Simbiosi e simbionti

Come avevo annunciato tempo, fa la scorsa settimana abbiamo avuto ospite ad Urbino il Prof. Giuseppe O. Longo. La presenza del professore triestino è ormai diventata una piacevole consuetudine per il corso di teoria dell’informazione e quest’anno siamo anche riusciti ad organizzare per l’ultimo giorno di lezione una sorta di dibattito a più voci (Lella Mazzoli, Giovanni Boccia Artieri ed io) sul rapporto fra tecnologie e comunicazione.

Personalmente ho approfittato per porre a Longo un paio di domande sulla continuous partial attention ed una più generale sul fenomeno del contenuto generato dagli utenti.

Il tutto è stato registrato (grazie ai potenti mezzi dell’istituto e alla gentile collaborazione di uno studente che si è prestato a fare l’operatore). Poi ho fatto il montaggio, aggiunto un paio di titoli e caricato il tutto su Google Video.

Il risultato è questo video della durate di 1 ora e 21 minuti in cui si spazia dalla robotica alla fantascienza, dalle teorie della comunicazione all’Intelligenza Artificiale.

Buona visione.

L'uso del wireless in US

Mi sembrano come al solito interessanti i dati di Pew Internet sull’uso del wireless negli Stati Uniti. Ho come la sensazione che fra gli studenti di Urbino, anche grazie al wireless campus, siamo quantitativamente più avanti della media US (34%) rilevata da questa ricerca.

Sarebbe carino se qualcuno facesse una ricerca sul tema.

Il questionario c’è già. E’ solo da tradurre. Credo sia un ottimo progetto di tesi.

Qualche candidato?

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Buone domande, alcune risposte

Perchè nei mondi virtuali si riproducono le stesse logiche del mondo reale? Alla fine della relazione che ho fatto ieri su Amore, denaro, potere ed altre esperienze di seconda vita quotidiana il moderatore mi ha lanciato questo interrogativo…

già perchè?

(mentre scrivo inoltre mi accorgo che Roberta in un commento al precedente post rilancia esattamente la stessa domanda)

Dunque dopo averci pensato un pò credo di aver trovato un’ipotesi di risposta in questo post di Danah Boyd di cui traduco alcuni stralci.

Se si guarda alla crescita delle tecnologie sociali fra i giovani, si vede che non si tratta di un caso di divorzio dalla realtà per vivere nel digitale. MySpace ha più a che fare con le strutture sociali offline che con il mondo virtuale. Le persone modellano le loro reti sociali offline; il digitale completa (e complica) il fisico. In un ambiente dove tutti potrebbero socializzare con tutti, questo non avviene. Si socializza con le persone che accettiamo nello “spazio di carne”. Le tecnologie mobili sono un altro esempio di questo. Le persone non chiamano chiunque nel mondo (come fantasticato da qualcuno a proposito di Skype); Esse chiamano le persone con le quali sono più vicine. Le tecnologie mobili supportano le reti sociali pre-esistenti, non quelle puramente virtuali.

Questo è il grande scherzo connesso con l’esplosione dei media sociali. I ricercatori degli anni ’80 e ’90 hanno sostenuto che Internet avrebbe estinto i concetti di razza, classe, genere. Molti hanno ritenuto che la geografia ed il linguaggio non avrebbero più contato e che l’organizzazione sociale sarebbe stata basata su qualche funzione di più alto livello. Indovina cosa? Quando le masse hanno adottato i media sociali, essi hanno replicato le stesse strutture sociali presenti nei mondi offline. Provate a dare uno sguardo a come gli Indiani si stanno organizzando in caste su Orkut. Nulla viene cancellato perchè tutto è connesso ai corpi offline che sono pesantemente regolati su base quotidiana.

Mentre i network sociali e la telefonia mobile sono tecnologie per gli adulti, essi sono solo parte dell’infrastruttura sociale per i teenagers. Vi ricordate di quello che ha detto Alan Kay? “La tecnologia non è altro che ciò che non c’era quando si è nati”. Queste tecnologie non sono usate come un alternativa allo “spazio di carne”; sono adottate a completamento di esso.

Ecco quello che penso è che i mondi virtuali online abbiano il difetto di portare con sè la metafora della separazione che ci porta a farci domande come quella da cui sono partito.

In realtà, e questa era la mia prima slide di ieri, vita quotidiana/seconda vita quotidiana. Dove “/” rappresenta una distinzione che come tutte le distinzioni implica sempre l’esistenza (ed in un certo senso la dipendenza) dell’altro lato della forma.

Penso che questo spezzone della puntata di SouthPark dedicata a World of Warcraft chiarisca bene il punto di vista dei nativi.

Senso comune e nuove tecnologie

Un paio di giorni (ed in particolare una intensa mattinata) a parlare del rapporto fra senso comune e nuove tecnologie hanno lasciato nella mia mente un paio di certezze:

  • Il concetto di senso comune (come tanti altri nelle scienze sociali) non è ben definito (su questo si veda il volume Il senso comune di Ambrogio Santambrogio) e per questo motivo piuttosto inutilizzabile come fondamento sul quale costruira altra conoscenza;
  • Quando si affianca questo concetto indefinito alle prospettive incerte delle nuove tecnologie una cosa appare chiara. Come ha detto Daniel A. Freedman nel campo della filosofia della scienza (un grazie a Luca per avermi segnalato questa citazione): “… technology tends to overwhelm common sense” (e questo indipendentemente da cosa il common sense sia di volta in volta). Se ci si pensa il fatto che le tecnologie siano nuove (ovvero orientate al futuro) pone queste in diretto contrasto con il presente (ovvero al senso comune). Ovvero o le tecnologie non sono nuove o sono in contrasto con il senso comune 🙂

Ed in effetti questo è quello che emerso (almeno in base alla mia personale ricostruzione dei fatti), anche se su oggetti e con tagli molto diversi, nel panel sulle nuove tecnologie cui ho preso parte ieri a Perugia (programma completo dell’evento organizzato dall’AIS).

Davide Bennato ha presentato i risultati di una imponente ricerca (con interviste telefoniche su un campione rappresentativo di utenti Internet in Italia integrate da una websurvey) sull’utente del file sharing da cui emergono molti dati interessanti che contribuiscono a sfatare una serie di luoghi comuni sul profilo e sulle motivazioni di chi scarica file legalmente o illegalmente attraverso le reti peer-to-peer.

Davide Borrelli, prendendo spunto dall’articolo We the Web di Kevin Kelly pubblicato ad agosto del 2005 su Wired, ha evidenziato alcuni aspetti dell’impatto sociale del web 2.0 sopratutto in relazione alla distinzione fra tassonomie e folksonomie. Interessante su questo una domanda di Alberto Marinelli (moderatore insieme a GBA della sessione) sul rapporto fra folksonomie e web semantico come due forme contrapposte di costruzione del senso comune in rete. Qualcosa su questo avevo scritto in passato su questo blog.

Barbara Scifo ha descritto limiti e possibilità dell’utilizzo della media and technology domestication applicata ai new media. I new media decostruiscono la distinzione pubblico/privato e di conseguenza rendono problematico l’utilizzo di una serie di framework metodologici e teorici di costruiti proprio in base a questa distinzione. Barbara, che ha scritto di recente molto sugli usi sociali, sopratutto fra i giovani, della telefonia mobile (qui una sua intervista pubblicata su apogeoonline e qui un articolo in inglese), ritiene possa dire ancora molto se non altro come tool per comprendere le fasi di adozione di una certa tecnologia.

Luigi Spedicato ha parlato del rapporto fra arte e design delle interfaccie dei siti web citando una vasta letteratura ed in particolare Walter Benjamin a supporto delle sue riflessioni.

Last but no least, Laura Corradi ha affrontato il difficile rapporto fra scienza e tecnologia descrivendo il caso delle tecnologie per la riproduzione artificiale.

Come funziona UWiC?

Ho visto che Alessandro ha pubblicato sul web del wireless campus il materiale didattico utilizzato per raccontare UWiC agli studenti di informatica applicata.

Il materiale è piuttosto chiaro e l’ultima slide descrive alcune prospettive di ricerca aperte da UWiC:

• Monitoraggio continuo stato di funzionamento apparati
– Funzionamento, banda, jitter e delay
• Gestione remota degli apparati
• Quality of service
– Categorie di utenti
– Tipologie di servizi
– VoIP
• Sviluppo applicazioni
– Videosorveglianza
– E-government
– Turismo
– Gestione del territorio
• Apparati di rete autonomi
– Energia rinnovabile
• Localizzazione utenti
– Servizi location aware

Voi cosa fareste se aveste una città campus con una rete geografica wireless gratuita?

Urbino Wireless Campus apre agli studenti

Immagino che la maggior parte dei lettori di questo blog lo sappiano già ma forse vale la pena ricordare che giovedì 30 novembre alle ore 14 presso l’Aula Magna della nostra Facoltà verranno illustrate agli studenti i servizi e le modalità di accesso a Internet previste dal progetto Urbino Wireless Campus.

Segno dei tempi

La settimana scorsa bussano alla mia porta due vicini di casa. Sono rappresentanti di un gruppo di quattro studenti che abitano al piano terra, hanno frequentato il corso di laurea in Comunicazione Pubblicitaria ed adesso fanno la specialistica all’ISIA di Urbino. Hanno individuato la mia rete wireless e sono venuti a chiedermi se potevano agganciarvisi per condividere la connessione a Internet. Si sono anche offerti di dividere le spese della mia adsl flat con NGI.

Ovviamente gli ho detto che potevano usare tranquillamente la connessione senza dovermi nulla e gli ho passato la mia wpa-key.

Nel frattempo mi sono sorti dei dubbi…

Le mie pur brevi permanenze presso l’UWiC Lab mi hanno instillato un senso di profonda insicurezza verso la condivisione delle reti wireless. In particolare mi inquieta l’idea di essere responsabile per quello che fanno su Internet tutti quelli che usano la mia rete wireless e dunque la mia connessione.

Stretto fra questi angosciosi pensieri e la mia naturale propensione alla condivisione di un bene che comunque io non uso e non sfrutto al 100% ho deciso di ordinare un “La Fonera” e di entrare a far parte della comunità FON. In pratica la logica di FON è quella della condivsione da pari a pari per cui se condividi la tua connessione a Internet potrai fruire di tutte le connessioni a Internet FON che trovi in giro ovunque vai.

Un paio di giorni fa mi è arrivato questo piccolo router wifi bianco e grigio (acquistato al presso politico di € 5 + spese di spedizione). L’installazione è banalissima e crea due reti wireless separate una per l’uso interno (protetta con WPA) ed una per la condivisione.

Sto ancora scoprendo le funzionalità avanzate ma intanto guardatevi a questo sito la mappa dei punti FON nel mondo per farvi un’idea dell’estensione, anche in Italia, di questa community.

Sono curioso di capire come FON potrà interagire con UWiC…

UWiC Lab Blog

Ok forse è giunto il momento di svelare qualcosa in più sul progetto di collaborazione cui avevo accennato alcuni post fa.

vpn by matt

Il progetto Urbino Wireless Campus ha numerosi aspetti estremamente interessanti ma uno, visto il mio background, mi sta particolarmente a cuore. Penso infatti si tratti di una formidabile occasione per studiare l’impatto sociale di un accesso mobile alla rete Internet e di una forma di connettività diffusa e libera all’interno dello spazio wireless interno della rete UWiC. Si tratta del resto, nel mio percorso personale, di un logico sviluppo di quanto avevamo fatto con il No Paper Project nell’ormai lontano 2001.

Per questo ho intenzione di dedicare parte del mio tempo e delle mie energie a cercare e sviluppare opportunità di collaborazione fra la Facoltà di Sociologia ed il team che lavora all’implementazione del Wireless Campus.

Il primo passo in questa direzione ha la forma di un progetto di tesi sul MKTG via Blog (ideata da Giuseppe Tempestini, studente di Scienze della Comunicazione meglio noto come autore di Miraloswallabies) ispirato dalla lettura di Naked Conversations e l’aspetto di un blog.

Questo blog è dunque un diario pubblico che racconta lo sviluppo di un progetto che, ne sono convinto, cambierà in modo significativo la vita quotidiana di studenti, docenti e personale dell’Università e potrà essere, anche in futuro, un punto di riferimento per progetti analoghi che riguarderanno di certo altre città italiane (e forse di questi progetti parlerà anche). 

Ma in realtà c’è dell’altro…

Il racconto, come ogni blog che si rispetti, passa per la straordinaria quotidianità dell’UWiC Lab. Un’ambiente sociale con i suoi personaggi, il suo linguaggio e le sue regole che rappresenta al tempo stesso la fonte di ispirazione e l’orizzonte spaziale entro il quale l’osservatore/autore del blog, si muove con il fare un pò alieno dell’aspirante antropologo.

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Mobile Clinical Assistant

In tema con uno degli ultimi post, questo annuncio di Intel che ha presentato all’Intel Developer Forum un device simile ad un Tablet PC specificamente pensato per l’uso medico.

Nella press release si descrive il prototipo come il frutto di

hospital workflow studies, nurse and physician interviews, and ethnographic research among nurses at El Camino Hospital in Mountain View, Calif.

Il device sarà prodotto Motion Computing. Prezzo e configurazioni saranno comunicate durante i primi mesi del 2007.

Wireless Lan per l'e-health

Recentemente abbiamo intervistato due medici che nelle scorse settimane hanno usato un tablet pc con connessione wireless per visualizzare le radiografie nel reparto di ortopedia dell’ospedale di Urbino. Si tratta di una delle fasi conclusive di un progetto di ricerca LaRiCA inziato un anno e mezzo fa e volto a studiare l’impatto delle reti senza filo sull’organizzazione e sulla comunicazione in un reparto ospedaliero.

In questo anno e mezzo abbiamo imparato molte cose. Di queste si parla diffusamente nel report di ricerca del progetto e, in un prossimo futuro, in una pubblicazione che stiamo curando con i miei colleghi. Molte altre cose invece le avevo già imparate curando altri progetti che riguardavano l’informatizzazione di organizzazioni esistenti.

Usare i computer e le reti al posto di carta e penna non può avvenire senza modificare in profondità le logiche organizzative di base. La maggior parte delle resistenze in questi casi viene dal non voler abbandonare posizioni di vantaggio quotidiano guadagnate nel tempo presso l’organizzazione. Le ICT con il loro criterio di autenticazione/autorizzazione supportano alla perfezione un modello organizzativo teoricamente perfetto dove ogni individuo ha compiti precisi e responsabilità connesse. Ma le realtà organizzative che ho visto io con i miei occhi non rispettano quasi mai questi criteri minimi di buona efficenza.

Quando si opera all’interno di organizzazioni come queste capita di vedere nascere al cospetto delle tecnologie della comunicazione una forma di straordinaria creatività volta a mantenere, nonostante e contro le tecnologie stesse, i requisiti di inefficenza pre-esistenti. Si cerca di piegare le soluzioni informatizzate in forme per le quali non sono state pensate e spesso, grazie all’innata superiorità dell’uomo sulla macchina, vi si riesce. Si va dal post-it giallo con la password attaccata sul monitor alla condivisione di uno stesso account per tutto un gruppo di lavoro, dallo scambiarsi nome utente e password personali al lasciare il computer loggato nel proprio profilo utente. Queste tattiche di resistenza andrebbero veramente studiate in profondità. Purtroppo questa straordinaria capacità di adattamento genera l’antipatico effetto collaterale di cancellare spesso tutti o quasi tutti i vantaggi che l’uso della tecnologia stessa avrebbe potuto comportare.

La soluzione tecnologica che abbiamo adottato è particolarmente semplice dal punto di vista tecnologico e sfrutta il fatto che in reparto era già in uso da tempo un servizio di radiografie via web server. Con il tablet pc ed il wifi in reparto è possibile portarsi le radiografie in giro (come si faceva un tempo con le lastre stampate), mostrarle al paziente durante il giro visita, zoommare e prendere appunti, usarle in sala operatoria e sala gessi.

In questo video (montato quasi per gioco e senza alcuna pretesa), le cui riprese sono state girate poco prima delle interviste che non posso invece per ovvie ragioni di rispetto della privacy condividere qui, è possibile farsi un’idea del funzionamento della cosa: