i giovani (vedi Fame Junkies: The Hidden Truths Behind America’s Favorite Addiction
  2. Questo narcisismo è causato dal sogno americano (tutti possono avere successo, tutti possono diventare presidente) e alimentato dall’esigenza di hollywood di creare nuove star a basso costo;
  3. Quando il sogno di diventare famoso si infrange contro la realtà uno dei risultati è l’uso di sostanze psicostimolanti quali le metanfetamine;
  4. Una delle vie d’uscita da questa spirale perversa (almeno stando a quanto osservato nell’america rurale) è la rinascita spirituale cristiana (Born again Christianity) nella quale:

The fervor for fame which was suppressed by meth re-emerged in zealous religiosity. Christianity promised an even less visible salvation: God’s grace. While blind faith is at the root of both fame-seeking and Christianity, Christianity offers a much more viable explanation for failures: God is teaching you a lesson… be patient, worship God, repent, and when you reach heaven you will understand.
While i have little issue with the core tenants of Christianity or religion in general, i am disgusted by the Christian Industrial Complex. In short, i believe that there is nothing Christian about the major institutions behind modern day organized American Christianity. Decades ago, the Salvation Army actively engaged in union-busting in order to maintain the status-quo. Today, the Christian Industrial Complex has risen into power in both politics and corporate life, but their underlying mission is the same: justify poor people’s industrial slavery so that the rich and powerful can become more rich and powerful. Ah, the modernization of the Protestant Ethic.

Dunque perchè in una società dove è piuttosto diffusa l’idea che non tutti possono avere successo e nella quale l’etica protestante non ha mai preso veramente piede esiste una trasmissione come Amici? Ovvero perchè da noi assistiamo ad un fenomeno analogo pur in un contesto culturale in apparenza completamente diverso? Esiste una qualche connessione fra questo diverso contesto culturale ed il diverso successo dei siti di social networks alla MySpace fra i teenagers italiani o siamo solo in ritardo di qualche anno?

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OLPC

olpc
La fondazione One Laptop per Child ha finalmente mostrato il primo prototipo funzionante del notebook da 100 dollari progettato per le esigenze dei paesi in via di sviluppo. Nel prototipo si notano il look molto giocattoloso e le corna retrattili (ovvero antenne wi-fi e cover porte audio e usb non in uso). In quanto a caratteristiche tecniche il sistema operativo è Fedora Linux, il clock del processore è 500Mhz, la memoria 1Gb di tipo flash.