Sembra che io abbia vinto la scommessa lanciata il 4 febbraio 2005: Telecom + IPTV = Alice TV. Adesso faccio una nuova previsione. Non funzionerà. Non in senso tecnico ma in quello commericale. Vogliamo scommettere?
Categoria: Next Media
Fra sociologia e social software
La parola social non è mai stata così di moda nell’ambito delle tecnologie come negli ultimi tempi. Dai social software alle social networks sembra che nessun nuovo progetto informatico possa fare a meno di basarsi sull’analisi delle relazioni per filtrare ed ordinare le informazioni. L’ultimo esempio che mi è capiato di vedere è questo progetto denominato SNARF (the Social Network and
Relationship Finder). Si tratta in pratica di un sistema che, utilizzando uno specifico algoritmo, organizza la posta elettronica sulla base di una analisi delle attività di invio/ricezione email svolte con i propri contatti. L’idea alla base è che una email ricevuta da una persona che si conosce abbia una maggiore importanza per noi rispetto ad un messaggio ricevuto da uno sconosciuto.
L’oggetto di questo post non è tuttavia SNARF (che per altro non sono riuscito a far funzionare) ma l’uso del termine sociale che viene fatto da parte dell’informatica. Sarebbe interessante svolgere una ricerca sulla semantica di questo termine nei paper pubblicati negli ultimi tempi nei settori dell’informatica e della computer science. Guardando solo alle prime pagine delle pubblicazioni collegate a questo progetto si parla di social salient information, social meta-data e social metrics.
One aspect of meta-data is quantifiable measures we call social metrics. These measurements capture multiple dimensions of the relationship between the user and their correspondents and among the correspondents themselves. Measures like the number of times an author sent mail over a time period, the number of those messages that were replies, and the number of those messages that remain unread can be used for supporting email management.
Anche se ovviamente gli informatici non hanno pretese epistemologiche nei confronti del sociale credo sia importante capire cosa essi intendano con questa parola. Gli scienziati sociali si arrovellano da sempre con questo problema e per questo motivo lascia stupiti vedere come in un altro campo disciplinare si sia trovato un accordo su questa definizione in modo così rapido ed indolore.
A ben guardare il sociale, per gli informatici, sembra avere a che fare con le relazioni di tipo comunicativo fra i soggetti. Anzi il sociale è queste relazioni. Non che fra gli informatici ci sia accordo su come queste informazioni devono essere osservate e misurate. Qui ognuno ha il suo diverso algoritmo. Però sanno dove cercare.
Questa idea di sociale come rete di relazioni comunicative sarà sempre più spesso incarnata nei nostri software e nei nostri oggetti. Attraverso questo processo questa definizione entrerà a far parte della conoscenza condivisa e sarà comunemente accettata.
Quando questo avverrà i sociologi rimarranno le ultime persone al mondo a cercare ancora una definizione di sociale e di società. Essere scavalcati dagli informatici nella definizione del proprio campo disciplinare è una cosa piuttosto straordinaria. Mi sembra di scorgere tuttavia in questo delle analogie con il rapporto fra Intelligenza Artificiale e psicologia a cavallo fra gli anni ’50 e ’70. Eppure la differenza sta tutta in quella parolina “artificiale”. In quel caso, infatti, non si trattava di definire cosa fosse la mente umana. O meglio questa domanda veniva solo dopo. Bisognava capire cosa fosse l’intelligenza umana per poterne fare una artificiale.
Qui le cose sono diverse. Non si tratta tanto di sociale artificale quanto di sociale allo stato puro.
Verso una teoria matematica della sorpresa
Sembra che due ingegneri californiani abbiano creato con successo una teoria matematica della sorpresa. Si tratta in pratica di un modo per misurare in uno stream di informazioni una proprietà che è in parte simile all’idea di entropia di Shannon. A differenza della teoria di Shannon questa nuova misurazione dell’informazione avrebbe delle basi soggettive (ovvero dipendenti dall’osservatore) e non oggettive (ovvero come proprietà di una specifica sorgente).
Per ora può essere applicata solo a stream di tipo video (ovvero a stimoli visivi) ma l’idea di base è che lo stesso tipo di misurazione potrà, in futuro, essere applicata anche al sonoro, all’olfatto e magari anche al gusto e al tatto.
La misurazione si basa su due concetti: la saliency e la novelty.
Analyzing such a stream, researchers can isolate stimuli with visual attributes that are unique in the mix by breaking down the signal into “feature channels,” each describing a particular attribute (i.e,, color) in the mix. Such features are called “salient.” Itti himself previously developed a measure of saliency.
A parallel analysis performs similar operations, but does so over time, not space, looking for new elements suddenly appearing. This approach is said to model “novelty.”
Finally, an analysis can be done purely in terms of Shannon’s original equations, which can measure the level of organization or detail found in the data flow, its entropy.
Ora non c’è bisogno che sottolinei l’importanza di questa idea per le ricerche sui media (informazione/non informazione) e sull’economia dell’attenzione di cui tanto si parla oggi in relazione ai blog.
Per capire bene come questo algoritmo possa funzionare è necessario tuttavia attendere la presentazione ufficiale dei risultati di questa ricerca che saranno resi pubblici il 7 dicembre durante una conferenza su Neural Information Processing Systems (NIPS) Conference di Vancouver.
Ciò che è noto al momento lo si può trovare in questo articolo: Surprise! Computer scientists model the exclamation point.
Scoble@Google Zeitgeist conference
Se c’è una persona che ha capito come funziona il web 2.0 ed il nuovo marketing fatto di relazioni più che di pubblicità, questo è Robert Scoble. Da non perdere la presentazione in powerpoint che ha utilizzato durante la recente Google Zeitgeist conference.
L'insostenibile peso dell'inefficenza
Sto cercanodo di pubblicare un libro con una casa editrice fra le più note in Italia. Mi è stato chiesto di usare il camera-redy-copy perchè “loro preferiscono lavorare così”. Per chi non lo sapesse si tratta di un sistema per il quale uno il libro se lo stampa in casa e loro lo fotografano e mandano in produzione. In pratica il ruolo dell’editore è sostanzialmente azzerato (impaginazione, correzione di bozze, etc.) e si esaurisce nella fornitura dei criteri redazionali e nell’impaginazione della copertina.
Ora recentemente ho scoperto questo servizio: Lulu. In questo caso le regole sono molto chiare quello che tu gli mandi loro stampano (anche se come extra ci sono tutti i servizi che un autore potrebbe desiderare). C’è un ampia scelta di formati e di tipologie di rilegatura. Ho provato per gioco a vedere quanto sarebbe costato pubblicare con loro il mio volume che consiste di circa 180 pagine. Bene il costo di una copia stampata è pari a $ 8.14 per copia (ovvero € 6.89). Si consideri che il costo di libri simili per grandezza al mio si aggira intorno a € 15. Nell’ultima schermata posso scegliere il costo della versione digitale in formato e-book (di base gratuito), di quella stampata, quanto far pagare i miei diritti di autore su ogni copia venduta. Tutto è molto trasparente. Completato questo processo il libro va direttamente a catalogo e gli utenti possono ordinarne delle copie on-demand da subito. Il mio editore, per la cronaca, ha bisogno di un mese e mezzo minimo per consegnare le prime copie stampate del libro. Se lo si desidera si può applicare il codice ISBN e rendere disponibile il proprio volume sui principali circuiti di vendita libri online tipo Amazon o Barns&Noble.
Ora ditemi voi quale di questi due modelli di business sopravviverà…
Luhmann observed
No Paper Project nel 2005
Lo avevamo già notato in tempi non sospetti quando il 2005 sembrava lontano. Nel documento di progetto ancora disponibile online e stilato verso la fine del 2001 è possibile leggere frasi come…
I 15 prescelti andranno a costituire una particolare tipologia di studente on-off line con caratteristiche e possibilità di accesso alle tecnologie che è plausibile ritenere costituiranno la norma negli atenei del 2005.
(…)
Lo studente del 2005
La diffusione delle tecnologie e delle possibilità di connessione alla rete modificheranno in modo sostanziale l’esperienza della didattica. Gli studenti parteciperanno alle attività in una modalità mista che abbiamo denominato “on-off line” per sottolineare come il confine fra queste due modalità tenderà, nel futuro, a sfumarsi.
Mi ricordo che discutemmo a lungo se citare o meno il 2005. In genere impegnarsi con una data non è mai saggio quando si parla di tecnologie e Bill Gates ne sa qualcosa…
Da quella ricerca, da cui è scaturito un lungo articolo per la rivista Sociologia della Comunicazione, abbiamo imparato molte cose ed individuato altrettanti aspetti da approfondire. Ma una cosa risultava chiara e può essere riassunta così:
date un computer connesso ad Internet via wi-fi ad uno studente in aula e quello farà tutto tranne ascoltare il docente 🙂
Oggi dopo quasi quattro anni si possono iniziare a vedere gli effetti in grande scala di questo fenomeno nelle classi delle università. Lo vediamo da noi in facoltà dove ormai capita con una certa frequenza di vedere gli studenti con i propri notebook wi-fi a lezione. Quello che avviene è ben spiegato in questo bell’articolo pubblicato su Slate. La cosa divertente è che l’articolo è scritto da uno studente durante una lezione. Forse è solo un artificio retorico del giornalista ma il contenuto è reso ancora più interessante perchè costruito da questo punto di vista.
Credo che la Continuous Partial Attention sia uno degli aspetti più interessanti da studiare. Sembra evidente che il futuro ci presenterà sempre più spesso l’accesso continuo ad una realtà fatta di bit che contiene un numero infinito di mondi. I mondi fatti di bit e quelli fatti di atomi tenderanno a competere per la nostra attenzione in modo analogo a quello che avviene oggi fra le finestre dei nostri sistemi operativi. Si può ipotizzare che questo porterà ad una sorta di evoluzione della specie che sarà in grado di gestire molto meglio di oggi questa competizione riorganizzando in modo dinamico i flussi di informazione grazie al proprio univoco punto di vista di osservatore. Ma quello che più mi interessa è capire quali saranno i cambiamenti a livello dei sistemi sociali. Per questo motivo trovo molto interessanti le logiche di navigazione nell’informazione supportate dalla socialità. Esiste qualcosa in questo modo di auto-organizzarsi proprio dei social software che può consolidarsi in una evoluzione al livello della struttura del sistema sociale. Sarebbe opportuno concentrarsi su questo aspetto.
Si, concentrasi… magari… 🙂
Processi organizzativi e cibernetica
Il management delle organizzazioni basato sui processi è una delle più interessanti applicazioni della cibernetica di primo ordine alle scienze sociali. Sempre più spesso tuttavia l’organizzazione per processi mostra i suoi limiti. Per questo vale la pena dare uno sguardo a questo articolo di Ross Mayfield intitolato eloquentemente The End of Process.
ironia del web
Ieri leggo questo post sulla bella inchiesta di RaiNew24. Si parla di libertà di informazione ed ineffetti le tecnologie del farsi media con le loro scarse barriere di accesso consentono l’utilizzo “in scrittura” per un numero maggiore di persone. Più punti di vista, più democrazia…
Dov’è l’ironia?
E che ho cercato farsi media su Google. Bene con “Farsi Media” si fa di solito riferimento al panorama mediatico in lingua Farsi ovvero: Iranian Radio and TV stations, newspapers and news sites, periodicals and more…
Recensione Qtek 9000 e l'i-mate JASJAR
Molto tempo fa ho promesso incautamente di scrivere le mie impressioni sul palmare i-mate JASJAR che sto usando dalla metà di settembre di quest’anno come unico dispositivo al posto del tradizionale telefono cellulare.
Da quel giorno ho ricevuto diverse richieste per posta elettronica su questo oggetto ma non ho mai avuto il tempo di scrivere un post dettagliato. Non ho tempo neanche adesso 🙂 ma posso segnalarvi questa completissima recensione del dispositivo su PocketPCItalia.
In generale comunque mi sto trovando bene e la scomodità di portarsi dietro un oggetto delle dimensioni di un palmare è, a mio avviso, ampiamente ricambiata dalle funzionalità che questo dispositivo offre.
Due cose che cambierei:
1) Aggiungerei un display esterno per visualizzare il nome del chiamante senza dover aprire il JASJAR;
2) In generale penso che tutto questo fiorire di dispositivi dotati di tastiera integrata non abbia molto futuro. Io punterei su device basati sulla tastiera emulata a video che, per quanto non comodissima, è piuttosto funzionale se ci si abitua ad utilizzarla. Detto questo va aggiunto che la testiera del JASJAR è molto comoda e ben progettata.